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Autore: 09Chia    31/10/2016    2 recensioni
Quante volte abbiamo sognato che le nostre storie preferite diventassero realtà? Quante volte abbiamo sognato di poter parlare con gli autori dei libri che amiamo?
Ma non tutte le storie sono divertenti nel mondo reale... e non tutti gli autori sono piacevoli da incontrare.
"La fantasia ha potenzialità che non puoi neanche immaginare. Ma basta domande. Hai una cosa da fare se vuoi uscire da questa storia con un lieto fine.
Sopravvivi. "
Genere: Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Matteo, che scrive horror da favola

 

 

“Gli articoli sono fatti a mano(...) esaminali pure, ma ti prego di prestare la massima attenzione.

I più belli sono provvisti di denti.”

Stephen King

 

 

Matteo chiuse il libro e rimase a fissare il vuoto per qualche istante. Si alzò dal letto e scese al piano di sotto per controllare che tutto fosse chiuso.

“Chiudi le ante e le finestre, dai due mandate alla porta davanti e metti il fermo a quella sul retro.” Le parole di sua mamma gli tornarono in mente per l’ennesima volta.

-Neanche fossi un bambino- Pensò -Non sono un bambino- Aggiunse, più deciso. Se lo disse un paio di volte, per mettere a tacere quell’inquietudine che, suo malgrado, lo assaliva quando cominciava a fare buio. Non che avesse davvero paura- certo che no – ma la casa vuota e silenziosa non lo metteva proprio a suo agio. 

Diede un’occhiata al soggiorno e spense la televisione che era rimasta accesa. Risalì le scale e si fermò in bagno a lavarsi i denti. L’orologio sul muro segnava le due. “Non andare a dormire tardi.

Di tutte le raccomandazioni questa era quella che aveva seguito di meno ma, hei, capita raramente di avere la casa interamente a disposizione per tre sere di fila, senza fratelli che urlano perché hai occupato la doccia o genitori che vogliono a tutti i costi vedere il telegiornale.

Sputò il dentifricio nel lavandino e si sciacquò la bocca, per poi sorridersi nello specchio e fare una boccaccia. Che idiota che sono.

Un ragazzo con la statura di un uomo e il volto da bambino rispose alla sua smorfia. Matteo sbuffò e tornò in camera.

Si sdraiò sul letto a pancia in su e prese il cellulare. Mandò un messaggio alla sua ragazza, chiedendole di vedersi il giorno dopo, ma sapeva che non avrebbe risposto: era di certo già addormentata.

Sorrise al pensiero, mentre si allungava per appoggiare il cellulare sul tavolo. Ci fu uno scricchiolio e Matteo rimase pietrificato, con il braccio teso a mezz’aria e il busto tutto storto. Silenzio. Che idiota. Tornò nella posizione di prima e rifece il movimento da capo. Lo scricchiolio si ripeté identico, e Matteo lasciò uscire il fiato, rendendosi conto solo in quel momento di averlo trattenuto.

E’ solo il letto, scemo. Lasciò il cellulare e si rimise in una posizione più comoda.

Devo piantarla con questi libri. Si disse lanciando un’occhiata risentita al volume abbandonato sulle coperte.

Il titolo rosso fuoco risaltava sulla copertina nera e il nome dell’autore, Sean Knightley, appariva in un angolo.

Scrittore di successo dallo stile impeccabile, i suoi romanzi terrorizzavano mezzo pianeta; mezzo pianeta di cui faceva parte anche Matteo. Si era ripromesso più volte di non lanciarsi in quelle letture la sera tardi, ma Knightley scriveva così dannatamente bene che quella di aprire il libro era una tentazione irresistibile.

Se pensava al racconto che aveva appena terminato gli venivano ancora i brividi. Gli sembrava di sentirle le grida della ragazza divorata dal lupo mannaro. Percepiva quasi il rumore delle ossa rotte.

Matteo scosse la testa per allontanare i pensieri e appoggiò il libro per terra, accanto al letto.

Guardò un’ultima volta la sveglia che segnava le due e venti, mandò la buonanotte ad Anna e spense la luce.

 

Erano le tre e un quarto quando la riaccese sbuffando. Andò in bagno e inghiottì due bicchieri interi di acqua.

Tornò in camera e rimase per un po’ a fissare il soffitto. Possibile che con la luce accesa tutto sembrasse più normale e rassicurante? Pochi minuti prima avrebbe giurato di aver visto una sagoma scura in cima alle scale, ma adesso era chiaro si trattasse di alcuni vestiti lasciati sul cesto da cucito di sua mamma.

E quell’occhio verde che lo aveva fissato per qualche secondo era solo la spia dell’allarme.

Sto diventando scemo. Spense la luce e provò a chiudere gli occhi, ma l’abbaiare del cane dei suoi vicini lo fece sobbalzare.

Arex, domani ti ammazzo.

Il gigantesco pastore tedesco continuava a fare casino e Matteo si arrese all’evidenza: per quella notte niente sonno. Non che avesse troppo da fare il giorno dopo, si sarebbe fatto un pisolino la mattina, avrebbe sistemato la casa nel primo pomeriggio e la sera sarebbe stato pronto per riaccogliere i suoi.

Confortato dall’aver trovato una soluzione, fece per alzarsi e andare davanti alla televisione. Magari alla fine si sarebbe addormentato sul divano… piuttosto che non dormire del tutto…

Nel mettere i piedi per terra, però, sfiorò il libro di Knightley.

Lo fissò per qualche istante. Era una raccolta di dieci storie brevi e lui ne aveva già lette nove.

Tanto vale arrivare in fondo.

Tornò sul letto e cominciò il nuovo racconto.

Alle tre e quaranta si ritrovò nel mondo reale, con un’espressione di pura ammirazione sul volto e una brutta sensazione di vuoto tra lo stomaco e la gola.

Quel povero bambino… ma non esiste. Il bambino non esiste. E’ solo un personaggio.  Si passò una mano sul viso. Ma… che scrittore! Sembra così reale…

Si accorse che c’erano ancora alcune pagine per arrivare in fondo al libro.

Ne girò una e trovò i ringraziamenti. Quella dopo gli strappò un sorriso.

 

Caro lettore,

Ti ringrazio per avermi seguito in questa avventura. Deve esserti costato parecchio e devi aver avuto una notevole dose di fiducia nei miei confronti… quando ci si avventura in storie come queste bisogna essere certi che chi ti accompagna abbia ben chiaro il percorso da fare per uscire. Non è piacevole rimanere intrappolato in un racconto come questo, te lo dico per esperienza.

 

Era geniale, poco da dire. Come al solito provò una sensazione di ammirazione mista ad invidia. Se solo fosse stato capace anche lui di scrivere così. Si accontentava di un racconto, uno solo e sarebbe stato soddisfatto per il resto della sua vita. Ma i racconti che scriveva lui non erano paragonabili a quelli dell’autore che si firmava S.K.

Ottime storie e stile fluido, ma Matteo era abbastanza sveglio da capire che gli mancava qualcosa.

Purtroppo, o per fortuna, Knightley era unico ed inimitabile. Continuò a leggere.

 

Ti chiedo, a questo punto, un ultimo atto di fiducia. Devi seguirmi ancora per qualche riga, ma sono certo che ti divertirai con me.

Concentrati. Devi vedere e sentire quello che leggi. Facciamo una prova.

C’è un grosso cane nero che abbaia. E’ chiuso in una gabbia e ha una catena di metallo stretta attorno al collo. La catena è troppo corta per trattenerlo e lui si scaglia a intervalli regolari contro la rete, abbaiando furioso.

Lo senti, vero?

 

Arex scelse quel momento per far sentire di nuovo i suoi latrati nella notte. A Matteo scappò un piccolo sbuffo divertito, accompagnato però da un sottile brivido freddo, giù lungo la colonna vertebrale.

Se l’hai sentito, possiamo continuare.

In caso contrario, ci riproveremo con il prossimo libro.

Con affetto,

                                       S.K.

 

 

Matteo scosse la testa sorridendo e girò ancora un paio di pagine bianche fino a trovarne una segnata solo da poche parole.

 

Al mio amato lettore…

 

Che personaggio.

Ma il sorriso si spense di botto quanto gli occhi gli caddero sul resto della pagina.

Ma che cazzo...

Erano rapidamente apparse delle nuove lettere nella stessa grafia, in inchiostro blu.  

 

Sono felice che tu sia arrivato fino qui. Non lo fanno in tanti, sai?

 

Matteo fissava la pagina, cercando di farsene una ragione. Devo essere impazzito.

 

Tranquillo, è tutto perfettamente normale. Non sei TU il pazzo.

 

Sbatté gli occhi un paio di volte. Non mi piace, neanche un po’.

 

Davvero? Eppure le mie storie ti hanno sempre divertito…

 

Matteo trattenne il respiro e fece per chiudere il volume

 

Io non lo farei.

 

Si fermò, la mano già chiusa sulla copertina.

 

Come dicevo prima, una volta che le storie sono iniziate, bisogna uscirne. Bisogna arrivare in fondo. Restarci chiusi dentro non è piacevole.

Se chiudi il libro adesso, sei fermo qui, esattamente a metà. Se invece ti fidi di me, magari ne esci vivo.

 

Il ragazzo deglutì, iniziando a sudare freddo.

 

Fidati di me.

 

Probabilmente il libro, o qualunque cosa fosse, attendeva una reazione da parte di Matteo per continuare. Un pensiero, una parola o un qualcosa che tradisse un segno di vita. Ma nel ragazzo sdraiato sul letto i segni vitali erano ridotti al minimo. Respirava a malapena; parlare era fuori discussione e i pensieri per il momento erano ancora fuori uso.

 

Io ho tempo… ma tu forse non così tanto. Lo senti ancora il cane?

 

Un altro latrato di Arex risvegliò Matteo dal torpore in cui era caduto.

Certo che lo sento. E se non fosse Arex?

 

Tranquillo, al cagnolino dei tuoi vicini non succederà nulla. Se fossi in te mi preoccuperei di altro. Per esempio, di quello che hai alle spalle.

 

Il ragazzo girò il collo di scatto, in tempo per vedere l’occhio verde che era la spia dell’allarme

– L’allarme. E’ solo la spia dell’allarme- che ammiccava nella sua direzione e per percepire un leggero movimento della sagoma in cima alle scale –sono vestiti; solo vestiti, vestiti dimenticati lì, solo vestiti, cazzo solo vestiti-

 

Continua a ripetertelo, caro.

 

Che scrittore! Sembra così reale…. Sto diventando scemo. Sono solo vestiti!

 

Tu dici? Senti un po’… non sei il primo, ma mi auguro che con te finisca meglio che con gli altri. E’ una specie di prova. Siamo d’accordo?

 

Perché?

Voleva chiudere il libro. Chiudere il libro, smettere di rispondere a quelle scritte che apparivano sulla pagina, addormentarsi e svegliarsi come se si fosse trattato di un sogno. Ma c’era qualcosa dentro di lui che rispondeva, che lo obbligava a rimanere sveglio e, assurdamente, a credere a quello che leggeva.

 

Perché è dannatamente divertente vedervi tentare e fallire. E perché i vostri pensieri prima della fine sono spunti magnifici per delle storie.

E poi, su, non hai sempre desiderato parlare con me? Siamo solo io e te adesso. Un incontro privato con il tuo scrittore preferito… non è meraviglioso?

 

Come fai?

 

La fantasia ha potenzialità che non puoi neanche immaginare. Ma basta domande. Hai una cosa da fare se vuoi uscire da questa storia con un lieto fine.

Sopravvivi.

 

Che cosa…

Matteo smise di pensare, perché qualcosa, nell’ombra dietro di lui, aveva i denti. E li aveva ficcati con poca grazia nel suo polpaccio sinistro. Urlò, con la voce e con il pensiero, evidentemente, dato che il libro (o il suo autore?) lo sentì.

Apparvero delle lettere, di nuovo, ma Matteo era troppo occupato a pensare alla sua gamba per preoccuparsene.

Si girò e tirò un calcio con la gamba sana.

Ti prego, fa che non ci sia niente. E’ solo un crampo e non c’è nulla.

Ma il suo piede picchiò contro qualcosa, che emise uno squittio e lasciò la presa nella sua gamba.

Cristo santo, è reale… che scrittore.

 

Sul libro c’erano ancora alcune parole.

 

Tecnicamente non è reale. La tua gamba non è ferita davvero, non sanguina. Il dolore e la paura, quelli sono reali.

 

E’ nella mia testa?

 

Anche. Ma è soprattutto nella MIA testa. Se tu ci credi, è anche nella tua.

 

Sono impazzito.

 

Oh no. Stai impazzendo... Impazzirai… Dal dolore.

 

Un ringhio lo distrasse dalla conversazione e Matteo tornò a guardare davanti a se’. C’era un’ombra in mezzo alla chiazza di luce diffusa dalla lampada. Un’ombra in cui si distinguevano due occhi verdi.

Un’ombra coi denti.

L’ombra con i denti e gli occhi del colore della spia dell’allarme ringhiò di nuovo, poi Matteo sentì che gli saltava addosso. La gamba faceva ancora male, ma il ragazzo dimenticò presto quel dolore, quando i denti si chiusero sulla sua testa.

E’ nella mia testa. E’ nella mia fantasia. Posso combatterlo.

Una prova di ciò era che, nonostante i denti penetrati nel cervello, riusciva ancora a pensare.

Posso batterlo.

Una voce graffiante gli rimbombò nelle orecchie.

 

E’ la tua fantasia contro la mia, ragazzino. Lascia perdere questa speranza.

 

Ah, adesso sei qui? Benvenuto nella mia testa…

 

Ti diverti? La voce questa volta era quasi seccata e il commento fu accompagnato da una stretta più forte. Matteo urlò.

 

Fallo SMETTERE!

 

Devi solo lasciarti andare, Matt… avrai un’esistenza dolce, dopo. La perdita della sanità mentale porta con sé tanti vantaggi.

 

Tu lo sai bene, vero?

 

Fai poco lo spiritoso. Hai pochi secondi da spendere.

Matteo si sforzò di trovare qualcosa a cui appigliarsi. Un pensiero estraneo a tutto quell’orrore, che non potesse essere contaminato. Anna. Il dolore diminuì un poco. Fece un piccolo sorrisino di trionfo.

 

E’ la tua fantasia contro la mia. E se la tua fantasia non fosse così imbattibile, Knightley?

 

Una risata fredda riempì la testa di Matteo. Dimostramelo.  

 

Non aveva più molto tempo, lo sapeva. Ogni istante diventava più difficile pensare lucidamente.

 

Fine dei giochi

La testa di Matteo esplose di dolore, ma non perse ancora conoscenza. Strinse i denti, nella realtà, e chiamò a raccolta tutte le ultime forze, nella mente. Anna. Anna.

 

Sembra così reale… è solo un personaggio. Non sono un bambino. Non ho paura del buio! E’ nella mia testa… BASTA.

 

L’ultima parola la gridò nella mente. Gli occorse più energia di quella che aveva e riuscì appena a percepire un leggero allentarsi della presa del mostro prima di svenire.

I pensieri si interruppero e Matteo ricadde indietro. L’ombra sopra di lui si dissolse nel nulla. Le parole che erano apparse sulla pagina se ne andarono e dopo qualche secondo ne apparvero di nuove.

 

Sono impressionato.

E poco più sotto:

C’è una prima volta per tutto. Questa è la prima volta che incontro un lettore mio pari.

Mi aspetto di vederti nell’elenco dei prossimi premi letterari.

Spero di incontrarti nella realtà, prima o poi.

Ti auguro i più dolci incubi del mondo dei sogni,

                                                                               Sean K. 

 

 

Finito di scrivere, il libro si richiuse da solo.

Quando i genitori di Matteo tornarono, dodici ore dopo, il ragazzo stava ancora dormendo con il libro appoggiato accanto alla testa.

Quando lo svegliarono apparve confuso e spaventato, ma riuscirono a convincerlo che, qualunque cosa fosse successa, doveva essersi trattato di un sogno.

 

 

 

 

 

A migliaia di chilometri di distanza, Sean Knightley posò la stilografica che usava per i suoi racconti

accanto al quaderno bianco che aveva di fronte.

Un ragazzino interessante.

Tracciò una riga sul nome, che aveva appuntato in un angolo del foglio, e dopo qualche secondo di esitazione lo trascrisse sull’agenda.

Mi gioco la carriera che tra qualche anno mi fotte il primo posto in classifica.

Mentre rifletteva su questo da qualche parte nella sua testa gli arrivò l’immagine di una giovane ragazza seduta su una sdraio in giardino, intenta a leggere. La copertina del volume era nera con un titolo rosso e Knightley riconobbe la sua firma in un angolo.

E’ così adorabilmente giovane… che peccato.

Chissà come, sapeva il nome della ragazza e sapeva anche che nessuno era abbastanza vicino a lei, in quel momento, per sentire le sue urla.

Sogghignò, poi prese in mano la penna e lisciò la pagina del quaderno. E’ un piacere conoscerti, bimba.  

Sul libro della ragazzina, in stampatello blu, apparve una scritta... E’ un piacere conoscerti, bimba.

   
 
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