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Autore: _Akimi    29/10/2016    1 recensioni
29 Ottobre - Festa della Repubblica turca
[Turchia x Svezia]
"Sadik si abbandona ad un'amara risata, la sua famiglia lo aveva detto, doveva fare di tutto, ma non il giornalista: troppo testardo, alla ricerca di risposte scomode e con quel suo strano bisogno di scrivere di ciò di cui non si vuol sentire parlare.
«Ovviamente è così; prima mi hanno accusato di essere un filo-curdo poi si è parlato della mia ipotetica omosessualità.»"
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Svezia/Berwald Oxenstierna, Turchia/Sadiq Adnan
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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The Interview
{Stoccolma, 2016}

É un locale spento, il loro luogo di incontro; Sadik osserva la propria figura riflessa sulla vetrina del café e aspira con la sua sigaretta, ignorando la cenere oramai accumulata sul suo cappotto.
Questa Svezia proprio non la capisce, la gente è distaccata, tutti intimoriti di scambiare una qualche parola con la prima persona che hanno accanto; nonostante questo – non sa ancora come – il paese è accogliente e l'essere fuggito dalla Turchia inizia ad affliggerlo di meno, seppur senta mancanza di casa.
Ad Istanbul si respirava un'altra aria, ma ora è solo oppressione, paura e violenza; Adnan non si rispecchia più nel paese da cui proviene, ma anche lì, in Scandinavia, non trova un posto da poter chiamare "Ev".
Per gli altri è solamente un rifugiato politico, l'uomo sfuggito alla nuova dittatura di Erdoğan e in parte si sente terribilmente in colpa poiché è scappato come un vigliacco e abbandonare la propria patria è il gesto più immorale che abbia mai compiuto in tutta la sua vita.
É un giornalista, o almeno, lo era, e ora l'unica cosa che può fare è raccontare la sua storia a terzi, diventando oggetto di interesse di colleghi che sanno realmente poco o nulla della situazione nel suo paese.
La sua intervista occuperà un qualche rigo di un giornale che non si sforzerà neppure di leggere perché è già discreta la sua conoscenza dell'inglese e lo svedese non è esattamente una lingua che ha intenzione di imparare.
Forse lo farà – ne è obbligato – e quello a cui anela è di ricostruirsi una vita, se possibile.


Lo vede arrivare dalla strada che porta ad uno dei tanti quartieri abitati: lo ha visto solo in foto e crede che la macchina fotografica non gli faccia onore: è un uomo alto, composto e un'espressione neutrale è dipinta sul suo volto.
Ha un'aria piuttosto formale e non si sforza neppure di sorridere quando si siede al suo stesso tavolo; Sadik non si sente a disagio davanti alla sua apparente freddezza, ma decide comunque di rispettare lo spazio dell'altro.
Si salutano con una stretta di mano, la presa dello svedese è decisa, ma il turco non è da meno e accenna un breve sorriso quando il biondo appoggia un registratore al centro del tavolo.
«Qualcosa di caldo prima? Mi sembra un'ottima occasione dato il tempo, offro io.»
Sadik parla e l'uomo che ha di fronte rimane del tutto in silenzio, accenna solamente con il capo e passano pochi attimi prima che entrambi possano ordinare una cioccolata calda.
Sadik lo capisce facilmente, lo svedese non è un uomo di molte parole e non si spiega perché abbia deciso di fare un lavoro come quello; forse funziona così da queste parti, la pacatezza è una peculiarità dei popoli nordici, certamente non dei turchi.
Nonostante ciò, Sadik non segue generalmente i luoghi comuni ed è sollevato nel sapere che lo stesso vale per il suo collega; i turchi non sono ben visti in nessun paese europeo e le politiche di Erdoğan non aiutano a creare una piacevole identità nazionale all'estero.

«Vorrei evitare il registratore, ma non sono molto avvezzo ad un approccio diretto come questo.»
Sadik lo osserva girare il cucchiaio dentro alla propria tazza, tiene lo sguardo basso mentre una luce rossa inizia a scintillare ad intermittenza; il turco non si lamenta, è anche lui uno del settore e le formalità non gli sono mai andate a genio.
«Basta non farmi passare come un martire.»
Non sono morto né sono stato imprigionato – pensa amaramente, e inizia a sorseggiare la bevanda per far sì che lo zucchero circoli nel suo corpo.
«Ho una storia da raccontare, ma non penso che il giornale richieda la mia opinione personale.»
Con l'indice lo svedese preme il tasto pausa per fermare la registrazione e poi continua a parlare.
«Erdoğan è un uomo spregevole, l'Europa pecca di ipocrisia, la stessa Svezia contribuisce, ma ammetto di non essere mai stato particolarmente favorevole all'entrate del tuo paese nell'Unione.»
Riprende a registrare e gli occhi di Sadik si fermano di nuovo sulla luce rossa.
«Mi piace l'Europa, ma non la reputerei una casa in cui vivere, sono un ospite e sempre lo sarò.»
Non vi si trova del vittimismo nelle parole di Adnan, eppure Berwald prova un usuale senso di colpa che lo porta a combattere contro il contorcersi del suo stomaco; non sa cosa significhi allontanarsi dalla propria patria, ma lo compatisce e non lo invidia.
«Pensi che la situazione non possa cambiare?»
Sadik non appare come un uomo vittima del nichilismo, sicuramente non è un idealista, ma Berwald trova nei suoi occhi il sentimento di chi ha perso tutto, ma combatte ancora.
«Il golpe è stato solo un pretesto, l'apice di un susseguirsi di eventi che interessano la stampa internazionale solo ora, ma noi giornalisti, quelli che fanno il proprio lavoro per conto di nessuno, vivevamo già in costante pericolo.»
Berwald ascolta solamente, osserva l'uomo sfiorarsi con la punta delle dita il pizzetto che spunta sul suo mento e segretamente rimane incantato da quel piccolo, insignificante gesto; Sadik pare sconnesso dalla realtà e emana un'aura malinconica che lo stesso svedese non riesce a comprendere del tutto.
«In Turchia manca la verità e quando quest'ultima non c'è significa anche che le libertà individuali sono destinate a perire.»
Sadik ora osserva il viso di Berwald, una traccia di cioccolato gli segna le labbra fini, ma bastano pochi attimi e quest'ultima sparisce quando lo svedese si umetta la bocca con la punta della lingua.
«Hai chiesto rifugio in altri paesi europei?»
Pare una domanda personale, come se fosse Berwald umano – e non giornalista – a chiedere se Sadik abbia scelto la Svezia o se sia stata solo una casualità.
«Inizialmente sì, ma è stata solo una questione di tempistica; in Germania la comunità turca è numerosa, ma i tempi richiesti non mi aiutavano.»
Sadik non resiste, deve necessariamente fumare un'altra della sue sigarette e non domanda se possa infastidire l'altro; non ha tempo per le cortesie e, in ogni modo, Berwald non dice nulla a riguardo.
«Hai ricevuto minacce che ti hanno obbligato a chiedere rifugio?»
Berwald non parla di fuga perché Sadik sembra pentirsi delle sue scelte, eppure per lui non è degradante ciò che ha fatto, anzi, ammira il suo desiderio di rendere il suo paese un posto migliore in cui vivere.
«Non le chiamerei propriamente minacce, è come una caccia all'uomo: vai a dormire e il giorno dopo trovi la tua faccia in prima pagina e sei ricercato nel paese perché, secondo loro, sei un nemico della nazione.»
Socchiude le labbra e un perfetto cerchio di fumo raggiunge Berwald, infrangendosi sul suo volto; tossisce appena, lo svedese, non perché sia infastidito, ma poiché ha cominciato a scrutare il turco con troppa attenzione e non vuole sembrare sgarbato.
«I tuoi articoli... » Inforca gli occhiali sul naso e si ricompone per non apparire imbarazzato. «Ne ho letti alcuni, di quelli che sono stati tradotti o che hai scritto in inglese, credi che tutto sia dato dagli argomenti trattati?»
Sadik si abbandona ad un'amara risata, la sua famiglia lo aveva detto, doveva fare di tutto, ma non il giornalista: troppo testardo, alla ricerca di risposte scomode e con quel suo strano bisogno di scrivere di ciò di cui non si vuol sentire parlare.
«Ovviamente è così; prima mi hanno accusato di essere un filo-curdo poi si è parlato della mia ipotetica omosessualità.»
Ora è Sadik ad apparire imbarazzato, ne parla con scioltezza, ma si sente punto dal vivo perché non sa quali siano le opinioni di Berwald e il suo silenzio, seppur nella norma, pare andare ben oltre all'essere una semplice non-azione.
«Ma è un modo per scoraggiarti, ti etichettano parte di una minoranza e di conseguenza sei un estraneo, come se bastassero un paio di poliziotti per non avere più omosessuali in Turchia.»
Berwald pensa alle manifestazioni che ci sono state nel suo, di paese, ricorda il marciare dei neo-nazisti nelle strade e se ne vergogna poiché la Svezia è invidiata per il suo ordine, ma vi sono anche alcune piaghe a cui non si può porvi rimedio.
«E Erdoğan odia tutto questo, odia sapere che esistono persone diverse da lui; così bombarda le postazioni curde in Siria e non riconosce nessun diritto alla comunità LGBT.»
Sadik inizia a bisbigliare e Berwald quasi fatica a comprendere le sue parole; riconosce le sue debolezze e odia vedere che un uomo come lui, già pronto al peggio, provi vergogna per comportamenti altrui.
«La religione potrebbe essere uno strumento nelle mani di Erdoğan?»
Gli svedesi iniziano a diventare sospettosi, la paura degli attentati colpisce anche loro, ma Berwald non discrimina una persona per la propria fede; non sa neppure se Sadik creda in un Dio, ma se così fosse, non lo ammirerebbe di meno.
«La Turchia è nata come paese laico, può sembrare un paradosso, ma Erdoğan ha mantenuto in parte questa neutralità. I turchi più progressisti, i figli del pensiero di Atatürk, non vogliono che la religione li opprima, questo non significa che non influenzi le loro idee. L'omosessualità è condannata da molti, eppure sono fortemente convinto che si possa essere musulmani e omosessuali nel medesimo tempo.»
Berwald non si mostra stupito dalla dichiarazione di Sadik, ma è consapevole che in un qualsiasi paese islamico sarebbe considerata un'eresia.
Sadik ne parla come se si trattasse della cosa più semplice al mondo, come se la sua affermazione fosse del tutto naturale e lo svedese, di rimando, non può che rimanere ammaliato dalla sua spontaneità.
«Tornerai mai in Turchia?»
Sadik ha finito la sua sigaretta, si pulisce gli abiti e nota che il registratore è ormai spento.
Berwald lo conserva nella sua borsa e la domanda che gli pone appare fredda, ma proviene dal suo cuore che – in attesa – spera di ricevere una risposta positiva.
«Voglio tornare e sto pensando di farlo anche se sono solo da un mese qui; forse tornerò e verrò arrestato, a quel punto avrai un buon articolo e non la storia di codardo.»
Quelle parole riecheggiano tra i due uomini, Berwald non sa come rispondere, ma si sente in dovere di interrompere quel dannato silenzio, vuole una soluzione e farà di tutto per alleviare le pene dell'altro.
«Una buona storia non è necessariamente giusta o sbagliata. La tua non è una resa, altrimenti non avresti accettato di incontrarci.»
Sadik si alza e sorride; non ha più nulla di interessante per il suo nuovo amico svedese, ma è convinto che avranno modo di parlarsi nuovamente.
«Mi devi una cioccolata, magari questo è un motivo valido per rivederci.»
 
* * *

In effetti, i due si sono incontrati di nuovo.
Berwald indossa un caldo maglione blu notte e dei ciuffi chiari gli sfiorano le tempie; si è tagliato i capelli – Sadik se ne accorge subito poiché il suo volto appare più aguzzo e i lineamenti del suo volto sono ora ancora più rigidi.
Ha scoperto tanto di lui nelle ultime settimane: non ama parlare al telefono, preferisce delle asettiche e-mail, non gli piace la cucina turca e passa le giornate a studiare l'evoluzione delle arti scandinave.
Non fuma, beve poco ed è così abituato al freddo dell'autunno svedese da dedicare sarcastiche battute al turco senza perdere l'aura di uomo formale e distaccato.
Vanno a casa sua e Sadik non si stupisce di trovare così tanti mobili Ikea in tutte le stanze; il salone pare uscito da un catalogo, ma vi sono alcuni dettagli che lo rendono il tipico appartamento di un uomo non sposato, che dedica molto tempo al suo lavoro, ma che non si trascura.
Gli occhi di Adnan si posano sull'immensa libreria che ha nel proprio studio, lì sorseggiano un té e per un attimo ha quasi la sensazione di trovarsi a casa di un vecchio collega inglese che conosce anche se, di Berwald ne preferisce la compagnia.

Sadik parla per la maggior parte del tempo, Berwald è un ascoltatore più bravo di lui, o forse cerca di apparire cortese poiché non è molto espansivo; in effetti, Sadik nota che un'espressione cupa è sempre dipinta sul suo volto, ma alle volte si rischiara quando il turco incappa in parole inglesi che non sa propriamente pronunciare.
Ha un accento strano, Sadik Adnan, ma il flusso di parole che fuoriesce dalle sue labbra è un qualcosa che attrae anche un uomo distaccato come lo svedese.
«Non sei mai stato in Turchia? Dovresti provare il nostro té.»
Berwald non ricorda più quando la loro conversazione è diventata così personale, nella stanza aleggia un'atmosfera piacevole e l'usuale registratore è ormai abbandonato in un qualche cassetto della sua scrivania.
È stranito dal suo stesso comportamento poiché non aveva mai rinunciato al proprio lavoro, sempre immerso nelle informazioni utili a scrivere articoli, ma questa volta Sadik non è più un semplice testimone e davanti a lui trova un uomo che semplicemente gli tiene compagnia.

Conversano ancora, Sadik parla spesso del suo paese senza neppure accorgersene e Berwald inizia a rivivere nella propria mente tutto ciò che l'altro gli racconta: scopre che la famiglia Adnan è rimasta in Turchia, i suoi genitori non sono intenzionati a raggiungerlo, anche se suo padre ha pianto nello scoprire che suo figlio è ricercato; è stato sposato, anni prima – e questo stupisce Berwald perché pare giovane e non avrebbe mai immaginato che fosse stato ammogliato.
Il biondo, comunque, non fa domande a riguardo, ma Sadik parla senza particolare imbarazzo: era sposato con una donna greca, ma poi il suo lavoro lo ha lasciato con una valigia sulla soglia di casa e una porta sbattuta in faccia.
Berwald, di rimando, non parla molto della sua vita personale, solo dettagli come la facoltà in cui ha studiato, un viaggio di lavoro che lo ha tenuto occupato in Russia per un paio di mesi e la curiosità di partire ancora, nella speranza di poter scoprire più del mondo in cui vivono.

Così il pomeriggio passa in fretta, Saik attraversa ora il corridoio verso l'uscita e si ferma solamente quando Berwald gli apre la porta.
«Chiamami se vuoi organizzare qualcos'altro.»
È ora di cena, entrambi sembrano trattenersi l'un l'altro per rimandare quel temporaneo addio; Berwald non è un uomo abituato a mentire, ciò nonostante è consapevole che basterebbe una qualsiasi sciocca scusa per farlo fermare a casa ancora per un po'.
Sadik è il primo a salutare e il biondo accenna con il capo, passivamente lo vede andare via, vorrebbe osare, ma qualcosa lo trattiene poiché sa a che cosa sta anelando, ma non vuole essere vittima di un errore così sciocco.
«Sadik!»
Alla fine lo chiama, lui si volta e non può fare altro che nascondere un'espressione imbarazzata fingendo di non riuscire a vederlo da quella distanza.
Si toglie gli occhiali per ripulire le lenti e parla di nuovo una volta sistemata la montatura sul viso.
«Ceniamo assieme, un giorno.»
 
* * *

Berwald non ha particolari preferenze quando si parla di cibo, ha un debole per le Köttbullar, un piatto tipico svedese che unisce armonicamente dolce e salato, ma non è un audace e il Kebab che dista pochi quartieri da casa sua non è uno dei luoghi che avrebbe inserito nella sua lista “100 luoghi da visitare prima di morire.”
Il locale è semplice, un paio di uomini si muovono con familiarità tra i tavoli e bastano pochi minuti per avere davanti agli occhi un piatto caldo e – secondo Sadik – invitante.
«Le tradizione si riadattano al paese in cui vengono esportate; l'idea del panino piace più all'estero che in Turchia.»
Sadik mischia il riso nel suo piatto con una forchetta di plastica mentre Berwald controlla la carne come a volerne capire la provenienza.
«Sei sicuro di non volerne un po'?»
Il biondo afferra la sua bottiglia di birra e guarda il bicchiere vuoto dell'altro come se riempirlo fosse divenuta oramai una questione di vita o di morte.
«Non posso.» Inizia a parlare lui, decidendosi infine a colmare il bicchiere di semplice acqua minerale.
A quelle parole, Berwald gli dedica uno sguardo confuso, ma più che osare chiedere, è più spontaneo per lui perdersi in congetture inutili.
Forse è astemio – l'alcol può divenire una dipendenza difficile da combattere e sebbene non abbia indizi per dirlo, Sadik non gli dà l'impressione di essere un uomo vittima di alcolismo.
«La fede può rivelarsi scomoda in questi casi, ma non è una grave rinuncia.»
Sadik ride, ha capito a che cosa stesse pensando lo svedese, ma lo biasima ed è divertito dal comportamento composto dell'uomo.
«Ma lo stereotipo dei turchi come grandi fumatori non è così irrealistico, quindi recupero con quello.»
Un ghigno sarcastico illumina il suo volto, lascia che l'altro insinui quello che preferisce, ma è convinto che Berwald non sia di indole sospettosa e fraintenderebbe le sue parole solo in buona fede.

Con quelle battute cala un pacifico silenzio tra di loro, Berwald pensa a cosa dire, ma anche se ha delle idee per cominciare di nuovo la conversazione, non è abituato ad avere molta compagnia.
Sadik è una persona molto sciolta, spontaneo in tutto ciò che fa e Berwald si sente a suo agio, seppur si conoscano da poco più di due mesi e mezzo.
«Tua moglie.»
Il turco alza gli occhi verso di lui ed incontra delle brillanti iridi color ghiaccio che lo stanno guardando.
«La mia ex-moglie?»
Non gli piace la suspense che lo svedese è solito creare ogni qualvolta faccia una domanda; gli pare di essere sotto interrogatorio e ora capisce perché agli scandinavi piacciano particolarmente i thriller.
«Si è convertita?»
Sadik non immaginava una domanda così superficiale, non dice di esserne rimasto deluso, ma pare che Berwald stia testando il terreno e Adnan lo lascia libero di fare.
«No, la mia famiglia non è particolarmente legata all'islam; la mia ex non è credente, quindi sarebbe stato piuttosto inutile.»
Berwald sembra non aver ancora pienamente compreso che Sadik non sia molto tradizionalista, proviene da una cultura palesemente legata alla fede che professa, ma se fosse così dipendente da essa, probabilmente non avrebbe fatto molte delle cose che lo hanno messo in quella scomoda posizione.
«Non sono un turco da crociata, anche se - storicamente parlando – l'Europa ne ha trovati di modi per farsi odiare.»
Il biondo lo considera un paradosso, sono in un locale informale, mangiano carne in un piatto di plastica, eppure parlano di argomenti al limite del letterario.
Forse è una delle tante caratteristiche dell'uomo che ha di fronte, non segue il sistema, ha regole proprie a cui lo scandinavo, faticosamente, cerca di abituarsi.
Nasconde del fascino, nella sua stravaganza, e Berwald è doppiamente combattuto poiché quella dannata carne kebab non è così pessima come immaginava e la birra – deve essere necessariamente colpa della birra – lo fa riflettere su insulsi dettagli a cui prima non aveva dato alcuna importanza.
 
 
Erano già così ipnotici gli occhi di Sadik? E le labbra formavano già un sorriso così ammaliante?
Sono domande a cui Berwald non vuole trovare risposta e per sua fortuna, Sadik lo riporta alla realtà parlando.

«E tu? Sei un lupo solitario?»
L'alcol circola nel suo corpo, non beve mai molto, ma arrivare a perdere lucidità per una misera birra lo demoralizza non poco; fosse non ha più l'età per quel genere di cose e i kebab, si ripete, non possono fare al caso suo.
«Avevo un partner.» È la parola più stupida che possa usare, ma l'ha già pronunciata ed è troppo tardi per ritrattare.
«Era un ragazzo finlandese che ho conosciuto durante quel servizio in Russia di cui ti ho parlato.»
Sadik non sembra molto stupito dalla sua dichiarazione, pare quasi che si aspettasse una cosa del genere e, a dire il vero, Berwald non sa se essere contento del modo in cui il turco riesca a comprenderlo così facilmente.
Per lunghi attimi nessuno dei due parla, Sadik ha ricominciato a mangiare, non lo obbliga a confessare con domande invasive e Berwald lo apprezza, seppur sia spinto a proseguire per interrompere il silenzio.
«Comunque è successo anni fa, ho sempre abitato da solo.»
Forse avrebbe molto di più da dire, di come stesse per prendere in affido un ragazzino, di quella volta che rischiò di perdere il lavoro dopo un litigio con un giornalista danese e tanti altri episodi che lo renderebbero sicuramente una persona più interessante; non ha mai sentito il bisogno di esporsi in quel modo, ma sentire raccontare Sadik della sua, di vita, lo porta a desiderare di stupirlo.
É un ragionamento infantile, probabilmente lo accomunerebbe ad una quattordicenne che tenta di attirare l'attenzione del ragazzo di cui è invaghita e passati i trent'anni, Berwald può dire di aver già provato che cosa sia innamorarsi di qualcuno.
Forse Sadik lo interessa solo poiché è così diverso, continua a portare piccole parti di Turchia nella sua fredda Svezia e persino una persona come lui si lascia ammaliare dai misteri esotici di quella terra; si ripete che non può essere in altro modo, non trova Adnan fatalmente sensuale, anche vedendolo mangiare con delle posate da quattro soldi; no, è estremamente convinto che non siano gli abbozzi di un sorriso ad attrarlo poiché ha già passato quel periodo della sua vita in cui era in cerca di qualcuno che potesse contrastare la sua crescente apatia.

«Come ti sembra?»
Sadik interrompe i suoi pensieri e ritorna all'unico argomento che possa alleggerire l'atmosfera; è convinto di aver toccato un tasto dolente nella vita dello svedese, anche se ne ha parlato di sua spontanea iniziativa; Sadik non si sente in colpa – raramente ha rimorsi – e la riservatezza di Berwald non può che accrescere la sua curiosità.
Lo deve ammettere, da quando si è sposato ha definitivamente smesso di osservare gli uomini come possibili “partner” - come direbbe l'altro – ma le vecchie abitudini possono tornare e Berwald non lo rende indifferente.
É un uomo troppo razionale, secondo la sua ottica, ma basterebbe poco per ravvivarlo un po' e vederlo più rilassato; questo è solo un piccolo difetto, anzi , scompare una volta scoperte le sue qualità.
Nei suoi silenzi sa lo stesso affascinare - Sadik non ha ancora capito come –, forse complice il modo in cui lo guarda, il ben celato desiderio di scoprire qualcosa di nuovo o il semplice fatto che si sia messo alla prova contro un kebab per fare colpo.
«Il pane è buonissimo.»
Questa volta è Berwald a distrarlo dal flusso di pensieri, neppure se n'è accorto, ma lo svedese ha finito tutto ciò che aveva nel patto e ciò che rimane sul loro tavolo sono soltanto due dita di birra nel bicchiere e una bottiglia vuota.
 
* * *

Berwald non poteva crederci quando l'ha scoperto e vedere sulla soglia di casa propria Sadik, senza nessun preavviso, è qualcosa che lo scuote particolarmente.
«Volevo solo salutarti prima di partire.»
Sono passati ormai tre mesi da quando si sono incontrati per la prima volta, il freddo di novembre si avvicina e Berwald ritrova sul volto del turco un'espressione che non ha mai visto prima, i suoi abiti odorano di fumo, la barba gli è cresciuta e le sue labbra si muovono senza comporre nessun suono.
«Partire?»
È sera, Berwald ha passato un'altra cena nel suo fin troppo grande appartamento, ma gli incontri con Sadik rendevano le sue giornate meno pesanti.
«Ho un biglietto aereo per Ankara, sola andata.»
Le nocche di Berwald si schiariscono con lo stringere violento della maniglia, si sente tradito, ma sa che Sadik non era obbligato a dirgli nulla; si fidava di lui per via del rapporto instaurato e forse è ciò che lo ha spinto ad affezionarsi in quel modo.
Non è da lui, Berwald Oxenstierna non si lega mai alle persone in così poco tempo, ma Sadik è diverso e oramai ciò che prova nei suoi confronti va ben oltre all'ammirazione per un collega.
«Ma siccome devo combinare casino ovunque io vada, non potevo lasciare la Svezia con dei rimorsi.»
Berwald è confuso, desidera davvero comprendere, sentire quale siano le motivazioni che lo portano ad essere lì e in nessun altro posto; non dubita che Sadik sia capace di stringere amicizie velocemente e per questo trova la scelta di giungere proprio a casa sua durante la notte piuttosto discutibile.

«Questo puoi non raccontarlo al tuo giornale.»
La voce di Sadik si è fatta roca, deglutisce e avanza di qualche passo per diminuire i metri e infine i centimetri che lo dividono dal volto pallido dello svedese; è così vicino a lui da poter sentire il suo respiro, ma Berwald non perde la sua compostezza e rimane fermo anche quando sente la sua mano carezzargli la guancia; non è propriamente un gesto di affetto, pare più un modo per poter rassicurare entrambi.
Si ripete che va bene così, altrimenti Berwald lo avrebbe fermato molto prima; trova incredibile come il biondo riesca a mostrarsi così pacato e ciò a cui segretamente anelava si realizza sotto forma di un bacio sulle sue labbra.
Sadik è bravo in molte cose, così ha appreso da poco Berwald: è un ottimo oratore, è colto e può improvvisarsi persino un comico mediocre, a questo ora si aggiunge l'abilità nascosta dietro a quei suoi baci e carezze.
Non è eccessivamente affettuoso, la gentilezza non fa mai troppo al caso suo, forse per gli standard di Berwald è sin troppo coinvolgente, ma è passionale ed è tale caratteristica ad obbligare lo svedese ad abbandonare la sua naturale disciplina.

Rimangono così sulla soglia di casa, la luce accesa del salone proietta delle ombre ai loro piedi e Berwald allunga la mano per poterla poggiare sul braccio di Sadik; sfiora il suo gomito e si sporge verso di lui, non infastidito dal tocco delle dita del turco contro la nuca.
Berwald non è un uomo abituato a lasciare le redini del comando ad altri, è spontaneo per lui non perdere mai il controllo, ma con Sadik non è più una questione di dominare o essere dominati.
Semplicemente stanno l'uno contro l'altro, i loro petti si sfiorano quando si avvicinano e Sadik si riscalda con il tepore emanato dal corpo dell'altro.
Si ripete, questa Svezia proprio non la capisce, Berwald svela un altro lato di sé solo ora che ha deciso di ritornare, e in quel momento si rende conto che allontanarsi da Stoccolma sarà un altro doloroso abbandono.


Quella notte Sadik osa più di quanto abbia fatto in tutta la sua vita, eppure è anche la prima volta che risulta così cauto con ciò che desidera; è un momento delicato, anche Berwald lo sa, ma il silenzio che è calato tra di loro è accompagnato da gesti che non richiedono parole.
Questa è una notte come le altre, apparentemente, ma dopo anni Berwald si addormenta con qualcuno al suo fianco; il letto è piccolo, per due uomini adulti come loro, ma Sadik riesce a contrattare con il biondo e quest'ultimo abbandona gli ultimi residui di ritrosia, non se ne pende, e si addormenta con naturalezza tra le sue braccia.




Il mattino lascia un sentimento amaro ad invadere il petto di Berwald.
Quando si risveglia, Sadik si sta rivestendo, alle volte rimane fermo seduto ai piedi del letto, gli occhi puntati verso la parete bianca di fronte a lui ed è solo il muoversi dello svedese sotto le lenzuola ad allontanarlo da quello stato di torpore.
«Vuoi che ti accompagni?»
Berwald si allunga per afferrare i suoi occhiali, ma non gli servono per poter leggere l'espressione dipinta sul volto dell'altro: è combattuto, ma sa cosa sia giusto fare e la sua priorità rimane poter tornare nel suo paese, a casa sua, dalla sua famiglia.
«No, grazie.»
«Prendi questo.»
Il biondo lo ferma prima che possa abbandonare la camera, non si scambiano nessun bacio né abbraccio, non sono avvezzi a questo genere di gesti e preferiscono salutarsi come si sono presentati per la prima volta mesi prima.
Così Sadik prende tra le mani il giornale su cui l'altro scrive, il suo articolo è tra le prime pagine ed è datato almeno di un mese prima; quasi si era scordato del motivo del loro incontro e un sorriso divertente si dipinge sul suo volto.
«Dovrò imparare lo svedese.»
É più una domanda che un'affermazione; Berwald lo guarda ed è ancor più serio di tutte le altre volte in cui hanno parlato di lavoro.
«Ora sai perché devi ritornare.»


 
Angolo dell'autrice:

Alla fine Sadik ritorna, viene arrestato e rischia l'ergastolo; probabilmente passerà dei mesi in prigione e nei telegiornali europei si sentirà parlare della Turchia quando e se si avrà voglia/interesse; intanto qualche volta si parla di attentati, i curdi non ne possono più di non avere una terra, ma è una storia vecchia e ormai sembra passata "di moda."
Ma decidete voi, Sadik potrebbe essere anche ritornato in Svezia a vivere con Berwald, decidendo che Stoccolma possa essere un nuovo modo per vivere davvero.


Dedico un augurio sincero alla Turchia; il 29 ottobre è una data importanza per il paese che, davvero, dalla fine dell'Impero Ottomano ha fatto passi da giganti e si è sempre differenziato da altre nazioni del Medio Oriente.
Devo dire che questa fanfic non è per nulla oggettiva, ho seguito moltissimo la cronaca recente e ho studiato allo stesso modo le riforme che il governo di Ataturk attuò, rendendo la Turchia un paese molto simile ad uno della nostra Europa, seppur possa sembrare una bugia.
Sono di parte, probabilmente perché la Turchia mi piace davvero molto, me ne sono innamorata casualmente e spero di poter andare là prima o poi.

La scelta di inserire la coppia Turchia/Svezia non è stata casuale, la shippo e per diversi motivi, uno tra questi è che la Svezia supporta l'entrata della Turchia nell'Unione Europea.
Detto questo, auguri Sadik ♥ - E si spera per una Turchia davvero democratica.

P.S. Ho messo tematiche delicate più che altro per questioni di politica.
 
  
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