Titoli:
Stranezze
e antipatie
Fandom:
Hakuouki (Contesto: Hakuouki Sweet School Life)
Prompt:
Strega
Note:
One-shot partecipante all’iniziativa “Notte stregata! - Halloween Special” indetta dal forum
Torre di Carta.
*
“Dove
mi trovo? Non capisco… Chi ha spento la luce?”.
Yukimura
Chizuru si sveglia in una stanza che - se lo sente - non è affatto la propria,
sopra quello che al buio sembra un divano.
Aspetta
che i suoi occhi si abituino meglio all’oscurità circostante e si domanda da che
parte potrebbe essere l’interruttore della luce, oppure una finestra dalla quale
poter scostare le tende e vedere se è già sorto il sole o anche solo per
scorgere la luna nel cielo.
Sbadiglia,
si mette seduta ed è un cono luminoso ad accendersi istantaneo a pochi passi da
lei, rivelando una sedia che la ragazza bruna guarda con una certa perplessità.
Su
questa sedia poggia, piegato con cura, un vestito nero con sopra il tipico
cappello da strega.
«Che
significa?» mormora tra sé e sé, senza però trovare una risposta sensata.
«C’è
nessuno?» domanda poi, alzando il tono della voce. «Okita-senpai, se è uno dei
tuoi scherzi, sappi che non è divertente», prosegue, alzandosi in piedi,
raggiungendo la suddetta sedia e guardandosi intorno nervosamente. Si accorge
così della presenza di una scrivania familiare, di uno scaffale pieno di libri e
di una piantina lì accanto… Ma allora si trova a scuola, nell’ufficio del
vicepreside Hijikata!
“Ma
chi…? Come ci sono finita qui?”.
L’ufficio
in questione, a parte i particolari che ha riconosciuto, le pare più surreale
del solito, forse per la mancanza della luce del giorno.
Non
è questo, però, che al momento preoccupa Chizuru, è più il fatto che non
comprende la strana situazione in cui è incappata: perché è lì dentro da
sola? Cos’è successo? Perché non ha ricevuto risposta?
E
poi c’è quel costume… Forse qualcuno si aspetta che lo indossi?
Le
dovute risposte, per sua fortuna, non tardano ad arrivare: dietro di lei si apre
una porta, anch’essa portatrice di una luce soffusa.
«Non
sei ancora pronta?».
Lei
sussulta e si volta, sgranando gli occhi alla vista dell’incappucciato dalla
testa ai piedi cui appartiene la voce, grazie alla quale sa chi è, però le esce
a stento un “Come…?” e attende conferma.
«Chizuru,
fai in fretta, il padrone ti sta aspettando», continua quello senza curarsene,
«e ti ricordo che lui detesta aspettare a lungo».
«Il
padrone?».
Chizuru
è giustamente perplessa. «Chi è il padrone?».
«Ho
capito…» prosegue l’incappucciato, che per la seconda volta sta ignorando una
sua richiesta, tendendo il braccio libero verso di lei e così, in men che non si
dica, il vestito appoggiato sulla sedia sparisce fino a ricomparirle addosso per
magia.
È
incredibilmente della sua misura, le scivola fino alle ginocchia e il cappello
non pesa nulla.
«Ecco,
adesso sei pronta. Seguimi», impone lui, dandole le spalle e avviandosi oltre.
«Com’è
possibile? No… Aspe-aspetta!» esclama, andandogli rapidamente dietro. «Posso
sapere cosa sta succedendo? Ti prego, dimmelo!» insiste.
Chizuru
varca la soglia e avviene un’altra stranezza: senza che l’abbia minimamente
sfiorata con la mano, la porta dell’ufficio si chiude con un pesante tonfo, come
se un forte vento invisibile e impercettibile l’avesse appena spinta.
E
oltre allo stupore, soggiunge la paura e capisce che se rimane ferma a tremare
il buio la inghiottirà – oh, potrebbe anche succedere, sarebbe il
minimo!
«Ti
prego…» ripete, costretta a seguire lui e le quattro candele che gli levitano
sopra la testa; poi, non ricevendo attenzione, osa posargli una mano sulla
schiena, «sei Kaoru-kun, vero?».
Dev’essere
Kaoru, l’intuito non può ingannarla più di quanto abbiano già fatto le
circostanze. Pochi passi e lui risponde in tono vago: «Può darsi… però non mi
risulta che il vero Kaoru pratichi la magia. Diciamo che sono io ma allo stesso
tempo non lo sono».
«Dove
siamo diretti?» domanda ancora, sperando che il gemello continui a parlarle, a
rassicurarla, senza lasciare la presa sul suo mantello. Chizuru non lo vede, ma
ha un’espressione compiaciuta sotto il cappuccio quando le risponde enigmatico:
«Dal padrone».
«Posso
sapere chi è?» ritenta.
«Non
preoccuparti di questo. Lo vedrai presto».
Proseguono.
Per
fortuna, dopo qualche minuto e delle svolte l’ambiente inizia a rischiararsi,
specialmente al sopraggiungere di quello che sembra un arco, il quale introduce
in una sala grande con i pavimenti a rombi, delle colonne imponenti e una
scalinata centrale che conduce al piano superiore.
Chizuru
è sempre più confusa, ma tenta di non darlo troppo a vedere.
«Dobbiamo
salire, vieni», la invita Kaoru senza voltarsi.
Pur
con un minimo di esitazione per il luogo assolutamente sconosciuto, Chizuru gli
va nuovamente dietro, finché una voce squillante non la fa trasalire.
«Chizuru,
no! Resta ferma dove sei!».
«Heisuke-kun?».
La
ragazza alza la testa tenendosi con una mano il cappello dalla punta sbilenca e
punta uno sguardo sorpreso verso l’amico d’infanzia, in piedi sopra un
lampadario vecchio stile, un braccio attorno alla spessa corda che lo tiene su e
un bastone nell’altra mano.
È
vestito di stracci… e ricorda un po’ uno zombie, meno pallido e malconcio però.
Anche
Kaoru si ferma, ma al momento l’attenzione di lei è tutta rivolta verso l’alto.
«Heisuke-kun,
cosa ci fai lassù? Non agitarti o rischi di cadere!» esclama preoccupata.
«Non
preoccuparti per me, sarò prudente. Non devi seguirlo, Chizuru! Lo so che siete
fratello e sorella, ma non fidarti di lui. Non in questa circostanza!» sbottò,
indicando con il bastone il presunto traditore.
Allora
Chizuru sposta lo sguardo sull’altro, mettendogli il broncio e mormorando: «vuoi trarmi in inganno… perché?».
E
in tutta risposta Kaoru scoppia in una finta risata, per poi aggiungere
beffardo: «E da quando ti fidi di uno stupido, chiassoso e impulsivo zombie?».
«Ehi!
Non sono stupido!» si irrita Heisuke. «E comunque non sono il solo a pensarlo:
aspetta che arrivino anche gli altri e vedrai!».
«Gli
altri?».
Allora
lei si sente tirare dal braccio.
«Stiamo
solo perdendo tempo, accidenti!» impreca l’altro. «Dobbiamo andare: non ti
accadrà nulla di male sorellina, ci sarò io con te!».
Malgrado
la supplica un po’ sgarbata ma sincera, lei impunta i piedi e scuote la testa
con decisione.
«No,
è tutto troppo strano… Fratello, se vuoi davvero che ti creda, allora togli quel
cappuccio, guardami negli occhi e svelami l’identità del tuo padrone».
«Non
essere testarda proprio adesso, Chizuru. Ti ho detto che lo scoprirai molto
presto. Se non vieni con me, io…» le stringe forte il polso, facendole male,
«dovrò usare le maniere forti. Perciò, che tu lo voglia o no, adesso saliremo
quelle scale. Insieme!».
«No!».
«Non
trattarla così, vigliacco!» s’intromette Heisuke vedendola in difficoltà, e
giusto qualche istante dopo l’unica vetrata della sala va in frantumi,
richiamando l’attenzione dei presenti che la fissano in simultanea – Chizuru
nemmeno l’ha notata, prima.
Anche
Kaoru viene distratto dalla caduta dei frammenti di vetro per terra, e non ha il
tempo di provare a trascinare nuovamente la sorella gemella perché qualcuno lo
prende alle spalle, bloccandogli le braccia.
«Ma
cosa…? Da dove…?» borbotta infastidito, divincolandosi invano.
«Ti
consiglio di non muoverti, se non vuoi che te le spezzi», lo avverte con finta
calma il nuovo arrivato, decisamente più grande e più forte di quanto lui sia
mai stato.
«Ciao,
Chizuru. Tutto bene?».
L’interpellata
si volta e incontra l’espressione preoccupata e insieme gentile di
Harada-sensei.
«Sì.
Ci sono tante cose che non mi quadrano, ma sto bene», risponde dubbiosa,
spostando lo sguardo su Nagakura-sensei che sta tenendo fermo Kaoru.
«Così
non ci lancia contro le sue magie da quattro soldi», si giustifica Shinpachi con
un sorrisone. «Sai, eravamo tutti ben nascosti qui intorno, soltanto quella
testa calda di Heisuke ha esagerato mostrandosi prima del tempo».
«E
ho fatto bene, accidenti! Ma ditemi, chi ha avuto la brillante idea di rompere
la finestra? Sono curioso di saperlo», domanda il ragazzo, che per fortuna ha la
voce alta e si sente.
«Purtroppo
non io», s’intromette un’altra presenza alle spalle di Nagakura, «stavo dietro
quel pilastro. Rimane soltanto Hajime-kun, il merito è senz’altro suo».
«Eravate
davvero tutti qui?» mormora Chizuru, spiazzata. E poi, osserva, anche loro
ricoprono dei ruoli insoliti: Harada-sensei dal collo in giù ha uno scheletro
stampato sulla tuta nera; pure Nagakura-sensei è in tuta, però ha come un chiodo
conficcato in testa, un altro sul collo e uno sul fianco; Okita-senpai possiede
le orecchie, la coda e le zampe da lupo. Sembra di essere al classico raduno per
la festa di Halloween, eppure lei non ricorda di essere stata
invitata.
«Maledetti!
Me la pagherete!» sbraita Kaoru tentando di divincolarsi, il cappuccio che
finalmente gli scende lasciando scoperto il viso familiare, al momento è
furente.
«Certo
che sei stato proprio bravo, complimenti per il piano geniale! Sarebbe andato
liscio se non fossimo intervenuti, eh?» si congratula sarcasticamente Souji, con
espressione serafica malgrado l’altro gli stia augurando mentalmente ogni male
possibile.
«Sta’
zitto!».
«E
meno male che dicevi di essere un bravissimo fratello, che avresti protetto
Chizuru-chan da tutto e da tutti! Che bella figura hai fatto…».
«Piantala!».
«Okita-senpai, Kaoru-kun.
Basta».
Chizuru
li sta guardando, soltanto loro due e l’eco delle loro voci che rimbomba nella
sua testa e prova immediatamente una strana sensazione, come se le mancasse
improvvisamente il pavimento sotto le scarpe.
Chiude
gli occhi, li strizza e riaprendoli lo scenario cambia, rimangono solo le voci,
più chiare, provenienti dalla sua destra.
È
sdraiata e finalmente capisce perché era tutto così strano. Ha sognato tutto. Ha
solamente sognato.
«Maledizione!
Stavo andando così bene, se non fossi arrivato tu a combinare guai con le uova
avrei già finito! Invece adesso mi tocca ricominciare daccapo, grazie mille,
Okita!» sente lamentarsi Kaoru, con un pizzico di sarcasmo alla fine.
«Non
è colpa mia se le lasci incustodite», replica Souji tranquillamente. «Se ci
tenevi così tanto, mi vietavi di entrare in cucina».
«Perché?
Tu mi avresti dato ascolto?».
Il
fratello gemello alza gli occhi al cielo, mentre Chizuru si mette seduta, una
mano a sistemarsi i capelli sciolti e spettinati. La guardano entrambi e lei si
sente di troppo, imbarazzata. Come anche intuisce che Kaoru la tirerà in ballo,
e infatti dice: «Da quando vi frequentate, un giorno sì e uno no passi da qui e
purtroppo non posso farci nulla. Chizuru, io torno in cucina. Non farmelo
comparire davanti o stavolta lo uccido».
«E
se fossi io a uccidere te?».
«Va
bene onii-chan, vai pure!» acconsente
subito, alzandosi e ponendosi fra loro, nel bel mezzo della consueta aurea che
circonda due persone quando si trovano antipatiche a pelle e non c’è niente da
fare per appianarla. «Qui ci penso io», conclude con un sorriso di cortesia
rivolto solo al fratello.
Pur
mantenendo uno sguardo sospettoso, con gli occhi ridotti a due fessure, Kaoru
lascia la stanza e lei si rilassa. Poi sospira.
«Cos’hai
combinato stavolta? Possibile che non riusciate ad andare d’accordo?» domanda,
mettendo su un broncio che Souji trova adorabile, anche se alla sua ragazza non
lo dice mai apertamente.
«Be’,
tu stavi schiacciando un pisolino a detta di quello là, e così avevo pensato di
approfittarne per prepararti qualcosa di buono. Volevo farti una sorpresa, è
forse vietato, Chizuru-chan?».
«No»,
nega col capo, e il broncio adorabile si trasforma in un risolino trattenuto a
stento, «ma non eri un disastro, in cucina?».
«Dettagli».
«Va
bene. Facciamo che un giorno ti insegnerò almeno le basi. E sappi che non
accetterò obiezioni da parte tua!» afferma decisa, mentre le guance si tingono
leggermente di rosso.
È
davvero carina a preoccuparsi per lui, lo è sempre stata, anche in quei momenti
in cui la prendeva sfacciatamente in giro e lei ci cascava in pieno.
«Sicura?
Ti servirà una dose infinita di pazienza…» la vede annuire.
«Lo
so».
«…anche
se in realtà vorrei imparare qualcos’altro, da te. Qualcosa in cui bisogna
essere in due, ma non c’entrano cucine, uova e sorprese culinarie».
«Che
cosa?» chiede con aria teneramente ingenua. Non può fare a meno di sentirsi
soddisfatto per il mutamento che, lo sa bene, subirà immediatamente il visino di
Chizuru-chan una volta che avrà risposto. Così si avvicina di soppiatto e le
sussurra all’orecchio una risposta piena di malizia, per poi scostarsi e
osservarla con i suoi occhi verde foglia.
Chizuru
dapprima sgrana gli occhi, ripetendosi quello che ha appena sentito nella mente.
Poi
boccheggia in cerca d’aria, si mette le mani sul viso e il rossore di prima si
fa più intenso.
«S-sei
sicuro?» balbetta. «N-non è troppo… troppo presto per… per…».
Si
guardano negli occhi, finché Souji non li chiude, si porta una mano alla bocca e
trattiene una risatina da furbetto.
«E
infatti scherzavo, Chizuru-chan. Per adesso no, ma un giorno… Chizuru-chan?».
Nota
che si è girata di colpo, come quando ci si offende. Ha perfino chiuso le mani a
pugno, le stringe e le tremano come se stesse per sfogarsi.
«Sei
tremendo. Ecco cosa sei», mormora tra i denti, apparentemente delusa.
«Chizuru-chan?»
il tono gli si ammorbidisce. «Dai, non prendertela».
Ma
Chizuru non mostra più alcuna reazione. Resta semplicemente immobile.
Solo
dopo un po’ sospira, paziente. «Va bene, Okita-senpai».
Si
sente abbracciare da dietro dal furbetto in questione, che gliel’ha fatta ancora
una volta e lei può benissimo immaginare quanto adori metterla in certe
difficoltà.
«Guarda
che puoi chiamarmi per nome. Io lo faccio», le ricorda. Chizuru volta appena il
capo e il modo in cui assottiglia gli occhi e solleva gli angoli delle labbra
leggermente in su le ricordano un gatto.
Come
succede ogni volta, finisce per perdonarlo con un sorriso, oppure con un bacio.
«Souji-kun,
posso raccontarti lo strano sogno che ho fatto? Sai, c’eri anche tu e-»
.
«Dopo,
Chizuru-chan. Prima facciamo uno scherzo al tuo onii-chan: dici che sono
avanzate delle uova?».
Ennesimo
sospiro da parte di lei.
«Non
cambierai mai».