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Autore: Elykei    03/11/2016    0 recensioni
Questa è la storia di Margherita.
Margherita ha 18 anni, un fratello minore rompiscatole, una mamma un po' particolare e un pappagallo di nome Pietro.
Come ogni diciottenne Marghe si presta ad affrontare gli esami di maturità e accanto a lei c'è una classe di 17 individui considerati da tutti scalmanati ed immaturi.
L'intera terza D però si ritroverà obbligata a dover crescere tutta d'un colpo, perché la società ti dice che a 17 anni non sei abbastanza maturo da poter compiere scelte da solo, ma appena ne fai 18 devi decidere del tuo intero futuro.
Questo è il racconto delle vicissitudini di una ragazza come tante altre che insieme a compagni di classe ed amici affronta la vita, quella vita segnata da piccole difficoltà che sembrano montagne e grandi gioie che a volte non bastano.
Ma infondo vivere vuol dire questo: affrontare alti e bassi e andare avanti perché come diceva Jovanotti la vertigine può anche essere semplice voglia di volare.
Questa è la mia prima storia, spero che vi piaccia.
Il rating è arancione più per scurezza che per altro.
P.s. naturalmente qualsiasi commento sarà sempre ben accetto!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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16 La città Bianca.

 

- Al massimo ti posso portare ad Ostuni -.

- Perfetto, tra quanto ci vediamo? -.

- Ti passo a prendere tra un’ora -.

 

 

Il viaggio in auto durò poco meno di un’ora, lo passammo ascoltando musica e giocando ad uno stupido gioco che avevamo scoperto in olanda durante una vacanza con Delia e Gabriella.

Il giochino consisteva nello scegliere una cosa che si vedeva nei dintorni e descriverla nel modo più vago possibile così che l’altro dovesse impegnarsi per indovinala. Era una di quelle cose stupide che si vedevano sempre nei telefilm americani, quando la famiglia fintamente perfetta era in auto diretta chissà dove e il fratellino minore rompeva le scatole alla ragazzina adolescente di turno perché si stava annoiando.

Nel momento in cui vidi il cartello che annunciava l’ingresso nel territorio ostunese vinsi il quarto round, cosa che mi fece passare in vantaggio su Umberto.

- Il cartello non diceva di salire? -. Chiesi io confusa dalla direzione presa.

- In città andiamo stasera, prima voglio farti vedere un paio di cose -.

- Che stai progettando Obi? -.

Sorrise a trentadue denti – Ho detto che ti avrei fatto prendere una pausa no? Fidati di me -.

Alzai le mani in segno di resa – Okay, okay -.

Percorremmo una lunga strada dritta che aveva a sinistra il mare e a destra una campagna che ci separava dalla città bianca.

Il bar nel quale ci recammo era semplice, non aveva un vero e proprio spazio interno poiché l’unica cosa che aveva un tetto sopra era il bancone, i tavolini infatti, meno di una decina e rigorosamente in plastica, erano disposti all’esterno sotto un tunnel di piante e alberi che gli facevano da copertura.

Probabilmente senza quella cornice verde il posto sarebbe sembrato squallido, così com’era però risultava accogliente.

- Non fa un po’ freddo per stare all’aperto? -.

- Non avevamo deciso di non discutere le mie decisioni oggi? -.

- Era solo una piccola osservazione -.

- Il mio piano per farti rilassare diventerà più difficile da attuare se continuerai ad insistere con osservazioni e domande -.

- Non ho mai detto che t’avrei reso la cosa semplice -.

- Non so ancora chi tra noi due è il masochista -.

- Probabilmente tu che vuoi costringerti a sopportarmi -.

- Hai ragione tu sei solo la pessimista -.

- Realista -.

- Pessimo-realista? -.

- Dovrebbe essere una parola? -.

- I neologismi sono il mio pane quotidiano -.

Durante la conversazione ci eravamo seduti e ci aveva raggiunto un uomo, verosimilmente il proprietario del posto. Avrà avuto quarantacinque anni, stempiato ma coi capelli restanti ancora neri.

- Umberto! Ora ti devo vedere anche d’inverno? -.

- Eh già, hai sentito la mia mancanza, vero Emilio? -.

- Certo!- rispose scherzoso l’uomo - Che vi porto? -.

- Due espressini freddi, per favore -.

Io tentai di protestare - Umbè ma.. -.

- Lo so che è inverno, però devi assolutamente assaggiarlo -.

Emilio si voltò verso di me in cerca di conferma, io alzai le spalle e sorrisi.

Quando l’uomo fu sparito dietro al bancone mi rivolsi ad Umberto – Vi conoscete da molto eh? -.

- Mi ha visto crescere -.

- Tu venivi qui si da bambino giusto? -.

- A Villanova da tutta la vita, in questo bar più o meno da quando avevo dieci anni -.

- Deve essere bello -.

- Cosa? -.

- Avere sempre a disposizione un posto nel quale rifugiarsi quando si vuole straccare la spina -.

- In effetti si, questo è il mio luogo della felicità -.

Lo guardai divertita - Luogo della felicità? -.   

- Si sai quel posto che quando ci vai i problemi spariscono e ti senti al sicuro, dove che sia giorno o notte, che tu sia solo o in compagnia ti senti a tuo agio -.

- Vorrei tanto avere anch’io un posto così -.

- Da oggi ce l’hai -.

- Mi stai regalando il tuo luogo della felicità Obi? -.

- Non ci provare, al massimo posso prestartelo ogni tanto -.

Risi – Mi sembra giusto, grazie -.

- Di niente -.

- Ecco a voi ragazzi -.

L’arrivo delle ordinazioni ci distrasse dal discorso.

Già dall’aspetto capii che Umberto aveva ragione, assaggiare quell’espressino freddo era necessario.

Non era per niente come quello barese, prima di tutto era formato da più parti, la prima sul fondo era il caffè presente in quantità pari a quello di un ristretto, sopra di esso vi era una crema bianca che una volta assaggiata riconobbi essere gelato al fiordilatte lavorato, tutt’attorno sulle pareti interne del bicchiere c’era poi della nutella e in cima cacao, noccioline e pralline al cioccolato.

Probabilmente una bomba calorica, ma per fortuna la linea non era uno dei miei pensieri principali, soprattutto quando ero davanti ad una squisitezza simile.

- Non oso immaginare come sia questo posto d’estate -.

- Decisamente più caldo -.

Alzai gli occhi al cielo - Va beh, forse fin lì ci arrivavo pure io Ob -.

- Che ti devo dire, c’è più gente! Quando saliamo ti faccio conoscere un paio di persone, che poi.. perché non sei mai venuta qui tu? -.

- Non mi ci hai mai invitato -.

- Al massimo sei tu che non hai mai accettato -.

- Perché avrei dovuto rifiutare? -.

- Chi lo sa, tuttavia mi sembra strano che io non ti abbia invitato, Dede e Gabi ci sono state almeno un paio di volte, aspetta ma tu non sei venuta quell’anno per ferragosto? -.

- Quando? -.

- Credo fosse due anni fa, quando Gabi ha inciampato nel sasso ed è finita in acqua, ti ricordi? Abbiamo passato tutta la sera a ridere -.

- Oddio no, purtroppo non ricordo, probabilmente non c’ero, perché di sicuro una scena così non l’avrei mai dimenticata -.

- E dov’eri? vi avevo invitate tutte quella volta -.

- Fammici pensare -. Dissi, poi dopo qualche secondo mi tornò tutto alla mente - Ah aspetta ma io due anni fa ero in Spagna -.

- Ah si, tu sei una VIP -.

- Ma smettila, scemo -.

- Sei sempre in giro d’estate Marghe, non hai tempo per noi poveri -.

- Cosa dici? È stata l’unica volta nella quale non sono andata, come ogni anno, in Sardegna -.

- Anche la Sardegna è per VIP -.

- Si, infatti spendo sempre milioni per affittare la camera a casa dei miei zii -.

- Fai la bella vita in Costa Smeralda -.

- Ho anche uno Yacht sai? -.

- Uno solo? Pensavo ne avessi almeno un paio -.

- No uno è personale, l’altro invece è di mamma -.

- Giustamente, e Luca niente? -.

- Lui ha solo una barchettina, un quindici metri -.

- Perfetto dato che abbiamo scoperto che sei tanto ricca, oggi offri te Marghe -.

Continuai a stare al gioco – Si, si, lo compro proprio il bar già che ci sono -.

- No poi Emilio che fine fa? -.

- Inizia a lavorare per me logicamente -.

- Okay allora va bene -.

Una ventata particolarmente fredda mi fece ricordare che mancavano solo tre giorni alla vigilia di natale.

Con tutto quello che era successo nei giorni precedenti avevo perso la cognizione del tempo, mi resi conto anche che c’erano solo due giorni prima delle vacanze, in passato ogni volta nella quale era stata possibile, la prima sera di festa da scuola, che di solito coincideva con il ventitré Dicembre, io e Dede, e da qualche anno anche Genna, facevamo un giro per la città vecchia, con tanto di cena alla solita pizzeria in centro.

Di certo il disaccordo non era stato tanto grava da avere il sopravvento su una tradizione.

Il dubbio però mi aveva ormai attraversato la mente, sospirai e controllai l’ora.

Erano già le sette, avevamo davvero passato quasi due ore in quel posto? Il tempo era volato.

- Non so cosa tu voglia fare, ma dallo sguardo che hai ti dico di non perdere altro tempo e farlo -.

Alzai gli occhi sul mio amico, cosa aveva visto nel mio sguardo che lo aveva indotto a dire quelle parole?

Forse nostalgia? Si perché l’appuntamento non era ancora saltato che già ne sentivo la mancanza, solo l’idea di non trascorrere la giornata con i miei due migliori amici mi rattristava.

Delia tuttavia non era l’unica orgogliosa del gruppo, perciò non scrissi a lei.

Messaggio inviato a Gennaro 19:04:

Sempre d’accordo per il 23?

- Sto seguendo il tuo consiglio Obi, è meglio che sia buono -.

- Quando mai i miei non lo sono? -.

- Hai detto che volevi farmi vedere un paio di cose, questo bar era una di quelle? -.

- Si -.

- Mmh, quindi la prossima sorpresa in serbo qual è? -.

- Per quella ci tocca aspettare ancora qualche minuto -.

- È una cosa a tempo? -. Domandai incuriosita.

- A grandi linee si -.

- Non è il tramonto dato che è già buio -.

- Si, purtroppo siamo arrivati tardi per quello, il che è un peccato perché qui il tramonto è uno spettacolo, credimi -.

- Allora cos’è? -.

Non mi rispose, decise anche di cambiare argomento spostando la mia attenzione sul cellulare, mi fece notare che era arrivato un SMS.

Un nuovo messaggio da Gennaro 19:07:

Parlato con Delia?

Messaggio inviato a Gennaro 19:11:

Sai che non l’ho fatto.

Un nuovo messaggio da Gennaro 19:11:

Dovreste chiarire.

Messaggio inviato a Gennaro 19:12:

Non c’è nulla da dire, non abbiamo mica litigato.

Un nuovo messaggio da Gennaro 19:12:

Perché stai chiedendo a me per dopodomani allora?

Messaggio inviato a Gennaro 19:12:

Da quando in qua mi è vietato scriverti Genna?

Un nuovo messaggio da Gennaro 19:13:

Sai che intendo.

Sospirai.

Messaggio inviato a Genna 19:14:

Lei non vuole parlarmi, non è colpa mia.

Un nuovo messaggio da Gennaro 19:15:

Hai provato a scriverle?

Messaggio inviato a Gennaro 19:15:

Ci ha provato lei?

Un nuovo messaggio da Gennaro 19:16:

Sai che è fatta così, non farà mai il primo passo finché pensa di avere ragione.

Messaggio inviato a Gennaro 19:16:

Anch’IO penso di avere ragione.

Un nuovo messaggio da Gennaro 19:17:

Cercate di non scannarvi il 23.

Messaggio inviato a Gennaro 19:18:

Quindi la serata è confermata?

Un nuovo messaggio da Gennaro 19:18:

Si, ma vi prego non fatemi fare da babysitter.

Messaggio inviato a Gennaro 19:18:

Non devi dirlo a me, io con lei non ho nessun problema.

Un nuovo messaggio da Gennaro 19:18:

Non l’abbiamo avuta dieci secondi fa una conversazione uguale a questa? Scrivile, dovete smetterla di litigare tra voi per una cosa che non è nemmeno collegata a voi due.

Messaggio inviato a Gennaro 19:20:

È lì con te?

Un nuovo messaggio da Gennaro 19:20:

Si.

Messaggio inviato a Gennaro 19:20:

Sta leggendo?

Un nuovo messaggio da Gennaro 19:20:

No.

Messaggio inviato a Gennaro 19:21:

Pensi che abbia ragione lei?

Un nuovo messaggio da Gennaro 19:22:

Penso che torto e ragione non siano importanti se paragonati a dieci anni di amicizia.

 Misi il telefono da parte e mi resi conto che nel mentre della mia conversazione con Ge, Umberto aveva intrapreso una partita a briscola con Emilio il barista, il mio amico aveva persino cambiato posto, sedendosi al tavolino di fronte a quello che ormai occupavo sola.

Mi avvicinai ai due, dal numero delle carte in possesso sembrava star vincendo Umberto, ma quella era briscola e per quanto ne sapevo Obi poteva aver preso tutti lisci, mentre Emilio in quelle sei carte poteva avere carichi e punti, avrei dovuto aspettare la fine della partita per ottenere un esito veritiero.

A mala pena due minuti dopo dovetti costatare che si Umberto si era riempito di carte, ma aveva preso solo due assi e qualche punto, il resto delle carte di valore era tutto nelle mani dell’uomo più grande.

- Ti ha distrutto Obi -.

- Solo perché non gioco da mesi! A Bari non c’è mai nessuno con il quale io possa esercitarmi -.

- Convinciti di ciò che vuoi ragazzino -. Disse scherzoso Emilio.

- Suvvia Emilio non infierire -.

- Cosa c’è? Preferivi una bugia per fare colpo sulla bella ragazza qui presente? -.

- L’ho visto inciampare e cadere di faccia su un gelato che stava mangiando quando aveva dodici anni, nulla più potrebbe aiutarlo a conquistarmi oramai -.

- Marghe! Non dovevamo più menzionarla quella storia -.

- Ops -. Risi io perdendo tutta la mia finta innocenza.

- Umberto mi spiace per te, non hai proprio speranze -.

Obi raccolse le carte e dopo averle mischiate le porse a me ad Emilio e a sé stesso – Il primo che trova un due non di briscola deve toglierlo e pescare un’altra carta -.

Giocammo cinque partite, tre le vinse Emilio, due Umberto.

D’inverno non vi erano troppo clienti nel bar, in quel momento gli unici eravamo io ed Umberto, d’altronde non c’era molta gente in generale. Probabilmente la città era più popolata, ma Villanova era parte delle marine di Ostuni e gli unici che vi ci risiedevano anche a natale parevano essere una decina di vecchietti e tre, massimo quattro famiglie a giudicare dal passeggio inesistente e dalle parole del gioviale proprietario del locale.

Per qualcuno estraneo come me, il paesaggio poteva risultare un tantino spettrale, la presenza così rilassata di Umberto comunque attenuava qualsiasi mia ansia, pareva veramente pienamente a suo agio.

Mi chiesi se prendendo in prestito questo luogo della felicità abbastanza volte avrei finito anch’io per sentirmi sempre a quel modo e decisi che si, sarebbe successo anche a me.

Alle otto e un quarto Umberto disse che era arrivato il momento della seconda sorpresa, mi fece chiudere gli occhi e mi portò fino a quello che credevo fosse il parcheggio dell’auto, quando aprii gli occhi però vidi uno spettacolo mozzafiato.

Davanti ai miei occhi si estendeva la campagna che avevo già notato in auto e più lontana spiccava la città, luminosa e magnifica sulla tela nera della notte, persino la luna pareva cupa al suo confronto.

 Guardai Umberto – È bellissima -.

 Non ricambiò il mio sguardo, anch’egli troppo preso dallo spettacolo, ma annuì.

- Ti lascio qualche altro secondo per ammirarla, poi però dobbiamo salire o riuscirai a vederla solo da lontano -.

Trovare parcheggio nella città bianca si rivelò un’impresa più che faticosa, ma finalmente dopo un’ora buona riuscimmo a sistemare la macchina e raggiungere il punto d’incontro a piedi.

Li ci aspettavano gli amici ostunesi di Umberto.

Tre ragazzi e due ragazze ci aspettavano seduti sui gradini della piazza, la ragazza bionda e il ragazzo castano chiaro erano fratelli gemelli: Alessio e Andrea Urdino.

Non erano molto simili, se Obi non mi avesse svelato la loro parentela non l’avrei indovinata.

Lui aveva gli occhi castani, chiari quasi quanto i capelli, lei verdi.

Lui era, se non abbronzato, per lo meno colorito, lei aveva la pelle candida.

Lui aveva uno stile classico: pantalone nero a sigaretta, camicia, cappotto e scarpe nere lucide. Lei leggins blu, Vans e felpone grigio.

Seduta con la testa sulle ginocchia di Andrea c’era Lisa, capelli corti castano scuro, occhi marroni, minuta.

Dietro di loro, in piedi, un ragazzo alto almeno un metro e ottanta, che Umberto mi disse si chiamava Fedele, ed infine accanto ad Alessio vi era un ragazzo con i capelli blu di nome Riccardo.

Umberto mi presentò ai suoi amici che risposero con un coro di ciao e piacere.

- Sai Umbè, oggi non siete gli unici baresi in città -.

- Chi altro c’è? -. Domandò Obi.

A rispondere fu Alessio - Un amico di Andrea -.

- Magari vi conoscete, ha la vostra età -. Ipotizzò Lisa abbracciandosi le gambe.

- Come si chiama? -.

- Raffaele -.

Umberto mi guardò scherzoso – Ti immagini è il tizio che ti fa ripetizioni? -.

- Nemmeno il destino è tanto crudele -. Dissi ridendo io.

- Non ne sarei tanto certo -.  

Mi voltai verso la voce, ma quali crimini avevo commesso nella vita passata per ritrovarmi sempre davanti la gente che non avevo voglia di incontrare?

 

   
 
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