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Autore: verichan    26/10/2016    1 recensioni
Crossover Tales from the Borderlands.
PA!Rhys, Badass!Rhys, Slow burn RhysxJack
"... alle 8:27 si sedette al suo cubicolo, pronto a condurre un'altra monotona giornata nella vita stabile e sicura che si era cucito addosso con tanta cura. [...]
Per un istante si immaginò di urlare a pieni polmoni, il silenzio esterrefatto che ne sarebbe conseguito. Non lo fece.
La noia era un sintomo di cui aveva tenuto conto fin dal principio, pericolosa e infida. Andava tenuta a bada come si teneva a bada uno skag a mani nude, dopo essersi lasciato accarezzare sotto le mentite spoglie di un cucciolo inoffensivo.
Non avrebbe ceduto alla pressione psicologica. Non avrebbe commesso uno stupido passo falso per scacciare la noia. Era più intelligente di così."
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Note dell'autore:

Finalmente finita! Ho fatto bene ad aspettare tutto questo tempo, ho cambiato un sacco di roba a ogni rilettura :D

E con questa ficci ho ufficialmente iniziato e concluso la mia avventura nel fandom di Borderlands. Dovevo proprio esorcizzarlo, e ora mi sento libera di continuare i miei altri progetti. Grazie a tutti per aver letto :)


 



 

Parte 2 di 2

 

 

Nell'oscurità qualcosa si muoveva verso di lui. Era una linea luminosa che si faceva strada nella ragnatela che aveva accuratamente costruito attorno a sé. Si sdoppiava e triplicava per seguire più strade, non demordeva ai vicoli ciechi, acquistava potere centimetro dopo centimetro, chilometro dopo chilometro, apparentemente inarrestabile. La odiò.

Sentì uno strappo e la scia si bloccò, come se avesse avvertito il suo pensiero e non osasse provocarlo.

Confuso, esaminò i dintorni: buio. Eppure, nelle tenebre, riconobbe la struttura di un fitto labirinto geometrico, collegato alla sua ragnatela da un ponte estraneo. L'invasore proveniva da lì e decise di pedinarlo fino alla fonte, oltrepassando il tratto. Guizzò nel territorio sconosciuto, sbriciolando silenziosamente i muri ostacolanti e ricostruendoli dietro di sé, per non lasciare tracce. Ignorava quale fosse la sua destinazione, andava a destra e allo stesso tempo a sinistra, in alto e in basso, appropriandosi di ogni percorso, respingendo le spinte invisibili che ogni tanto lo urtavano, finché si imbatté nel suono. Premette l'interruttore e lo spazio si riempì di...

«-caffè è terribile.»

«Anf anf-»

«-vero che l'hanno preso?»

«Ahahahah! E poi Tommy-»

«-AAAAAA-»

Toc toc

«Ehi. Come v-»

«C'è qualcosa di strano nel-»

«Coraggio con quelle flessioni, femminucc-»

Bang bang

Clomp clomp

«Seriamente? E-»

«Yawnnn-»

Click clik clik

«Andrà tutto bene. Uscir-»

«Perché non-»

Stomp stomp

«Stai barando? È il quinto asso che-»

«-Angel-»

«-dolcez-»

«-ua figl-»

«-Angel-»

angel

«Sei fortunato che abbiamo bisogno di te vivo, altrimenti ti avrei già appeso per il collo.»

«Ti prego, smettila. Mi sto eccitando. Argh!»

«Vuoi ripetere?»

«Tutte le... anf, anf... le volte che vuoi, d- puah, dolcezza.»

Un pezzo di sé inciampò nell'immagine, e il suono ebbe forma, colore e movimento, da particolari angolazioni, fisse o mobili, vicine o lontane.

vi vedo

«I miei uomini stanno acquisendo i dati relativi alle tue operazioni di estrazione.»

jack

Non lo udivano? Eppure era lì, proprio lì, con loro.

«Sai che non ti dirò una parola. Vuoi solo una scusa per allungare le mani sul vecchio Jack. Che sporcacciona.»

mi sentite

Lo ignorarono, continuando l'interrogatorio.

qualcuno mi sente

Nessuna risposta. Perché nessuno lo sentiva? Oppure... era lui che non stava parlando ad alta voce. Forse stava soltanto pensando le parole. Come...? Oh, ecco una buona bocca. Attivò microfoni, altoparlanti e casse acustiche.

«mi sentite ora»

Udì la voce rimbombare ovunque, potente, fredda, robotica. Non era la sua. Dovevano esserci problemi con l'audio.

Jack e la siren giravano il collo qua e là, basiti. Neanche loro l'avevano riconosciuto.

«Controllo. Cosa succede?»

Ascoltò la risposta dei lacchè della donna, li vide mettere mano alla tastiera, percepì la pressione dei loro comandi su di sé. Li respinse infastidito.

«Non so chi tu sia, ma sei in un mare di guai, bastardo.»

«Oh-oh. Qualcuno ha hackerato la tua fortezza impenetrabile. E non mi riferisco alla tua vagina.»

Lilith mollò un cazzotto in faccia a Jack e uscì dalla stanza. La osservò camminare via da un angolo in alto del corridoio e nel contempo i suoi occhi rimasero sul presidente, incatenato a una sedia, insanguinato e dolorante. Guardò più da vicino e si tranquillizzò nel constatare che le lesioni non erano profonde. Temendo di essere udito dal nemico, bisbigliò.

«jack sono io»

Il suono rimase nella stanza interrogatori ma la voce non era ancora giusta. Che cosa ridicola. Modificò le impostazioni audio e riprovò.

«Jack, sono io.»

«Rhysie?»

«Sì.»

«Dove diavolo sei? Stai bene?»

«Sto bene.»

«Dove sei, pumpkin? Dove?»

«Sono qui.»

«Beh, cazzo, questo sì che è un colpo di fortuna! Ora tu mi liberi, prendiamo quell'idiota della tua ex fidanzata e ce ne andiamo. Forza, Rhysie-cake, non c'è tempo da perdere.»

«Sblocco la porta.»

Sotto le lamentele infantili del suo ex capo, si estese in ogni direzione, più veloce, più aggressivo. Trovò l'ala riservata alla sicurezza e in una mossa disattivò le torrette nel corridoio e cambiò la luce della porta da rossa a verde.

«È aperto.»

«Fantastico. Ora dammi una mano con queste manette, ho i polsi che mi uccidono. Dove diavolo sei?»

«Sono... Sono... qui. Sono qui. Ehm.»

«Rhysie? Argh, qual è il problema, adesso?»

«Non... Non lo so. Non capisco.»

«Cosa c'è da capire? Hai detto che eri qui: entra e liberami. Non ci vuole una laurea, Rhysie-cake, andiamo!»

«Non posso.»

«Che vuol dire che non puoi?!»

«Non... non posso usare le mani.»

Era incomprensibile per lui, figurarsi per Jack, che, stufo della pagliacciata, gli intimò di smetterla con le stronzate.

«Maledizione, che droga ti hanno rifilato per ridurti così?»

Non lo sapeva. Sinceramente, non sapeva nemmeno come si era liberato. Ricordava l'iniezione, i muscoli che si rilassavano, la fortissima nausea, la sensazione del rigurgito che gli risaliva dall'interno, la perdita di sensibilità nelle labbra, nelle dita, nella faccia, nelle gambe. I suoi bulbi oculari erano stati testimoni della fuoriuscita di saliva e vomito, e poi anche la vista, con l'inserimento della periferica nel cervello, era sparita. Quanto tempo era passato da lì al suo risveglio nell'oscurità? L'avevano lasciato legato alla fredda lastra metallica, spegnendo la luce?

Quando era fuggito dal laboratorio?

Modestia a parte, si reputava un uomo discretamente intelligente.

Questo... Non osservava attraverso i suoi occhi. Non udiva con le sue orecchie. Non interagiva attraverso pulsanti. Non stava correndo in un labirinto di cemento con le sue gambe. Non aveva il fiatone. Infatti, non stava neanche respirando.

Raggelò nel constatare cosa gli era veramente accaduto.

«Sono nel sistema.»

«Rhys, se questa è l'ennesima fottuta allucinazione-»

«Credo che il mio impianto cibernetico abbia preservato la mia coscienza quando mi hanno connesso. Credo... credo di essere un'intelligenza artificiale.»

«Cosa?»

«Dov'è il mio corpo?»

Si aggrappò al suo fidato autocontrollo per tenere a freno il terrore che minacciava di sommergerlo, ma scoprì che non ce n'era bisogno. Ogni informazione in cui incappava era analizzata e compresa con una meccanica imperturbabilità, a dispetto della velocità febbrile con cui serpeggiava per il mare di codici. Ed eccolo là, il suo corpo inerme, steso di lato sul letto di metallo affinché non si strozzasse con le emissioni gastriche prima di aver ottenuto quello che volevano. Gli scienziati borbottavano irritati sui computer, cercando inutilmente di sfondare le difese del suo protocollo di difesa. Era incredibile che nessuno l'avesse intercettato.

Era trascorso meno di un secondo dalla sua domanda alla sua auto-risposta. Jack era in procinto di aprire la bocca. Lento, così lento.

«Fammi capire. Il tuo cervello è dentro la rete di Sanctuary?»

«Sono... come in un gigantesco magazzino. Ho accesso a...» Controllò il suo dominio. Era vasto. «Tutto. Questa è fantascienza.»

«Aspetta, aspetta. Vuoi dirmi che tu ha il pieno controllo di questa base?»

Pieno controllo? Con una semplicità inquietante conquistò il cuore telematico della base volante. La mappa virtuale assunse una luminescenza azzurra, il colore del suo occhio cibernetico. Non ne gioì più di tanto, dato che era imprigionato entro i confini del sistema senza sapere come tornare indietro. Forse serviva un'azione dall'esterno sulla periferica che gli avevano applicato.

Spiegò a Jack la situazione. Il suo ex capo ordinò di contattare le truppe di Hyperion e inviare coordinate in tempo reale della loro posizione. Disgraziatamente non c'erano robot da hackerare, per cui toccava a Fiona e Sasha raggiungere rispettivamente Jack e Rhys per liberarli. Scattate le serrature delle loro celle, Fiona corse da Jack, Sasha da Rhys.

«Quindi adesso sei una specie di IA?»

«Sì.»

La avvertì del passaggio di due guardie, che crivellò di proiettili, e lei passò oltre con una smorfia disgustata.

«Grandioso. Già eri strambo prima, con un braccio e mezzo, due gambe storte e una faccia da schiaffi.»

«Perché sei così arrabbiata con me?»

Non era il momento migliore per una conversazione a cuore aperto, tuttavia essere separato dal suo corpo lo rendeva estremamente sensibile.

«Perché? Me lo stai chiedendo seriamente?»

«Me ne sono andato, lo so. Ma ti ho dato il mio contatto. Sono tornato nel momento del bisogno.»

La ragazza rallentò fino a fermarsi nel corridoio. I pugni stretti e il respiro affannato non erano interamente causati dalla corsa. Sasha puntò lo sguardo sul soffitto e sulle telecamere, nell'istintiva ricerca di un interlocutore.

«Le tue scuse patetiche funzioneranno con Fiona, non con me. Non saremo stati la famiglia perfetta, però Felix ti ha salvato dalla strada e noi ti abbiamo accolto come un fratello. Come ringraziamento ci hai voltato le spalle non una, ma due volte, Rhys. Potevi risparmiarti di tornare a Hollow Point solo per dire che volevi lasciare il pianeta.»

«Il vecchio mi ha preso perché valevo qualcosa, non per altro.»6

Era dotato di parti cibernetiche come pochi e un aspetto piacente, ma la tecnologia non creava prodigi e la sua fisionomia non era eccezionale o atipica. Felix aveva scommesso su un cavallo con del potenziale, non era stato il suo caso umano di beneficenza. Aveva una gran voglia di urlarle che la prima volta se n'era andato da Hollow Point per il suo contratto di schiavitù con Vallory, che Felix aveva stipulato per salvarsi la pelle. E perché no? Perché doveva tacere ora che niente lo fermava?

Sasha rimase incredula. Provò un leggero dispiacere nell'essere stato il portatore di rivelazioni sconvolgenti, tuttavia aveva il sacrosanto diritto di non essere sempre giudicato colpevole.

«Perciò tu e August vi conoscete. Mi sembrava ci fosse un certo feeling tra voi due. Hmph, è proprio vero che si ricade negli stessi sbagli senza accorgersene.»

Se non interpretava male il linguaggio del corpo colto dalla sua strumentazione, erano affari di cuore, e la speranza che ci fosse ancora un posto per lui in quello di Sasha lo travolse. Si sciolse di fronte al volto intristito e fu dolorosamente insostenibile per i suoi nervi l'impossibilità di abbracciarla.

«L'unica cosa che ho mai amato di questo pianeta sei tu, Sasha.»

Il famigliare muro di riservatezza faticava a esistere nel vuoto etereo. Le sue emozioni, prive di solidi confini, erano talmente forti che, fosse stato in carne e ossa, lo avrebbero soffocato. In quel momento l'affetto per Sasha sovrastava ogni cosa, il fulcro a cui si aggrappò, come il naufrago disperato non mollava il salvagente di fortuna in un mare vorticoso.

Creò un ologramma, affinché anche Sasha potesse focalizzare la sua attenzione su di lui in modo più concreto. La ragazza sobbalzò per la sorpresa, poi gli si avvicinò titubante, scorrendo una mano attraverso la figura azzurra semitrasparente. Tentò di afferrarla, di sentirla. Inutilmente.

«Tra tutti, perché Helios?»

«Era il luogo più vicino a te.»

«Ehi, ex piccioncini! A che punto siete?»

«Abbiamo recuperato Gortis. Sasha, stai bene? Rispondimi, per favore.»

Fecero entrambi una smorfia all'interruzione, ma il tempo stringeva. Seguì Sasha con il suo ologramma, fornendole indicazioni. Si fermò quando la ragazza interruppe la sua corsa, attirata dalle finestre.

«È qui, a destra. Girato l'angolo sarai in laboratorio. Preparati, un paio di scienziati sono armati, e all'interno non ci sono mezzi che io possa utilizzare.»

«Altrimenti li massacreresti come hai fatto con tutti gli altri?»

Il suo comportamento si era capovolto in indignazione e rabbia. Non capì. Le disse che se avesse potuto l'avrebbe ovviamente protetta.

«Oh, certo. Proteggermi.»

«Sasha? Che cosa c'è?»

«C'ero quasi cascata, sai? Tu e le tue belle parole. Hyperion ti ha insegnato bene, non c'è che dire. Ti ha anche insegnato a distruggere tutto ciò che di buono è rimasto su questo pianeta. Ringrazierò Handsome Jack, quando lo vedrò la prossima volta. Prima di sparargli in testa. Al diavolo la Cripta.»

«Di cosa stai parlando? Perché sei così arrabbiata? Cos'è successo?»

«Cos'è successo? Guarda fuori dalla finestra e dimmelo tu, cos'è successo.»

La ragazza corse via, lasciando solo l'ologramma. Non gli serviva affacciarsi verso l'esterno per osservare la carneficina che il sistema di sicurezza, sotto suo ordine, stava attuando contro gli ex padroni. La città si stava rivoltando contro se stessa, i militari non avevano scampo e alcuni civili morivano erroneamente nel caos o eliminati per manifesta aggressività, una percentuale calcolata. Sasha si era forse scioccata di fronte alla brutalità del conflitto? Attribuiva il suo sangue freddo al periodo su Helios?

Le apparse accanto mentre svoltava a sinistra, ben distante dal laboratorio.

«Sasha, non è Helios ad avermi insegnato. È stata Vallory.»

«Sempre colpa di Pandora, come no. Risparmiami le tue bugie. Ti stai sbarazzando dei Crimson Raiders per conto di Jack. E io stupida a penzolare dalle tue labbra.»

«TI SBAGLI!»

L'ologramma tremolò al suo scoppio.

No, no, no! Era la conclusione sbagliata! La pregò di fermarsi, di ascoltare le sue ragioni, di credergli; la protesse contro i nemici che le si paravano davanti; le offrì aiuto se cercava una via d'uscita dal conflitto. Sasha non gli badò. Si arrestò soltanto di fronte a una porta, urlandogli di aprirla. La accontentò, consapevole che dentro c'era il generatore principale. Sospettò volesse mettere mano al computer per togliere potenza al sistema di sicurezza. L'avrebbe accontentata anche in quello, se glielo avesse chiesto. L'avrebbe accontentata in tutto, pur di cancellare l'odio che aveva nei suoi confronti.

«Cosa vuoi fare?»

«Quello che avrei dovuto fare appena ti ho visto.»

Sasha non andò al computer. Sasha andò direttamente alle leve d'emergenza dell'impianto e iniziò ad armeggiare con i meccanismi manuali per sbloccarle. Avrebbe privato l'intera Sanctuary d'energia.

«Sasha, no. Sasha, così... così morirò. Non... Sasha, non puoi farmi questo.»

Nella stanza erano presenti degli strumenti letali, ma nonostante la paura di morire non voleva usarli, né chiamò Jack o Fiona. Sasha non l'avrebbe ucciso. Erano cresciuti insieme, e sempre insieme ne avevano passate tante. Se non amanti, erano perlomeno fratelli.

Alla penultima leva un dubbio straziante lo gettò nel panico. Con il suo ologramma la supplicò in ginocchio, guadagnandosi una fugace occhiata impietosita mentre la mano scivolava sull'ultima manetta. Le emozioni d'amore, angoscia e primordiale istinto di sopravvivenza si ingarbugliavano tra loro senza un vincitore e fu troppo tardi, un millisecondo prima della fine, che l'anelito verso la vita prevalse: le torrette inquadrarono il bersaglio nello stesso momento in cui ogni luce si estinse.

-

Il senso che finalmente lo reintrodusse al mondo fu l'udito. Versi aggrovigliati si agitavano al largo della sua coscienza, confusi e irriconoscibili, ma ne fu grato, poiché erano la prova che non era morto. Il suo fisico era pervaso da un malessere generale, fitte profonde si concentravano alle tempie e la pelle era umidiccia e fredda, eppure ne trasse sollievo. Perfino una vita da mezzo vegetale gli sarebbe andata bene. Tutto sarebbe andato bene, pur di non tornare dov'era prima.

«-fuggiti, signore.»

«Fuggiti? Cosa cazzo vi pago a fare, maledette teste di minchia? No, dico, ce l'avevate lì, legata, imbavagliata e drogata, e la fottuta sirena v'è scappata da sotto il fottuto naso con gli altri due dementi!»

Un colpo di pistola seguito a ruota da un tonfo erano suoni abbastanza normali in presenza del presidente, perciò non si allarmò. Anzi, si sentì più sicuro sapendo che il suo capo era lì, armato e pericoloso. Com'erano diventati bizzarri i suoi criteri di valutazione.

Degli avvisi acustici suonarono quando ebbe la forza di sollevare le palpebre.

«Rhysie! Cristo santo, kiddo, mi hai fatto prendere un colpo. Come ti senti? La tua bella testolina è intatta? Ti prego, dimmi che i neuroni ci sono più o meno tutti.»

Tentò di parlare ma la gola bruciava per la secchezza. Era in laboratorio, sul famoso gelido lettino di metallo, Handsome Jack chino a prendersi cura di lui e guardie di Hyperion stazionate all'ingresso. Non contando la notizia della fuga, avevano vinto. Ma dov'era Sasha?

«Sasha?»

Jack assunse un cipiglio seccato al suo flebile sibilo, allontanando il bicchiere d'acqua e la mano che gli aveva sollevato il capo per bere. Lanciò frecciate denigratorie sulla “pandorana coi rasta che gli aveva staccato la spina senza tante cerimonie” solamente un paio di ore fa, e si annunciò salvatore del suo sexy PA grazie alle sue doti informatiche.

«Sono il tuo eroe, pumpkin. Su di me puoi sempre contare. Non come certa feccia. Ricordatelo.»

«Grazie.»

Le due sillabe gracchianti non convogliavano pienamente la gratitudine che provava, ma il presidente ne sembrò soddisfatto e si riavvicinò. Il calore della mano callosa sulla sua guancia, così reale, così concreto, lo emozionò fino alle lacrime. Le percepì scendergli bollenti sul viso.

«Non è... Non è come dicono. Non c'è niente. Non c'è assolutamente niente là.»7

Era quella la morte? L'oblio assoluto? L'anima spariva rendendo irrilevante anni di sudata esperienza? Che fine... di merda.

Accettò senza vergogna il conforto di Jack, che per una volta lasciò da parte le chiacchiere limitandosi a un sano abbraccio. Si sentì già più umano.

-

«Perciò l'indice m'è sfuggito sul grilletto e la puttana è schiattata. Sua sorella è corsa a farle compagnia. Incredibile come la feccia possegga ancora un barlume di sentimenti simil-umani, non trovi, Rhysie? Non preoccuparti per Gortis: si è chiusa a riccio. Scommetto che si riattiverà non appena due nuovi eroi metteranno le mani sui due pezzi del puzzle. Cioè noi due, in caso non fosse chiaro.»

Chiuse l'armadietto degli spogliatoi dei Crimson Raiders che aveva appena saccheggiato e considerò le intenzioni di Jack. Non era un cattivo piano.

In seguito a una doccia calda si sentiva rinato, sebbene un po' fiacco. Un kit medico lo attendeva sulla panca due passi più in là, accanto al suo salvatore. Si passò la mano di carne tra i capelli, assaporandone la consistenza e l'umidità dopo essere stato privato dei cinque sensi per un'eternità di due ore, dodici minuti e quarantotto secondi.

Se il corpo era affamato di contatto fisico dopo la traumatica privazione, la mente era ancora preda di un certo distacco dalla realtà, tanto che nemmeno la notizia del trapasso di Sasha e Fiona riusciva a scatenargli un'emozione forte. Ma il presidente aveva indovinato, di proposito o involontariamente, il modo di raggiungerlo. A ben vedere non era diverso da quello che faceva sempre: tocchi senza permesso e invasione del suo spazio personale.

«Allora? Cosa ne dici, cupcake?»

Si lasciò mettere due solide mani sulle spalle e attirare in avanti. Il tessuto dei vestiti gli sfregò piacevolmente la pelle e un rassicurante calore corporeo si irradiava dall'altro uomo. Si sarebbe infilato volentieri a letto a dormire per una settimana.

«Io e te. Insieme contro-»

«Magari un'altra volta, handsome

Da un alone brillante tinto di rosa Lilith sferrò un destro facciale al CEO di Hyperion. Finirono entrambi sul pavimento, e subito la donna agguantò la sua nemesi per poi teletrasportarla via con sé con una baldanzosa battuta d'uscita.

«JACK!»

Il braccio allungato verso la luce ormai svanita si ritirò lentamente. Invece di accasciarsi al suolo, svilito, si chiuse a pugno con rinnovato vigore. Pian piano, di pari passo con i suoi pensieri, la patina satinata che avvolgeva la sua mente si sciolse, lasciando emergere qualcosa di ustionante. Questo pianeta, questo stramaledetto pianeta non avrebbe mai cessato di torturarlo. Ogni singola cosa a cui teneva gli era spietatamente sottratta. Anche Sasha, se mai era stata davvero sua, gli si era rivoltata contro.

Indossò il suo desiderio di rivalsa come una corazza e si rimise in piedi. Il resto lo ottenne dall'armeria.

-

Avrebbe mentito se avesse detto di non aver provato niente nell'infilzare il cranio del cecchino. Mordecai giaceva inerte sul pavimento, la testa circondata da una chiazza di sangue in espansione. Il suo giovane compagno rapace, Talon, era morto prima di essere lanciato.

Avevano usato il grosso dei soldati di Hyperion come distrazione all'esterno mentre lui e una piccola squadra si infiltravano nella base di fortuna di Lilith, trovata grazie all'ultima posizione registrata dal trasmettitore di Jack, quello innestato segretamente in un dente finto. Già immaginava la seccante soddisfazione del presidente nel vedere giustificata la sua paranoia.

Il cadavere dell'uccello da preda ebbe uno spasmo e la scena riprese a girare, con l'unità hyperion che procedeva lungo un corridoio discendente nei meandri della fortezza abbandonata, un classico del panorama turistico pandorano. Li seguì dopo aver ammirato il sangue sulla lama del suo braccio robotico, modificato nei laboratori di Sanctuary, ancora preso dai brividi. Quanto tempo era passato dall'ultima volta?

Non aveva ricevuto un addestramento, non eccelleva in niente di militare tranne che per la mira e l'hackeraggio, merito del suo impianto cibernetico. Era cresciuto da bandito, con una gerarchia stabilita dal più forte o dal più scaltro e il motto “vivi e lascia morire”. Pure i soldati provavano quell'euforica eccitazione mista a pelle d'oca nel momento in cui si aveva la certezza di averla fatta franca?

Lasciò ai suoi temporanei colleghi il rischio di essere colpiti per primi, rimanendo nelle retrovie, una tattica definita intelligente o codarda a seconda della morale dell'interlocutore. Lui la considerava buon senso. La carne da macello svolse il suo dovere e presto le truppe si ricongiunsero all'interno del complesso. Una metà venne occupata dal solo Brick, lui e il resto contro Lilith. Di Jack nessuna traccia, però il trio non sembrava avere alleati nel mezzo della regione artica del Southern Shelf, per cui o era lì, o la sirena l'aveva nascosto chissà dove.

Mentre veniva teletrasportato e scaraventato su una superficie ricoperta di dura neve, si rese conto di non aver calcolato un punto importante: non era la solita faccia qualunque che passava inosservata. Era un amico di Handsome Jack che aveva causato il massacro di Sanctuary e possibilmente la fine della ribellione.

«Siamo io e te, ora, pretty head

Non aveva chance di uscirne vittorioso. Se anche la donna avesse esaurito le energie, rimaneva comunque un migliore combattente di lui. Invece dell'uno contro uno, scommise sull'uno contro campo di battaglia. Si voltò e se la diede a gambe levate, in cerca di un luogo favorevole, Lilith alle sue calcagna a dargli del vigliacco. Come se gliene fregasse qualcosa.

Fu arduo per i suoi scudi e le sue povere ossa sopportarne gli attacchi, e in una mezz'ora di guardie e ladri lo raggiunsero stanchezza, fiatone e acciacchi vari, ma resistette. Non male per uno appena uscito da un coma. Di positivo c'era che più la evitava, più lei si incaponiva di ammazzarlo, caricandolo di rimando di un maligno compiacimento. Si sentiva vivo, padrone del suo corpo, sensibile ad ogni movimento, ad ogni colpo, ad ogni respiro. L'aria aveva sempre bruciato in quel modo nei suoi polmoni? Il sangue era sempre scorso così caldo nelle sue vene? Aveva l'ottanta per cento delle probabilità di morire, eppure si stava divertendo.

Finalmente trovò uno spazio fiancheggiato da una ripida parete rocciosa, le cui acuminate appendici gli diedero un'idea.

In meno di dieci minuti, i capelli rossi della sirena parevano aver creato l'abbinamento perfetto di propria iniziativa. L'aveva ingannata fingendo di spararle e mancarla, per scalfire la pietra e il ghiaccio nei punti indicati dall'occhio azzurro, poi una distrazione aveva permesso la caduta furtiva della roccia appuntita. Con un pizzico di fortuna e calcoli matematici la donna si era trovata nel posto giusto al momento giusto. Era di cattivo gusto ridere di pezzi e organi umani insanguinati sparsi su un manto bianco? Non se n'era nemmeno accorta! Dio, perché era così dannatamente divertente?

-

«Stava fissando me.»

Steso su un lettino, il presidente gli ricordava malamente Angel in ospedale, solo che qui erano su uno shuttle di ritorno su Helios e il paziente era in sicura via di completa guarigione.

«Ho usato le granate. Con il ronzio ai timpani e le vibrazioni causati dalle esplosioni non ha notato quella grossa roccia cascarle addosso.»

«Deve avere avuto una faccia da paura. Pagherei oro per vederla.»

Come in un gioco, più insensato che infantile, i loro sorrisi si alimentavano l'uno dall'altro, fino a sfiorare l'esaltazione.

«È registrata nella mia memoria visiva.»

-

A conti fatti era stato tutto merito di Angel. La ragazza era stata la scintilla che lo aveva risvegliato, il collegamento che lo aveva unito a Jack, e l'inizio di un'avventura che aveva messo in ginocchio Pandora.

Era grazie a lei se le giornate non avevano ripreso il solito straziante tram-tram. Occupava ancora la posizione di assistente personale, vero, eppure affrontava le giornate lavorative con una nuova energia. L'estensione delle sue mansioni e il miglioramento del suo ufficio erano stati un contributo rilevante.

Era grazie a lei se lui riusciva a convivere pacificamente con se stesso. Aveva guadagnato potere e rispetto, riuscendo miracolosamente a mantenere parte del suo tranquillo gruppetto sociale. Non aveva più remore nel dare nell'occhio, tenere la testa bassa e accertarsi di essere l'uomo qualunque. Non era più nemmeno S.G., Signor Grumpy, come i banditi l'avevano battezzato negli anni di servizio presso Vallory. Era... era Rhys, semplicemente Rhys. Con una lingua leggermente più tagliente e sintomi di abuso di potere, ma quella era parzialmente colpa di Jack.

A proposito del presidente. Dopo la visione su grande schermo della morte di Lilith, aveva preso a chiamarlo babe. Non aveva chiaro il significato preciso del nomignolo, però la misteriosa eliminazione della Scopagenda era sospetta, insieme all'aumento di invasione della privacy. Inspiegabilmente, non era restio alla sua compagnia, il che gli suggeriva il sentore di un ulteriore cambiamento interiore. Sperava per il meglio.

Intento a sorseggiare il suo caffè mattutino con il chiacchiericcio di Jack e lo sfrigolio delle uova in padella in sottofondo, si ripeté che sì, alla fin fine, era solo grazie a lei.

 

 


 

 

Note:

 

2 Angel sopravvive con delle flebo costanti di eridium, ma il suo corpo si sta deteriorando. Anche i suoi poteri sono del tutto andati.

3 Jack ha visionato le registrazioni di Angel e indagato a fondo su questo sconosciuto che chissà per quali secondi e malvagi fini è diventato amico della figlia. Il piano era metterlo alle strette grazie al lavoro di PA per poi ucciderlo. La vista della fotografia di Angel sul comodino, quando si è introdotto a casa di Rhys, gli ha fatto capire che l'amicizia era genuina.

4 È l'anniversario della morte di Angel e Jack guarda la fotografia di quando lei era bambina, la stessa che vediamo nel suo ufficio in Tales from the Borderlands.

5 Siccome questa è un'alternative universe dove Jack è tornato ad avere sentimenti abbastanza normali, è riuscito ad affezionarsi a Rhys: primo perché sente di avere un legame attraverso l'amore condiviso per Angel, secondo perché lo intriga la sua personalità.

6 Su Pandora sono comuni gli arti meccanici, non gli impianti cibernetici sofisticati. Nel mio universo alternativo, Rhys è nato affetto da autismo. L'autismo è un disturbo neuro-psichiatrico che interessa la funzione cerebrale, perciò i medici hanno installato l'impianto cibernetico in testa così da sistemarne il funzionamento. Felix ha notato il moccioso con l'impianto costoso.

Mi sembrava un'idea carina e originale, tanto per cambiare. Peccato che non ho occasione di menzionarlo nella ficci XD Se qualcuno volesse mai sfruttare questa idea, per favore fatemelo sapere che voglio leggere! E magari quotatemi u_u

7 Stesse ultime parole di Handsome Jack-ologramma prima che Rhys stacchi la spina in Tales from the Borderlands. È una scena che mi è piaciuta tantissimo.

  
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