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Autore: Egomet    13/05/2009    12 recensioni
Lui era solo un ragazzo tranquillo che aspirava ad uscire con la sua bellissima quanto irraggiungibile collega. Lei era solo una ragazza complicata che aveva voglia di divertirsi. Ma insieme a questo, una pancia grande e gonfia, e soprattutto ciò che conteneva, erano il suo problema. Lui cerca di aiutarla, ma non ha fatto i conti con il suo carattere impossibile. Davide prova a capirla, ma Francesca gli nasconde un segreto. -Ascolta, Davide… sicuramente tu mi hai già visto, ma non ti ricordi di me. Sai, io sono incinta- Davide inarcò le sopracciglia scuotendo la testa. “Ma cosa voleva quella da lui?”. -Beh, tanti auguri, mi fa piacere…- stava già per chiudere la conversazione. Lei intuendo ciò che voleva fare si affrettò a vuotare il sacco. -Sono incinta di te-
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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21 Il libro sulla gravidanza era aperto e poggiato sul lavandino, in modo che ci si potesse leggere sopra. Francesca era seduta sul bordo della vasca, indossando solo un misero accappatoio bianco e morbido. Le gambe tornite e ora liscissime facevano bella mostra, scoperte fino al fianco. Era trascorso più di un mese dalla nascita di Emanuela, era novembre. Lei si trovava nel bagno, rinchiusa lì dentro da più di un’ora. I punti di sutura applicateli dopo l’intervento erano ormai chiusi e, si sperava, riparati. Per la prima volta da sei mesi, la biondina si alzò in piedi e si guardò nello specchio del bagno, a lungo e con attenzione.
Sorrise compiaciuta.
Sotto l’accappatoio troppo largo le sue forme facevano mostra, catturando l’occhio con voluttà. I capelli biondi, dopo un pomeriggio passato dal parrucchiere, erano belli, lucenti e non più stepposi, pieni di doppie punte. Lentamente si azzardò a sciogliere la cintura dell’accappatoio. Le prime volte le faceva quasi impressione guardarsi, non riconoscersi in una taglia non sua, con quei fianchi enormi, la pancia rigonfia e dalla quale pendevano brandelli di pelle. Ma ora, sottoposta ad una ferrea dieta, e al suo metabolismo abituale, la curva morbida dell’anca saliva più su senza vergogna, in perfetta armonia con la pancia. Il ventre non era piattissimo, naturalmente, ma non più gonfio e sproporzionato al resto del corpo. Un paio di onde lo increspavano, ma onde normali e non anomale, irreparabili.
Aveva un fisico normale, né magro né grasso.
I suoi occhi azzurrissimi si posarono più su. Ecco, quella era la parte di sé che le piaceva di più in quel momento, insieme agli occhi. Il suo seno era alto, pieno e turgido, aiutato dalla bambina e dall’allattamento e da tutta quella roba lì. Ciò che le importava era che era desiderabile, finalmente.
Essendo magra, piuttosto snella, non aveva mai avuto un seno prosperoso. Ed ecco che miracolosamente, assieme al grasso accumulato sui fianchi, ora ben torniti e ampi, faceva capolino un petto più florido e consistente. Allora tanto valeva prenderlo, qualche chilo, se poi quelli erano i risultati.
Sapeva che era una sciocca a pensare quello, così arrossì e si coprì, come se si vergognasse di quei pensieri così poco da lei. Si avvicinò al lavandino con l’intento di sfoltirsi le bionde sopracciglia, e nel frattempo gettò l’occhio sulle pagine del libro.
In particolare un paragrafo catturò il suo interesse.
Metodi naturali.
Lesse qualche riga, tanto per vedere. La loro vita, diciamo, di coppia non era certo il top dell’entusiasmo. Francesca ci aveva pensato tanto, tantissimo, ma non aveva osato dirgli nulla. A parte quella timida proposta avanzata la sera, su un divano mentre lui guardava la partita, non si era spinta oltre. Incominciava a credere che il ragazzo non volesse affatto spingersi oltre, per nulla; il che era deprimente. Dopotutto, che facevano se non uscire la sera, mangiare a casa, andare lei a scuola e lui al suo corso e al lavoretto part-time? Non era il massimo.
L’apice lo raggiungevano la sera, quando a volte, rarissime e brevi, si concedevano una mezz’ora a stare nel letto. E non era nemmeno questo il massimo.
D’altra parte non è che avessero tutto quel tempo libero: la scuola, la bimba, i compiti, uscire con le amiche non davano spazio ad altro.
Però lei, da quando si era scoperta attratta da lui, non vedeva l’ora di farci l’amore.
C’erano varie ed eventuali complicazioni che si aggiungevano a quelle elencate sopra.
In primis il sospetto che Davide non avesse l’intenzione di fare quel passo avanti; la cosa un po’ la innervosiva, ma non osava farglielo presente. La innervosiva perché se pensava alla facilità con cui l’aveva fatto da ubriaco, senza conoscerla, non si capacitava di che ci trovasse di difficile ora che era la sua ragazza.
Per secondo forse era inibito dal fatto che lei era stata fisicamente provata. Preferiva pensare che stesse aspettando il momento adatto.
Ecco, magari ci voleva una situazione un po’ più eccitante. Cosa che certamente non sarebbe mai avvenuta.
Il libro era interessante, pensò Francesca, afferrandolo e sfogliandone le pagine, e quell’argomento sembrava fatto apposta per lei.
Stette per una buona mezz’ora a leggere, capire e riflettere. Alla fine era soddisfatta. Ghignò maliziosa, poi chiuse il libro. Le era venuta in mente un’idea ed eccitata scivolò giù dal bordo della vasca.
 
Davide si trovava con enorme disappunto a casa di sua madre, che aveva insistito per fargli carico di una marea di vestiti per Emanuela. Così calzini, magliette, scarpe che non sarebbero bastate nemmeno a vestire due dita del ragazzo, body, cappellini, giubbotti.
Miriam, del tutto dimentica dei compiti, si era affacciata alla porta e controllava la selezione degli abiti.
-Ma sei pazza? Pensi veramente che Francesca lascerà che si metta questo?- chiese con tono scandalizzato la ragazza, prendendo tra le mani un vestito che la mamma aveva infilato nella cassa da far portare al figlio.
Lo girò fra le dita, esaminandolo alla luce del lampadario.
-Beh perché? Cos’ha che non va?- domandò sua madre.
-Allora... per prima cosa è un vestito da maschio-
-Non è vero!-
-Ma sì! C’è ricamato Rosario sul lato...-
E le mostrò il lembo del vestito celeste.
-Ah è vero! Che scema, scusami, scusami Davide!- sua madre imbarazzata lo ripiegò e lo mise a posto nell’armadio.
Davide stava appoggiato allo stipite della porta, con aria seccata e annoiata, sbadigliando di tanto in tanto. Che noia, si ripeteva.
Per lui un vestito valeva l’altro, tanto poi era sempre Francesca che vestiva la bambina. Paola le aveva regalato un bel vestito, tutto bianco e sapientemente ornato, nuovissimo ed era certo che la bionda preferisse quello.
Il ragazzo non si capacitava invece di come la madre potesse conservare ancora vestiti di vent’anni fa, tutti in perfetto ordine e come nuovi.
-Questo no, ti prego!-
-Perché no? Era tuo e c’è una foto che sei un amore- ribatté la donna, dispiegando il tessuto.
-Lo so benissimo- arrossì Miriam -infatti è per questo che ti dico di no. è osceno per gli occhi!-
Le due discutevano su un vestito estivo. Il fondo era bianco, con dei pois rossi belli grandi.
A lui non faceva né caldo né freddo, così si limitò a osservarle indifferente, pregando che la tortura finisse.
-Facciamo decidere a lui!- disse ad un certo punto sua madre.
Davide alzò all’improvviso lo sguardo, confuso e spiazzato, chiamato in causa.
-Che ne dici di questo? Non è bello?-
Lui guardò il vestito a pois rossi, del tutto incerto su cosa dire. Poi intercettò da dietro sua sorella che scuoteva la testa e si infilava per finta due dita in bocca, simulando vomito.
Fidandosi molto di più di Miriam, del suo buon gusto che si rispecchiava anche nell’arredamento di casa sua, lui fece una smorfia.
-Veramente a me non è che tanto piace, ma’...- si limitò a dire evasivo, alzando le spalle.
-Ecco vedi che nemmeno a lui piace?-
Miriam lo strappò dalle mani della madre e lo gettò nell’armadio.
-Quella fotografia sarà sempre il mio incubo! Come quella dove siamo io e Rosario nudi come vermi!-
-Tu avevi un anno e lui quattro! Eravate bellissimi!- obiettò la donna.
Davide sbuffò lentamente, chiudendo gli occhi e abbandonando il capo contro lo stipite; quelle due non avrebbero smesso tanto presto, evidentemente. Pensò con nostalgia al divano di casa sua, alla sua bella bambina e al programma per quella sera.
Sarebbero usciti tutti e tre a farsi un giro, col passeggino e tutto, come se fossero una vera famiglia.
Lui sorrise a quel pensiero e desiderò trovarsi già a casa.
Dopo molti abiti, scartati o approvati caldamente, dopo che mamma e figlia si furono messe d’accordo, dopo che erano passate le otto di sera, dopo che Davide si era stufato di starle a sentire parlare di sciocchi vestiti per bambini, il ragazzo si trovava a salire le scale del suo palazzo, aggravato dal peso di uno scatolone stracolmo.
Arrivato finalmente al terzo piano e aperta non con poche difficoltà la porta, posò lo scatolone sul divano.
Esausto chiuse la porta e si tolse il giubbino.
Marciò peggio di uno zombie verso la camera da letto e si gettò a peso morto sul materasso, che sobbalzò per il colpo.
Non gli andava più di uscire, e pregò tanto di trovare Francesca in stato di grazia. Chissà, magari le era andata particolarmente bene qualche interrogazione, o aveva perso uno o due chili, insomma sperò in qualcosa che la tenesse di umore abbastanza felice.
-Fra?- la chiamò, stupito di non averla vista.
-Qua sto- gli rispose una voce dalla cucina, e un rumore di passi attutito dal pavimento suggerì al ragazzo che si stava avvicinando, scalza però.
Emanuela piangeva, ma evidentemente la ragazzina era riuscita a placare i suoi singhiozzi perché non erano molto forti, come un pianto convulso.
-Perché piange?- domandò totalmente apatico lui.
Lei fece una piccola risata.
-Perché stavo facendo il caffè, e me lo sono dimenticato. Allora ha iniziato a fischiare, lei stava in cucina e si è spaventata. Non sai che ci è voluto per farla smettere di piangere-
Sentì il rumore di un bacio che veniva dato sulla testa della bambina, e di sbieco la vide poggiarla dentro la culla.
Ottimo, si disse, sembrava di umore abbastanza allegro.
Francesca, una volta messa la bimba a dormire, ormai tranquilla, si voltò verso di lui.
Si morse un labbro e arrivò al bordo del letto.
-Stasera non mi va di uscire, Davi-
Quello fu meglio di un tonificante per il ragazzo, che sollevato confessò
-Nemmeno a me. Stavo per dirtelo io-
La bionda sorrise, poi giocherellò incerta con la cintura bianca dell’accappatoio candido che indossava ancora.
Non sapeva come cominciare.
 
Scosse i capelli biondi e si mostrò sicura.
-Cosa sono io?-
Sorrise e gli tirò su con una mano la testa, in modo da poterlo guardare in faccia. Davide sorrise di rimando e si sedette sul letto, mezzo confuso. Portandosi una mano a scompigliare i capelli rispose
-Una ragazzina- con un sorriso furbo.
Era stato al gioco.
Con artificiosa espressione innocente, in modo che si fidasse, Francesca lentamente gli si sedette in braccio. Gli diede un bacio leggero prima sulla fronte, poi sulle labbra.
-Cos’è che ti piace di questa ragazzina?- sussurrò, apposta ingenua.
La sua bocca sulla sua pelle era piacevole, si disse lui, e lasciò che gli baciasse il collo quanto voleva.
-Dai rispondi- lo incitò ridendo un poco lei, riemergendo dalla sua occupazione.
Non volendo mutare il suo umore, lui ci pensò un momento, leggermente confuso dal lavoro della sua bocca.
-Beh, non lo so...- cominciò incerto, chiudendo gli occhi quando la ragazzina baciò avidamente un punto preciso sotto il mento, succhiando.
-Per esempio... i tuoi capelli...- sparò la prima cosa che gli venne in mente, accarezzandoglieli affettuoso.
Non le bastava e lo morse scherzosa per farlo continuare.
-Ahio! Ok, ok, d’accordo... allora ehm...- rise il ragazzo –mi piace come ti imbronci-
Lei si mangiò il sorriso e la battuta conseguente, concentrandosi sulla sua guancia che stava risalendo lenta. Smise di baciarlo, soffiandogli il suo respiro caldo sulla pelle. Le mani della ragazzina si infilarono sotto la maglia di lui.
Salirono su, curiose e non più tanto innocenti. Davide non pareva essersi reso conto delle sue attenzioni esplicite fino ad allora.
Pensò che volesse semplicemente giocare, e le permise così di spogliarlo della maglietta.
Francesca si allontanò dal suo volto, ma non prima di avergli mormorato all’orecchio con voce calda
-Continua-
I baci della bionda si fecero più invitanti, più studiati, più convinti così come il tocco delle sue mani.
Davide arrossì involontariamente, sentendosi sfiorare sulla schiena.
Quelli non erano semplici baci. E non era la solita Francesca innocente.
-Mi piace come sei- stavolta il ragazzo si lasciò trascinare ed emise un sospiro roco, caldo, eccitato.
Capendo che poteva bastare lei si staccò di botto. Lo invitò a guardarla negli occhi azzurri, poi lo baciò sulla bocca.
Nel frattempo le dita scorrevano nei suoi capelli castani, e lenta lei gli si allacciava di più. Non era la prima volta che assumeva quella posa, ricordò lui. Voleva qualcosa.
Francesca si staccò per poggiarsi contro la sua fronte. Poteva sentire il suo respiro sufficientemente eccitato contro le proprie labbra; con mani che le tremavano andò a slacciarsi la cintura che teneva legato l’accappatoio.
Davide teneva gli occhi bassi, non ben consapevole di quello che stava accadendo. Poi ad un tratto la vide mentre si apriva quel semplice tessuto di spugna, bianco, rivelando cosa c’era sotto.
Gli si seccò la gola e improvvisamente sentì più caldo che mai. Ed erano a novembre.
Involontariamente la aiutò a spogliarsi con le proprie mani, facendo scivolare l’accappatoio sul lenzuolo.
Ed ora le sue mani, curiose come lo erano state quelle della ragazza prima, la toccavano lungo la linea della colonna vertebrale, sulle spalle, sulla schiena e sulle gambe lisce.
Francesca arrossì, mezza per vergogna, mezza per eccitazione. Ora non solo si sentiva insicura e impacciata, ma ebbe paura di non essere così attraente come aveva creduto. Niente di peggio se lui ora l’avesse spostata e lasciata così.
Ma Davide era di tutt’altro avviso: se la voglia che aveva di lei era così grande in quel momento, si stupì di come fosse riuscito a trattenerla in quei mesi. Ma ora, forse nel trovarsi quel corpo sbattuto davanti, corpo sul quale aveva dormito, sul quale si era divertito a fantasticare spesso, gli spiriti bollenti repressi erano resuscitati, più forti di prima.
L’accappatoio finì per terra, e la bionda si trovò completamente nuda, nuda sotto i suoi occhi attenti e avidi. Lei tremava sia per il freddo che per i brividi causati dalle sue mani.
Davide smise di pensare e ruppe gli indugi. La abbracciò dalla vita, attirandola a sé, e prese a baciarla sulla bocca. Lei sospirò, inarcandosi con la schiena.
Che bello finalmente sentirlo sulla sua pelle, senza più alcun vincolo a frenarli, liberi di amarsi nella maniera più naturale, pura e profonda.
Le lenzuola furono avvolte attorno ai loro corpi rovesciati sul letto.
Lui si inginocchiò, stando sopra a sovrastarla; allungò una mano verso l’interruttore, spegnendo la luce, facendo calare il buio nella stanza, e pregò che Emanuela non decidesse di svegliarsi proprio in quel momento.
Istintivamente, timida e inesperta, lei chiuse le gambe.
Davide si chinò e iniziò a baciarle il ginocchio, e lentamente, con movimenti leggeri per non forzarla insinuò una mano nel mezzo. Ubbidiente, facendosi per una volta comandare da lui la ragazzina le schiuse. I suoi baci scivolarono mano a mano più giù, coraggiosi, e lei incerta lo lasciava fare. Sentì arrossarsi di più le guance e il desiderio crescere, crescere ancora, e non ce la faceva più ad aspettare, così gli prese con una mano la testa per guardarlo negli occhi, prima di dire
-Prendimi. Adesso-
Nudo anche Davide tornò su, sorreggendosi sulle braccia forti, e scambiandosi uno sguardo carico di eccitazione con lei la baciò.
Un gemito non represso uscì dalle labbra di lei, accompagnato dalle palpebre serrate e il corpo irrigidito. Tremò insicura, sentendosi spaccata e respirò veloce.
Era tesa, agitata e lui lo notò. Con quanta più dolcezza poteva tentò di tranquillizzarla, ricominciando a baciarla.
La testa gli si riempiva di sensazioni nuove, emozioni da far spaccare l’anima, e non voleva far altro che assecondarle. Le domandò se andava tutto bene.
Francesca chiuse gli occhi, poi si strinse più forte al suo corpo, avvolgendosi a lui. Era dentro di lei ed era la cosa più bella del mondo.
Stava vivendo l’emozione più bella della sua vita, e l’unico con cui volesse condividerla era lui.
Non sapeva tanto bene come fare, ma tutto le sembrò così naturale, come se avesse sempre saputo farlo. Ed era bellissimo.
Davide le insegnava a muoversi, facendolo piano e stando attento che non si facesse male.
-Ah...-
Il sospiro voluttuoso di Francesca fece eco ad un gemito convinto del ragazzo, e le sue unghie graffiarono senza cattiveria le sue spalle.
Arrivò un punto che entrambi non capirono più né dove fossero, né chi fossero, né perché lo stessero facendo, tale era il trasporto che li animava.
Il delirio annebbiava le loro menti, impedendogli di formulare qualsiasi sciocco pensiero, impegnati solo a volerne ancora, ancora e ancora, ingordi e a non volersi fermare più.
Lei arrovesciò la testa all’indietro, stringendo le mani attorno alle lenzuola, ansimando.
Ecco, era così che doveva essere; senza pensare, senza sapere, senza domandare. Stava davvero facendo l’amore.
Davide si muoveva dentro di lei, la sentiva, si sentiva una sola cosa con lei. Non sapeva dove finisse l’uno e iniziasse l’altra.
Quando tutto il turbine di sensazioni divenne talmente forte e travolgente da non poterlo sostenere, era ormai tardi per provare dolore o rimorsi.
Davide era Francesca e Francesca era Davide.
Non c’era nient’altro intorno a loro.
 
Una mano attraversò sicura le lenzuola, andando a raggiungerne un’altra. Con garbo si allacciò a questa. La mano era piccola, chiara, con le unghie ben curate, rivestite dallo smalto trasparente, perlaceo.
L’altra era più grande, la ricopriva e senza sforzo, le lunghe dita affusolate intrecciate con quelle più femminili, forte nella presa e al tempo stesso gentile.
Davide era steso a pancia in giù, il corpo aggrovigliato con le lenzuola, e gli occhi che minacciavano di chiudersi definitivamente da un momento all’altro. Francesca si era voltata verso di lui, anche lei stanca, assonnata. Nell’aria aleggiava uno strano silenzio, stanco, intimo.
Il silenzio di chi non ha nulla da dirsi e si capisce con un’occhiata; il silenzio timido di chi non vuole disturbare l’altro, per paura di seccarlo e perdere quella complicità tanto faticosamente costruita.
La biondina sorrise dolcissima, abbracciando il ragazzo e gli diede un bacio sulla testa.
-Credo che ti sei meritato di dormire, stavolta- disse cingendogli il corpo con le braccia, sul viso un’espressione che lui paragonò a quella che aveva mostrato la prima volta che aveva visto Emanuela.
E forse quella volta era nei suoi pensieri al primo posto, il che gli procurò un certo compiacimento. Stavolta fu lei ad addormentarsi all’istante.
Guardarla dormire dava una sensazione di tranquillità, di affetto, di intimità; Davide non sapeva come spiegarlo, ma era come se ora il loro rapporto si basasse veramente su un legame intimo, profondo, oltre il sesso.
Era così spossato, stanco come se avesse corso chilometri e chilometri, o combattuto strenuamente fino a che non si fosse consumata l’ultima goccia di sangue. Era quella stanchezza piacevole, che ti induce a dormire all’istante, dormire però beato e felice per aver compiuto il tuo dovere. In questo caso era felice, felice di quell’amore che aveva diviso con lei.
Quel momento non poteva essere meglio di così: era perfetto, entrambi in silenzio, addormentati insieme, nudi, stanchi e senza bisogno di dir nulla si capivano perfettamente.
Lui si svegliò ad un certo punto della notte, imprecisato ma era abbastanza sicuro che fosse ancora molto presto.
Gli venne un’improvvisa voglia e si alzò in piedi. Emanuela dormiva ancora nella culla.
Forse Francesca aveva ragione a dire che quella bimba dormiva troppo. Chissà da chi aveva preso?
In ogni caso lui, stando bene attento di non farla svegliare, perché dormiva così bella e gli sembrava un peccato, se la caricò sulle braccia.
Lei storse un poco il naso, ma non si svegliò. Davide si infilò di nuovo sotto le lenzuola, riscaldate dai loro corpi e nascondiglio perfetto dove si erano amati, poggiando la bambina sul materasso.
Così Emanuela aveva a destra la mamma, che dormiva tranquilla e indisturbata, e a sinistra il papà, sveglio che si era incantato di guardarla.
Davide ricoprì i loro corpi con le lenzuola, per non farle sentire freddo, e poggiato su un gomito si chinò sulla bambina.
Poverina, sorrise; magari era stata spettatrice imbarazzata della loro performance di prima. Anche se così fosse stato, era da apprezzare che non avesse fiatato per nulla. Affettuoso le diede un bacio leggerissimo, non come quelli che dava a Francesca, che nemmeno si sentiva. Era davvero una bambina bellissima. Ora che erano passate un po’ di settimane, un paio di mesi quasi, due occhi azzurri come zaffiri avevano fatto mostra di sé. Era tutta paffuta, rotonda a cominciare dal pancino e le braccia, i pugni ora stretti e abbandonati ai lati della testa. Non sapeva che quel pomeriggio era stata causa di uno scontro fra madre e figlia e della seccatura del padre.
Lui non seppe mai per quanto tempo stette così, a guardarla dormire in silenzio, ma ad un certo punto lei schiuse piano un occhio.
Poi l’altro e Davide sorrise.
-Ciao amore- disse, piano per non svegliare Francesca.
Diede un altro bacio sulla fronte di Emanuela, e uno sulla guancia. Sorrise e le prese in bocca, fra le labbra, le dita della mano per farla ridere.
Lei vedendo il papà sorridere allegro, contagiata fece un sorriso senza denti. Bellissimo peraltro.
Ore, minuti e secondi dopo, quando la luce del sole cominciava ad entrare dalla serranda della camera, Francesca mosse un braccio.
Rischiò di andare a colpire la bambina ma per fortuna Davide le prese la mano, conducendola fuori portata. Dopo un sonoro sbadiglio si stiracchiò e voltò il capo verso sinistra. Con gli occhi chiusi sorrise al ragazzo.
Si protese oltre la bambina per baciarlo sulla bocca,  i capelli che arruffati dalla dormita le stavano cespugliosi in disordine.
-Ti amo- disse staccandosi.
Il ragazzo si affrettò a ricambiare il bacio.
-Anche io se è per questo-
Trasformò il semplice bacio sulle labbra in qualcosa di più, scompigliandole i capelli biondi più di quanto non lo fossero già. Soddisfatta lei si allontanò, sdraiandosi nuovamente sul materasso e abbracciando Emanuela. La bimba probabilmente aveva fame, e per evitare che scoppiasse a piangere e rovinasse la quiete che sonnacchiosa si era stanziata nella stanza, la ragazzina provvide subito a farla mangiare.
Poteva occuparsene sola, pensò lui e si stese a pancia in giù, il volto contro il cuscino ma girato per poterla osservare.
-Stanotte è stato bellissimo- confessò ad un certo punto lei, arrossendo e precipitandosi a fissare la bambina.
Davide sorrise scettico.
-Per la cronaca era ieri sera. E poi lo so che non è vero...-
-Cosa non è vero?-
-Che veramente ti è piaciuto-
La bionda si accigliò perplessa.
-E perché non dovrebbe essermi piaciuto?-
Lui riemerse stanco dal cuscino.
-Beh non lo so... magari... magari eri abituata meglio- qui le rivolse un sorriso furbo e la ragazzina si allungò bruscamente per tirargli uno schiaffo.
-Non devi dirle nemmeno per scherzo queste cose...- disse seria, tornando ad occuparsi della bambina.
Più gentile e intenerito il ragazzo si avvicinò in modo da poggiarle la testa sulla spalla.
-Allora veramente dicevi?- domandò modesto, sorridendo timido.
-Certo- confermò lei senza guardarlo –quando ti dico una cosa buona, è vera-
-Allora per questo non me ne dici mai cose belle...- si schernì sorridendo e baciandole il collo.
Francesca sorrise e quando Emanuela finì di bere la fece star seduta sul materasso.
Davide si rannicchiò contro di lei.
-Io non mi alzo prima delle undici- decretò, chiudendo gli occhi.
Francesca, tenendo ferma Emanuela che voleva girarsi, la tirò a sé e pure si appoggiò a lui.
-Io sono fuori servizio fino all’anno prossimo-
A quel punto la bimba aprì la piccola bocca in uno sbadiglio colossale e sonoro.
La bionda e il ragazzo, sentendola, risero.
-Beh- commentò Davide –almeno siamo una famiglia unita-
Quelle parole fecero sorridere Francesca in modo bellissimo.
-Sì è vero-
 











Il prossimo sarà sicuramente l'ultimo capitolo, senza dubbio. Grazie ai preferiti, a quelli che seguono la storia e la recensiscono.

Urdi: dannazione, no. Mi sono scordato di risponderti! Scusami tanto, starò diventando cieco... sappi che non è stato assolutamente un gesto intenzionale, anzi mi era piaciuta la tua scorsa recensione.
Caspita, mi sento un emerito st****o. Mi dispiace, sul serio.
Dunque, ecco, riguardo la recensione precedente volevo dirti che sei stata brava a trovarmi una pecca, e cioè che la scena non è molto originale (ahimè) ma che l'ho saputa descrivere. Grazie mille. Eh beh, abbiamo scoperto a cosa pensava quella matta di Francesca. Argh, scusami ancora per favore...

Devilgirl89: come già detto, non c'è alcun messaggio subliminale. Esattamente, se la tiro troppo immagino che poi diventa noiosa.

vero15star: Francesca lo prende in giro semplicemente perchè... è Francesca! Non ti devi scusare se mi racconti qualcosa di te, niente affatto, perchè se lo fai probabilmente è perchè ti rivedi nella storia, credo... non è un male, perchè è importante che la storia risulti 'vera, reale' e non troppo costruita. Insomma, a farla breve, ti ringrazio. Ancora una volta.

Emily Doyle: forse ora sì, sono diventati una vera famiglia, eh? Beh, era ora. Ma sai, secondo me se la faccio andare avanti ancora poi è noiosa.

Vale 728: non è mai troppo tardi, Valentina. O Valeria? Il fatto che tu dica che la mia storia sembra essere vera è per me motivo d'orgoglio. Ciò che volevo comunicare, insomma, come dire, il messaggio, è che bisogna appunto prendersi le proprie responsabilità. Anche se è difficile. E loro due, Davide e Francesca, credo siano cambiati mano a mano che la situazione cambiava.
"da tutta questa storia hanno saputo maturare e anche migliorare il loro comportamento". Esattamente, brava.

GinTB: oh, non vorrei mai privarti di un'uscita per recensire la mia storia. Grazie.

lilly95lilly:  ti ha incuriosito dal titolo? Caspita, il titolo sono le cose (e non dico di essere bravo nel resto) in cui faccio pena. Grazie per avermi detto che è una storia scritta bene, ma ce ne sono tante altre molto migliori. Grazie dei tuoi complimenti, molto graditi.

Nells: aha, che bella l'espressione 'tra le sue due donne'. Grazie, ma forse non sono così brillante.
  
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