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Autore: C o o k i e    06/11/2016    0 recensioni
Amu Hinamori è una donna dal carattere forte e determinato, affettuoso e dolce, però, qualcosa la blocca, la fa sprofondare in un oceano nero, annegandola senza alcuna pietà. Gli amici e i genitori concentrano la loro preoccupazione su un argomento all’opposto di quello che attanaglia la sua mente, non si sente più al sicuro con se stessa.
Amu è il carnefice del suo stesso io, ignara di farsi del male con le sue stesse mani, con la sua cocciutaggine nel non voler chiedere aiuto a nessuno; ma nemmeno gli altri provano ad andare oltre le apparenze, come se fossero ciechi. Ha bisogno di qualcuno che riesca a tirarla fuori da quel mare, a darle un senso alla vita che deve vivere con se stessa, qualcuno che riesca a controllarla ma che non sia troppo soffocante.
⊰ Angolo Cookie ⊱
Salve a tutti... sono sicura che come introduzione non sia un gran che, però, volevo comunque provare a pubblicare questa storia che si è fatta spazio nella mia testa di punto in bianco. Spero che metta un po' di curiosità e vi prometto che, con l'andare avanti con la storia, migliorerò l'introduzione.
Pinkie promise!
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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⊰ A different love ⊱

Capitolo I

 

 

 

 

Ragazze che in tenera età si fanno mettere incinte… giovani che sprofondano nei meandri oscuri della droga inseguendo pie illusioni di felicità; non so quali delle due categorie sia più ipocrita, ma sta di fatto che per i miei genitori io non sono normale. Dovrei essere più “attiva” per i loro gusti, mi lascio troppo trascinare dagli eventi in modo passivo. Beh… non saprei, se fossi in loro non mi preoccuperei così tanto di questa faccenda, sono solo una normalissima studentessa universitaria che pensa ai suoi studi e non guarda con troppo interesse l’altro sesso. 
Non faccio nulla di male…

Ascoltare la sua coscienza fare quei discorsi non l’aiutava molto a trovare una soluzione a quel continuo problema, che i suoi genitore le ponevano di fronte ogni volta che tornava a casa. Per loro era una cosa insolita, o meglio il disinteresse che una ragazza di vent’anni aveva nei confronti del mondo maschile, era abbastanza strano non che non ci fossero donne di quel genere, però, nei loro cuori si annidava una preoccupazione che non aveva una spiegazione razionale, era un sentimento che si avvicinava pericolosamente al timore e alla paura. 
Finalmente la giovane ragazza si ridestò dai suoi pensieri e fissò nuovamente la fonte di quel ragionamento interiore; non era certa se dover ridere o sospirare delusa da se stessa, dato che la scintilla di quel “appassionato” discorso non era altro che un distributore di preservativi dall’altro lato della scalinata. Alla fine sorrise sarcastica distogliendo lo sguardo dal macchinario e portandolo all’interno del negozio che aveva alle sue spalle, osservando attentamente la figura snella e aggraziata della ragazza che stava pagando alla cassa. I lunghi capelli biondi erano raccolti in una treccia che le cadeva morbidamente su una spalla; le rivolgeva la schina e poteva notare solo la gonna del vestito nero impreziosito dalle rose rosa stampate sulla stoffa, la giovane acquisiva qualche centimetro in più di altezza grazie alle scarpe col tacco rosa pallido. 

Finalmente la vide girarsi verso di lei e rivolgerle un sorriso soddisfatto e felice, incamminandosi verso l’uscita con le mani cariche di buste, lei le sorrise di rimando e si staccò dalla ringhiera dove era rimasta a lungo appoggiata sentendosi le gambe e le braccia indolenzite dall’attesa, ma sorrise di rimando. 
«Finalmente, pensavo che te ne fossi andata senza dirmi nulla» disse alla bionda guardando il piccolo orologio nero che le fasciava il polso sinistro, non che fosse rimasta lì troppo a lungo ma non le piaceva aspettare troppo.
«Scusami Amu, solo che la mia attenzione è stata catturata all’ultimo da una bellissima borsetta ed ero indecisa se prenderla o no» si scusò l’altra con un sorriso timido a incurvarle le labbra, lei le sorrise dolcemente e scosse la testa immaginando che la sopracitata borsetta era dispersa in uno dei tanti sacchetti. Era a conoscenza dell’amore che l’amica provava per i vestiti e non poteva negarle lo sfizio che provava nell’acquistare qualcosa di nuovo, certamente la sua attesa sarebbe stata ripagata da un buon gelato o da una fetta di torta.
«E’ tutto apposto Rima, so quanto tu voglia essere perfetta per quell’occasione e per il quarto d’ora che mi hai fatto aspettare, sarai costretta a pagarmi il gelato» fecce l’occhiolino alla sua amica prima di riportare la sua attenzione davanti a sé, si scostò una ciocca dei capelli ribelli che erano sfuggiti allo chignon basso in cui gli aveva raccolti. 
Le due si stavano dirigendo verso l’uscita quando Rima, con molta fatica, aveva poggiato delicatamente la sua mano sul braccio dell’amica, fissando i suoi occhi in quelli dell’altra e con atteggiamento serio aveva cercato di scoprire quello che le passava per la mente. «Sei sicura di non voler prendere un vestito, sai… non manca molto e sono sicura che non avrai molto tempo con tutto quello che è successo negli ultimi mesi» tentò di avviare un discorso che, era certa, Amu avrebbe cercato di sviare nel modo più elegante che conosceva.
«Se mai cambiassi idea su questo argomento, sono sicura che all’ultimo potrei rivolgermi ad alcuni amici che frequentano moda» disse riferendosi a un gruppo di studenti che frequentavano la sua stessa università, solo che si trovavano a frequentare specializzazioni diverse rispetto a lei. «Del resto sono sicura che non cambierò idea, perciò sono molto felice di esser riuscita a comprare il paio di scape adatto ai vestiti che indosserò in per quel evento» terminò il suo discorso con un sorriso sincero e pieno di dolcezza, sapendo bene che la sua amica era sinceramente preoccupata per lei, ma aveva preso una decisone e nessuno sarebbe riuscito a farle cambiare idea.
Rima osservò attentamente la sua compagna e scosse la testa ridendo piano; Amu era una forza della natura, lo era quando si erano conosciute una decina di anni prima e lo era anche adesso, era cambiata nell’aspetto ma la sua personalità era rimasta la stessa, forse era più matura di allora. L’amica era solita raccogliere i suoi capelli in trecce o chignon, raramente la si vedeva con la chioma sciolta, ma la cosa che più attirava l’attenzione delle persone era l’insolito rosa confetto che si portava dietro con fierezza, anche se da giovane aveva odiato il colore dei suoi capelli. Gli occhi di un color miele dorato erano impreziosite da folte ciglia color confetto e dal pelle quasi diafana, il naso delicato e le labbra perennemente rosee dal rossetto che amava portare. Col crescere aveva abbandonato il suo stile gotico per uno più elegante, anche se non era riuscita a rinunciare al nero che tanto adorava, infatti, quel giorno indossa un paio di pantaloni neri a sigaretta e le fasciavano le gambe in modo delizioso, mentre la blouse blu notte le ricadeva morbida sul busto; portava con se - oltre al suo acquisto - una borsetta nera e una giacca di stoffa del medesimo colore. Elegante e matura, precisa e ordinata in quel abbigliamento da donna ormai in carriera, ovviamente questa suo atteggiamento era dovuto anche al fatto che aveva conquistato i cuori di molti con i suoi progetti e con le sue idee fresche e sperimentali.
«Allora vogliamo prendere questo gelato?» chiese Rima raggiungendo nuovamente la sua migliore amica, aveva capito che le sue preoccupazioni per il momento potevano essere sepolte dai momenti che avrebbero passato insieme, però, ne era certa, avrebbe continuato a importunarla in futuro.


 

Amu era appena rientrata nel suo appartamento quando sentì al suonerai del suo smartphone difondersi nell’aria, il tempo di sentire i primi tre squilli che aveva già risposto, senza nemmeno leggere il nome della persona che l’aveva chiamata.
«Pronto, Utau?» disse con tono allegro mentre teneva premuto il telefono contro l'orecchio e con l’altra si toglieva le scarpe e le rimetteva al loro posto nella scarpiera che c’era sul lato sinistro dell’ingresso. 
«Amu! Dobbiamo vederci questo fine settimana per la prova e voglio assolutamente un tuo parere e non accetto un no come risposta.»
«Mhm… sei la solita, non mi lasci nemmeno il tempo di respirare che m’inondi con il fiume delle tue parole; tralasciando il tutto poi mandarmi l’indirizzo e l’ora?» chiese calma, conoscendo l’amica le avrebbe proposto di incontrarsi a metà strada e andare lì con la macchina della madre, ma l’ultima volta che l’avevano fatto si erano perse ed erano arrivate con mezzora di ritardo.
«Va bene… anche se avrei preferito che ci incontrassimo a metà strada» la voce di Utau si era leggermente affievolita rispetto a prima e Amu riusciva a immaginarsela seduta sul suo piccolo divano bianco, con la televisione accesa e il volume al minimo mentre s’imbronciava per quella decisione.
«Lo sai che ci perderemo di nuovo» disse rendendosi conto che in parte era colpa sua se succedeva un’eventualità come quella, ma non poteva farci nulla, era una frana con le indicazioni stradali e si perdeva facilmente.
Continuarono a chiacchierare per un’altra mezzora, principalmente fu Utau a parlare mentre Amu rispondeva a monosillabi o con qualche frase di conforto; si conoscevano da tanto tempo e per quanto spesso litigassero per il più futile dei motivi, riuscivano sempre a fare pace, o meglio, non ce n’era bisogno dato che i loro battibecchi erano più uno scontro di idee dette a voce alta davanti a un piatto caldo di ramen.
Conclusero quella chiamata con la promessa di incontrasi almeno un quarto d’ora pima dell’appuntamento e di chiacchierare davanti a un caffè, mettendo a punto alcuni dettagli e le ultime novità.

Questa cosa sta prendendo una piega del tutto nuova, spero solo che Utau sia soddisfatta del vestito…

Amo sospirò mentre apriva il frigorifero notando quanto fosse vuoto, solo alcuni onigiri troneggiavano su un ripiano in basso, scosse la testa con l’amara consapevolezza che nessuno avrebbe fatto la spesa per molto tempo.

Se non faccio la spesa in uno di questi giorni, finirò col morire di fame.

Quel pensiero le si era fissato in testa come la lacca per i capelli, si massaggiò l’incavo degli occhi con le mani e si sedette sul divano con la sua cena e una boccetta di salsa di soia. Finì quel pasto frugale in meno di dieci minuti mentre leggeva le email che aveva ricevuto negli ultimi giorni, rendendosi conto che Rima aveva ragione quando aveva detto che le cose erano cambiate negli ultimi tempi. Ignorando il fatto che le cose stavano cambiando ancora e lei aveva paura di lasciarsele sfuggire, di fare il passo sbagliato e rovinare ogni cosa. Era più preoccupata dell’atteggiamento adatto da adottare con ognuno dei suoi amici e poi c’erano i suoi genitori con i loro timori.

Alla fine credo che mamma e papà hanno ragione, mi sto lasciando trasportare dalle altre cose e tra un paio di mesi compirò ventun’anni, non ho ancora trovato nessuno con cui essere certa di sentirmi me stessa e dopo quell’ultima storia non ho più avuto il coraggio di impegnarmi. Persino mia sorella riesce a conquistare cuori e ad andare avanti senza molti problemi dopo ogni rottura.

Sospirò nuovamente, lasciandosi scivolare sul divano, rannicchiandosi in posizione fetale con le mani raccolte vicino alle  suo viso, quasi a sfiorare le labbra e si lasciò annegare dai ricordi ignorando le lacrime che le scivolavano lungo le guance. Davanti a se vedeva tutto sfuocato, riusciva a riconoscere gli oggetti ma gli ignorò chiudendo gli occhi, vedendo nitidamente - come un video ad alta definizione - i momenti passati insieme e tutto quello che aveva portato alla fine di quella storia.
Facendosi male da sola ogni volta che liberava la mente, soffocava sotto il peso della consapevolezza, del senso di colpa, ma nessuno era mai venuto in suo soccorso, nessuno aveva provato a tirarla fuori da quel oceano scuro. Aveva sbagliato anche lei a non chiedere aiuto, a fingere di essere forte quando in realtà non lo era.

   
 
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