Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: alchimistadibudino    07/11/2016    3 recensioni
[LevixEren]
"Era giovane, molto giovane, eppure eccolo lì, divisa militare, fucile in spalla, cicatrici che non si rimargineranno, immagini spaventose impresse nella sua giovane mente per sempre, mani macchiate del sangue di quello che gli hanno detto essere il nemico. E infine, gli occhi. Occhi che hanno vissuto tutto quello in silenzio, sopportando, resistendo, piangendo. Occhi che nonostante tutto non hanno mai smesso di brillare, non hanno mai smesso di separare in qualcosa di migliore.
"Stacco tra mezz'ora" annunciò Levi."
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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10 settembre 1945

Faceva freddo quella sera, eppure le persone in strada sembravano non badarci. Chi ballava, chi cantava, chi beveva, chi si baciava; ormai si festeggiava da otto giorni di seguito la fine della terribile e sanguinosa Seconda Guerra Mondiale. Non che ci fosse molto da festeggiare, molte giovani vite erano state strappate via per una causa che molti conoscevano solo per sentito dire, solo per egoismo e paura. 
Eppure le persone che potevano raccontarlo, non potevano fare a meno di festeggiare, non solo per se stessi, ma anche per chi aveva appunto perso la vita, come per rendere loro grazie e per non rendere la loro morte totalmente vana. 
Parecchi soldati gironzolavano anche per le strade, con i fucili a tracolla e sempre all'erta, godendosi seppur un minimo quella tanto agognata pace. Eren Jegaer era uno di questi. Un soldato giovane, forte e determinato, che aveva visto troppe cose orribili in così pochi anni. Camminava per quelle strade fredde e gioiose, accompagnato da grida di felicità e risate. Si guardava intorno, alla ricerca di un luogo caldo dove potersi riposare per poi tornare al suo accampamento e il giorno dopo fare ritorno a casa. 
Quella sera era solo, il giovane soldato. Non aveva avvisato i suoi commilitoni e amici che sarebbe uscito, non per scortesia, ma perché aveva bisogno di passare una serata solo con se stesso, fare qualcosa solo per lui. Come biasimarlo, dopo aver passato quasi sei anni a servire la sua patria e il mondo rischiando la vita, una serata per lui poteva anche concedersela.

Ormai camminava per quella strada sconnessa da poco più di un quarto d'ora, passando davanti a file di locali aperti e troppo chiassosi. Stava proprio pensando di ritornare indietro, quando notò poco lontano da lui un locale all'angolo della strada. Sembrava molto più tranquillo di quelli appena passati e la luce che filtrava dalla grande vetrina sembrava calda e accogliente, quasi come se lo stesse invitando tacitamente ad entrare.

Eren portò le mani a coppa vicino alla bocca, soffiandovi per cercare di riscaldarle e strofinandole fra loro, dondolandosi sui piedi. Dopo un'ultima occhiata in lontananza a quello che sembrava il 'locale giusto', decise di avvicinarsi e leggere il nome del bar.

House

'Bizzarro come nome per un bar...' pensò il giovane soldato, sorridendo e decidendosi finalmente ad entrare. Appena mise piede all'interno, sentì tutto il freddo che provava scivolare via dalle sue ossa, sostituendosi ad un piacevole calore che lo fece sorridere spontaneamente. L'arredamento era semplice, qualche tavolo al centro della sala, un bancone di legno alla sua sinistra con qualche sgabello per sedersi ed un insolito, piccolo e accigliato barista.

"Bentornato all'House, cosa posso servirti?" domandò il barista sopracitato, facendo voltare Eren verso la sua figura. Si avvicinò e si sedette su uno sgabello, proprio davanti a colui che si accingeva a servirlo.

"Un bicchiere di vino. Rosso" il barista alzò le sopracciglia. Era davvero strano che un soldato entrasse nel suo locale a quell'ora della sera e ordinasse del vino rosso al posto del solito boccale di birra. Scosse comunque il capo e si apprestò a soddisfare il cliente.

"È la prima volta che vengo qui. Perché mi hai detto 'bentornato'?" si incuriosì Eren, iniziando a sorseggiare il suo bicchiere di vino.

"Perché quando qualcuno torna a casa, si dà il bentornato, non il benvenuto" rispose con tono ovvio il barista, impegnato a pulire il bancone con uno straccio bianco.

"Perché hai chiamato questo posto 'House'?" continuò con le domande il soldato, senza smettere di studiare i movimenti dell'altro.

"Perché voglio che chiunque possa avere un luogo in cui tornare da chiamare 'casa'"

Eren annuì, finendo in silenzio il suo bicchiere di vino e chiedendone un secondo. Il barista continuò con le sue pulizie, passando dal bancone, ai tavoli, ai bicchieri. Eren lesse il cartellino affisso al suo grembiule, leggendo il suo nome. 
Levi. 
Fece vagare lo sguardo sul corpo di Levi, soffermandosi sugli avambracci scoperti dalla camicia arrotolata fino al gomito.

"Non hai nessuno con cui festeggiare?" fu Levi a rompere il silenzio questa volta, continuando a pulire i bicchieri e ad asciugarli con un panno.

"Sì, ma volevo una serata solo per me" rispose posando la guancia sul palmo della mano. Levi annuì, scrutando il ragazzo di fronte a lui. Era giovane, molto giovane, eppure eccolo lì, divisa militare, fucile in spalla, cicatrici che non si rimargineranno, immagini spaventose impresse nella sua giovane mente per sempre, mani macchiate del sangue di quello che gli hanno detto essere il nemico. E infine, gli occhi. Occhi che hanno vissuto tutto quello in silenzio, sopportando, resistendo, piangendo. Occhi che nonostante tutto non hanno mai smesso di brillare, non hanno mai smesso di separare in qualcosa di migliore.

"Stacco tra mezz'ora" annunciò Levi. Eren schiuse leggermente le labbra, arrossendo appena cogliendo il significato di quelle parole, sorridendo poco dopo.

~*~*~

Levi condusse il ragazzo a casa sua, senza soste, a passo spedito. Il cuore nel petto del ragazzo batteva come impazzito, riusciva a sentirlo fin nella sua testa. La sua mente non smetteva di lavorare, continuava a pensare e ripensare, si poneva domande su domande e sentiva che sarebbe esploso di lì a poco. Seguiva Levi, standogli a fianco, senza fiatare. Aveva paura di rovinare tutto se avesse iniziato a parlare; quel silenzio li teneva al sicuro, lontani da immagini, ricordi, suoni. Per quanto tempo avevano cercato quel silenzio? Per quanti anni avevano cercato qualcuno con cui condividerlo? Per quanti mesi avevano sperato tacitamente di incontrarsi?

Si fermarono davanti ad una porta, che Levi fu rapido ad aprire. Fece entrare prima il ragazzo, che accettò l'invito, seppur leggermente agitato. Levi chiuse delicatamente la porta, premendo l'interruttore vicino all'entrata e illuminando la stanza. 
Eren si guardò intorno, studiando l'ambiente intorno a sé. Mobilio semplice, pareti neutre, studiata nel minimo dettaglio per non attirare l'attenzione. 
Sentì delle braccia circondargli la vita e le labbra morbide di Levi accarezzargli il collo con gentilezza. Lasciò una scia di baci dal collo fino al suo orecchio, sussurrando:

"La camera da letto è da quella parte"

Il corpo del soldato fu scosso da brividi lungo tutto il corpo, girandosi verso l'uomo alle sue spalle e posando le mani fredde sulle sue guance. Eren chiuse gli occhi, respirando a pieni polmoni la fragranza dell'uomo davanti a lui, beandosi di quel profumo di thè e sapone che lo fece sorridere per l'ennesima volta.
Levi avvicinò il volto a quello del ragazzo, facendo sfiorare i loro nasi. Chi dei due si fosse mosso per primo resta ancora un mistero, ma tutto quello che è possibile raccontare è che una volta che le loro labbra si sfiorarono, tutto si fermò. 
Non sentivano più le grida di coloro che festeggiavano nelle strade, non sentivano più i rumori dei clacson, non sentivano più i dolori dovuti al lavoro; il freddo sostituito da un piacevole calore.

Quando i loro corpi toccarono il letto, tutto quello che li circondava sembrava essere definitivamente scomparso. Esistevano solo loro due, i loro baci, le loro carezze, i sospiri, i gemiti. Le molle del letto cigolavano ogni volta che cambiavano posizione, mentre il sole faceva capolino da dietro le colline, illuminando quel piccolo paesino e i due ragazzi che non avevano dormito per tutta la notte.

~*~*~

Levi fece passare un dito sul petto di Eren, seguendo la linea di una delle tante cicatrice che solcavano il corpo del giovane. Levi non voleva chiedere come se le fosse fatte, voleva solo sincerarsi che il ragazzo davanti a lui non fosse un'allucinazione, un mero miraggio, e quelle cicatrici erano la prova che lui era lì davvero, in carne ed ossa.

"Mi sei mancato" -sussurrò il ragazzo all'orecchio dell'uomo, sorridendo- "Sei riuscito ad aprire il locale che sognavi, finalmente"

Levi alzò lo sguardo verso Eren, fissando i suoi occhietti grigi in quelli grandi e verdi del soldato.

"Già. Te lo avevo scritto in una lettera, ma deve essere andata persa" spiegò il moro posando la testa sul cuscino, continuando ad accarezzare la pelle abbronzata del ragazzo.

"Mi piace come posto. È davvero tranquillo come mi avevano detto. Anche il nome è perfetto" commentò il ragazzo, senza smettere di sorridere.

"Credevo che il nome fosse stupido all'inizio" confessò Levi. Eren rise, scuotendo piano il capo.

"Io invece trovo che sia perfetto" si sporse verso l'uomo, lasciandogli un bacio sulle labbra e posando il mento sul suo petto.

"È finita, vero?"

Eren aggrottò le sopracciglia, non capendo che cosa intendesse Levi.

"La guerra è finita" chiarì il moro, accarezzando la capigliatura folta del ragazzo, facendolo ridere.

"È finita. Magari questa volta l'uomo non ripeterà lo stesso errore" esultò il giovane soldato sorridendo, mettendosi a cavalcioni sul petto dell'uomo. 
Levi si lasciò scappare un sorriso, carezzando i fianchi del ragazzo e pensando a quanto fosse ancora ingenuo e pieno di speranza.

"Hai intenzione di restare nell'esercito?" 
Eren rilasciò un sospiro esausto, posando le mani sul petto diafano dell'altro, carezzandolo a pieni palmi.

"Solo finché le strade non saranno sicure, poi mi ritirerò" rispose infine. Questa scelta non va presa come un atto di codardia, o disonore. Era stata una decisione stranamente difficile da prendere, i due ne avevano discusso a lungo, tra loro e con il Comandane di Eren, Erwin Smith. Erwin aveva accettato solo perché conosceva Levi. In passato, durante la prima guerra mondiale, era stato uno dei suoi sottoposti. Aveva perso tanto e non avrebbe mai permesso a niente e nessuno di portarsi via anche quel ragazzo.

"Poi potresti venire a lavorare all'House se ti va. Mi manca un po' di personale" propose Levi, posando le mani sul collo del giovane e attirandolo a sé per un bacio.

"Ma sì, perché no. Infondo è da molto che non ho più un posto da chiamare casa"

Eren si abbandonò sul petto dell'altro, sentendo il suo corpo sempre più stanco e le sue palpebre farsi sempre più pesanti calarsi sui suoi occhi. Sentiva che non appena i suoi occhi si fossero chiusi si sarebbe addormentato, probabilmente con sogni tormentati e incubi, ma non sembrava importargli più di tanto in quel momento. 
Poco prima di addormentarsi, però, poteva giurare di aver sentito tre parole uscire dalla bocca dell'uomo sotto di sé. Erano poco più di un sussurro, udite poco prima di addormentarsi, rendendo il tutto come un ricordo lontano o totalmente inventato; eppure, il ragazzo era ed è convinto ad oggi, a distanza di settanta anni, di non essersi immaginato nulla, e quel "Bentornato a casa", rimarrà per sempre scolpito nella sua memoria come il più bel momento della sua intera vita. 

^°^°^

Angolo di Budino:

Salve popolo! Per chi avesse già letto la storia, volevo avvisarvi che l’ho postata nuovamente perché sul mio profilo non me la faceva più vedere, come se non l’avessi pubblicata. Perciò, se doveste vedere due storie uguali, fatemelo sapere ^^

Anyway, grazie per essere arrivati fin qui, spero che la storia vi sia piaciuta, se vi va fatemi sapere che ne pensate con un commentino, che fanno sempre piacere

   
 
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