Sospirai
affranta.
Avevo lasciato tutto alle mie spalle: la mia vecchia vita, i miei
genitori, quei pochi veri amici ed ero scappata di casa.
Scappata
non era il termine esatto: il consenso ai miei l'avevo chiesto e
l'avevo ottenuto; così, bagaglio alla mano, sono fuggita dal
mio
piccolo paese per andare a vivere da mia zia, sorella di mia madre, in
una città sconosciuta e ancora più grande. Avevo
preso la decisione
giusta? Sì, forse. Lo speravo, perlomeno.
Ora, però, mi ritrovavo
più spaesata che mai: il cielo grigio e carico di pioggia, i
grattacieli che si innalzavano fino al cielo, i rumori assordanti delle
macchine in corsa, i clacson e gli schiamazzi che si riversavano nelle
strade. A nulla di tutto questo ero mai stata abituata, io povera
ragazza vissuta lontano dalla grande città.
Sarebbe stato difficile
ambientarmi, farmi dei nuovi amici, soprattutto lasciare indietro i
problemi del passato. Però era stata una mia decisione e non
potevo
assolutamente darmi per vinta ancora prima di averla affrontata. Ero
giunta fino a qui proprio per ricominciare e ritrovare il mio
equilibrio interiore. Solo allora sarei tornata indietro.
Uscii
sulla terrazza per prendere una boccata d'aria fresca e stiracchiarmi
le braccia, ne avevo bisogno dopo tutte quelle ore passate in treno. Ai
vestiti e agli effetti personali ci avrei pensato poi; in quel momento
ero solo curiosa di poter studiare quel nuovo quartiere e quella nuova
città. Sfortunatamente mi resi ben presto conto che mi
sarebbe stato
impossibile sperare in una veduta dall'alto: il grattacielo affianco,
gemello in tutto e per tutto a quello dove mi trovavo, era
così vicino
da ostruirmi la visuale; talmente vicino che potevo benissimo
comunicare con i coinquilini dell'appartamento di fronte se solo avessi
gridato. Avvicinandomi ancora di più al muretto del balcone
notai,
tuttavia, che era presente un dislivello tale che mi permetteva di
poter dare un'occhiata al suddetto appartamento sfruttando le finestre;
in particolare, proprio di fronte alla mia nuova camera da letto,
doveva trovarsi la camera da letto di qualcuno e questo pareva chiaro
dal mobilio che riuscivo a intravedere seppure le ombre della sera
iniziarono a riversarsi dentro. Di chiunque fosse quella camera da
letto il proprietario se ne era andato lasciando le tende completamente
aperte.
Assorta nei pensieri studiai l'interno di quella camera fino
a che non notai qualcosa di strano: dalla mia posizione non riuscivo a
vedere il letto per intero, tutto ciò che ne vedevo era
soltanto un
piccolo spicchio, ma era comunque abbastanza per farmi notare che
qualcuno vi era sdraiato sopra. Non ci sarebbe stato nulla di strano,
in questo, se non fosse stato che le paia di gambe che vedevo erano
decisamente troppe per appartenere a una persona sola. Assottigliai gli
occhi, mettendo a fuoco per quanto potevo, e non mi ci volle molto per
capire che su quel letto c'erano sdraiate due persone e ciò
che stavano
facendo era ben chiaro: chiunque fossero quei due -amanti, fidanzati,
marito e moglie o non si sa cosa- ci stavano dando dentro alla grande,
in pieno giorno e con la finestra bella in vista. Mi ritrassi indietro
sbalordita, decisa a rientrare dentro per non fare la figura della
guardona. Ma fu proprio in quel momento che avvertii una voce alle mie
spalle: era una voce bassa, ma calma; era la voce di un ragazzo.
"Ehi."
Mi
girai di scatto spaventata: esattamente di fronte a me, dalla parte
opposta e poco più in basso vi si trovava un ragazzo che mi
fissava
divertito. Aveva la camicia ancora aperta e l'aspetto trasandato, fra
le dita teneva una sigaretta sicuramente accesa da poco. Rimasi in
silenzio, non sapendo cosa dire o come giustificarmi, sempre ammesso
che ero tenuta a farlo.
"Non sai che spiare è reato?" Domandò calmo
mentre con una mano si tirava indietro le ciocche di capelli che gli
erano caduti davanti al viso.
"S-siete voi che stavate facendo cose,
senza esservi premurati di tirare le tende." Tentai di difendermi;
certamente io avevo indugiato, ma la colpa non era solo mia.
Lo vidi scrollare le spalle per poi gettare a terra la sigaretta.
Lo sguardo che mi lanciò mi congelò sul
posto
"Vuoi
venire a provare?" Mi sorrise sarcasticamente, in una maniera
così
strafottente che mi diede sui nervi. Nonostante ciò non fui
abbastanza
lesta nel rispondergli a dovere.
"Cosa?"
"Dai." Incitò. "Si vede che muori dalla voglia."
Quella
fu la goccia che fece traboccare il vaso: girai i tacchi e rientrai
dentro la mia camera senza più voltarmi indietro. Come primo
giorno in
quella nuova città era partito davvero alla grande.
Angolo Autrice:
Buongiorno a tutti, essendo nuova nel fandom mi presento. Io sono Sacchan e qui su EFP mi diletto per lo più nella stesura di fan-fiction, le originali non sono mai state il mio forte, dubito che lo saranno mai. Ma questa storia è nata nella mia mente anni e anni fa; quando invece di pubblicarla la accantonai per dedicarmi alle fan-fiction, ora che sono più grande e matura -si spera xD- ho pensato bene di riprenderla e, perché no, provare a pubblicarla. Come citato anche nello specchietto saranno menzionate tematiche delicate, più avvertimenti omosessuali. Il raiting è stato lasciato arancione, se riterrò di doverlo alzare perché nella stesura sarà reso opportuno lo farò. E niente, spero che vi possa interessare. Nel caso non mancatemi di farlo sapere poiché, lo ricordo, si tratta della mia prima original.