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Autore: _Pulse_    14/05/2009    14 recensioni
«Ah Tom… quando cambierai?»
Mi fermo, mi risiedo, di fianco a lei. Ho gli occhi lucidi.
«Sei tornata…» Appoggio la mano sulla sua. La sento. La posso toccare. La abbraccio, anche lei mi abbraccia.
È così fredda…
Sento le sue ali candide, morbide.
«Sono stanca di tornare.»
Mi stacco, la guardo, incredulo.
«Che cosa?»
«Sono stanca di tornare, per questo motivo. La devi finire.»
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota: Questa ff l’ho scritta che ero molto piccola, quindi non mi aspetto nulla di che. Però fatemi sapere che cosa ne pensate, è una delle mie prime cose che ho scritto e mi farebbe piacere una vostra opinione al riguardo. È molto triste, ma quella sera lo ero pure io, quindi… Buona lettura! _Ary_

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L’Angelo

 

 

Ti rivoglio accanto a me.

Ti rivoglio maledettamente accanto a me.

Perché?

Warum?

Why?

In altre lingue non so dirtelo.

Lo sai che le lingue non sono il mio forte.

Butto giù ancora un po’ di birra.

Guardo la città davanti a me, con tutte le luci, i rumori…

Guardo sotto di me.

Sai anche che ho le vertigini.

Tu… tu sai un sacco di cose di me.

Che nemmeno io so.

Allora… perché te ne sei andata?

Perché mi hai lasciato solo?

Mi sento così solo…

La stampa continua a chiedermi di te.

E come posso rispondere io?

Non so dove sei, ora.

L’ultima volta… sei venuta qui.

Vieni di nuovo, ti voglio rivedere ancora.

Mi manchi.

Mi manchi tanto.

E Bill… Oh, Bill è sempre il solito.

Non cambierà mai, ma è anche per questo che gli voglio bene.

Cerco di andare avanti per lui, ogni giorno.

Ogni cazzo di giorno senza di te.

Mi stai facendo male.

Troppo male.

Torna.

Ti prego torna!

Guardo il cielo. Le stelle.

Sei una stella?

No, l’ultima volta…

Ma ti ho vista davvero l’ultima volta?

O sono impazzito?

Cazzo… mi manchi.

Adesso lo faccio.

Bill capirà.

Mi alzo in piedi, guardo ancora sotto di me. Faccio un respiro profondo.

Sono pronto.

«Ah Tom… quando cambierai?»

Mi fermo, mi risiedo, di fianco a lei. Ho gli occhi lucidi.

«Sei tornata…» Appoggio la mano sulla sua. La sento. La posso toccare. La abbraccio, anche lei mi abbraccia.

È così fredda…

Sento le sue ali candide, morbide.  

«Sono stanca di tornare.»

Mi stacco, la guardo, incredulo.

«Che cosa?»

«Sono stanca di tornare, per questo motivo. La devi finire.»

«Ma…»

«Ma cosa Tom? Devi piantarla. È già la terza volta che ritorno per fermarti, per dirti di non farlo. Sei proprio un egoista, pure quando ti viene data una possibilità così grande… tu la sfrutti in malo modo. Va bene che stai simpatico a tutti lassù, però devi finirla. Non potrò scendere sempre.»

«Scusami… scusami, ma… non ce la faccio. Non ce la faccio senza di te.»

«Cosa vuol dire? E Bill? Ci pensi a Bill? O sei così egoista anche con Bill, tuo fratello? Se ti ammazzi tu, si ammazza anche lui. E di avervi pure lassù non mi va…» Fa un sorrisetto.

«È solo colpa tua. È solo colpa tua che te ne sei andata, lasciandomi solo.»

«Ma non sei solo! C’è Bill… c’è Gustav… c’è Georg… ci sono i Tokio Hotel… ci sono tutte le vostre fan… sono accanto a te.»

«Ma senza di te… è tutto diverso. Non riesco, non riesco.»

«Sai che succede se piangono gli angeli?»

«No…»

«Comincia a diluviare.»

«A me piace la pioggia.» Cerco di sorridere. Vedo una lacrima scendere, tracciare una linea sulla sua guancia; poco dopo sento la prima goccia scendere dal cielo. Di colpo, un acquazzone.

Mi bagno completamente, ma lei no, lei rimane asciutta. I suoi capelli biondi rimangono asciutti, non come i miei, che gocciolano. La sua veste bianca, rimane asciutta, non come i miei abiti, che si appiccicano alla pelle. Le sue scarpe… lei non ha le scarpe, e nemmeno le calze. Ha le gambe nude, la veste la copre fino alle ginocchia.

Si vestono sexy in paradiso…

«Tom… me lo faresti un favore?»

«Certo!» La guardo in viso, schiodandomi dalle sue gambe. Vedo sempre quella lacrima, ferma sul mento.

«Voglio che tu mi dimentichi.»

«Non posso farlo.»

«Sì che puoi!»

«No, non posso farlo.»

«Non ti dico di dimenticarmi per sempre… però… di ricordarmi e di sorridere, non di piangere. Ogni volta che piangete per me… mi si stacca una piuma dalle ali… e fa un male cane!» Sorride. Sorrido anch’io, con amarezza.

«E ogni volta che sorridete in mio ricordo… si aggiunge una piuma. E mi sento da Dio!» Guarda su, alza la mano e dice: «Scusa» sorridendo. Poi mi riguarda.

«Hai capito?» Io annuisco con la testa.

«La prossima volta… voglio tornare e vederti felice, con una famiglia e con una bambina.» Si tappa la bocca.

«Una bambina?»

Lei arrossisce.

Che bella che è quando arrossisce.

«Non avrei voluto lasciarti, te lo giuro. Ho lottato, ma non ce l’ho fatta.»

«Lo so, lo so.» La guardo. Lei mi guarda. Ci guardiamo negli occhi. Io sorrido, pensando al nostro primo bacio. Lei chiude gli occhi. Vedo una piuma nascere sulle sue ali. Lei riapre gli occhi, quegli occhi blu.

«Grazie» dice.

«Per così poco?» le rispondo. Ci guardiamo ancora negli occhi. Lei spalanca le ali. Sono enormi, solo ora me ne rendo conto. Sorride e fa per andare, ma io le prendo la mano, la faccio restare.

«Voi angeli esaudite i desideri?» chiedo, ipotizzando un mio desiderio.

«Se vogliamo…» sorride.

«Allora… esaudiresti un mio desiderio?»

«Non sono molto brava ancora, ma ci provo.» Fece uscire una scintilla da uno schiocco delle dita, preparandosi.

«È una cosa molto più semplice… non serve la magia. Voglio baciarti un’ultima volta. Un ultimo bacio, ti prego» la supplico. Lei si risiede di fianco a me, sorride, si sistema i capelli.

«Cavolo… non so se mi ricordo come si fa…»

«Non importa.» Vedo che riapre le ali, che sorride di più. Mi abbraccia con una di esse. La sensazione è strana, però meravigliosa.

Si sta davvero bene fra se le sue ali, sono calde.

Si avvicina, mi bacia sulle labbra, come una volta. Chiudo gli occhi. Quando li riapro lei non c’è già più. Ma sorrido comunque. Sento ancora il suo «grazie» vicino all’orecchio. Scendo dal parapetto. Mi accorgo che… non piove più. Mi accorgo anche che… sono asciutto, completamente asciutto. Scendo da quel tetto, scendo le scale correndo, sorridendo, sorridendo alla grande. Mi fermo, sento ancora la sua voce, mi guardo intorno, ma lei non c’è.

«Tom! Salutami gli altri, mi raccomando! E… digli che mi mancano… tanto.»

Poi la sento ridere. La sua risata mi rende felice. Abbasso la testa, vedo una piuma, bianca. La prendo, me la ficco in tasca. Scendo ancora più velocemente la serie di scale, poi corro nel nostro appartamento, alla Universal.

Entro, vedo Bill, preoccupato, che si alza in piedi e mi abbraccia, stringendomi forte.

«Bill, che c’è? Che cos’è successo?» Lui mi tira uno schiaffo.

«Che cos’è successo? Sei sparito per ore! Credevo…» Lo riabbraccio forte.

«Mi è venuta a trovare ancora. Vi saluta tutti, e dice anche che sente la vostra mancanza.» Non smetto un attimo di sorridere, non ce la faccio.

Mi sa che ha fatto una magia… la scema!

Guardo Gustav e Georg, poi mio fratello, davanti a me.

«L’hai vista? La pianti di sorridere? Mi dai i nervi.»

«No. Devi sorridere anche tu e pensarla. Succede una cosa bella.»

Bill non ci crede.

«Forza Bill! Pensala e sorridi.» Gli faccio vedere la sua piuma, tirandola piano fuori dalla mia tasca. Lui sorride.

Bill ora si fida.

Chiude gli occhi e sorride. In effetti, quando li riapre, mi guarda incredulo.

«L’ho sentita!»

Annuisco con la testa. Sento ancora la sua voce: «Ok, va bene, ma non posso sempre ringraziarvi! Ora basta… sorridete e basta.» Sorrido, sento un bacio sulla guancia, la vedo di fianco a me, per un attimo, per poi sparire.

Ok, ora basta scendere.

Resta pure dove sei.

Grazie, grazie di tutto.

Alla prossima.

 

15 anni dopo

 

Siamo tutti a tavola, come ogni sera. Guardo mia figlia, Joanne, guardo mia moglie.

Sono così felice.

Poi, mi ricordo di quel giorno, di lei, e sorrido.

Mia figlia mi guarda, mi sorride, chiudendo gli occhi.

Solo dopo mi accorgo che non guardava me, ma dietro di me.

Sento la sua risata, alle mie spalle, sento che mi abbraccia, mettendomi le braccia intorno al collo.

Si mette un dito davanti alla bocca, guardando Joanne. Joanne fa lo stesso, sorride. Lei ride.

Guardo Micol, non si è accorta di niente.

Com’è che Joanne la riesce a vedere?

Mi sussurra all’orecchio: «Vuoi parlare? È un po’ che non ci vediamo…»

Io sorrido, sorrido a Joanne, le faccio l’occhiolino. Lei sorride ancora.

Mi alzo, chiedendo scusa a Micol, che mi sorride.

Esco fuori, con lei al mio fianco.

Usciti, la guardo, la scruto.

«Sei esattamente come 15 anni fa» sorrido.

«Tu sei cambiato…» ride. Ci abbracciamo.

«Ti ho visto…» sussurra, ridendo.

«Quando?»

«Quando? Non ti sei mai sentito osservato? Io ti ho sempre guardato… anche quando…»

«Ma sei una spiona!» sorrido.

«Lo so… ma lassù è meglio che avere uno schermo da 50 pollici!» ride.

«Come mai hai aspettato così tanto? Io ti aspettavo… ti ho aspettato…»

«Lo so, ma il capo non ha gradito il bacio…»

«“Il capo”?»

«Si, Dio, come lo vuoi chiamare…»

Mi metto seduto sui gradini, davanti alla porta. Lei fa lo stesso, venendomi accanto. Sento le sue ali sfiorarmi.

Sono grandi! Molto più grandi… sono cresciute, ma tu no, sei sempre la solita ragazzina di 16 anni.

«E allora… non ti ha fatto più venire?»

«No, ma io ti avevo detto che sarei tornata. Perciò, l’ho assillato per ben 15 anni! E poco fa ha ceduto. Ed eccomi qui!» Mi sfrega la mano sulla testa. «I tuoi rasta… dove sono?»

«Non ci sono più… come sto?»

Ride, ride più forte. Credevo che Micol la sentisse.

«Non ci può sentire.»

«Adesso mi leggi pure nel pensiero?»

«L’ho sempre fatto…» Ride ancora.

«Mi spieghi una cosa? Come mai Joanne è riuscita a vederti?» Il fatto che la mia bambina si chiamasse Joanne non la sorprese.

«Oh, Joanne. Che bambina meravigliosa… Tutti i bambini possono vedermi. Ma le mogli gelose no!» ride.

Rido anch’io, fa ridere.

«Che scema… non sei proprio cambiata…»

«No! Ma lo sai che lassù non si invecchia?! È una figata! Pensa se lo sapesse Bill… Cavolo Bill… è cambiato tanto anche lui…»

«Eh sì… lo hai visto quando è nato Lucas? Mamma che ridere… tremava quando lo ha preso in braccio!»

«Sì, l’ho visto. Ci ha fatti morire tutti dal ridere!»

“Morire”. Non devi dire quella parola.

«E perché no Tom? Ti fa ancora male?»

«Mi ha sempre fatto male, e continuerà. Però sorrido, non piango.»

«Escludendo quella volta… Sei scoppiato. Hai pianto per tutta la notte. Mi hai fatto male.»

«Perdonami.»

«Sì, già fatto. Ma anche per questo, decisi di mandarti Joanne. Non trovi… che mi assomigli un pochino?» Resto fermo immobile.

Ti assomiglia?

«Sai che penso?» chiedo.

«Si.»

«Ah già, è vero. Va bè… avete la stessa faccia da prendere a schiaffi!»

«Non pensavo a quello… ha una cosa… che solo io avevo, ho ancora.»

Che cosa?

«Non te ne sei accorto? Mi deludi…»

«Che cos’ha? Che cos’ha?!»

Sposta i capelli biondi dal collo. Un piccolo neo, sembra un cuore.

Cazzo è vero… è vero.

Quante volte l’ho baciata lì?

«Eh sì… quante…»

«Piantala di leggermi nel pensiero, te lo vieto. Anche se so che lo farai lo stesso.»

«Appunto.» Ride. «Tom, non fa niente, non importa.»

Sento la sua mano sulla mia spalla.

Come ho fatto a non ricordarmene?

«Succede…»

«Ho detto di smetterla!» mi scende una lacrima. Me la asciugo subito e guardo lei: ha chiuso gli occhi, li stringe, mentre una piuma cade e si brucia. Poi la cenere vola via, nel vento.

«Ahia» dice, ma non si lamenta più di tanto.

«Scusa…» dico, cercando di farmi perdonare. Ma so che l’ha già fatto.

«Già fatto. E mi hai preceduto tu sta volta!»

«Visto?»

«Comunque… è stato bello rivederti. Ora devo andare.» La fermo, prendendole la mano. Sorrido.

«Quando ci rivediamo?» Sorride anche lei. 

«Presto Tom.»

Sento la sua mano dissolversi, come tutta la sua figura. Rimango con il braccio disteso, ma lei già non c’è più. Rientro dentro. Vedo Joanne corrermi incontro. La prendo in braccio, le guardo il collo, sorrido.

È uguale al suo.

«Papà, papà l’hai vista?»

«Sì che l’ho vista…»

«È bellissima, non trovi?»

«Sì, come la mia bambina!» e la bacio sulla guancia. Lei ride. Anche la sua risata è identica alla sua. 

«Ma… papà… chi era?»

«Un angelo, il mio angelo.»

 

 

 

 

The End

   
 
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