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Autore: MinervaDrago    31/10/2016    0 recensioni
Spin off "autorizzato" della meravigliosa fanfiction di french_toast: My Heart, Love's full of Fire
(Link ufficiale:http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3564277&i=1)
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"Mio fratello Hanzo, in genere, è una persona stoica, il cui sguardo imperturbabile pare non aver mai trovato nulla che possa davvero corromperlo, ma ahimè, se c’è qualcosa su cui mi sono proprio sbagliato è sicuramente la mia convinzione sul suo totale disinteresse per le situazioni amorose in generale."
Una tipica e imbarazzante scena di "fratellanza", vissuta dal giovane Genji e raccontata dal suo punto di vista.
Genere: Comico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Genji Shimada, Hanzo Shimada, Jesse Mccree
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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An Embarassing Story

 

 

  

È passata solo una settimana da quando Mccree-san è venuto a stare da noi per una “questione d’affari” con il clan, e già la sua sola presenza ha causato una situazione davvero imbarazzante in casa nostra; mio fratello Hanzo, in genere, è una persona stoica, il cui sguardo imperturbabile pare non aver mai trovato nulla che possa davvero corromperlo, ma ahimè, se c’è qualcosa su cui mi sono proprio sbagliato è sicuramente la mia convinzione sul suo totale disinteresse per le situazioni amorose in generale. Lo sguardo di mio fratello pareva cambiare alla vista del prestante straniero, le cui espressioni ambigue e accattivanti si rivolgevano solo e unicamente a lui, era come se non riuscisse a sostenere quelle inaspettate provocazioni, inoltre anche le loro conversazioni sembravano solo un pretesto per avvicinarsi e comprendere meglio quegli sguardi… in altre parole: la tensione sessuale era nell’aria!

Conoscendo mio fratello maggiore, ho pensato che in fondo non gli sarebbe passato nemmeno per l’anticamera del cervello di rispondere a quel fuoco, e invece eccomi qui, solo, nella mia stanza, a pochi centimetri da quella che pare la scena più assurda a cui abbia mai potuto assistere in tutta la mia vita.

Ero disteso sul futon quando, improvvisamente, ho sentito la porta della stanza accanto, dove dormiva l’americano, aprirsi lentamente e richiudersi subito dopo; se non avessi sentito la voce di Mccree rivolgersi a qualcun altro, mi sarei alzato per controllare cosa diamine avesse intenzione di fare il cowboy in piena notte, così, incuriosito dalla cosa, rotolai fino alla parete che divideva le nostre stanze e poggiai l’orecchio al muro per spiare la loro conversazione; quando mi accorsi che a parlare era mio fratello Hanzo, avevo già compreso tutto.

I due parlavano a bassa voce, dunque l’eco dei loro sussurri mi arrivavano lontani, per capire meglio cosa si stessero dicendo, mi diressi a carponi verso il buco dietro l’armadio che, io e mio fratello, abbiamo costruito da piccoli per comunicare la notte, quando avevo paura del buio, e fu allora che me ne pentii amaramente: pur non vedendo la scena, al suono di un tonfo verso la porta scorrevole, capì che lì qualcuno voleva divertirsi un po’, anche se speravo con tutto me stesso si trattasse solo della mia solita fantasia maliziosa, un gemito appena udibile, emesso da mio fratello, mi fece cambiare idea.

Rimasi immobile, scioccato da quella scena, non potevo credere che quel santarellino di Hanzo avesse il coraggio di farsi toccare da qualcuno, specie da uno straniero e per giunta americano! Pensai che magari non sarebbe andato oltre qualche bacetto innocente con il cowboy, ma ecco che il sottoscritto si sbaglia di nuovo: al frusciare di tessuti e a un altro gridolino di Hanzo, corsi subito a prendere la lanterna per cercare le mie cuffiette; se la cosa si fosse evoluta, non avrei voluto ascoltarne la continuazione.

Una volta sbattuto letteralmente contro la qualsiasi in mezzo a quel buio pesto, preoccupato, inizia a tastare l’oscurità intorno a me, sperando che i due amanti non mi avessero sentito, ma, dando con la testa una botta allucinante alla scrivania, mi fermai in ascolto, con una mano sul bordo della scrivania e l’altra poggiata sulla tempia dolorante, come un ladro che ha paura di essere scoperto.

All’inizio sentii solo un silenzio abissale, frammentato dal ritmo del mio cuore che, pulsando in un modo talmente esagerato, temevo potesse essere percepito da chiunque nei dintorni, ma non appena Hanzo pronunciò imperioso la frase “distenditi sul futon”, mi alzai di scatto e tastai disperato la superficie di legno della scrivania, non più curante della loro attenzione, e finalmente trovai la lanterna, la accesi e iniziai a cercare le cuffie.

Accompagnato dalla tenue luce della lanterna di carta rossa, cercai in quello che, teoricamente, è il loro posto abituale: la tasca della mia felpa, appesa all’appendiabiti vicino la porta. Quando affondai la mano nelle sue tasche non trovai nulla, solo qualche vecchio scontrino, carte di caramelle e cento miseri Yen. Sospirai un attimo mentre udivo suoni molesti arrivare dall’altra stanza, ma non mi arresi e continuai a cercare in tutti i luoghi possibili in cui la mia testa caotica avrebbe potuto gettarle con noncuranza, dopo una lunga e stressante giornata di allenamento: dentro l’armadio, sotto il futon, tra le coperte, sopra la scrivania e sotto i mobili, per la disperazione cercai persino dentro il cassetto delle mutande, ma anche lì me ne uscii a mani vuote. A quel punto mi sedetti sul futon con l’asma, maledicendomi per il mio essere così disordinato, dopo qualche istante, in cui i rumori dell’altra stanza cessarono al seguito di un grido di Mccree, sentii nuovamente la voce di mio fratello dire al cowboy qualcosa come: “La stanza accanto e quella di Genji, non vorrai mica svegliarlo!”.

Non sapevo se sentirmi benedetto dal fatto che, almeno quel porco di mio fratello, si fosse ricordato della mia esistenza, o se alzarmi e dare fuoco alla loro stanza per aver continuato a fare le loro cose birichine, sapendo che io stavo proprio a pochi centimetri da lì.

Rassicurato dal fatto che, forse, i due avrebbero scelto una location più sicura per le loro prestazioni, mi fermai ad ascoltarli, ma a quanto pare, il cambiare rifugio per quella notte,  non rientrava affatto nei loro piani, allora il silenzio venne interrotto da quello che pareva essere il vero inizio dell’amplesso, e io non potei fare a meno di portare le dita a tappare le orecchie per l’imbarazzo.

In quel momento il panico cercò di farmi partorire ogni tipo di strategia di fuga, ma uscire da quell’inferno equivaleva comunque al farsi sentire, perché la porta della mia stanza, con enorme mia fortuna, è l’unica rotta, e il solo spingerla può generare un rumore assordante; ammetto che in quel preciso istante sarei voluto fuggire per rubare i tappi per le orecchie di mio padre e dormire nel suo letto piangendo tutta la notte, ma a diciannove anni suonati, dormire ancora con il papà è alquanto imbarazzante, anche se ho una buona motivazione per farlo.

Insomma, capisco che anche io ne abbia fatte di cotte e di crude con le mie ragazze, ma almeno io avevo la decenza di scegliere un posto più appartato, o almeno di farlo quando ero sicuro di avere casa libera; si vede che mio fratello maggiore è proprio inesperto in materia!

Dopo quasi un ora di orologio, in cui mi sono messo a girare in tondo per tutta la stanza facendo finta di non sentire, cercare gente ancora sveglia in chat, fantasticare su come avrebbe reagito quel cretino di mio fratello il giorno dopo, prendere il Kojiki e il libro di mitologia antica e chiedere pietà a tutti i Kami esistenti in questo mondo, i due avevano finito il lavoretto e io, risiedendomi sul futon, sentii qualcosa sotto il sedere, tastandomi la tasca della tuta che avevo indosso, mi resi conto di aver sempre avuto lì le cuffie.

Dentro di me avrei voluto gridare con tutto il fiato che avevo nei polmoni e maledire quei due, fino a che non sarei svenuto per mancanza d’aria, ma inaspettatamente, proprio mentre la mia bocca si accingeva a spararne una grossa, sentii la voce di mio fratello dire al cowboy con dolcezza “Zutto Isshoni iru”.

Fu allora che dovetti sprofondare la faccia nel cuscino per trattenere le risate; guardando l’orologio poi mi accorsi di avere passato almeno cinque minuti sani a ridere prima di addormentarmi, anche il giorno dopo mi svegliai ridendo, non riuscivo nemmeno a mangiare la colazione senza che mi affogassi dalle risate.

A questo punto credo che sia Hanzo che Mccree abbiano capito tutto, ma sinceramente non me n’è importato molto, da oggi in poi userò questa scusa come ricatto, così, la prossima volta che mio fratello mi farà storie perché mi sbaciucchio con qualcuno davanti a lui, lo minaccerò di raccontare tutto a mio padre e di tramandarlo alle generazioni future!

 

 

 

   
 
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