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Autore: Alley    05/11/2016    6 recensioni
"Abbiamo parlato, la notte prima che lasciassi il bunker. Era in piedi a leggere il diario di tuo padre."
"Parlato di cosa?"
"Mi ha chiesto quand'è che abbia cominciato a sentirmi a casa, dopo essere arrivato sulla Terra. Lei--"
"E tu? Che le hai detto?"
L'esitazione che precede la risposta gli scava una voragine all'altezza dello stomaco - Dean avverte il colpo prima che arrivi e sa che non sarà in grado di reggerlo. Non dopo quello che ha appena incassato.

[Destiel; established relationship] [post 12x03]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Pillole di bunker '
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"Non sai dove fosse diretta."

"No. Ha detto soltanto che doveva andare."

È come se il fragore della porta che sbatte continuasse a riecheggiare, la mente una cassa di risonanza in cui il suono si propaga all'infinito, dilatandosi a dismisura, distorcendosi in qualcosa di simile ad un rintocco funebre.

È da quando Mary se n'è andata che Dean prova a metterlo a tacere.

"Forse le farà bene stare da sola." Castiel aggrotta la fronte, assume l'espressione pensosa di chi rivanga un ricordo. "Abbiamo parlato, la notte prima che lasciassi il bunker. Era in piedi a leggere il diario di tuo padre."

"Parlato di cosa?"

"Mi ha chiesto quand'è che abbia cominciato a sentirmi a casa, dopo essere arrivato sulla Terra. Lei--"

"E tu? Che le hai detto?"

L'esitazione che precede la risposta gli scava una voragine all'altezza dello stomaco - Dean avverte il colpo prima che arrivi e sa che non sarà in grado di reggerlo. Non dopo quello che ha appena incassato. 

"Che non sono del tutto sicuro che sia accaduto."

L'impatto è addirittura peggiore di quanto avesse previsto.

Fa indietreggiare bruscamente la sedia per alzarsi, i piedi di metallo che stridono strusciando contro il pavimento; si volta e raggiunge il frigorifero, lo apre mentre l'ennesima crepa causata dalle persone che ama gli si allarga sul cuore - una per ogni volta in cui suo padre l'ha lasciato nella stanza di un vecchio motel di periferia, una incisa da Sam con la scelta di partire per Stanford, due corrispondenti agli abbandoni di sua madre.

Ogni volta che la collezione s'arricchisce, si domanda quanti squarci riuscirà a sopportare prima di spaccarsi.

"Fai squadra con Crowley, quindi" dice, il risentimento che cola dalle parole come veleno "Come ai vecchi tempi."

Tira fuori una birra e richiude l'anta con tanta forza che il tintinnio delle bottiglie stipate all'interno aleggia per un lungo istante prima di spegnersi.
"Beh, divertitevi."

Si allontana senza degnare Castiel di uno sguardo.

*

Più tardi, Sam invita Castiel a fermarsi per cena; a Dean non sfugge l'occhiata che questi gli rivolge prima di rifiutare - si convince che la cosa non abbia nulla a che vedere con l'ostinazione con cui ha evitato il suo sguardo quando si è voltato verso di lui per sondare la sua reazione alla proposta.

Quella sera a tenergli compagnia ci sono soltanto il silenzio ed assenze che aleggiano come fantasmi, tangibili seppur prive di consistenza.

Terminata la cena, Dean lascia subito la tavola. Sam lo conosce abbastanza da sapere che, in certe circostanze, è inutile e controproducente porgli domande, ma preferisce comunque scongiurare il rischio di riceverne rintanandosi nella sua stanza; quando la raggiunge, prende posto sul bordo del letto e resta a contemplare la parte del materasso su cui Castiel è solito addormentarsi.

Se glielo chiedessero, non saprebbe indicare il momento in cui dormire insieme è diventata un’abitudine. Si è reso conto che era accaduto la prima volta che Castiel ha passato la notte lontano dal bunker dopo esservisi stabilito in maniera permanente, quando, rigiratosi tra le coperte con a disposizione più spazio di quanto era ormai solito averne, ha provato un fastidioso senso di sbagliato di cui, inizialmente, faticava ad individuare l’origine.

Alla fine, trovarla è stata una realizzazione spaventosa quanto inaspettata.

Il flusso di pensieri è interrotto dal vibrare del cellulare contro la superficie del comodino; il messaggio ricevuto porta la firma di Castiel, e Dean si decide a visualizzarlo soltanto dopo un lungo istante d’esitazione.

Buonanotte.

Ripone il telefonino senza inviare risposta.

*

Mary sembra quasi ricambiare il suo sguardo attraverso la carta sdrucita. Quella che lo stringe è così uguale alla donna che Amara ha riportato in vita, eppure così diversa.

Così maledettamente diversa.

“Tutti ti lasciano, Dean. Lo hai notato? Mamma, papà. Persino Sam.” 1

Le dita di Dean scivolano lungo i contorni dell’immagine e poi si serrano attorno al bordo, la frustrazione ed il dolore tutti riversati nella stretta che si fa sempre più ferrea – la fotografia si piega e s'accartoccia fino a quando sulla superficie non si disegna una sottile ragnatela di crepe.   

“Presto o tardi, tutti mi lasciano.” 2

Allenta la presa, e la foto cade sul pavimento come una foglia secca.

*

Non sono sicuro che riuscirò a reprimere gli istinti omicidi suscitatimi da Crowley ancora per molto.

*

Dean gli lancia il cellulare e Sam, colto alla sprovvista, si sporge giusto in tempo per afferrarlo ed evitare che precipiti sul pavimento.

"È Castiel. Rispondi."

"Perché?"

"Potrebbe trattarsi di Lucifer."

"Intendevo perché vuoi che sia io a rispondere quando è a te che sta telefonando."

"Fallo e basta."

Sam lo guarda di sbieco prima di portarsi il telefonino all’orecchio.

*

Notizie di tua madre?

*

Da quando Mary se n'è andata, finisce intrappolato nello stesso sogno ogni notte.

Sua madre è in piedi di fronte a lui e gli sorride, alle sue spalle una distesa di oscurità indistinta che sembra sul punto di assorbirne la figura. Dean avanza nella sua direzione, ma, proprio quando è ad un soffio dal toccarla, la distanza che li divide aumenta. Non demorde e continua a camminare, e Mary a sorridergli. Accelera il passo e prende a chiamarla a gran voce (mammamammamamma), tende le braccia nel tentativo di afferrarla ma, per quanto lei gli appaia vicina, incontra soltanto il vuoto nel protendersi in avanti.

Quanto più si sforza di raggiungerla, tanto più gli sfugge.

La cosa peggiore è che aprire gli occhi non basta a porre fine all’incubo.

*

Mi manca la tua voce.

*

“Devi fare qualcosa per quella mano.”

“Lo farò. Dopo averti messo a posto il braccio.”

“E come credi di fare esattamente, con il palmo squartato?”

“Non fare il melodrammatico, Sammy. È soltanto un--”

Le parole gli muoiono in gola quando, spalancata la porta, la figura di Castiel gli si staglia davanti. Dean resta impalato a fissarlo con le chiavi che tintinnano nel vuoto e la mano sana poggiata sullo stipite.

“Dean?” Sam lo scuote appena per smuoverlo “Dovrei entrare anch’io.”

Dean si decide ad avanzare, liberando l’uscio. Sam raggiunge Castiel zoppicando leggermente. “Qual buon vento” dice, dandogli una calorosa pacca sulla spalla. Dean resta ancorato all’ingresso. “È bello vederti.”

Castiel ricambia il saluto e gli poggia una mano all’altezza del gomito; la ferita visibile attraverso la stoffa strappata si rimargina all’istante.

“Mi daresti una sistemata anche alla gamba?”

Sam si sistema sul divano per agevolargli il compito. Gli racconta della caccia da cui hanno appena fatto ritorno, più malconci di quanto avessero previsto – è stato provvidenziale che abbia deciso di passare proprio adesso, gli dice, e ad ogni minuto che passa Dean sente il malessere che gli ribolle dentro crescere ed avvilupparlo come un bozzolo.

“Come va con le ricerche?”

“Nessuna novità, per ora.”

“Allora perché sei qui?” La domanda suona più scorbutica di quanto avesse programmato, infinitamente più crudele di quanto Castiel si meriti - ha ignorato i messaggi inviatigli nell’ultima settimana ed ha delegato puntualmente a Sam il compito di rispondere alle sue telefonate e, nonostante questo, lui è lì a fare da bersaglio ad un rancore di cui non è nemmeno il vero destinatario “Hai cose più importanti a cui pensare.”

“Dean, che diavolo--?”

“Ero passato per salutare.”

Nessuno aggiunge altro mentre Castiel guarisce il taglio che si apre sulla coscia di Sam - quando porta a termine il lavoro, eliminando i graffi e le ecchimosi disseminati qua e là, Sam lo ringrazia e si congeda con un pretesto a cui Dean non presta attenzione. Restano soli e Castiel gli si avvicina, la mano già tesa verso la sua.

Dean arretra per impedirgli di afferrargliela. “Te l’ho ho già detto. Hai cose più importanti a cui---"

"Niente è più importante di te."

"Eppure non sono importante abbastanza da farti sentire a casa."

La faccia di Castiel diviene quella di chi ha appena ricevuto uno schiaffo in pieno volto.

Il senso di colpa si somma alla rabbia e al dolore, dando vita ad una corrente che abbatte l'argine mantenuto faticosamente in piedi fino a quel momento; le parole scorrono come acqua finalmente libera di fluire.

"Le cose belle accadono. Ricordi? Non c'ho mai creduto. Mai. Non avevo motivi per farlo. Poi la mamma è tornata, abbiamo salvato Sam e noi due--" Dean s’interrompe, lascia cadere una frase che non è in grado di terminare nemmeno nella sua testa "Per una volta, per una sola volta, mi sono concesso di sperare che fosse vero. Che le cose belle potessero realmente accadere." È solo vagamente consapevole del bruciore che gli infiamma il palmo e delle gocce che stillano sul pavimento – l’unica sensazione che avverte distintamente è quella provocata dal dolore sordo situato al centro del petto, che morde graffia strappa come artigli infilati nella carne. "Ecco che cosa succede ad illudersi."

Si dirige verso la sua stanza per tirare fuori la cassetta del pronto soccorso; la ferita, nel frattempo, continua a sanguinare.

*

Lo sguardo torvo che Sam gli tiene incollato addosso mentre si porta la forchetta alla bocca con la mano fasciata è come una spina ficcata nel fianco.

"Non guardarmi come se me l'avessero amputata."

La sedia di Mary è ancora lì, in mezzo alle loro. Nessuno dei due ha avuto il coraggio di allontanarla dalla tavola.

Ancora una volta, Dean si dice che è soltanto questione di tempo prima che le cose tornino come prima. Lui e Sam si sono bastati per una vita intera. Per una vita intera, hanno condiviso pasti e giorni e notti con null'altro al di fuori delle rispettive solitudini. Uno scampolo di felicità non può cancellare un'abitudine tanto consolidata.

"Non ha molto senso, sai?"

È sempre stato bravo a credere alle bugie forgiate per nascondere verità che non riusciva a sopportare; a questa, però, non riesce a dar credito.

"La maionese sulle uova? Ha perfettamente senso, Sam."

"Allontanare le persone che intendono restarti accanto."

Dean posa la forchetta con un gesto stizzito, solleva su Sam uno guardo duro davanti al quale lui non abbassa il proprio. "Non sai di cosa parli."

"Forse. Ma ti conosco, e so come sei fatto. È ingiusto il modo in cui ti stai comportando. Anche nei confronti di te stesso."

Ingoia un sospiro e lascia intonso il resto della colazione.

*

Quella notte, per la prima volta, Dean riesce a raggiungerla. Il sollievo che prova nel prenderle la mano gli esplode dentro e si dirama in ogni fibra, lo avvolge come il tepore di un abbraccio. Più la stretta si rafforza, più la sensazione di pace che lo pervade s'intensifica. Il dolore si annulla, come se qualcuno avesse spento l'interruttore capace di azionarlo.

Quando i contorni del sogno prendono a sfumare, Dean avverte un tocco leggero contro la fronte. Apre appena gli occhi e, in mezzo al torpore, mette a fuoco il profilo che emerge dal buio della sua stanza. Muove la mano a tentoni lungo il materasso fino a quando, sotto le sue dita, la stoffa del trench non si sostituisce al tessuto delle coperte. 

La pressione contro la fronte svanisce e si trasforma in una carezza leggera rilasciata all'altezza della tempia.

"Cas--"

Il sonno gli piomba addosso prima che abbia il tempo di proseguire.

*

Sono le tre del mattino quando la nube di silenzio in cui il bunker è avvolto viene dissipata da uno scalpiccio discreto, seguito dal cigolio di una porta che viene spalancata.

Esattamente la sequenza che Dean s’aspettava.

"Non sono in camera mia, Cas." Qualche istante dopo i passi tornano a risuonare e Castiel si palesa, un misto di incertezza e colpevolezza impresso nei lineamenti tesi. "Niente tranquillanti a base di grazia divina, stavolta."

Castiel resta a fissarlo immobile sulla soglia fino a quando Dean non lo esorta a varcarla. "Vieni. Non mordo."

Accoglie l’invio e prende posto di fronte a lui; Dean lo vede rabbuiarsi nel momento in cui abbassa lo sguardo sulla tavola ed adocchia la mano alla quale ha offerto le sue cure pochi giorni addietro, ancora avvolta dalla fasciatura.

"Avevi in programma di restare o di sparire di nuovo nelle tenebre a mo' di Batman?"

In risposta, Castiel storce la bocca in una smorfia fatta di disagio e mortificazione. “Credevo preferissi non avermi intorno.”

Dean avverte il cuore sprofondare davanti a quella confessione, come un sasso lanciato nell'oceano che precipita verso il fondale.

"Non vedo perché dovresti reprimerli” dice, spazzando via la coltre di silenzio calata tra di loro; dall'altra parte del tavolo, Castiel aggrotta la fronte con fare interrogativo “Gli istinti omicidi, intendo."

Sulle labbra di Castiel si disegna un barlume di sorriso che cancella parte dell’apprensione incastonata sul suo volto; Dean si ritrova a sollevare un angolo della bocca di riflesso.

"Mi dispiace non aver risposto” aggiunge, e china il capo, preda di un disagio improvviso. Vorrebbe che non fosse così. Vorrebbe non ritenere così pateticamente vitale contare per le persone che ama quanto loro contano per lui. Vorrebbe che il bisogno che ha di loro non fosse tanto disperato da accecarlo.

"E a me dispiace che quello che ho detto ti abbia ferito."

Ha ancora la testa abbassata quando scorge la mano dell’altro guadagnare il centro del tavolo per avvicinarsi alla sua. Una volta raggiuntala, Castiel riprende a parlare. Dean lo ascolta mantenendo gli occhi fissi su quella porzione di tavolo.

"Il Paradiso è stata l'unica realtà che abbia mai conosciuto per un tempo che voi umani non sareste nemmeno in grado di quantificare. Un'esistenza diversa da quella era inconcepibile, per me. Poi sei arrivato tu." Gli accarezza le nocche con la punta delle dita, risale fino a sfiorare il bordo della fasciatura. "Il mio passato ha lasciato un--- vuoto, che non so se sarò mai capace di colmare. Questo non vuol dire che lo rimpianga." Copre il dorso con il proprio palmo, stringe piano attraverso lo spesso strato di garze. "Non sei il motivo per cui Mary è andata via, e nemmeno quello per cui non sono del tutto sicuro di sentirmi a casa; ogni volta che sono riuscito a credere di esserlo, in questi anni, è stato grazie a te."

Le parole gli si infilano dentro e s’infiltrano in profondità, scivolano fino al cuore e si sedimentano lì, facendo da cemento – Dean avverte una delle crepe ricomporsi, i bordi che s’avvicinano fino a combaciare come i pezzi di un puzzle.

"Posso?"

Annuisce, e percepisce un friccico strisciare al di sotto delle bende ed insinuarsi sotto pelle; quando la sensazione svanisce, rimuove la fasciatura scoprendo una mano totalmente sanata.

È soltanto allora che solleva la testa.  
 
"Resta, stanotte” riesce a dire, ed è un sollievo buttar fuori la richiesta anziché seppellirla sotto la paura di non avere il diritto di formularla “Resta con me.”

Castiel gli prende di nuovo la mano e, questa volta, Dean ricambia la stretta.



































Note
1 “Everybody leaves you Dean, you noticed? Mommy. Ded. Even Sam.” (Sark Side Of The Moon, 5x16)
2 “And sooner or later, everybody's gonna leave me.” (Skin, 1x06)

 
  
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