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Autore: shira21    31/10/2016    1 recensioni
Una sera Ella dicide di fare una specie di seduta spiritica con la sorella. Ma da quel giorno inizia a sentirsi osservata. La paura e la paranoia diventano una costante dei suoi giorni. Fino al momento in cui le diviene impossibile distingue la realtà dall'immaginazione.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Ella, svegliati. Devi andare a scuola!»
Mia madre entra a passo di marcia e alza prepotentemente le tapparelle. Dio, come possono essere le sette del mattino con tutta questa luce?
In ogni caso mia madre non mi lascia altra scelta che alzarmi.
Dio, quanto sono stanca.
C'impiego quasi cinque minuti a trascinarmi fuori dal letto, sentendomi una zombie. Arrivo in bagno dove c'è già mia sorella che si sta vestendo. Felice e pimpante come se avesse dormito due giorni di fila. «Dovrebbe essere illegali essere così felici di prima mattina» la informo mentre faccio scorrere l'acqua nella speranza che diventi calda. Lei ridacchia mentre inizia a tracciare una linea di dell'eyeliner.
Mi lavo la faccia con l'unica voglia di tornare a dormire.
Il lungo specchio riflette l'immagine di entrambe. Non potremmo essere più diverse neanche se l'avessimo voluto. Clara è bionda, con dei bellissimi ricci che adoro sprimacciare, gli occhi castano chiaro che in certe giornate sembrano screziati di verde, formosa e una decina di centimetri più alta di me. Di contro io ho dei liscissimi capelli castani e gli occhi dello stesso colore, ho la pelle cadaverica e sono magra ai limiti dell'anoressia.
Opposte nell'aspetto e nel carattere. Opposte ma spesso complementari.
La lascio a truccarsi cosa che io non sopporto e torno in stanza. Prendo i vestiti dal mucchio sulla sedia e infilo le nike.
Scendo velocemente le scale, ormai del tutto sveglia. In cucina mia madre Anna sta facendo il caffè. Storco il naso mentre mi si contrae lo stomaco. Le do un bacio guancia «Ciao, io esco!»
«Ella, non mangi nulla?», ovviamente il mio tentativo non è passato inosservato. Il fatto è che odio fare colazione, mi viene la nausea solo a pensarci.
«Ho preso dei biscotti, li mangio mentre vado alla fermata!» e prima che possa dire qualcosa esco.
Cammino a passo svelto. Prima arrivo alla fermata e più tempo avrò per leggere!
Arrivata, sposto la cartella solo su una spalla e mi appoggio a un albero. Tiro fuori il telefono e apro l'ultimo libro che stavo leggendo.
Sono così presa dalla lettura che quasi non mi accorgo che l'autobus è arrivato. Mi infilo dentro a forza, insieme ad un altra settantina di studenti. Mancano ancora cinque fermate e qui siamo già fin troppo pieni. Appoggio lo zaino a terra e cerco di ritagliarmi un pezzetto di spazio vitale, inutilmente.
L'unica cosa che mi salva dalla follia è il mio telefono, con i suoi libri e la sua musica!
Quando arrivo a scuola è già il caos. Oggi ho sei ore di lezione e io vorrei solo che fossero già finite.
Saluto svogliatamente solo un paio dei miei compagni, con il resto non è che abbia proprio un bel rapporto. Chi ha detto che rimpiangerò le superiori, non mi conosce affatto. Io che conto i giorni che mi separano dal diploma!
«Ella, smettila di leggere su quel telefono!» mi rimporovera il mio amico. Io sbuffo e alzo gli occhi al cielo ma alla fine suona la prima campanella per cui non ho molta scelta. Entra la professoressa d'inglese. Dio, sarà una lunga giornata!

Sono buttata sul letto, il computer sullo stomaco, intenta a guardare l'ultimo film Marvel, quando sento il fondo del letto sprofondare. Alzo lo sguardo e vedo Clara appollaiata che mi fissa.
Metto in pausa e tolgo le cuffiette. «Tutto bene?» Perché sinceramente ha una faccia…
«Secondo te ieri notte abbiamo fatto una stronzata?»
Lancio uno sguardo alla porta chiusa e mi mordo il labbro. «Sinceramente non lo so neanche io…» porto la mano al ciondolo, giocherellandoci nervosa «ma forse ci preoccupiamo per nulla. Stavamo solo giocando e non credo che sia uscita una cosa seria!»
Lei ride ma senza allegria. Io mi sposto fino ad arrivare da lei e l'abbraccio d da dietro, appoggiando il mento sulla sua spalla.
«Sì ma Ella! Una seduta spiritica!»
«Oddio, ma non è che abbiamo costruito una tavola ouija o recitato chissà quale formula antica. Abbiamo solo usato una monetina e detto qualche frese strainventeta!»
Cerco di rassicurarla e evito di dirle che anche io sono leggermente preoccupata.
«Sicura?»
«Certo, cucciola!» e la mia voce suona più convinta di quanto non sia. «Di certo non esisterà uno spirito di nome Lun pronto a infestare questa casa».
Ride e io con lei. Alla fine esce con il suo fidanzato e io ritorno al mio computer ma una strana inquietudine mi fa chiudere tutto per andare a dormire.

Mi sveglio che è piena notte. Accendo la lucina e guardo l'ora: 3.41. Sospiro stancamente mentre mi giro dall'altra parte. Ho una strana sensazione, come se ci fosse qualcuno nel buio a fissarmi. Mi rannicchio su me stessa e chiudo forte gli occhi.

Apro gli occhi di scatto, con il cuore in gola. Sto tremando. Non ricordo l'incubo che ho avuto ma era terrificante, al punto che non vorrei più riaddormentarmi. Sono cinque giorni da quella cavolo di finta seduta che non riesco a farmi una notte decente di sonno.
Seduto il fondo del letto sprofondare, come quando ci si siede sopra qualcuno. Irrigidisco tutti i muscoli. Aspetto e aspetto. E ovviamente non succede nulla. Dannazione a me e alla mia immaginazione.

Stamattina mi sono lamentata di congelare tutte le notti e ho guadagnato una coperta in più. Ma non c'è nulla da fare. Ho la pelle che ustiona ma sto ancora congelando. Penso che sia colpa della mia mente. Eppure ho ancora la sensazione di essere osservata!
Ignoro tutto e vado avanti.

Sono passaste due settimane e non ricordo neanche più la sensazione di dormire decentemente. Sono seduta al tavolo della cucina, Clara mangia i suoi cereali tranquilla accanto a me.
«Dio, quanto vorrei tornare a dormire!» e sbadiglio.
«Non hai una bella faccia! Ti senti bene?» mi chiede mia madre con una certa sollecitudine. Io annuisco. Prendo lo zaino ed esco di casa.
C'è ancora un certo buio intorno a me, se alzo lo sguardo posso vedere le stelle. Mi piace uscire di casa sapendo che il resto del paese sta ancora dormendo. Mi da la sensazione di essere l'unica persona che sta camminando su quelle strade. Una cosa stupida. Per esempio, in fondo alla strada c'è un ragazzo. Probabilmente si è fermato a guardare qualcosa sul telefono.
Questo pensiero mi ricorda che non ho ancora messo le cuffiette. Faccio scorrere la playlist tenendo d'occhio lo strano tipo con la coda dell'occhio, finché non arrivo all'incrocio. Alzo lo sguardo per non andargli a sbattere contro. Ma non c'è nessuno. Mi blocco sconcertata e lo cerco con lo sguardo.
Non c'è nessuno.
Ci sono solo io.
Sento il cuore accelerare il battito.
Ero certa di averlo visto, ci avrei scommesso qualsiasi cosa.

Quando torno a casa da scuola non mi sono ancora tolta l'episodio dalla mente. So cosa ho visto, ne sono certa.
«Ella, tutto bene?» Sono cinque minuti buoni che sono nella stanza di Clara per raccontarle cosa è successo. Solo che ora che la vedo mi sembra una cosa banale. Cosa dovrei dirle “Pensavo di aver visto un ragazzo ma non c'era nessuno”?
Suona ridicolo anche a me e forse non ne sono poi così sicura.
«Sì, certo! Volevo solo sapere come ti era andata la verifica!»

Sento qualcuno sfiorarmi il volto e urlo. I miei genitori e mia sorella arrivano quasi subito. Accendono la luce.
Non c'è nessuno.
Trovano solo me rannicchiata sul letto e con le guance rigate di lacrime.
«Solo uno stupido incubo!» mi giustifico mentre sento una specie di terrore folle invadermi la mente.

Sono nel mio letto da ore ma non riesco ad addormentarmi. Ho paura. Sembrerei folle o paranoica se dicessi a qualcuno quello che sto vivendo nell'ultimo mese. Se dicessi che mi sembra che qualcuno mi segua quando esco di casa. Che sento uno sguardo fisso su di me, nel buio, ogni notte. Che sono certa di non essere da sola.
Sto impazzendo?
No, il problema è che ho sempre avuto troppa immaginazione.
Tengo gli occhi ben chiusi. Sento i pensieri muoversi come un mare in tempesta.
Quando li riapro è ancora notte. Sento qualcuno piangere. Mi alzo cautamente. Sembra essere Clara. Mi muovo a tentoni fuori dalla mia porta. Seguo la parete con la punta delle dita per orientarmi.
Ora lo sento meglio.
Il pianto è disperato e sordo.
Sento dei singhiozzi trattenuti.
Entro in bagno. Sussurro piano. «Clara?»
Il pianto viene soffocato di colpo.
Accendo la luce.
Davanti a me sangue. Tanto, troppo sangue.
Lo specchio è rotto, le pareti sono schizzate di un rosso scuro. Lo stesso colore dell'acqua della vasca.
E dentro è pieno di pezzi di corpi. Ossa spaccate, arti tumefatti, volti dalle orbite vuote, muscoli strappati. Organi che galleggiano divorati. Mani rimaste artigliate al bordo della vasca.
l pianto che ho sentito arriva da li dentro.
E poi le dita di una di una mi attanaglia il polso.
Sento il respiro mozzarsi e indietreggio. Solo che c'è sangue anche sulle piastrelle e scivolo.
Sbatto violentemente la testa contro il lavello.
Urlo con tutto il fiato che ho.
E il suono della sveglia mi riporta alla realtà.
La lascio suonare mentre il panico non accenna a diminuire. Piango come una bambina mentre mi massaggio il polso dolorante. Quando smetto di tremare scendo da basso.
Mia madre e mia sorella stanno già facendo colazione. Io non parlo. Non posso.
Mi sporgo a prendere del caffè. «Oddio Ella, ma cosa hai fatto al polso?»
Io abbasso lo sguardo e vedo che la manica mi si è alzata leggermente. Nel punto in cui nel mio sogno ero stata afferrata ho dei segni bluastri, dei lividi anche abbastanza dolorosi.
Li fisso raggelata. Come può essere?

Dopo l'incubo di ieri notte preferisco non dormire. Le ore passano lente.
Non riesco a fare a meno d'immaginarmi le peggiori cose.
Mi sembra di sentire un secondo respiro.
Non può essere. Razionalmente so per certo che non può essere. Ma lo sento comunque!

Sono tre giorni che non dormo neanche pochi minuti e si vede. In casa iniziano a guardarmi strano. Cerco rifugio nei libri e nelle serie TV. In qualsiasi cosa che mi distragga da me stessa.

Alla quarta notte sento qualcosa dentro di me spezzarsi sotto il peso della paura. Sto impazzendo ma se riuscissi a dimostrare a me stessa che nulla di tutto ciò è reale forse tornerei alla normalità.
Ma non stanotte. Stanotte non ci riesco.

Stamattina ho rivisto il ragazzo. Era dietro di me, l'ho visto riflesso in una vetrina. Mi sono girata ma non c'era nessuno!
«Clara, tu da quella seduta spiritica hai avuto strane sensazioni?» le chiedo a bruciapelo. Lei smette di disegnare e mi guarda. «No perché?»
«Ma nulla… solo una sensazione che ho in questi giorni!»
«Ma dai, non cercare di farmi spaventare proprio ora. L'hai detto pure tu che non era una cosa reale!»
Già, l'ho detto anche io…

Prima di andare a dormire vado in cucina, con la scusa di dover bere. Faccio una cosa assurda ma che mi fa stare leggermente più tranquilla: prendo dal ceppo un coltello. Torno in stanza e lo metto sotto il cuscino.
Dormo per otto ore di fila, senza sognare nulla.

Sono paranoica!
Salto ad ogni rumore.
Ogni singolo scricchiolio.
Ogni minimo respiro.
Non ricordo più neanche una lezione. Mi sembra che tutti mi fissino.
Arrivo tardi a scuola, non riesco ad uscire di casa finché c'è buio.
Tremo costantemente.
Ripenso a quella notte in cui abbiamo fatto quella seduta. Lo spirito ci ha detto di essere Lun. Ha detto che cercava vendetta.

Stamattina mi sono svegliata e mi sono guardata allo specchio.
I miei occhi erano blu.
I miei capelli corti e rossi.
Un battito di ciglia ed ero di nuovo io.
Devo restare lontana dagli specchi.

Sapevo che non sarei giunta a nulla ma ho cercato il nome Lun su Google.
Non sono giunta a nulla.
A volte mi sembra di non controllare il mio corpo, di aver perso la ragione. A volte penso di non essere più io.
Ieri notte mi sono seduta sul letto. Chi sono io? E chi c'è accanto a me?
Sto impazzendo?

«Mi raccomando d chiudere le finestre prima di andare a dormire!»
Può una ragazza di quindici anni aggrapparsi alla gamba dei genitori e supplicarli di non uscire? Non penso.
Stasera ho la casa tutta per me.
Clara è uscita mezz'ora fa.
Annuisco e abbraccio forte mio padre.
Quando rimango sola, accendo la televisione. Metto su un canale per bambini che trasmette solo cartoni animati.
Sento dei rumori intorno a me ma li ignoro.
Alla fine sono troppo esausta per rimanere con gli occhi aperti.
Vado in camera e controllo di avere il coltello con me.
Quando sento qualcuno sedersi sul letto metto mano alla lama e accendo la luce.
Clara!
Oddio, quasi scoppio a ridere!
«Clara, cucciola, cosa c'è?»
Ma lei non mi guarda, non parla.
Sta seduta dritta.
Poi si gira verso di me e inizia a piangere. Il suo volto trasfigurato dal dolore. Le orbite due buchi neri senza fondo. La pelle un disegno con il sangue.
E piange disperata.
Io urlo e tiro fuori il coltello.

«Da quanto stava male?»
L'Infermiera guardo dentro la stanza e scosse la testa. «Due mesi fa sembrava stare meglio, ha chiesto all'infermiera di turno una moneta da cinque centesimi. Poi ha avuto un crollo!»
«Ma come è risuscita a procurarsi un coltello?»
Le infermiere si guardarono a vicenda, sentendosi colpevoli. Dalla stanza imbottita si levavano delle urla di puro terrore. Legata al letto una ragazza dai capelli scuri e gli occhi folli, persi in un altra realtà.
Ella Carminati una volta aveva una sorella di nome Clara. Nessuno sa cosa sia successo nella sua mente la notte in cui ha affogato la sorella.
Due mesi prima aveva fatto una seduta spiritica insieme alla sorella.

E poi aveva accoltellato l'infermiera del turno di notte. L'avevano trovata rannicchiata su suo letto, il coltello in pugno, convinta di essere a casa. Ai piedi del letto il corpo senza vita della donna, il volto privato degli occhi.
Le due infermiere guardarono la piccola Ella. Aveva già vent'anni ma nella sua testa era rimasta una studentessa di quindici anni!
Una delle due donne apri la porta e cammino fino alla ragazza urlante.
Quando si accorse che c'era qualcun altro nella stanza si bloccò. «Ella, sono venuta per darti da mangiare!»
Il volto della ragazza si girò verso la donna, le labbra distorte in un sorriso folle e sussurro piano «Io mi chiamo Lun!»

 
   
 
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