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Autore: _Okashi_    02/11/2016    1 recensioni
Maxi è un ragazzo di 17 anni che vorrebbe una vita, una vita normale.
Gli piace viaggiare, prendere i mezzi pubblici e immaginarsi come un protagonista di un film.
Nel suo "film", lui va a scuola, dove però non è molto popolare tra i compagni. Lui ha una casa, una madre con cui però non va d'accordo. Finché non si ritrova a camminare sui binari di una metrò.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Certamente, lui non pensava esattamente così. O meglio, non voleva pensarla così. Ma avere diciassette anni, essere etichettato come un ragazzino da tutto e da tutti, prima o poi te li fa davvero partire i cinque minuti. Maxì si ritrovò a correre lungo il vicolo che portava casa sua alla fermata della metro... Sarebbe stato proprio su quel mezzo di trasporto che avrebbe continuato a respirare.

Corse a perdifiato, poi giù per le scale che lo avrebbero portato al mondo sotterraneo dei viaggiatori anonimi. Prese posto su una di quelle scomode poltroncine arancioni, alcuni spettatori della sua stessa vita erano apparsi in scena, truccati e vestiti, per un certo numero da pendolari in giacca e cravatta, per un altro da ragazzi con gli zaini in spalla, un altro ancora da pochi mendicanti.

Le porte del suo vagone si chiusero e il treno iniziò a prendere velocità con quel suo strano movimento traballante e quel suono fote e continuo, quasi fastidioso.

Avere litigato con sua madre appena prima dell'inizio delle lezioni, di certo non aveva aiutato. Dagli insegnanti era considerato un perditempo e dai compagni uno sfigato... Maxi sorrise: tutto il mondo poteva considerarlo tale, a lui non avrebbe importato comunque. Lezione, lezione, lezione, intervallo, lezione, fine. Con passi pesanti si incamminò verso l'uscita della scuola, mentre un compagno gli tirò il cappuccio della felpa sulla testa e Maxi sentì venirgli strappati via i libri dalle braccia. Appena si tolse il cappuccio dagli occhi, fece in tempo a vedere il compagno andarsene correndo e urlare: "Ciao ciao sfigato!" .

I libri erano a terra, alcune pagine strappate, le raccolse e si incamminò verso l'uscita, sperando di non essere ancora preso di mira.

Il grigiore della città lo intorpidì, tutto gli sembrava inultimente già fatto. Che senso avrebbe avuto costruire una navicella spaziale per riuscire a conquistare altri pianeti, se tutte le navicelle erano già state costruite? No, no. Non voleva fare una copia. Voleva qualcosa di interamente suo... Ma cosa era davvero suo? Tutte le vite erano già state vissute. Esattamente, come l'aria che respirava. Non era sua, anche se a volte si illudeva lo fosse.

Tornò nel mondo sotterraneo, doveva aspettare la metro. Aspettò e aspettò. Era solo alla fermata. Era solo nella metro. E il treno non passava. Tutto sembrava essere fragilmente più sicuro, più bello e quasi impossibile. Si ritrovò a camminare sui binari, andava avanti nel buio, a tentoni, a piccoli passi, sperano di non inciampare su un topo morto. Era tutto così... Impossibile. E camminare lungo i binari della metro era così... Improbabile. Eppure, mentre andava avanti, ecco spuntare nella fioca luce, delle persone.

Alcuni erano gli stessi uomini in giacca e cravatta della mattina, altri erano ragazzi, universitari, liceali, altri ancora mendicanti e poveracci. Andavano tutti nella stessa direzione, con la stessa espressione vacua, quasi fossero zombie, tutti andando nella direzione contraria alla sua. E Maxi si chiese se avesse dovuto scappare... Quelle persone lo avrebbero investito?

Il ragazzo si svegliò. Una stanza dalla luce limpida lo circondava. Sembrava proprio la stanza di un ospedale...

Maxi richiuse piano gli occhi. Ma certo... Non era stato un sogno. E lui era da un po' in ospedale. Lui e la sua schizofrenia.

   
 
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