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Autore: Adeia Di Elferas    31/10/2016    2 recensioni
Un mistero avvolge il paesino di Godtenbunk, ma Wilhelm ha le sue buone ragioni per sfidare la sorte...
[Questa storia prende spunto da un vecchio racconto che mi ha sempre affascinata molto, ho deciso di scrivere questo racconto per dare a chi ne ha voglia, qualcosa da leggere in questo giorno particolare]
Genere: Drammatico, Horror, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non si attraversa il paesino di Godtenbunk la notte del 31 ottobre. Perfino i bambini lo sapevano e gli anziani andavano ripetendolo di continuo, cercando di passare ai più giovani quella preziosa informazione.

Anche se nessuno avrebbe saputo dire esattamente perché, era così, punto e basta.

Wilhelm, però, non aveva voluto ascoltare quello che la sua gente ripeteva da generazioni. Non aveva potuto fare altrimenti.

Quando si era messo in strada, dopo aver sellato con cura il suo cavallo, aveva deciso all'istante di percorrere la strada più breve, ed era proprio quella che passava per Godtenbunk. Aggirare il paese sarebbe equivalso a un ritardo che Wilhelm non poteva permettersi.

La luna benediceva il suo viaggio e anche se dalle sue narici uscivano sottili fili di vapore a ogni respiro, il pesante mantello scuro che lo avvolgeva non gli faceva patire il freddo.

Mentre gli zoccoli della sua cavalcatura battevano il terreno ghiacciato, schiacciando al loro passaggio i pochi fili d'erba che uscivano timidamente allo scoperta tra le terra secca, il giovane ritornò con la mente a quello che era accaduto quasi tra giorni addietro.

Nel mezzo di una notte, dopo che si erano scambiati parole piene di rabbia, lui aveva lasciato il loro letto senza dire più nulla. Era uscito, quasi di corsa, era andato alla stalla e aveva preparato una bestia per andarsene.

Mentre montava in sella, lei era uscita, alla luce pallida delle stelle e, stando avvolta in una coperta, aveva detto: “Se non torni fra tre giorni, allora non tornare mai più.”

Wilhelm l'aveva guardata con sdegno, fingendo che una simile minaccia non gli facesse alcun effetto.

Allora lei aveva aggiunto, a voce bassa e implacabile: “Fai attenzione a quello che dico, perché me ne sarò andata.”

Ancora colmo di rabbia, il giovane se n'era andato, galoppando veloce verso un altro paese. Si era goduto la solitudine per oltre un giorno, beandosi di essere solo con se stesso, bastante a ogni sua esigenza. Le urla e le recriminazioni del loro litigio non rimbombavano più nelle sue orecchie e ogni frase piena d'ira era stata sostituita con naturalezza dai rumori ovattati e placidi dei boschi.

Già alla fine del secondo giorno, però, aveva cominciato a sentirsi solo e pieno di rimorsi. Quando la bruma di collera era scomparsa, Wilhelm si era reso conto di voler tornare dalla donna che amava e alla vita che conosceva.

Inoltre, la frase lapidaria con cui lei l'aveva lasciato gli metteva i brividi. Cosa intendeva esattamente, quando diceva che se ne sarebbe andata?

Era improbabile, secondo lui, che lei decidesse di lasciare quella casa che aveva costruito con tanto amore e cura. Voleva forse dire che si sarebbe tolta la vita?

E così aveva rimesso la sella al cavallo ed era ripartito, sfidando il gelo della notte, conscio del fatto che ormai mancavano poche ore allo scadere dei tre giorni che lei gli aveva concesso.

Arrivato davanti alla ponte che sormontava il fiume e faceva da ingresso alla cittadina di Godtenbunk, Wilhelm dovette tenersi con forza alle redini, perché il suo cavallo si era alzato sulle zampe posteriori per un istante, nitrendo come impazzito.

Dopo averlo riportato alla calma, il giovane lo spronò e lo convinse ad attraversare il ponte. Anche se tutti quanti sapevano che non si doveva per nessun motivo attraversare Godtenbunk la notte del 31 ottobre.

Il cavallo procedeva cauto, anche se Wilhelm avrebbe voluto imporgli un passo più veloce, per arrivare prima dalla sua donna.

Il passo incerto della bestia rimbombava sotto la volta di legno del ponte coperto e si cominciava a scorgere meglio il profilo della cittadina abbandonata di Godtenbunk. Le case, le strade, i negozi, perfino i carretti in mezzo alla piazza, tutto era rimasto immoto e immutato da anni. Solo le intemperie, a volte, facevano qualche danno alterando un po' quello spettrale spettacolo. Per il resto, Godtenbunk era rimasta uguale a se stessa da quando, decenni addietro, la sua popolazione era stata sterminata durante una scorribanda di un esercito nemico.

Non appena il cavallo di Wilhelm mise uno zoccolo sul terreno battuto oltre la fine del ponte, il giovane venne stordito da un fracasso improvviso che lo assordò.

La pace eterea che l'aveva accompagnato fino a quel momento era stata sostituita senza preavviso da grida, pianti, clangore di spade e dal rumore inconfondibile di legno che bruciava.

Wilhelm sgranò gli occhi, vedendo dinnanzi a sé una scena raccapricciante. C'erano persone che correvano a destra e a sinistra, uomini a cavallo che brandivano spade, altri con fiaccole ed edifici che andavano in fiamme.

Una pioggia battente e gelida stava tormentando con forza Godtenbunk e i bagliore del fuoco abbacinava Wilhelm, confondendolo ancora di più. Da dove era arrivata tutta quella gente? E la pioggia? E perché prima non aveva sentito nulla?

Il cavallo si impennò, si scosse, tremò e infine riuscì a disarcionare Wilhelm, che cadde sulla schiena con un tonfo sordo. Si rialzò a fatica, sporco di fango, fradicio di pioggia.

Forse era quella la maledizione di cui parlavano gli anziani. La notte del sacco della città che riviveva sotto gli occhi di chi si azzardava a passare per Godtenbunk proprio la notte del 31 ottobre.

A Wilhelm, però, non importava. Anche se la pioggia era così algida da farlo tremare, anche se il calore delle fiamme era tanto reale da scottargli la pelle, anche se i soldati che correvano a cavallo erano così reali da farlo vacillare solo con lo spostamento d'aria che provocavano, a lui interessava solo andarsene in fretta per poter tornare dalla sua donna.

Cominciò a correre, inciampando di quando in quando, cercando con poca spronando il proprio cavallo in mezzo a quella confusione.

Una donna lo prese per le braccia, implorandolo di salvarla, ma lui la scansò. Vide un bambino di pochi mesi piangere in mezzo alla strada, abbandonato in una pozzanghera, ma non si fermò a prestargli soccorso, anche se un soldato a cavallo stava andando proprio nella sua direzione e probabilmente l'avrebbe travolto. Un uomo anziano lo additò, chiedendogli con la voce rotta dal pianto, di andare nella chiesa che stava bruciando a salvare sua figlia.

Wilhelm non si curò di nessuno. Se quello era un inganno, una maledizione, a lui non importava. Gli importava solo di tornare in tempo dalla sua donna.

Finalmente, arrancando nel fango e nel sangue, accompagnato dal grido di centinaia di persone che stavano morendo in modo atroce, Wilhelm riuscì a passare il confine del paese, trovandosi al limitare del bosco.

Si guardò alle spalle. Non pioveva più. Il paese era di nuovo in silenzio, senza una luce, senza una voce. Era un inganno. Solo un inganno.

Si guardò i vestiti. I pantaloni, il mantello, tutto era asciutto, senza un grammo di fango. Il terreno sotto ai suoi piedi era di nuovo ghiacciato e secco come prima.

Scosse con forza la testa, per riprendersi da quell'esperienza assurda e aguzzò la vista nel buio, cercando il suo cavallo, ma non lo vide da nessuna parte.

Non aveva il tempo materiale di andare a cercarlo, perciò decise di proseguire a piedi. Non era molto pratico di quella zona, ma aveva sentito dire che c'era una scorciatoia e così provò a raggiungerla.

Con una semplicità disarmante, la scorciatoia si offrì a lui come in un sogno. Cominciò ad affrontare lo stretto sentiero perso tra gli alberi. Non doveva sentirsi più così agitato. Il peggio era passato. A vagare di notte, si disse, non si dovevano temere le visioni e gli inganni, ma gli sconosciuti e le bestie selvatiche.

Era tormentato dal desiderio di tornare dalla donna che amava. Improvvisamente, essendo completamente solo, senza nemmeno il suo cavallo, le minacce che lei gli aveva mosso tornarono a ingombrare la sua mente.

Lo avrebbe aspettato qualche ora in più o se ne sarebbe andata – qualunque cosa significasse – come aveva promesso, esattamente allo scadere dei tre giorni?

Improvvisamente, il sentiero sembrava interrompersi in un punto dalla vegetazione rada, illuminata dalla luce della luna. Era arrivato sul bordo di un pantano e dall'altro lato si poteva vedere la prosecuzione della strada.

Aggirarlo non sarebbe stato facile, giacché da dove stava lui non se ne intravedeva la fine né a destra né a sinistra.

Mentre il giovane studiava la situazione per decidere cosa fare, da dietro il tronco di una quercia spuntò un ragazzo.

Wilhelm sussultò, cercando istintivamente il pugnale che normalmente teneva alla cintola, ma ricordandosi con disappunto di averlo lasciato legato alla sella del cavallo.

“Non abbiate paura di me – disse il ragazzo, uscendo allo scoperto e lasciando che la luna ne scoprisse i lineamenti – sono solo un girovago.”

Wilhelm lo squadrò un istante. Era molto giovane e sembrava del tutto innocuo. Indossava abiti leggeri, ma non sembrava aver freddo. I suoi capelli erano un po' ricci e i suoi occhi brillavano nel buio come due piccole fiamme.

Per quanto fosse curioso di sapere di più su quell'enigmatico figuro, Wilhelm aveva cose più importanti e urgenti da fare: “Sei di queste parti?” domandò.

Il ragazzo annuì, in silenzio, le mani dietro la schiena, il fisico esile appena piegato in avanti, come a mimare una riverenza.

“Ebbene – proseguì Wilhelm, distogliendo lo sguardo e fissando il sentiero che proseguiva più in là, oltre quell'ostacolo non calcolato – allora dimmi, il pantano ha un fondo?”

Il ragazzo sorrise: “Certo.”

Wilhelm fece un paio di respiri profondi. Si sarebbe inzaccherato tutto e avrebbe fatto fatica. Inoltre il fango sarebbe stato gelato, ma poco importava. Tutto, pur di tornare dalla sua donna.

Così il giovane mosse qualche passo verso il pantano. Lo guardò ancora un attimo con diffidenza e poi, cauto, provò a cominciare la traversata. Fece tre passi e il fango gli arrivava appena alla caviglia. Sollevato, Wilhelm accelerò, ma dopo due falcate, si trovò immerso fino al petto.

Più si dibatteva, più affondava e il fiato cominciava a mancargli nel petto, tanta era la fatica di respirare, così compresso dal fango che lo circondava.

“Mi avevi detto che il pantano aveva un fondo!” ululò Wilhelm, mentre il terrore gli annebbiava la vista.

“Di fatti è così, solo che non ci sei ancora arrivato.” ribatté il ragazzo, le braccia incrociate sul petto, i riccioli appena smossi da un alito di vento: “Ma non preoccuparti, stai andando da lei. Non dovevi attraversare Godtenbunk in una notte come questa, straniero.”

Wilhelm si sentì mancare, non capiva se quelle erano le parole di un pazzo o se...

Con le ultime forze che gli restavano, mentre il fango freddo e denso gli arrivava alle labbra, Wilhelm guardò il ragazzo che stava sul bordo del pantano. I suoi occhi erano come due dardi infuocati e il suo profilo era scosso da un tremito irrefrenabile.

Mentre il pantano lo inghiottiva senza pietà, portandolo verso il suo fondo e traghettandolo verso la donna che amava, Wilhelm sentì ridere – una risata fredda e disumana – per l'ultima volta, prima di scomparire per sempre.

 

 

 
   
 
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