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Autore: Blue Eich    01/11/2016    8 recensioni
Si dondolava sinuosamente nella penombra, aggrappata al muro, accarezzando con l'indice la superficie della lama. Gocce rosse colavano sul pavimento come schizzi di vino. «Di là c'è una sorpresa per te.»
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Helena, Sarah Manning
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Helena… Helena, m-metti giù quel coltello.» Sarah indietreggiò, guardinga, con lo sguardo che luccicava di preoccupazione e la mano protesa. Eppure credeva che lei ormai fosse cambiata, che fosse nato un vero legame tra loro… Per via dell'agitazione, le parole le morivano in gola.

La bionda ridacchiò, in quel suo modo privo di controllo e un po' sconclusionato. Si dondolava sinuosamente nella penombra, aggrappata al muro, accarezzando con l'indice la superficie della lama. Gocce rosse colavano sul pavimento come schizzi di vino. «Di là c'è una sorpresa per te.»

La malizia con cui aveva calcato le ultime parole fece sbiancare la sorella: qualcuno poteva essere in pericolo. Perciò, pregando dentro di sé, corse verso la cucina. Premette l'interruttore della luce con uno scatto e vide l'ultima cosa che si sarebbe aspettata.

Nessun cadavere, nessun ostaggio. Il pavimento imbiancato, la lampadina del forno ancora accesa, l'anta del frigo tranquillamente aperta da chissà quanto… E sul tavolo, una torta. La parte superiore era coperta di un pasticcio gelatinoso, ma anziché avere una comune forma cilindrica quella somigliava a una copia in miniatura della torre di Pisa.

«Cosa…» Il mormorio confuso uscito dalle labbra di Sarah si perse nell'aria, sostituito da una risatina che la fece voltare verso la porta.

«L'ho fatta io. Sopra c'è la marmellata di fragole.» Helena si rigirò il coltello nella mano affusolata. «A te piacciono le fragole, vero, sestra

«Vieni qui, stupida» sussurrò la castana, prima di abbracciarla. Con tutta la confusione degli ultimi tempi, si era completamente dimenticata del proprio compleanno – o meglio, del loro. Il loro primo compleanno insieme, il trentunesimo per l'esattezza. La tensione già si era dissolta, lasciando il posto a un grandissimo sollievo. In realtà era lei a sentirsi una vera idiota, per aver dubitato di una delle poche persone di cui poteva fidarsi, lo specchio della sua anima. «Mi hai spaventata a morte.»

E la bionda, nonostante il pericoloso arnese in mano, ricambiò e la strinse ancora di più. Adorava respirare il suo delicato profumo alla viola, che le entrava nelle narici come una droga, dandole sicurezza. La sicurezza di non essere sola, che non era un bel sogno o uno scherzo della sua mente fantasiosa: aveva davvero una sestra e una pleminnytsya da proteggere con le unghie e con i denti, perché le volevano bene, tutto ciò di prezioso che possedeva al mondo. Così come a Sarah dava sicurezza poter affondare il viso nella sua riccia cascata bionda; le ciocche le solleticavano la guancia morbida. Era una sensazione così gradevole che, per una volta, tutte le responsabilità sulle sue spalle scivolavano via e un'incredibile leggerezza le calmava l'animo in perenne tormento. C'erano loro e basta, il resto del mondo smetteva di esistere – e se non avesse sentito il petto premuto contro al suo muoversi ritmicamente, avrebbe pensato a una cristallizzazione del tempo. I cuori identici, seppur da parti opposte, battevano all'unisono. Un suono rassicurante, familiare, così come per entrambe sembrava familiare essere avvolte così forte dalle reciproche braccia.

«Dentro ci sono due gusti, perché io sono la vaniglia e tu sei il cioccolato.»

Fu il turno della gemella bruna di ridacchiare. Si staccò, per avvicinarsi al tavolo e sfiorare delicatamente con la punta del dito una fetta bicolore, dalla consistenza soffice e spugnosa. «Il prossimo anno festeggeremo meglio di così…» promise di getto. «Quando… Tutto questo sarà finito.»

L'ucraina non rispose. Abbassò il viso, impossessandosi di un pezzo troppo grande, per cominciare a divorarlo come un'insaziabile leonessa – all'altra veniva facile ricollegarla a un felino, per via dei suoi modi furtivi e ancora un po' selvatici; imprevedibile, in grado di uccidere la preda con una giocosa zampata, ma fedele. E Sarah si sentiva fortunata a poter scoprire la parte migliore di lei.

 

Bastò un'occhiata complice e occuparono il letto di Felix, la torta al centro e solo una abat-jour accesa a far loro compagnia. Avvolte nelle coperte, a confidarsi segreti e scherzare. L'ombra di una volpe nel muro e un verso sciocco di Helena ancora a bocca piena che Sarah già rideva, colpendola affettuosamente con una cuscinata – quasi come durante il viaggio a Cold River, in tenda. Sentendosi normali, per una volta. Se avessero riservato loro un destino diverso, ne avrebbero passate a migliaia di notti del genere, sconfiggendo quel brutto mostro di nome solitudine. Ne avevano, di tempo da recuperare.

«Sai, se qualcuno disobbediva a sorella Olga, diceva che c'era il demonio dentro noi. Ci picchiava per scacciare il demonio e, se quel giorno eravamo sfortunate, ci chiudeva in cantina.» Helena, dopo aver sputato fuori il racconto, fece una pausa. Gli occhi erano vitrei, persi in un mare di ricordi crudi. Il freddo penetrante nelle ossa come un viscido serpente, le preghiere mormorate in ginocchio, le guance gonfie di schiaffi… Un tuffo nell'oscurità, l'impotenza. Ignorò il brivido che le corse lungo la schiena e parlò di nuovo, in un sussurro: «Per non annoiarmi, inventavo canzoni o contavo i miei capelli.»

Sarah lasciò trascorrere alcuni istanti, nel silenzio rotto solo dal masticare rumoroso della sorella – era già alla quinta fetta, quell'ingorda, ma non dava segni di essere sazia. «Io e Felix, una volta, abbiamo dato fuoco al tappeto della signora S con un accendino» disse invece, con l'accenno di un sorriso mellifluo forse un po' nostalgico e mezza faccia sprofondata nel guanciale. «Non ci ha fatti uscire di casa per un mese.»

«Contavi i capelli anche tu?»

Mantenne il sorriso per quella domanda ingenua, ricordando l'adolescente scontrosa e problematica ch'era stata. Quando ancora credeva che la sua vita fosse difficile solo perché non aveva dei genitori e ciò fosse perché era baciata perennemente dalla sfiga – come si soliva dire nel suo gergo. «No, mi chiudevo in camera mia ad ascoltare musica punk e non volevo parlare con nessuno.»

Helena non sentì la necessità di dire altro. Giocava con una briciola nel piatto ormai vuoto, trascinandola circolarmente sulla porcellana, in un mondo tutto suo.

Sarah non era sicura di voler sapere cosa frullasse in quell'insana testolina. Spostò il piatto sul comodino: non aveva voglia di mettere in ordine, era troppo stanca, perciò si sporse per spegnere direttamente la luce.

Dopo un po' cercò la mano di Helena nel buio, solo per sfiorarne leggermente il dorso. Ancora le sembrava impossibile essere lì, con la sua gemella perduta, non potendo negare la loro simbiosi. Ma la sorella la strinse forte, diminuendo le distanze tra i loro corpi, per far sfiorare i nasi dal profilo dolce e le fronti tiepide. Era una creatura così innocente, Helena: nelle sue iridi color caramello poteva scorgere tutta la fragilità del suo animo. Non voleva perderla, mai più, ma non c'era bisogno di dirlo ad alta voce: lo sguardo parlava da sé. Lei, invece, pensava che non avrebbe permesso a nessuno di toccare la sua amata sestra, o gli avrebbe spaccato le ossa una ad una per darle in pasto a dei cani randagi: la sua concezione, un po' contorta, di amore.

Si addormentarono così, dopo essersi sussurrate fievolmente la buonanotte. Sentivano l'una il caldo respiro dell'altra e, affinando l'udito, persino quelle pulsazioni univoche. Davano l'illusione di essere dentro una culla di miele, dove i problemi erano solo un ricordo apparentemente lontano.


 

Questa è la spiegazione del perché l'indomani, di ritorno da una nottata di baldoria, Felix trovò il suo letto sfatto e tempestato di briciole, mentre la cucina sembrava stata inghiottita nella bocca di un tornado e poi sputata fuori tutta sottosopra. Insomma, proprio un buon modo per cominciare la domenica mattina insieme agli effetti post-sbornia. “Fantastico!” pensò con acida ironia, alzando gli occhi al cielo. Tuttavia, al vedere le due gemelle dormienti e incatenate l'un l'altra, la scocciatura si sostituì a un sorriso, come una zolletta di zucchero che addolcisce un caffè.




 

Angolo Autrice
Salve, sono nuova su questo fandom. Amo Helena alla follia, così come il suo rapporto con Sarah, perciò ho voluto creare loro un piccolo tributo cercando di evidenziare le loro emozioni e l'affetto che le lega, senza dare una collocazione precisa alla ff – è necessario sapere solo che ancora non regna la pace per i cloni.
Il ricordo che Helena racconta a Sarah è lo stesso che ha raccontato ad Art nell'episodio 2x05 – ho dato per scontato che Sarah non lo sapesse.
Spero vi sia piaciuta!
Ringrazio la mia amica Francy per lo splendido banner.
Alla prossima.
-H.H.-
   
 
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