L’ALBA
DI UN NUOVO
GIORNO
Il
modo in cui mi guardava mi faceva diventare
pazza, più pazza di lui. Deglutivo ogni qual volta posava
gli occhi su di me;
non per la paura, ma perché mi procurava delle scariche
elettriche lungo tutta
la schiena. Non riuscivo a riflettere, ero completamente posseduta da
lui,
mentalmente e fisicamente. Il potere psicologico che aveva su di me,
era
inspiegabile. Mi catapultava in una sorta di trance. Quando mi chiamava
con
quel suo tono di voce basso e provocatorio, quando posava le mani sul
mio corpo
o quando mi accarezzava i capelli mettendo sempre una ciocca dietro
l’orecchio.
A lui piaceva tanto quanto me.
Quella
sera aveva appena fatto fuori due degli
uomini del gruppo di un certo Rick. Mi aveva detto esplicitamente di
non uscire
dal caravan. Non avrebbe gradito, se avessi assistito allo spettacolo.
Era
molto protettivo nei miei confronti. Forse anche troppo. Sarei potuta
rimanere
al rifugio, ma lui non mi lasciava mai da sola, quando era via per le
sue
‘commissioni d’affare’.
Una
volta uccise uno dei nostri perché l’aveva
sorpreso a spiarmi mentre facevo la doccia. Prese la sua mazza da
baseball e
gli aprì la testa in due come si fa con una noce di cocco.
Quella volta si
arrabbiò molto anche con me. Disse che avrei dovuto imparare
a chiudermi a
chiave. Gli chiesi scusa, abbassando lo sguardo. Gli occhi mi si
inumidirono
subito. Continuava ad urlarmi contro e, per un breve istante, ebbi
paura, che
però cessò quasi immediatamente non appena
lasciò cadere in terra la sua mazza,
portando così le mani sul mio viso, avvolgendolo.
Di
nuovo quello sguardo così magnetico. Era
diventata droga, per me. Lui era letteralmente la mia droga. Non
riuscivo a
fare a meno di lui e lui non riusciva a fare a meno di me. Mi
baciò quasi con
violenza, spingendomi indietro fin quando non toccai il muro con la
schiena.
Facemmo l’amore lì. In qualsiasi momento, in
qualsiasi posto.
Quando
rientrò nel
caravan, io l’aspettavo seduta sulla branda, a gambe nude.
Posò Lucille sul
tavolino lì vicino. Era completamente macchiata di sangue e
giurai che ci
fossero ancora dei lembi di qualcosa tra il filo spinato.
‹‹Non
voglio che tu
assista a queste scene così violente,
piccola.›› sorrise compiaciuto. Io
sorrisi a mia volta. ‹‹Hai davvero esagerato
questa volta. Non trovi?›› dissi
scherzando. Adorava quando lo punzecchiavo in quella maniera. Mi alzai,
puntando le ginocchia sul materasso della branda e lo guardai
intensamente.
Sapevo
benissimo quanto
fosse pericoloso, sanguinario e del tutto imprevedibile, ma non mi ero
mai sentita
minacciata da lui, a differenza degli altri che ne erano totalmente
terrorizzati.
La
sorta di protezione
che mi stava offrendo, era tutto ciò di cui avessi bisogno.
Ero al sicuro. Non
avevo assolutamente nulla di cui temere.
‹‹Io
non esagero mai,
dolcezza.›› si chinò leggermente e mi
leccò le labbra. Io sussultai.
Quell’uomo, prima o poi, mi avrebbe fatto perdere il senno.
Si
allontanò da me con
riluttanze, prese uno straccio umido e iniziò a pulire la
sua Lucille. Tutto
quel sangue non mi impressionava affatto, ormai mi ci ero talmente
abituata da
quando tutto era iniziato.
‹‹Cristo,
ti rendi
conto che stiamo insieme da quasi tre anni?››
riflettei poi. Mi alzai dalla
branda e mi avvicinai a lui, avvolgendogli le braccia attorno al corpo.
Mi
accoccolai sulla sua schiena e socchiusi gli occhi. Mi lasciai
trasportare dal
suo profumo così intenso. Si mischiava con l’odore
della pelle del giaccone
nero. Alcuni miei ricordi riaffiorarono.
Tre
anni prima.
Una
decina di vaganti
mi stavano alle calcagna, avevo finito le munizioni. Correvo per quanto
riuscissi, visto le condizioni della mia caviglia slogata. Il dolore
era
insopportabile, ma non potevo mollare. Dovevo resistere.
L’istinto di
sopravvivenza andava oltre la soglia del dolore. La mia paura era
quella di non
riuscire a seminarli. Erano davvero troppo vicini.
Il
panico cominciò a
salire quando mi accorsi di non averli solo alle spalle, ma anche di
fronte.
Sbucavano da tutte le direzioni. Provai a tagliare a destra,
intenzionata ad addentrarmi
nel bosco, ma sapevo benissimo che non fosse un’idea geniale,
nelle mie
condizioni. Afferrai il coltello che avevo dentro lo stivale e ne
colpii
qualcuno. Improvvisamente però, mi attaccarono alle spalle
e, in quel momento,
ebbi seriamente paura di essere uccisa. Iniziai a divincolarmi, la
caviglia era
in fiamme ed io avevo solo voglia di urlare dal dolore.
Provai
a colpirli più
e più volte, imbrattandomi di quel sangue marcio che
fuoriusciva dalle ferite
che infliggevo. Degli schizzi mi finirono sul viso, sui vestiti, tra i
capelli.
L’istinto
di
sopravvivenza però, era più forte di ogni altra
cosa. Lottai con tutte le mie
forze, squarciando quella carne putrida che mi schizzava addosso.
Alla
fine, non
ricordo molto; solo che mi accasciai a terra, sfinita.
*
Quando
ripresi
conoscenza, mi ritrovai sdraiata su una branda, all’interno
di un caravan.
Sentivo la puzza di morte sui vestiti.
‹‹Ehi
ragazzina, ben svegliata.›› la prima cosa che
vidi, fu un uomo sulla
cinquantina con una mazza da baseball avvolta dal filo spinato
completamente
ricoperta di sangue. La puliva con un panno umido, come se fosse una
bambina. Mi
guardava con aria curiosa, come se mi stesse scrutando.
‹‹Dove
mi trovo?›› dissi terrorizzata, provando ad
alzarmi. La caviglia
chiedeva pietà. Lanciai un urlo di dolore. Il mio piede era
fasciato da una
sciarpa rossa.
‹‹Sei
nel mio caravan, dolcezza. Eri mezza morta per strada ricoperta da
quella merda, ma… ehi… noto che lo sei
tutt’ora.›› con un cenno del capo
indicò
i miei vestiti, completamente sporchi ed assunse
un’espressione di disgusto.
‹‹Non
ho niente con cui cambiarmi.›› affermai poi.
‹‹Dov’è il mio
coltello?››
L’uomo
si mise a ridere in maniera alquanto sarcastica. Io lo guardai con
un’espressione interrogativa. ‹‹Non
capisco cosa ci sia di così tanto
divertente.››
L’uomo
smise di ridere, ma non di sorridere. Si avvicinò alla
branda e sedette
sulle punte. Mi guardò negli occhi.
‹‹Non
avrai più bisogno di quel coltello, se resterai
qui.››
Non
capii cosa
intendesse anche se il suo tono di voce parve molto più
rassicurante di quanto
potesse sembrare.
‹‹Non
ti conosco nemmeno. Come faccio a sapere che posso
fidarmi?››
L’uomo
riprese a ridere, questa volta con meno convinzione di prima.
Rivolse lo sguardo verso il basso scuotendo il capo e poi lo
riportò nuovamente
ai miei occhi.
‹‹Io
sono Negan. E ti ho appena salvato la vita. Cosa diavolo vuoi di
più?››
Aspettavo
che chiedesse quale fosse il mio nome, ma non lo fece.
‹‹Come
ci sei finita per strada da sola, ragazzina?››
‹‹Ho
un nome. Mi chiamo Valerie. Non sono una cazzo di ragazzina. Sono
abbastanza grande da poter sopravvivere da sola in questo schifo che
sta
accadendo.››
Negan
sorrise. Di nuovo. Cosa diavolo aveva da ridere così tanto?
Iniziò ad
infastidirmi.
‹‹Dovresti
reputarti una persona fortunata, sai? Io solitamente ammazzo la
gente, non la salvo…›› fece una pausa,
si rimise in piedi e portò la mazza da
baseball sulla spalla destra. ‹‹Tu sei davvero
una ragazza fortunata.››
Non
risposi. Ressi il suo sguardo ancora per poco. Dopodiché
cedetti.
‹‹Ti
ringrazio allora, per avermi salvata. Ma non sarò abbastanza
felice se
non mi tolgo questa merda di dosso.›› cercai di
alzarmi dalla branda
sorreggendomi con le braccia ma quando andai per poggiare la caviglia
per
terra, quasi caddi. L’uomo fu pronto ad afferrarmi in tempo,
evitando di finire
sul pavimento e magari, di rompermi anche l’altra.
‹‹Ti
porto al mio rifugio. Lì c’è un medico
e potrà aiutarti con la tua
caviglia. E magari farti anche una doccia.››
Non
appena disse così, i miei occhi si illuminarono. Non facevo
una doccia
calda da troppo tempo.
‹‹Se
hai fame non posso aiutarti. Devi aspettare fin quando non arriveremo
al rifugio.››
‹‹Non
è un problema. L’unico mio pensiero adesso
è trovare dei vestiti
puliti.›› mi distesi nuovamente sulla branda e,
una volta messo in moto il
caravan, tentai di dormire anche se la strada dissestata non giocava in
mio
favore.
*
Quando
arrivammo al suo rifugio, quasi non mi sembrava vero. Mi sporsi, per
quanto mi fosse possibile, fuori dal finestrino e notai quanto fosse
grande.
Doveva essere stato un casolare abbandonato dopo
l’apocalisse. Era circondato
da una rete e legati ad essa, c’erano dozzine e dozzine di
vaganti.
‹‹Serve
a tenere lontano gli altri.›› disse Negan, come
se mi avesse letto
nel pensiero. ‹‹Nascondono il nostro
odore.›› continuò poi. Una volta
fermato
il caravan, mi aiutò a scendere dalla branda. Strinsi i
denti dal dolore ma
questa volta non urlai.
‹‹Ti
prego, portami da questo cazzo di medico. Non lo sopporto
più.›› fece
di nuovo quel suo ghigno divertito. Io roteai gli occhi ma non aggiunsi
altro.
Delicatamente mi sollevò da terra prendendomi in braccio.
Inevitabilmente
intrecciai le braccia attorno al suo collo, per non cadere. Con un
calcio aprì
la porta del caravan.
Quando
scendemmo, mi sentii tutti gli occhi puntati addosso. Decine di
uomini bifolchi mi guardavano come se fossi una preda. Quasi mi
terrorizzavano.
Istintivamente mi strinsi fra le braccia di quell’uomo, senza
mai distogliere
lo sguardo da quello furtivo degli altri.
Negan
percepì il mio imbarazzo e sentii stringermi con
più forza per le
spalle.
‹‹Non
dovrai avere paura di loro. Lavorano per me e fanno tutto
ciò che io
gli dica.›› disse quelle parole con tono
rassicurante ed io iniziai a sentirmi
più tranquilla.
*
Il
medico mi fasciò il piede con una garza medica e mi
restituì la sciarpa
che funse la fasciatura provvisoria.
‹‹Negan
si prenderà cura di te. Quando porta qualcuno al rifugio
è perché
l’ha preso in simpatia. Non ci porta molta gente qui, se non
solo in casi
eccezionali. Sei fortunata.››
‹‹Sì,
mi è stato già detto. Ma ancora non ho afferrato
il concetto del suo
‘salvataggio’. Se mi ha portato qui ci
sarà un motivo vero?››
Il
medico si strinse nelle spalle e si asciugò le mani.
‹‹Signorina,
qui tutto appartiene a Negan, o lo sarà molto
presto.››
Non
sapevo se prendere quell’affermazione in maniera positiva o
negativa.
Annuii e basta.
‹‹Noi
siamo i ‘Salvatori’ e Negan ne è al
comando. Tutti noi siamo Negan,
tutti noi apparteniamo a lui.››
In
quel momento non capii molto il concetto e quindi annuii di nuovo.
Avrei
sicuramente cercato delle risposte dall’unica persona che
poteva darmele. Lui.
Il
dottore mi consigliò assoluto riposo e di non sforzare molto
la
caviglia. Sarebbe guarita nel giro di qualche settimana. Mi
procurò delle
stampelle e mi fu più facile camminare.
Quando
uscii dalla stanza, Negan era fuori ad aspettarmi. Si alzò
in piedi
ed inclinò la testa da un lato.
‹‹Come
ti senti, ragazzina?››
Quel
nomignolo iniziò a darmi sui nervi.
‹‹Ti
ho già detto che ho un nome. Ed è Valerie e mi
pare di averti
accennato che non sono una ragazzina.››
In
quel momento fece la cosa che più gli riusciva meglio. Rise.
‹‹Siamo
molto permalosi ed aggressivi, vedo. Mi piace quando la gente
aggressiva.›› disse poi, puntandomi la mazza da
baseball vicino il viso. Feci
un ghigno di disappunto e provai a fare qualche passo.
‹‹Sarà
un incubo fare la doccia con questa fascia.››
imprecai poi. Indurii
la mascella e volsi lo sguardo verso quell’uomo, in attesa
che mi dicesse
qualcosa o che, come suo solito, mi scoppiasse a ridere in faccia.
Stranamente
non lo fece. Mi aiutò e camminare ma mi scansai dicendo che
ce l’avrei fatta
benissimo da sola. Lui alzò le mani in segno di resa e le
incrociò al petto.
‹‹La
tua stanza è infondo. Troverai degli indumenti puliti sul
letto.››
‹‹Voglio
sapere chi sei, Negan. Perché mi hai detto che tutti quegli
uomini
lavorano per te? Perché vi fate chiamare i
‘Salvatori’ se mi hai detto che
ammazzi la gente?››
Negan
mi guardò con occhi curiosi, come se volessero scrutarmi.
‹‹Fai
troppe domande, dolcezza. Domande a cui non posso darti risposte
adesso. Ora va a darti una sistemata o i miei uomini vomiteranno il
pranzo di
due settimane fa.›› strizzò
l’occhio e, sempre con quella sua dannata mazza da
baseball tra le mani, si allontanò fischiettando una
canzonetta fin troppo
inquietante.
Dovevo
ancora capire chi fosse questo Negan. Di una cosa ero certa, era un
uomo pericoloso e aveva sotto di lui un esercito di
persone…ma non riuscivo
ancora a spiegarmi il perché mi affascinasse così
tanto.
*
‹‹Ti
avevano fatto
arrabbiare, vero?›› dissi staccandomi con
riluttanza dal suo abbraccio. Lui si
voltò verso di me e mi cinse i fianchi da sotto la felpa. Il
contatto delle
mani sulla mia pelle nuda, mi mandò immediatamente in
visibilio. Aveva questo
potere su di me. Un potere che ancora non riuscivo a contrastare. Era
una
calamita per il corpo e per la mente nonostante i nostri ventisette
anni di
differenza, ma tra di noi ci fu subito del feeling. Dal momento in cui
aprii
gli occhi e mi ritrovai sul suo caravan capii che quest’uomo,
sarebbe entrando
nella mia vita e ci sarebbe rimasto.
‹‹Parecchio,
dolcezza.
Oh…e lo sai quanto mi girino le palle quando lo fanno. Quel
Rick ha avuto una
bella lezioncina, e Dio solo sa quante altre gliene farò
imparare…››
Si
tolse la giacca e la
lasciò sulla branda, accanto a Lucille, ormai del tutto
pulita e si accomodò
sul sedile del guidatore. Mi fece segno di sedermi accanto a lui.
Adorava
accarezzarmi la coscia mentre guidava e, ogni tanto, far scendere la
mano in
prossimità dell’inguine e questa cosa mi faceva
diventare pazza. Qualsiasi
posto, in qualsiasi momento. Una volta lo facemmo anche mentre guidava
e la
cosa gli piaceva, anche troppo. A parte qualche vagante fracassato
contro il
paraurti, non ci furono danni. ‘Posso avere un cazzo di
caravan nuovo quando
voglio. Ricordati che tutto questo appartiene a me.’
‹‹Quando
torniamo a
casa, ho voglia di farmi un giro da queste
parti…›› fece scivolare la mano fin
troppo infondo, sfiorandomi là dove il mio piacere cresceva
sempre di più.
‹‹Ci
puoi giurare.››
risposi mordendomi le labbra. Lui si voltò verso di me e
sorrise. Quel sorriso
mi annientava ogni volta. Dalla prima volta che lo fece.
Qualche
settimana dopo essere giunta al rifugio de ‘I
Salvatori’, la mia
caviglia si riprese benissimo. Il dottore mi aveva prescritto degli
antinfiammatori da prendere due volte al giorno. Negan aveva mandato
quattro
dei suoi uomini per procurarmi quelle medicine. Ne tornarono in due. Un
attacco
dei vaganti gli aveva sorpresi. Negan se ne fregò altamente
di aver perso due
dei suoi. ‘Ce ne saranno altri che arriveranno.’
Disse. Il suo primo pensiero
erano i miei antinfiammatori. Dwight glieli porse e lui lo
ringraziò con una
pacca sulla spala.
‹‹Bravo
D! Vedi Valerie, lui è uno dei miei uomini migliori. Fa
tutto
quello che gli dico, e anche alla svelta.›› mi
porse le medicine e ne buttai
due pasticche con mezzo bicchiere d’acqua. Dwight
uscì dalla stanza lasciando
me e Negan di nuovo soli.
‹‹Ora
che mi sono rimessa in forze, vuoi spiegarmi chi
sei?››
Mi
guardò com’era suo solito fare da qualche tempo,
si sedette sulle punte
e mise le mani sulle mie cosce. Lucille era sempre lì con
lui. Sempre. in ogni
momento della giornata. Quel contatto mi provocò una serie
inaspettata di
brividi lungo la schiena. Talmente inaspettati da farmi sobbalzare
leggermente.
Si morse il labbro inferiore e lo umettò con la lingua.
Quella scena mi
catapultò per un istante in una sorta di trance.
Quell’uomo iniziava ad avere
uno strano effetto su di me, e ancora non sapevo in che stato mentale
mi
avrebbe condotta, più in là.
‹‹Zuccherino…io
sono ovunque. Io sono tutto quello che tu vedi qui, sono
tutti quegli uomini che vedi lì fuori…anche tu,
sei Negan, dolcezza.››
In
quel momento non capii cosa intendesse.
‹‹Come
scusa? In che senso…io sono te?››
Rise
di nuovo, questa volta in maniera più sarcastica.
‹‹Nel
senso che tu mi appartieni. Sei mia.
Solo…›› improvvisamente notai
che la distanza fra noi si stava via via accorciando sempre di
più. Il cuore
cominciò a battere forte e il respiro a farsi sempre
più corto. ‹‹…ed
unicamente…›› riuscivo a percepire il
suo respiro sul mio volto. Sentivo il suo
profumo invadermi le narici e i suoi occhi puntati sulle mie labbra.
‹‹Mia!››
inaspettatamente scattò come una molla, aggredendomi
famelicamente le labbra.
Io venni sopraffatta dal suo corpo, trovandomi schiacciata sotto il suo
peso.
Risposi a quel bacio con interesse e con più passione di
quanta no ne avessi
mai avuta. Il desiderio di averlo mi affliggeva e mi tormentava da un
po’. Non
mi sarei mai aspettata una reazione del genere da parte sua.
Iniziò
a toccarmi ovunque, scavando sotto i miei abiti per avere un
contatto con la mia pelle bollente. Iniziò ad ansimarmi tra
le labbra. Il suo
corpo imponente a spingersi voglioso contro il mio. Continuava a
ripetermi che
fossi sua, sua e basta e che avrebbe ucciso chiunque mi avesse mai
sfiorata o
anche solo guardata in modo sbagliato. Questa cosa mi faceva sentire al
sicuro.
Quella
sera facemmo sesso…e non me lo dimenticherò mai.
Quando finimmo, lui
mi avvolse la spalla e mi fece accoccolare sul suo petto. Mi
accarezzava i
capelli e ogni tanto metteva qualche ciocca dietro
l’orecchio.
‹‹Vuoi
sapere davvero chi sono e il perché mi faccia
rispettare?›› disse
poi, rompendo il silenzio. In quel momento la curiosità mi
stava divorando, ma
non mi sembrava più una cosa di vitale importanza.
‹‹Se
vuoi dirmelo, ti ascolterò.›› gli
accarezzavo il petto, disegnandoci
dei cerchi concentrici immaginari. Aveva svariate cicatrici, certe
anche più
grandi e visibili di altre. Sentivo il calore della sua pelle sul mio
viso. Non
mi sembrava vero.
‹‹Ero
un allenatore di baseball.››
‘Ecco
spiegato il fatto della mazza da baseball’. Pensai poi.
‹‹…ma
non è finita qui. Prima che tutta questa merda cominciasse,
avevo una
moglie e un figlio più o meno della tua stessa
età. Dio quanto li amavo, erano
la luce dei miei occhi. Mio figlio era un campione a giocare a
baseball…e
Lucille…Lucille era la sua mazza.›› si
interruppe bruscamente e la voce parve
come strozzata. Temetti che da un momento all’altro
scoppiasse a piangere.
Cercai di rassicurarlo accarezzandogli la testa e posandogli qualche
dolce e
delicato bacio sulla fronte. Chi l’avrebbe mai immaginato che
un uomo così
possente e tenebroso potesse nascondere così tanta
fragilità dentro di sé.
‹‹Mi
hanno portato via tutto quello che avevo. Quando è scoppiata
l’apocalisse, l’esercito fu ingaggiato per portare
in salvo tutti i civili non
‘infetti’. Io non ero stato
morso...ma…›› fece una lunga pausa.
Giurai di aver
visto una lacrima rigargli il viso. Non dissi una parola, aspettai che
finisse
il suo racconto.
‹‹Mia
moglie e mio figlio sì. Vennero morsi entrambi alla
clavicola. Feci
di tutto per salvarli, ma quando l’esercito venne a
prelevarci con forza dalla
nostra casa, non esitarono un attimo a sparare in testa a Sophie e a
Robert.
Davanti ai miei occhi. In meno di tre secondi, mi avevano portato via
tutto
quello che avevo. Tentarono di strattonarmi con forza fuori da casa
mia, mentre
urlavo dal dolore vedendo mia moglie morta in un lago di sangue.
Riuscii in
qualche modo a liberarmi dalla presa del marines e poi…poi
tutto precipitò in
meno di attimo. Afferrai la mazza da baseball di mio figlio e iniziai a
colpire
con ferocia colui che aveva tolto la vita alle uniche due persone che
amavo.
Colpii e colpii fin quando di lui non restò più
nulla. Scappai senza una
meta…fin quando non decisi di mettere su un vero e proprio
esercito dove io ne
ero e ne sono tutt’ora al comando. La gente ha bisogno di un
uomo che sappia
far rispettare le regole, un uomo che incuta paura. O divori, o vieni
divorato.››
Quando
finì di raccontare la sua storia, avevo le guance
completamente
bagnate. Avrei voluto baciarlo e stringerlo più forte che
potevo…volevo dirgli
che per lui ci sarei sempre stata, in qualsiasi momento e che
l’avrei sempre
sostenuto nel bene e nel male.
Stette
per qualche minuto in silenzio, a contemplare il soffitto della mia
stanza, sempre continuando ad accarezzare con le dita la mia schiena
nuda.
‹‹Tu
un po’ me la ricordi mia moglie, sai? Ho rivisto in te la
luce che lei
aveva negli occhi. Quella luce che mi aveva fatto innamorare di lei. Mi
dava
speranza e conforto. Forse, in questo mondo ormai morto, la speranza
è l’ultima
ad andarsene.››
Mi
baciò nuovamente e, questa volta, il sesso fu diverso.
Come
promesso, per
tutto il tragitto tenne la sua mano sopra la mia coscia e ogni tanto
l’accarezzava dolcemente. Quel contatto così
intenso, riusciva a farmi
innamorare di lui ogni giorno di più.
Arrivammo
al rifugio e
senza nemmeno darmi il tempo di scendere, mi prese in braccio,
trasportandomi
come un trofeo fino alla nostra stanza. Gli mordevo il collo, lo
baciavo e lo
lambivo, sussurrandogli all’orecchio tutto ciò che
a lui piaceva. Gli ansimavo
cose che nessuno avrebbe dovuto sentire. Erano nostre.
Spalancò
la porta con
un calcio e la richiuse nel medesimo modo. Si sdraiò sul
letto facendomi finire
sopra di lui. Mi misi subito a cavalcioni su di lui e iniziai a
baciarlo quasi
con ferocia. Lui iniziò a toccarmi i seni, i glutei, a
tirarmi qualche schiaffo.
‘Schiaffetti educativi’, li chiama lui.
‘Ogni tanto hai bisogno di essere
sculacciata, zuccherino.’ Morivo ogni volta che me lo diceva.
Mi
privò della
maglietta e mi slacciò il reggiseno e cominciò a
leccarli dolcemente. Ansimai.
Era capace di stordirmi con un solo gesto. Feci la stessa cosa con i
suoi
vestiti. Lo privai del giaccone di pelle, della maglia e gli slacciai
in fretta
la cintura dei pantaloni. Il modo in cui ansimava mi provocava la pelle
d’oca
praticamente su ogni centimetro del corpo.
‹‹Ti
amo fottutamente,
lo sai?›› ansimò mordendomi le labbra
talmente forte che temetti uscisse
sangue. Iniziò a toccarmi in ogni punto per me troppo
critico, facendo arrivare
il mio piacere alle stelle.
‹‹Ed
io ti amo
maledettamente troppo.›› sussurrai, mentre con un
colpo di reni ribaltò la
situazione, trovandomi nuovamente addosso tutto il suo peso. In vita
mia, non
mi ero mai sentita così tanto a casa come all’ora.
Quando stavo con lui, tutte
le mie paure si smaterializzavano e il timore di essere aggredita era
inesistente. Quell’uomo era diventato la mia ragione di vita.
Quando
ci trovammo
completamente nudi, i nostri corpi iniziarono ad amarsi come nessuno
mai avesse
fatto prima. I nostri respiri erano intensi, corti, e nella stanza
riecheggiavano solo i nostri sussurri.
‹‹Tu…tu
chi sei?››
ansimò vicino al mio orecchio, mordicchiandomi il lobo. Io
gemetti e in tono
quasi soffocato risposi:
‹‹Negan!››
Si
spinse con più forza
dentro di me, afferrandomi le mani e portandole sopra la mia testa. Mi
baciò di
nuovo.
‹‹Tu…a
chi appartieni?››
le spinte erano lente e decise, il mio cuore esplodeva e sentivo il suo
pulsare
forte sul mio petto.
‹‹…A
Negan!››