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Autore: Alice_Leonetta    04/11/2016    2 recensioni
"Erano tornati ad essere due sconosciuti.
Lei non gli raccontava più cos’aveva fatto durante la giornata e lui aveva smesso di chiederglielo. Forse a nessuno dei due importava.
Eppure, quando si incontravano da qualche parte, si fissavano per pochi secondi prima di continuare la propria strada.
Ecco, era proprio da quei piccoli, ma grandi gesti che si capiva quanto si erano amati e forse non del tutto dimenticati."
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1.
 
 
Era inverno.
 Un inverno freddo, molto più del precedente, e di quello prima ancora.
 Era un inverno rigido, cupo, buio.
Era novembre, il freddo che avanzava e la neve che cominciava a cadere.
D’inverno è così: tornano le maglie lunghe, i felponi, la pioggia cade sempre più spesso facendoci addormentare con quel suono dolce e delicato. I lampioni cominciano ad accendersi prima perché alle cinque del pomeriggio è già buio, ed i fari delle auto danno quel tocco in più, magico e malinconico alla città. I colori diventano scuri, ed il buio riesce a goderselo anche chi, stanco morto, crolla presto la sera.
 Le ragazze come lei, con le mani sempre fredde, sono le più facile da accontentare: basta prenderle per mano ed abbracciarle
 E lei era così.
Aveva l’abitudine di fidarsi sin da subito delle persone. Partiva dal presupposto che se fai del bene, allora ricevi bene.
Ma si sbagliava.
 Il suo lato buono, disponibile e gentile fu la sua condanna. Le stesse persone a cui l’aveva dimostrato furono la sua condanna.
Violetta Castillo, 17 anni.
 
 
 
 Era convinta che lui sapesse amare, provare dei sentimenti veri, seri per qualcuno… forse per lei; ma era ovvio che tutto ciò che pensava non era giusto perché, come tutti sapevano, Violetta Castillo era la ragazza con la testa fra le nuvole.
 
 
“Non ti sto lasciando, Violetta; ho detto solo che ho bisogno di un periodo di pausa, ho troppi pensieri per la testa, e le distrazioni non mi fanno bene”.
“Ah,è questo che sono io per te… una distrazione!”.
Leon Vargas si passò una mano dietro al collo “No, ti sbagli non ho detto questo… io, non so come…”, non riusciva a trovare le parole, ma non serviva,Violetta aveva già capito tutto.
“D’accordo, finiamola qui.  Tanto se non c’avessi pensato tu l’avrebbe fatto la tua amichetta” ribatté la ragazza. In fondo al corridoio s’intravide una figura femminile alta e snella, capelli neri come la pece e due occhi come ghiaccio.
“Ecco, appunto”. Voltò le spalle al ragazzo, mentre Sofia Marquez lo raggiungeva.
 
 
 La campanella della ricreazione era oramai suonata da qualche minuto. Violetta era in coda alle macchinette con il suo migliore amico, Federico Rossi, un ragazzo italiano.
 “Come ti è andato il compito di arte?” le domandò il ragazzo.
“Sette e mezzo. Tu?”.
“Tre” rispose affranto.
Violetta sgranò gli occhi e si voltò verso di lui mentre inseriva i soldi “Federico! E’ la seconda insufficienza che prendi ad arte!”.
L’italiano alzò le mani e disse: “Lo so, ne sono consapevole. Giuro che adesso inizio a studiare seriamente!”.
Violetta rise; ma non era quel genere di risata che si fa quando si è in compagnia di qualcuno a te caro, qualcuno con cui passi volentieri il tuo tempo libero. Quelle risate oramai non facevano più parte della sua vita.
 Prese il pacchetto di patatine che aveva comprato e percorse la strada verso la sua classe, il ragazzo al suo fianco.
Violetta non ne era sicura, ma le parve che un paio di occhi verdi l’avevano guardata da lontano, per poi cambiare strada.
Lo so che ti manco, si vede dal modo in cui mi ignori.
“Era lui,vero?”.
Federico sospirò e le circondò la vita con un braccio, attirandola poi a sé.
Non serviva che rispondesse.
 
 
 “Chi mi ripete la prima declinazione?”.
L’ora di latino era la più odiata da Violetta; non ci capiva nulla, e sperava che passasse il più in fretta possibile, ma non era mai così.
 La mano di Natalia Perez scattò in alto e il professore gli diede parola. Aveva appena iniziato a recitare la declinazione che si sentì un bussare alla porta.
“Avanti!”.
Le unghie di Violetta si conficcarono nella coscia della sua compagna di banco, nonché sua migliore amica, Ludmilla Ferro.
Federico Rossi si voltò di scatto verso Violetta, guardandola con un’espressione di compassione; sapeva quanto fosse difficile per la sua amica, quanto tenesse ancora a quel ragazzo, e quanto la stava facendo soffrire.
“Vargas…”
“Buongiorno, professore. La professoressa Blanco mi ha chiesto di informare la classe che domani sarà assente”.
L' intera aula scoppiò in un urlo, tranne Violetta e Ludmilla.
Leon Vargas cedette per un secondo, e lasciò che il suo sguardo cercasse quella figura femminile che tanto aveva amato.
 Erano tornati ad essere due sconosciuti.
Lei non gli raccontava più cos’aveva fatto durante la giornata e lui aveva smesso di chiederglielo. Forse a nessuno dei due importava.
Eppure, quando si incontravano da qualche parte, si fissavano per pochi secondi prima di continuare la propria strada.
Ecco, era proprio da quei piccoli, ma grandi gesti che si capiva quanto si erano amati e forse non del tutto dimenticati.
  
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