Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: lawlietismine    05/11/2016    5 recensioni
Draco!Centric - 2119 parole - Storia partecipante al contest "Il mix Perfetto" indetto sul gruppo facebook "Il Giardino di Efp".
Niente uccide più della propria mente e Draco, dopo una vita di sole scelte sbagliate –forse tutte tranne una–, si ritrova da solo a combattere contro i suoi demoni. Un ragazzo distrutto, ma apparentemente integro.
In fondo, però, sono le persone all'apparenza più forti a essere le più fragili.
Dal testo:
“Draco sarà sicuramente fonte di orgoglio” e vorresti tapparti le orecchie per non ascoltare “non ci deluderà”.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Questi personaggi purtroppo non mi appartengono e questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Note: Ehilà! Ce l'ho fatta a finire questa piccola storia! Non ci speravo più, visto che sono mesi che sono in completo blocco. :( 
Devo ammettere che è la prima volta che scrivo una cosa del genere, la seconda persona non era mai rientrata nel mio stile e la mancanza di dialoghi idem ^^" ma c'è sempre una prima volta!
Comunque, Draco è il mio personaggio preferito della saga e niente, dovevo per forza scrivere di lui in questo modo. 
Spero vi piaccia e fatemi sapere cosa ne pensate, se ne avete voglia!
Alla prossima, 
Lawlietismine

p.s: la gif l'ho fatta io ^^" o almeno c'ho provato. Faccio pena in queste cose.
 

Storia partecipante al contest "Il mix Perfetto" indetto sul gruppo facebook "Il Giardino di Efp".
Titolo: Shame. 
Tema: Canon Era.
Fandom: Harry Potter.
Prompt:
    1. "A volte si fa la cosa sbagliata per il motivo giusto"
    2. "Tu mi rendi felice"
    3. Promessa
    4. Temporale
    5. Scommessa
    6. Carezza
    7. Segreto
    8. Abbraccio
    9. Casa

 

                      



 

 

Dai una lunga occhiata allo specchio di fronte a te, a un riflesso che non riconosci più da troppo tempo. È una figura estranea che ti provoca la nausea, che vorresti solo far sparire perché ti fissa divertita e maligna, perché ti giudica in silenzio, anche se potresti giurare di sentire costantemente la sua risata derisoria fare eco in quel temporale che ti domina la testa.


E insieme senti i resti logori della rabbia, il fastidio di un ricordo, forse vecchio anni o forse risalente solo al giorno prima, un giorno che comunque all’inizio ha acceso la miccia, fatto esplodere l’incendio. Ora alimenta e stuzzica il tuo turbamento soltanto.


È tutto basato su un “no, non ce la posso fare” balbettato nell’imbarazzo cronico da qualcuno a caso per strada –o forse era a lezione? Magari in un negozio a Hogsmeade? Quando ancora ci andavi, poi, in tutti questi posti. Un ingenuo e superficiale “oddio, no, mi vergogno troppo” che hai sentito, che ti ha mandato e ti manda in bestia, che ti fa prudere fastidiosamente la mani e quasi ringhiare fra i denti stretti, da quanto – a quel qualcuno – avresti voluto e ancora vorresti saltargli alla gola.


Vergogna? No, non può neanche sapere cosa voglia dire. Cosa sia realmente quella sensazione corrosiva come l’acido, quel macigno in pieno petto che mai ti abbandona davvero, che ti segue e perseguita con costanza, perché ormai è la tua stessa ombra, ormai sei tu.


No, non può neanche immaginarlo. Solo tu puoi, tu che oramai ti sei scavato la fossa, che hai preso tutte le decisioni errate, costruendo intorno a te un castello di falsità e orrore che a questo punto non puoi abbattere: ti è costato troppo tirarlo su.


Ma è un castello di sabbia, non sai quanto ancora reggerà: una sola tormenta, un mare in tempesta, una bambino che gioca, una folata di vento, un sorriso.

Chissà cosa sarà a distruggerlo.


Li guardi, li guardi negli occhi, senza neanche sapere dove trovi il coraggio di farlo ancora, li guardi e menti, continui a mentire a loro quanto a te stesso, perché ormai è il tuo lavoro, ormai non sai fare altro.


Ti viene spontaneo chiederti nel buio della notte, sdraiato a fissare il soffitto senza neanche poterlo vedere, irrimediabilmente logorato dall'insonnia, cosa sei diventato, come fai a uscire dalle coperte la mattina, a proseguire con questa farsa, con quella maschera che ti eri messo un tempo per gioco, ingenuamente fiero, ma che ora si è fusa con la carne, artigliandosi alle ossa così da non poter essere più tolta.


Ma non puoi farne a meno, è diventata più forte di te quella maschera. Ti tiene unito al mondo in cui vivi, ti aiuta a sopravvivere e allo stesso tempo ti soffoca, così da ucciderti lentamente con una stretta sempre più ferrea, una stretta che ti fa mozzare il fiato.


Ti chiedi perché non riesci a sfilarla, qualche volta ti sei anche quasi convinto (illuso) a provarci mettendoci più impegno del solito, poi però “non dirmi che ti tiri indietro, che sei troppo codardo!” ti dicono, e tutto allora crolla di nuovo. Tutto ruota e torna a soffocarti ancora, ancora e ancora, perché sì, tu desideri con tutto te stesso tirarti indietro, sperare di essere ancora in tempo per farlo, ma non puoi dirlo.

 

Draco sarà sicuramente fonte di orgoglio” e vorresti tapparti le orecchie per non ascoltare “non ci deluderà”.


Cosa succederebbe, se lo negassi? Cosa faresti se, sentendo la tua risposta, se ne andassero? Come faresti a ripartire da capo? Cosa penserebbero di te? Perché rischiare? Potrebbero perfino ucciderti, anche se a questo punto non sai più distinguere se sia un bene o un male. Tua madre, però, non merita di morire.


E allora lo fai. Una piccola bugia, no, una piccola bugia non potrà far male, ti dici. Te lo dici perché è a loro che non lo farà, a te invece sì. Ma questo, come tante altre cose ormai, non importa.

Però è come mangiare un pezzetto di cioccolata giurando di limitarsi a un assaggio, prima di prenderne ancora e poi ancora, perché un pezzo tira l’altro, fino a quando – senza neanche rendertene conto – l’hai finita.


E allora segue la vergogna, sì, la vergogna che invece è come un brutto morbo, uno di quelli spietati, che ti trovano ovunque e ti colpiscono senza tregua, manifestandosi pian piano, distruggendoti con calma dall’interno con un programma calcolato e infallibile, quasi peggio di un coltello che con crudeltà ma immediatezza ti squarcia il petto.


Parte per caso, così, e poi tutto ti sfugge di mano: ormai sei diventato una persona immaginaria, non sei neanche reale, non hai niente di vero e sei l’unico a saperlo, anche se a volte ne dubiti anche tu da quanto sei diventato bravo a mentire. I tuoi fardelli, le tue pene, ogni sfumatura insignificante del tuo terrore è celata agli occhi altrui mentre nel frattempo ti divora con maliziosa lentezza.


Quasi ti viene da vomitare davanti allo specchio del bagno di quella che ora non sembra più nemmeno casa tua. Vorresti colpire quel riflesso, fargli morire il ghigno che la tua mente corrotta ti porta a vedere, come un diavolo sulla spalla, un diavolo che deve aver abbattuto l’angelo che stava poggiato sull’altra, perché tu non l’hai mai visto; vorresti scappare, ripartire da zero, ma non ne hai il coraggio, sei tu stesso fumo al vento mentre la vergogna e il tormento ti consumano spregevoli.


Ed è tutta colpa tua. È colpa tua perché qualcuno che aveva imparato a conoscerti e amarti sul serio per ciò che sei, c’era, ma tu l’hai voluto cacciare, hai voluto privarti anche di quell’unica cosa buona che ti era capitata in quella misera scommessa contro il tempo che è la tua vita.


Ti è bastato un “ma hai visto la mezzosangue come ti guarda? Ridicola” detto dalle persone il cui giudizio ti pesa scioccamente sulle spalle più di tutto il resto, probabilmente sbagliando, per fremere di terrore e andare nel panico; un “ma tu sai cosa vuole?” rivolto in seguito a te, così divertito e sconcertato solo all’idea, che ti ha completamente gelato il sangue nelle vene, perché sì, tu lo sapevi molto bene. In quegli occhi castani era nascosta una promessa, insieme a una segreta rassicurazione che attraverso le iridi voleva sostituire una carezza dolce.

 

Ma hai negato, forse con fin troppa enfasi, e poi hai riso, forse un po’ istericamente, esibendoti in qualche inutile offesa aspra e pungente delle tue, mentre cercavi di spostare lo sguardo e fingere di non vedere il suo, colpito e ferito, perché aveva sentito tutto e tu lo sapevi dall’inizio, ma lo hai fatto lo stesso invece di ignorare quei discorsi.


E avresti voluto prenderti in giro, dirti che a volte si fa la cosa sbagliata per il motivo giusto, perché l'ultima cosa che serve alla Granger è essere ricollegata a te, essere uccisa a causa tua, e allora hai allontanato ogni dubbio dalla mente di quelli che ti stavano intorno per proteggerla. Ma è una scusa, lo sapevi e ancora lo sai, perché non è l'unica ragione.

Quella promessa che le avevi fatto tempo prima, allora, mentre eravate immersi fra le pesanti coperte in quella Stanza delle Necessità che una parte di te ha imparato a odiare, è stata portata via dal vento. Una promessa silenziosa, nascosta in un lieve “tu mi rendi felice” che hai mormorato sincero, forse per la prima e unica volta, mentre lei stava per cedere al sonno dopo una notte d'amore. Una confessione importante, perché, ora come ora, nella tua vita di felice c'è ben poco e lo sapete entrambi.

Per quanto mai espressa esplicitamente, la vostra promessa si è infranta.


Delusione. È la delusione uno dei sintomi della tua vergogna, perché hai deluso te stesso e quella persona, quella manna dal cielo che aveva avuto il coraggio, l’amore necessario e la pazienza adatta per restarti accanto nonostante tutto, ma che tu hai allontanato malamente così facendo.

Perché sei ormai così viscido che, probabilmente, se quelli facessero lo stesso discorso indicando la tua stessa madre, negheresti ancora, pur di mantenere quella stupida maschera inchiodata al tuo volto informe.


E ti guardi, vorresti gridare, vorresti prenderti a pugni e poi gridare ancora con rabbia, frustrazione, pena e dolore, vorresti gridarti in faccia che ti devi vergognare, ma già lo fai. Già lo fai e continui a farlo giorno dopo giorno, in ogni singolo istante, con quel peso atroce nel petto e quella nausea che ti si blocca in gola come una pianta rampicante incastonata nelle viscere, e lo fai soprattutto ora che ti rendi conto di essere giunto a un vicolo cieco, al momento della verità.

È guerra. Ma l'esito, qualunque esso sia, non sarà abbastanza per cambiare ciò che sei diventato.


Poi scappi sul serio, realizzando l’immagine nella tua testa, annaspando nel vuoto come un pesce fuori dall’acqua, mentre entri in scena forse un'ultima volta in quel teatro continuo che è la tua patetica vita. Non hai tempo per l'autocommiserazione, mentre scendi incespicando quelle dannate scale di quel luogo che è stato la tua scuola, la tua casa, ma che ora sarà protagonista di una strage che anche tu hai aiutato a realizzare. Passo dopo passo, sempre più veloce per evitare ai pensieri di rallentarti, raggiungi qualche faccia alleata, complice in questo delitto. Anche se, a voler essere sinceri, non riconosci più quale sia il tuo schieramento.

Forse scivoli per il tremore insistente delle gambe, forse perché c'è già del sangue a macchiarti i vestiti e le mani, e forse ti rialzi anche: non senti quel corpo che non ti appartiene più, è come se stessi sognando, come se fossi al centro di un incubo infinito, perché è tutto intorpidito e assente. Poco ti interessa.


E poi la incontri inevitabilmente nel tuo percorso buio senza meta, quella persona, quel volto che ti era molto più che amico. La incontri, sì, forse per caso, forse perché inconsciamente l’hai cercata come àncora, perché stai letteralmente affondando, ma non sai con che coraggio incroci il suo sguardo, non sai con che coraggio ti sorprendi dell'assenza di giudizio negativo nei suoi occhi, del giudizio che ti aspettavi di trovare e che invece ha visibilmente lasciato posto a quel che pare sollievo e preoccupazione nel rendersi conto delle condizioni in cui sei ridotto –dovrebbe odiarti, tu vorresti che lo facesse. No, non lo sai, eppure lo fai ugualmente perché ne hai bisogno, prima di sentire le lacrime che come un fiume in piena cercano di trovare la via oltre le barriere che ti sei sempre imposto, prima di sentire gli artigli stringere il cuore e le spine avvolgere la gola, prima di non reggere più quello sguardo amorevole che non meriti e ripartire ancora con quella corsa disperata. È il tuo migliore amico, quello che devo consegnare a quel mostro– vorresti urlarle, pur di far trasformare quel suo bene nei tuoi confronti in disgusto.


Hai gli occhi rossi di chi ha sempre voluto piangere, ma non l’ha mai fatto, mentre la superi col desiderio di quello che probabilmente sarebbe il vostro ultimo tocco se solo ti concedessi di sfiorarla: fa male.


La senti, Hermione, mentre ti corre dietro e ti chiama a perdifiato, ma è solo l'ennesimo eco nella testa, che fa da sottofondo alla risata che il senso di vergogna ti riserva nel profondo della tua coscienza.

Poi però lo vedi, quel lampo di cui non distingue il colore, quel bagliore che dal nulla ti acceca gli occhi stanchi; poi però lo senti, quel grido atroce e viscerale alle tue spalle che ti provoca un forte brivido lungo la schiena, quello stridio fuori tempo che infrange l'armonia, il dolore di colei che ami causato ancora una volta proprio da te; e poi, poi percepisci che tutto forse è finalmente finito. Non ti devi più preoccupare di niente, ormai: la vergogna, quel morbo, ha smesso di infettarti, ha compiuto il suo dovere, alla fine ti ha portato a fondo con lei.


Niente uccide più della propria mente e tu muori – non ne sei certo in realtà, ma un po' lo speri – senza neanche la speranza di vivere d'ora in poi realmente nei ricordi e nelle parole altrui, nelle lacrime di qualcuno; e con la consapevolezza – e forse presunzione – della ragazza che a causa tua sta soffrendo poco distante da te mentre ti stringe a sé in quello che forse è un ultimo abbraccio, ti lasci andare, sommerso dalle braccia e dal veleno della vergogna e del senso di colpa sfuocati nell’oblio: ne è valsa la pena?

Non fai in tempo a risponderti prima di perdere conoscenza, ma non ce n’è bisogno: no







 


Note: Eccoci alla fine. Spero vi sia piaciuta! E chiedo venia per il finale aperto, ma mi piace pensare che Draco non sia morto e che tutto sia finito bene, perché se lo merita ç.ç 

 

  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: lawlietismine