Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
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Autore: ChiaraBJ    03/11/2016    3 recensioni
Il padre di Ben bussa alla porta di casa di Semir, è preoccupato perché non riesce a contattare il figlio. Entrambi si recano nell’appartamento del giovane poliziotto e lì fanno una agghiacciante scoperta . Ben è scomparso. Rapimento? E se fosse così, per mano di chi? In questa nuova FF Semir dovrà ancora una volta tentare di salvare la vita al suo socio, in una lotta contro il tempo e non solo.
Questa storia fa parte della serie ‘Legami speciali ed indissolubili’.
Consigliata, ma non indispensabile la lettura delle storie precedenti.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ben Jager, Nuovo personaggio, Semir Gerkan, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Legami speciali ed indissolubili'
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L’abito non fa il monaco

Mentre Ben chiedeva disperatamente aiuto all’agente del penitenziario Horst Raisser, Semir stava mettendo al corrente l’intero comando della scomparsa del suo socio e delle tracce di DNA trovate a casa sua.
“Susanne” intervenne il commissario Kruger “Cosa può dirci dei due fratelli rimasti ancora in vita?”
“Dunque i fratelli sono due” delucidò l’efficiente e sempre precisa segretaria “Karla dopo l’arresto dei fratelli si è trasferita a Berlino. E’ sposata, senza figli fa l’insegnante in una scuola elementare. Non è mai andata a trovare i fratelli, quando erano in carcere, né ha mai voluto contattarli, direi che ha preso decisamente  le distanze da loro”
“Dubito che possa organizzare un rapimento…” ragionò Dieter.
“Una donna che cerca vendetta è capace di tutto” rimbeccò Jenny.
“Questo è vero, ma sembra che non volesse più aver a che fare coi fratelli criminali, direi comunque di farla rintracciare, tanto per toglierla dalla lista dei sospettati” propose Semir.
“Sì” convenne Kim “Bonrath si informi subito, chieda la collaborazione della polizia locale” poi rivolgendosi di nuovo alla segretaria “Susanne per favore prosegua, cosa sappiamo del quarto fratello?”
“Il quarto fratello si chiama Horst ed è in forza alla polizia penitenziaria, attualmente lavora nel carcere di massima sicurezza qui a Colonia” rispose con la solita professionalità la segretaria.
“Caspita, un poliziotto che ha per fratelli due criminali, credo che non ne sapevamo niente anche lui avrà fatto di tutto per prendere le distanze da loro” replicò Jenny.
“Potrei andare a casa sua e interrogarlo, così tanto per farci due chiacchiere e comunque non dimentichiamo che le tracce di DNA trovate a casa di Ben sono riconducibili a lui…” ma Semir fu interrotto subito dal commissario.
“Gerkhan, le tracce di DNA potrebbero appartenere a qualcun altro…magari qualche figlio o parente sconosciuto” ipotizzò Kim.
“Se fossi sicuro che servisse a trovare Ben interrogherei ogni singolo abitante di questa città…purtroppo abbiamo solo questa pista. Andrò a fare quattro chiacchiere con questo terzo fratello” quindi rivolgendosi a Susanne le chiese l’indirizzo di Horst Raisser.
“Ci metterai un po’ ad arrivare, Horst e la famiglia abitano a Düsseldorf” lo informò la segretaria.
“Allora è meglio se telefoniamo…magari è di turno al carcere di Colonia sarebbe tempo guadagnato” consigliò Semir.
“Gerkhan” lo chiamò Kim prima che uscisse dal distretto “Porti con lei Bonrath o Jenny” poi vedendo l’espressione contrariata di Semir “La prego, una mano in queste situazioni è sempre utile…”
“Capo, Ben e solo Ben è il mio partner” replicò laconico, di fatto interrompendola.
“Lo so, ma…” la donna ora era preoccupata anche per ciò che poteva fare l’altro ispettore.
Quando uno dei due era in pericolo, le regole non esistevano proprio e i colpi di testa erano sempre in agguato e la lucidità poteva venir meno.
“Gerkhan…” provò a farlo ragionare il commissario.
“Senta capo, capisco la sua preoccupazione, davvero, ma le ripeto che Ben Jager è il mio partner e fino a prova contraria lo è ancora…devo solo trovarlo” e detto questo prima che il commissario potesse ribattere qualcosa uscì di corsa dal distretto.

Intanto Ben stava percorrendo un lungo corridoio camminando davanti all’agente che lo aveva preso in custodia.
“Ecco entra qua, fra un po’ ti mando l’infermiera” lo informò Horst Raisser indicandogli una porta semiaperta.
“Ma questa non è l’infermeria…”  constatò Ben restando titubante sulla soglia di un grande stanzone.
“Esatto” rispose l’agente, dandogli una forte spinta che lo fece cadere sul pavimento della stanza.
Ben si alzò a fatica, avrebbe voluto uscire, ma la porta si chiuse nel medesimo istante in cui toccò terra.
Subito dopo il classico rumore delle mandate all’interno della toppa.
“Ehi…apri!!!…ehi…” picchiò Ben alla porta una volta rialzatosi.
“E’ inutile che gridi, tanto non ti sentirà nessuno e nessuno verrà ad aprirti, ho io le chiavi” e dietro a Ben comparve un uomo con lo sguardo decisamente minaccioso che brandiva un coltello a serramanico, che fece scattare non appena il ragazzo si voltò verso di lui.
“E’ bello rivederti…” disse l’uomo avvicinandosi pericolosamente.
“Chi sei? E tu…tu sai chi sono io?” chiese stupito Ben.
Era incredibile, in quel posto tutti sapevano chi era, tranne lui.
“Sono Hektor Preuss e so benissimo chi sei tu, ma a quanto vedo Raisser non mentiva, non ti ricordi proprio niente” sogghignò beffardo “Sai in fondo mi dispiace, avrei voluto che sapessi che alla fine ti avrei ammazzato…” e come una furia si avventò su Ben.
Ancora una volta Ben cercò di salvarsi la vita, vicino a lui non c’era niente con cui cercare di difendersi, solo la forza della disperazione,  e l’uomo che aveva davanti era alto e robusto quanto lui, però decisamente più in forze.
Ben riuscì a schivare alcuni colpi, poi due andarono a segno ferendolo di striscio al petto e ad un braccio.
Il ragazzo ebbe la sensazione di essere stato accoltellato direttamente al cuore, dolori atroci si irradiarono su tutto il suo corpo.
Preuss quindi ne approfittò per assestargli un paio di pugni allo stomaco e alle costole sempre più dolenti.
Stremato Ben cadde in ginocchio senza fiato, voleva svenire, almeno i dolori sarebbero cessati, pregando di morire il più velocemente possibile.
Preuss lo prese per i capelli e con violenza gli tirò indietro la testa “Ti taglierò la gola sbirro…” gli urlò beffardo.

Ben pensò che ormai era finita, la sua vita sarebbe cessata da lì a pochi minuti.
Triste pensò che magari fuori da quella prigione da qualche parte c’era qualcuno che lo stava aspettando e, perché no, cercando.
Chiuse gli occhi aspettando che quel maledetto individuo, che sapeva il suo nome, ponesse fine alla sua giovane vita.
Ma qualcosa nella sua testa lo fece sorprendentemente reagire, nella sua mente riecheggiò l’allegra risata di una ragazzina.
“Vai all’inferno!” sibilò Preuss alzando il braccio per sferrare il colpo finale.
“Dovrai sudare ancora lurido bastardo” replicò Ben riuscendo a fermare con entrambe le mani quella armata di Preuss e con le ultime forze che gli restavano si alzò in piedi, deviò il colpo, facendo cambiare la traiettoria al braccio dell’avversario.
Preuss sbarrò gli occhi, per un secondo guardarono Ben, poi si poggiarono sul suo busto, pochi attimi dopo cadde a terra senza vita con il coltello conficcato in mezzo petto.

Il giovane poliziotto, esausto fece qualche passo indietro, finché non si ritrovò con la schiena poggiata contro il muro. Lentamente scivolò fino a sedersi a terra; non ne poteva più respirava a fatica, era stanco e senza un briciolo di forze, ferito, aveva male ovunque. Di una cosa però era certo.
“Non resterò un minuto di più qui, anche se sono un criminale, non sono stato condannato a morte e qui non morirò…”
E Ben cominciò a pensare guardandosi attorno.
Non poteva chiedere aiuto ad altri poliziotti; visti i precedenti chissà quanti altri di loro lo volevano morto.
Per non parlare dei detenuti, forse  quello che aveva appena ucciso non era l’unico che lo volesse eliminare.
“Cosa darei per sapere chi sono...questo maledetto bastardo lo sapeva, maledizione” imprecò alzando gli occhi verso il soffitto della stanza.
Fu in quel momento che il suo sguardo fu attratto dal sistema antincendio, pochi secondi dopo ebbe una folgorazione.
“Ecco la mia evasione, sarà in grande stile…se non posso uscire e chiamare aiuto…l’aiuto arriverà dall’esterno. Devo solo pregare di avere fortuna”
Lentamente e con non poca fatica si issò in piedi, per prima cosa però doveva tamponare le ferite al petto e al braccio infertegli da Preuss.
L’agente Raisser lo aveva rinchiuso dentro ad uno stanzone dove vi era custodito tutto il necessario per le pulizie dell’intero edificio.
Sulle scansie che Ben si mise a rovistare trovò di tutto, stracci, con i quali alla meno peggio si fasciò le ferite, detersivi di ogni genere, spugne, secchi e nascosto dietro ad uno di essi un pacchetto aperto di sigarette.
“Grande, ma non mi sembra di aver mai fumato in vita mia…almeno credo” si ritrovò a pensare ad alta voce  “Certo che se qualcuno volesse farlo di nascosto qui in santa pace…con cosa le accende?” e lì gli venne il dubbio che il sistema antincendio fosse disinserito.
“Speriamo solo che sia attivo, altrimenti sono fregato e addio sogni di fuga” malgrado la situazione fosse decisamente drammatica il ragazzo aveva la forza di fare battute anche stupide con il solo scopo di infondersi coraggio.
Cominciò a rovistare in ogni angolo della stanza e finalmente trovò una scatoletta di fiammiferi.
Col cuore in gola l’aprì, all’interno solo tre.
Con mano quasi tremante fregò il primo cerino avvicinandosi il più possibile ad un secchio al cui interno aveva messo un mix di stracci e liquido altamente infiammabile.
Il fiammifero fece una piccola scintilla per poi smorzarsi subito.
“Maledizione!” imprecò il giovane.
Gli restavano solo due tentativi.
Fortunatamente gliene bastò uno; gli stracci presero subito fuoco.
Soddisfatto del suo lavoro avvicinò il secchio al sensore dell’antincendio, da esso si stava alzando un bel po’ di fumo.
Pochi secondi dopo per il carcere risuonò l’allarme antincendio.
Ben depose quindi il secchio, prese le chiavi dal cadavere di Preuss, aprendo la porta e dopo essersi assicurato che per il corridoio non ci fosse nessuno prima di uscire dallo stanzone alimentò il piccolo incendio con altri stracci, altro liquido infiammabile e delle bombolette spray, sicuro che da lì a poco ci sarebbe stata una discreta esplosione.
Poi velocemente per quanto gli fosse possibile farlo visto come era stato picchiato e ferito si allontanò percorrendo la strada che aveva fatto con l’agente Raisser.
Si ritrovò  di nuovo tra la folla dei detenuti, che spintonati dagli agenti si stavano tutti radunando nel cortile interno.
Fortunatamente complice la confusione che si stava creando nessuno fece caso a lui.
Ma il suo scopo non era raggiungere il punto di raccolta.
Ben cercava una via d’uscita alternativa, un’uscita che lo conducesse all’esterno del carcere. La sua intenzione era quella di evadere e cascasse il mondo ci sarebbe riuscito.

Poi una violentissima esplosione risuonò per tutto l’edificio, creando il panico generale tra i detenuti e le guardie.
Un carcerato si diresse subito verso un agente che stava di guardia all’ingresso del cortile.
“Ehi” lo bloccò l’agente “Dove credi di andare” e alzando il manganello lo minacciò “Ti do un secondo per tornare in cortile…altrimenti”
“Altrimenti cosa?” rispose il detenuto che non avendo nulla da perdere si scagliò contro l’agente.
Il poliziotto cercò di reagire , ma fu messo subito al tappeto.
Altri agenti assistendo alla scena cercarono di accorrere in suo aiuto, ma i detenuti erano troppi e i secondini troppo pochi.
“Prendiamo possesso del carcere” urlò un detenuto “Facciamo vedere chi comanda qui, spacchiamo tutto” e come un fiume in piena tutti i detenuti si riversarono di nuovo all’interno dell’edificio.
Le poche guardie scampate alla furia dei detenuti si rifugiarono dentro ad un locale protetto, da lì chiesero il tempestivo intervento delle squadre di soccorso, dei vigili del fuoco e delle squadra speciale del nucleo antisommossa. 

Intanto Ben, tra la confusione generale che si era creata cercò di raggiungere in qualche maniera l’uscita principale del carcere. Appena i mezzi dei vigili del fuoco si fossero presentati alla porta avrebbe tentato la fuga.
Il ragazzo stava percorrendo un piccolo corridoio quando passando davanti alla porta aperta dell’infermeria sentì una persona gridare.
“No...no…lasciami…” urlava terrorizzata una voce femminile.
Ben avrebbe voluto proseguire, fregarsene delle invocazioni d’aiuto, ma qualcosa dentro di lui gli diceva che non poteva passare oltre senza aiutare chi ne aveva bisogno, nell’animo si sentiva diverso da tutti coloro che indossavano la sua stessa divisa da carcerato.
Entrò piano nella stanza, davanti a lui di spalle un detenuto puntava una forbice al collo di una giovane donna.
Dal camice ne dedusse che era l’infermiera di cui l’agente Raisser gli aveva parlato.
“Aprì  quel mobiletto” ordinò l’uomo sbattendola violentemente contro un armadio.
“Ci sono solo medicinali…” il tono dell’infermiera era a dir poco terrorizzato.
“Apri ti ho detto” le intimò ancora l’uomo, sbattendola ancora contro l’armadio,  non accorgendosi di Ben che avvicinandosi a lui, gli fracassò sulla schiena una sedia di legno tramortendolo.
Purtroppo lo sforzo nel compiere quel gesto gli provocò dei dolori allucinanti al torace e Ben cadde carponi.

La ragazza corse subito verso un cassetto della scrivania ed estrasse uno di quei congegni elettrici atti per stordire le persone.
Si stava per avvicinare a Ben per metterlo definitivamente al tappeto quando i loro occhi si incontrarono.
“La prego, non voglio farle del male, la scongiuro mi deve credere…” le disse con un filo di voce alzando il braccio sanguinante come in segno di resa.
Per un attimo l’infermiera restò come imbambolata davanti al ragazzo, con il teaser in mano sospeso a mezz’aria, poi gli passò accanto e dirigendosi verso la porta  la chiuse a chiave “Almeno per un po’ saremo al sicuro, spero”
“Le giuro che non voglio farle del male” disse di nuovo Ben, aveva paura che la ragazza volesse stordirlo e metterlo definitivamente fuori combattimento.
“Lo penso anche io, altrimenti non mi avrebbe salvata…”
L’infermiera si avvicinò poi al giovane e lo aiutò ad alzarsi, ma nella mano teneva sempre il teaser.
“Certo che è conciato davvero male, dovrebbe andare…”
Ma fu interrotta da Ben “Sì dovrei andare in infermeria, ma come vede ci sono già…e sarebbe  meglio se legassimo quello prima che si svegli” poi traendo un profondo respiro che gli provocò ulteriori dolori le chiese quasi ansimando.
“Senta per caso ha un computer qui dentro?”
“Certo perché?” l’infermiera divenne sospettosa dopo aver sentito la strana richiesta di Ben.
“Deve dirmi chi sono!”
“Scusi?” la donna aggrottò la fronte.
“Sì ha capito bene…non mi ricordo chi sono, da dove vengo, perché sono qui, niente di niente”

L’infermiera lo accontentò avvicinandosi al computer  presente nell’infermeria.  
Purtroppo Ben addosso non aveva niente che potesse essere utile per risalire alla sua identità, nessun bracciale, nessun numero stampato sulla divisa da carcerato, niente.
“Si ricorda in che cella era…il numero, qualcosa che mi possa servire per…identificarla?” chiese la donna.
“No…l’unica cosa che so è che questa mattina mi sono svegliato e mi sono ritrovato qui…”
La ragazza lo guardò ancora più perplessa e il giovane se ne accorse.
“Senta, lo so che le può sembrare assurdo lo è anche per me mi creda, ma la prego mi aiuti…mi aiuti a capire chi sono…perché sono qui…” supplicò Ben.
“Provo a guardare gli ultimi arrivi”
L’infermiera  si mise a picchiettare velocemente sulla tastiera, Ben se ne restò in piedi davanti a lei però a debita distanza. La ragazza avrebbe potuto spaventarsi e in mano teneva sempre il teaser. Il ragazzo si mise ad osservarla, la vista di quelle mani che letteralmente volavano sui tasti gli sembrava una cosa quasi familiare, chissà dove l’aveva visto fare  e chissà se mai se lo sarebbe ricordato.
“Ecco negli ultimi due giorni è registrato solo un arrivo…Felix Winterberg, 37 anni, potrebbe essere lei” ma poi la donna si rabbuiò e brandì di nuovo il teaser.
“Che altro c’è?” chiese Ben preoccupato alzando di nuovo le mani in segno di resa, l’ultima cosa che voleva in quel momento era finire steso a terra senza sensi.
“Qui c’è scritto che è qui perché ha ucciso un uomo….un collega poliziotto…”

Ben si sentì cadere il mondo addosso.
“Mi dispiace…” disse la ragazza, in fondo quel ragazzo le sembrava diverso, i suoi occhi erano diversi, erano buoni e di fatto le aveva salvato la vita.
“Mi dica che è un incubo…sto vivendo un bruttissimo sogno” farfugliò Ben, sentendo che le gambe da lì a poco non sarebbero più riuscite a sorreggerlo.
“Purtroppo no…” l’infermiera era costernata, quel ragazzo in fondo le faceva pena nel vederlo soffrire così.
“Certo che è strano…” disse con gli occhi lucidi Ben sedendosi su una brandina posta dietro di lui “Un poliziotto mi ha letteralmente buttato tra le braccia di un detenuto che voleva ammazzarmi, questo detenuto mi ha chiamato con un nome che mi sembra diverso da quello che dice il computer…mi ha dato dello sbirro, ma questo non fa che confermare ciò che ha appena letto…gli ex poliziotti in carcere hanno vita dura. Parte dei detenuti qui presenti potrei averli messi in galera io”
“Come l’hanno chiamata?” chiese l’infermiera.
“Jader…Lager…non ricordo bene le stavo prendendo, non ci ho fatto molto caso” cercò di sdrammatizzare il ragazzo vedendo che la ragazza si era ulteriormente preoccupata per lui “E poi ho questa emicrania che mi sta facendo letteralmente scoppiare la testa …mi sembra di non sentirci bene, mi fischiano le orecchie…”
“Comunque è meglio se c’è ne andiamo, qui non siamo al sicuro” propose la ragazza.
“Concordo pienamente, comunque che lei mi lasci o no, cercherò di evadere, qui tutti mi vogliono morto e per quel che mi ricordo in Germania non esiste la pena di morte” replicò risoluto Ben alzandosi faticosamente in piedi.
“L’aiuterò ad evadere” rispose seria la ragazza.
“Non se ne parla proprio, così si metterà nei guai, sarà complice di un assassino in fuga…se ne rende conto?”
“Sarà, ma io non ho mai visto assassini con quegli occhi e mi creda di gente cattiva stando qui dentro ne ho vista parecchia”
“Ci rifletta” le consigliò Ben.
“Il fatto che non sappia chi è lei…” tentò di ribattere la ragazza.
“Potrei averle mentito…”
“Non credo, mia nonna diceva sempre che gli occhi sono lo specchio dell’anima. E comunque nemmeno io sono al sicuro qui dentro quindi basta chiacchiere. E’ ora di agire” confermò risoluta e con questo zittì il giovane.

Angolino musicale: Ben ha trovato un’alleata…forse…e se pensate che questo capitolo sia stato ‘perfido’…aspettate il prossimo!!!
The Script ‘The End Where I Begin’ (la fine dove inizio)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=O7aNnatPpsI
A volte le lacrime dicono tutto ciò che c'è da dire a volte le tue prime cicatrici non saneranno mai hai provato a spezzarmi il cuore beh, si è spezzato hai provato ad appendermi in alto beh sono strozzato volevi la pioggia su di me beh sono bagnato fradicio inzuppato nella pelle è la fine dove inizio a volte non impariamo dai nostri errori a volte non abbiamo scelta se non quella di andarcene…quel che non uccide un cuore può solo renderti più forte…



 

 
  
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