Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance
Ricorda la storia  |      
Autore: destroyvhvyre    09/11/2016    1 recensioni
"Gerard, questa notte mi manchi, come non mi sei mai mancato.
Non sto esagerando, non lo sto facendo affatto. Ho bisogno sempre di qualcuno, ho bisogno di te.
Raggiungimi. Interrompi le mie sofferenze, questa notte.
Non ti ho mai chiesto tanto, lo sappiamo entrambi.
E adesso mi manchi, e ho bisogno di te.
Corri, corri e raggiungimi.
Perchè questa notte, questa notte ho bisogno di te, e mi manchi.
Perchè avrò sempre bisogno di te, perchè mi mancherai sempre e comunque.„
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Era da molto che non provavo le emozioni che lui mi faceva provare.

Ormai erano sepolte in una parte remota del mio essere, credevo e speravo sempre che quella parte di me fosse completamente morta, ormai.

Volevo crederci, volevo credere che quello che ero prima non esisteva più. 
Che quello che avevo vissuto nel passato ormai era stato corroso dall'odio che provavo, l'unica emozione che ormai riuscivo a provare, l'unica che riuscivo a sentire, forte, fiammante, che mi incendiava il cuore e mi lasciava senza scampo.
Mi ripetevo che il me di prima era morto.
Che non ero più un ragazzino.

Ma sapevo che quella parte di me non era morta.

Ed ero in conflitto con me stesso.
Avrei voluto soffocarmi, avrei voluto soffocare quella parte di me, ma sapevo per certo che senza quella parte non sarei stato più me stesso, sapevo che sarei morto davvero, in tutto e per tutto.
Sarei diventato come una carcassa, un corpo morto senza anima, il fantasma trasparente di quello che ero.

Forse stavo illudendo me stesso e basta. 
Che l'odio era semplicemente un modo per nascondere in modo assoluto la sofferenza, il dolore, la malinconia, la nostalgia, l'amore. 
Che ero rimasto quello di sempre.
Perché le persone non cambiano.
Io non cambiavo.
Potevo invecchiare, i miei ricordi e le mie emozioni potevano diventare logore e ingiallite, ma non sarei cambiato, non sarebbero cambiate.
Non si può cancellare quello che è stato marchiato a fuoco.
Perché questo erano tutte le cose che avevamo provato, tutte le cose che avevamo fatto:
Erano fuoco.
Ed ero rimasto bruciato, ed ero rimasto segnato.
E non avrei mai desiderato altro.

Però quel marchio non lo volevo più.
Era svantaggioso, era svantaggioso per me.
Mi ricordava cose che mi portavano sempre più giù nel baratro.
E non importava quanto giù io potessi andare, la mia tristezza mi cullava, i ricordi mi accompagnavano dolcemente, cantando amabilmente, ed era una melodia che non avrei voluto abbandonare mai più, perché era stata quella stessa melodia a tenermi in vita, a darmi uno scopo.
E ora lo scopo non ce l'avevo più. 
Mi era rimasto solo un segno, un marchio.
Triste, indelebile, inconfondibile.
Potevate aprirmi il petto e guardarmi dentro, se avreste guardato il mio cuore, ve ne saresti accorti.
Portava i segni di un cuore che aveva provato l'amore.
Portava i segni di un cuore che si era innamorato. 
Che aveva amato fino alla fine. 
Che amava ancora. 
Perché non avrei smesso mai di farlo.

Quell'odio, era solo la seconda faccia di quel mio amore.
La parte amara e triste, arida.
Nessuno sarebbe mai stato abbastanza.
Sarei rimasto triste e arido fino alla fine di ogni cosa.
E forse me lo meritavo, forse era giusto così, non lo so. 
Non sapevo perché mi era successo tutto quello che mi era successo.
Non sapevo perché mi ero esposto così tanto.
Ne avevo bisogno? 
Avevo davvero bisogno di quel cuore ferito che mi ritrovavo? 
Perché prima non era ferito. 
Prima pompava sangue e adrenalina.
Pompava vita.
Ma ormai era solo un relitto, era solo un fiore appassito, appassito come me, come le emozioni che tentavo di seppellire sotto strati immensi di odio.
Mi distruggeva.
L'avevo sempre saputo. 
L'odio distrugge.
Ma era l'unico modo che conoscevo per continuare ad andare avanti. Odiare. 
Avrei odiato finché non sarei caduto completamente a pezzi.
E sarebbero stati pezzi che non avrebbero più trovato il loro posto, non si sarebbero riaggiustati. 
Non avrei lasciato altra scelta a me stesso.
Perché se non potevo avere quello che volevo, allora non volevo nient'altro.
Preferivo distruggermi a causa di qualcosa che mi ingannava.
Preferivo ingannarmi fino alla fine di tutto.
Perché era l'unico modo in cui il mio cuore avrebbe continuato a battere.
Ferito e appassito, ma avrebbe continuato. 
E io non volevo abbandonare la mia realtà.
Non volevo abbandonare i miei deludenti, illusori, dolci ricordi.

Io stesso ero la più grande farsa che avessi mai creato.
Portavo dentro quello che 
odiavo, quello che amavo, quello che mi faceva alzare ogni giorno dal letto. 
Era il mio amore.
Il mio odio.
Bruciavano.
Mi infiammavano.
E diventavo sempre più asciutto, sempre più arido, bruciavo e non mi spegnevo, bruciavo e nessuno spegneva il mio fuoco.
Così continuava a bruciare, continuava ad incenerire tutto.
Finché di me non avrebbe rimasta solo una dimora vuota, rotta, bruciata dall'interno.

Ero rimasto solo.
Ero rimasto solo a combattere contro quell'immensità che erano le mie emozioni.
E non potevo fronteggiarle, non potevo zittirle, perchè infondo sapevo di non volerlo fare.
E non si fa mai niente, quando non si vuole fare niente.
Io ero così.
Non volevo fare niente per migliorare.
Volevo bruciare ancora, volevo distruggermi ancora.
Era l'unica cosa che mi era rimasta. 
Perché avevo tanto, intorno, ma niente sarebbe mai stato abbastanza, niente sarebbe stato uguale a quello che il mio cuore produceva, quello che tentavo di distruggere.
Non avevo bisogno di un amore che non potevo condividere.
Non avevo bisogno di un'emozione enorme, ma che non poteva essere lasciata libera.

E io quell'amore non lo volevo più, perché sapevo che mi avrebbe accompagnato per sempre, sapevo che per sempre mi avrebbe distrutto, per sempre mi avrebbe fatto amare, per sempre mi avrebbe donato qualcosa che non mi avrebbe mai lasciato libero.
Che un cuore distrutto si ripara in due, e io, da solo, il mio non potevo ripararlo, non volevo ripararlo. 
Perché volevo il secondo pezzo mancante, quello che mi mancava per ripararlo. 
Volevo che quel secondo pezzo mancante tornasse da me, che mi aggiustasse.
E avrei aspettato. 
Avrei aspettato che il mio pezzo mancante tornasse, avrei aspettato fino a quando la vita non avrebbe abbandonato il mio corpo, avrei aspettato che il mio cuore ritornasse vivo, che il mio amore venisse dato alla persona per cui bruciavo, la persona che mi aveva ridotto in quel modo, logoro e consumato, che il mio amore venisse condiviso con la mia parte mancante.

Perché questo era. 
Garard, Gerard era la mia parte mancante.
Quello che mi mancava per essere di nuovo sano, vivo.
Che senza di lui sarei rimasto per sempre un'ombra, che senza di lui bruciavo e mi stavo consumando. 
Non volevo più farlo.
Non volevo più consumarmi, perché lui non c'era, perché ero stato abbandonato, e la fiamma che portavo ancora dentro mi ricordava di lui, di noi.
Non mi sarei spento.
E lui lo sapeva, lo sapeva bene, e lo sapevo anche io.

Sapeva anche che sebbene facesse finta di non bruciare più, quel fuoco non si era spento.
Perché i ricordi rimangono, come rimaniamo noi, fino a che non siamo al cospetto della morte, e allora là tutto ci abbandonerà davvero, per sempre. 
Ci abbandoneremo, i ricordi ci abbandoneranno. 
Ma noi eravamo ancora lì, e i ricordi c'erano pure.
Quindi avremmo bruciato, avremmo bruciato fino alla fine.
Non importa se lui non se ne rendeva conto.
Non importa se pensava che io ero solo un povero illuso,
non importa se pensava di essere felice e soddisfatto.
Io sapevo che a causa sua sarei stato torturato fino alla fine, e non c'era tortura più dolce, non c'era punizione più gradevole.

Solo che delle volte mi rendevo conto di quanto ero arrivato giù. 
Mi rendevo conto che già da tempo avevo toccato il fondo, e ormai stavo scavando sempre più in giù, stavo scendendo sempre più giù dentro l'Inferno che io stesso costituivo per me.
Stavo scavando dentro di me, arrivavo in posti che non pensavo di conoscere, sentivo cose che pensavo non esistessero. 
E diventavo sempre più buio, mi eclissavo sempre di più in cose passate, in cose che conoscevo, in cose che non mi rendevo conto di sapere, quando la mia mente e il mio cuore già sapevano tutto.
Che ero stato ingannato dalla realtà, ero stato ingannato da lui, ma anche da me stesso.
Perché avevo avuto tante possibilità. 
Se solo avessi voluto, avrei potuto fare finire tutto. Avrei potuto allontanarlo. Ma non volevo. 
Perché con lui il mio cuore viveva, i miei polmoni finalmente respiravano aria pulita.
Ma era tutta una trappola, e se nel passato vagavo nelle vette più alte, adesso crollavo sempre più in giù, negli scuri abissi della mia anima ormai ridotta in cenere, ormai spezzata, crollata al suolo e in declino.

 

Però io non mi ero arreso. 
E quella notte ero lì, ed eravamo vicini. 
Lui non lo sapeva, ma io sì.
Forse il destino per una volta aveva deciso di essere clemente, forse le nostre vite non erano destinate ad allontanarsi completamente e per sempre.
Un suo nuovo tour.
Una data prevedeva anche il New Jersey...all'inizio non ci avevo pensato.
Ma poi avevo riflettuto, e giorno dopo giorno mi ero lasciato andare al volere del mio cuore afflitto e ferito.
E avevo acquistato un biglietto.
E avevo viaggiato per chilometri, solo in macchina, i miei pensieri e i miei ricordi mi avevano fatto compagnia finché non ero arrivato nel luogo del suo concerto.

Avevo deciso di entrare, avevo comprato il biglietto, ma appena arrivato lì non ce la feci, ad entrare.
Quindi rimasi semplicemente in fila, ma alla fine non entrai. 
Sapevo che non avrei mai retto. 
Come tutte le altre volte mi ero illuso, ancora e ancora.
Provavo solo una cosa: delusione.
Ero deluso da me stesso. 
E dalla mia patetica vita, tutti i ricordi mi colpivano in faccia, mi calpestavano il cuore senza pietà.
Ero deluso da tutte le cose belle che mi erano successe, ma ormai erano diventate solo incubi scuri e bui.
Rimasi seduto su un marciapiede umido a causa del freddo, al bordo della strada, mentre sporadicamente qualche macchina passava.
Era tardi, non c'era praticamente nessuno per le strade. 
Pensavo a Jamia, e ai miei figli.
Jamia e i bambini erano una questione delicata, per me.
Senza dubbio li amavo, avrei fatto di tutto per loro, ma non potevo di certo nascondere di essere profondamente insoddisfatto.
Il mio cuore bruciava per qualcun altro, bruciava per lui. 
Avevo inventato una bugia, avevo detto a Jamia che dovevo incontrare un certo tizio della casa discografica per cui lavoravo, ma ovviamente erano tutte balle.
Non potevo di certo dirle che stavo andando da Gerard.
In primis perché si sarebbe stranita: io e Gerard non parlavamo da praticamente due anni. 
In realtà anche io ero rimasto sorpreso da me stesso, non avrei mai pensato di fare una pazzia del genere.
In sintesi aveva solamente sprecato soldi, ero un codardo.
Mi strinsi dentro il mio cappotto pensate e largo, mentre sentivo note lontane arrivare attutite e affievolite. Fortunatamente udivo solo musica, e la voce di Gerard non arrivava fino a me. 
Avrebbe contribuito a distruggere definitivamente il mio cuore, e non avevo bisogno di altri pezzi sparsi.

Tirai fuori da una tasca del mio cappotto il mio pacchetto di sigarette quasi finito, e ne tirai fuori una. 
Avevo provato molte volte a smettere di fumare, ma avevo sempre fallito miseramente. 
Il fumo era una di quelle cose a cui mi appigliavo, il fumo e la musica erano le cose principali a cui facevo affidamento. 
Accesi la mia sigaretta, me la portai alla bocca e aspirai il fumo. 
Ero un disperato.
Chissà cosa dovevo sembrare, da lontano.
Un disperato senza speranza.
Perché io la mia speranza l'avevo persa da tempo, e non ero più riuscito a ritrovarla.
Ma una sottile ombra ferita ha davvero bisogno di speranza? 
La risposta è no.
Cosa dovevo farci con la speranza, quando ogni parte di me era già caduta in miseria da tempo? Nulla, non c'avrei fatto proprio nulla, con la speranza.

Non riuscii a fare caso a quanto tempo rimasi lì seduto, al bordo della strada, era sempre più tardi e io ero sempre più stanco e deluso e ferito. 
Mi accorsi solo dopo che la musica ovattata aveva smesso di arrivare alle mie orecchie. Infatti c'era silenzio, ormai.
Rimasi spaesato per un paio di minuti, poi mi alzai quasi barcollando. 
Mi sentivo un povero ubriaco. 
Ero ubriaco di dolore, ero immerso in una pozza di dolore e la cosa più bella era che il mio cuore lì dentro ci sguazzava felicemente.
Alla fine pensai che c'ero abituato. 
Perché erano stati pochi i momenti di serenità, nella mia vita.
E andava bene così, probabilmente.
Rimasi fermo sul posto, il palazzetto piuttosto grande in cui Gerard aveva suonato era lontano da me qualche metro, riuscivo a vedere in lontananza la gente che andava via. 
Sembravano tutti felici, molto probabilmente avevano ricevuto un abbraccio e un autografo da Gerard, e riflettei che anche io volevo qualcosa da Gerard.
Volevo indietro la mia libertà. 
Ma ne Gerard ne nessun altro sarebbe stato capace di ridarmela.
Era persa, da tempo.
Si era persa nel momento stesso in cui avevo poggiato gli occhi su il viso giovane del Gerard beffardo di molti, molti anni prima.
Riuscii a risvegliarmi e smisi di guardare la gente che defluiva verso l'uscita di quel palazzetto. 
Velocemente tirai fuori il telefono dalla tasca destra dei miei jeans, e scrissi un breve messaggio a Jamia, in cui le dicevo che sarei tornato presto. 
Non volevo farla preoccupare, era già tardi, ed era meglio avvisarla. 
Riportai i miei occhi verso l'uscita del palazzetto, adesso erano rimaste pochissime persone, tutti erano andati via.
Mi decisi a camminare in avanti, e non riuscivo a fermare i miei pensieri veloci e taglienti. 
Gerard, questa notte mi manchi, come non mi sei mai mancato. 
Quella frase continuava a ripetersi nella mia mente, il sapere che lui era vicinissimo a me mi stava dando alla testa. 
Non sto esagerando, non lo sto facendo affatto. Ho bisogno sempre di qualcuno, ho bisogno di te.

Raggiungimi. Interrompi le mie sofferenze, questa notte. 
Non ti ho mai chiesto tanto, lo sappiamo entrambi
E adesso mi manchi, e ho bisogno di te. 
Corri, corri e raggiungimi.
Perchè questa notte, questa notte ho bisogno di te, e mi manchi. 
Perchè avrò sempre bisogno di te, perchè mi mancherai sempre e comunque.

Tutte quelle parole si ripetevano, le frasi si susseguivano in ordine sparso, il mio cuore tremava e la mia anima vibrava.
Arrivai vicino l'uscita del palazzetto, e proprio mentre passavo in mezzo alle ultime persone rimaste lì davanti, riconobbi un volto che fece crollare definitivamente gli ultimi pezzi della mia anima, che erano rimasti attaccati tra loro.

Quegli occhi, oh, quel viso. 
L'avrei riconosciuto in mezzo altri mille.
Stava autografando un cd ad una ragazza, che sembrava gasatissima.
Mi fermai senza neanche rendermene conto, e mi avvicinai solo di qualche passo.
Pensavo di essere al sicuro, che non si sarebbe accorto di me. 
Ma non c'era praticamente nessuno, in quel marciapiede, oltre quella ragazza che aveva appena avuto il suo cd autografato, e se ne stava andando tutta allegra. 
Gli occhi di Gerard sbatterono contro i miei, venni scosso dalla testa ai piedi.
Vidi negli suoi occhi il timore e la confusione. 
Sapeva tutto quello che sapevo io, ne ero sicuro. 
Sapeva di avermi ridotto in briciole il cuore, lo sapeva. 
Rimasi fermo, non sarebbe andato via, non poteva.
Perché io sarei rimasto lì fermo, e lui non poteva abbandonarmi per scappare ancora, come aveva fatto sempre in passato.
Adesso io ero lì, e lui non aveva altra scelta.
Si avvicinò con passi timorosi, più si avvicinava, più sentivo una strana sensazione crescere dentro il mio petto.
Il suo viso non era giovane come una volta, sicuramente non era più un ragazzino, ma rimaneva lo stesso bellissimo, sarebbe rimasto per sempre bellissimo, e per sempre quel viso avrebbe avuto la capacità di incantarmi e bloccarmi dietro le spessissime catene che i miei sentimenti costituivano. 
-Cosa...cosa ci fai qui?- mi chiese, sembrava a corto di fiato e parole.
-Non si saluta?- borbottai sarcastico.
Scosse leggermente la testa, come se volesse essere sicuro che ero davvero io ed ero davanti a lui. 
Mi dispiaceva per lui, ma sì, ero davvero io, e avrebbe dovuto fare i conti con tutte le cose oscure che i miei occhi nascondevano.
Perché lui sapeva leggere i miei occhi, sapeva farlo ancora. 
E il peso dell'oscurità che portavo dentro di me e che si mostrava dietro i miei occhi sarebbe arrivata come un peso insostenibile a lui. 
Mi sarei liberato.
-F-frank...- balbettò, guardandomi come se fossi stato la cosa più dolorosa che in tutta la sua vita avrebbe dovuto affrontare. -sei venuto qui per me?- improvvisamente sembrava davvero tristissimo, era completamente diverso dal Gerard che avevo visto con quella sua fan.
Era il vero Gerard.
E io ce l'avevo davanti.
-Avevo comprato un biglietto, ma non sono entrato a vederti. Non avrei retto.- confessai senza troppa fatica, perché non ero abituato a mentire a Gerard.
I suoi occhi divennero acquosi, giurai di riuscire a vedere la guerra che in quel momento dentro di lui stava infuriando. 
Potevo benissimo indovinare le domande che stavano attraversando il suo cervello: 
Che faccio? Lo lascio qui e me ne vado?

Che faccio? Mi lascio andare?

Per un secondo la sua tristezza sparì, probabilmente la prima parte del suo essere, quella che indossava quella maschera di felicità e soddisfazione stava prevalendo, ma poi tutto cambiò, i suoi occhi tornarono tristi e acquosi, e velocemente mi afferrò per la manica del cappotto, e mi trascinò verso un posto buio della strada, in un vicoletto.
Quando mi lasciò rimase lo stesso impassibile, ma io non riuscii più a trattenermi: mi avvicinai a lui, e lo abbracciai, con così tanta veemenza che finimmo contro il muro sporco alle spalle di Gerard. 
Il suo profumo arrivava alle mie narici forte e inebriante, lo stringevo fortissimo, avevo quasi paura che da un momento all'altro sarebbe potuto sparire. 
Ricambiò il mio abbraccio, e questo non me lo sarei mai aspettato.

L'ultima volta che avevamo parlato, avevamo litigato, e avevamo smesso di parlarci, dopo che avevamo provato a riallacciare i rapporti, ma senza riuscirci. 
Il nostro fuoco consumava tutto così in fretta che anche noi ne rimanevamo bruciati.

-Perché? Perché sei venuto?- mi chiese, mentre continuavamo a stare abbracciati, attaccati al muro.
Il mio cuore finalmente riceveva e immagazzinava il calore giusto, quello che mi era mancato per tanto tempo. 
-Perché mi mancavi. Perché continuavi a mancarmi. E il mio cuore senza te non regge.- a quel punto Gerard si stacco da me bruscamente, e mi guardò, come se tutto d'un tratto non mi riconoscesse. 
-Non devi dire così. Non va bene. Devi dimenticare.- disse in un sussurro, e io lo guardai, tra il sorpreso e l'arrabbiato. 
-Dovrei dimenticare? Come hai fatto tu, che ormai mostri solo sorrisi falsi?- sapevo che con quelle parole stavo toccando il tasto dolente, ma se lui non riusciva a rendersene conto allora io gli avrei fatto capire come stavano le cose. -dimmi la verità, Gerard. Tu volevi davvero dimenticare? Il vero te, il vero Gerard. Voleva dimenticare? 
-Non lo so...- rispose con la voce ancora più bassa, come prossimo al pianto.
E anche a me veniva da piangere.
Eravamo lì finalmente, di nuovo assieme, e piano piano iniziai a capire che quell'incontro non mi avrebbe salvato come speravo. 
Probabilmente mi avrebbe reso ancora più a pezzi, se possibile. 
Quindi cercai l'ultimo appiglio disponibile, l'unica e l'ultima cosa che per un po' mi avrebbe davvero salvato: la sua bocca.

Mi avvicinai a lui senza pensarci troppo, e all'inizio fece per spingermi via, ma era palese che non volesse davvero farlo.
Avanti, Gerard, lasciati andare. Torna per un po' il Gerard che sei sempre stato. Pensai, mentre andavo sempre più vicino al suo viso.
Ad un certo punto smise di fare resistenza, e le nostre labbra finalmente trovarono contatto.
Sentii tutte le forze abbandonarmi, per un secondo, mi sembrò che il fuoco che bruciava il mio cuore si stesse estinguendo. 
Subito dopo dovetti smentirmi, perché con il triplo della forza sentii il cuore andare a fuoco, condividevo il mio calore e Gerard condivideva il suo. 
Mi aggrappai ai suoi fianchi e alla sua bocca, come mai avevo fatto nel passato.
Mi spinsi sempre di più verso il suo corpo, schiacciandolo verso il muro e facendo entrare la mia lingua dentro la sua calda e accogliente bocca.
Solo quando lo baciai mi resi conto di quanto mi mancasse farlo.
Nel passato passavamo ore a baciarci, stesi nel letto di qualche camera d'hotel. E tutto quello mi mancava come l'aria. 
Gerard mugolò qualcosa, e si staccò da me, guardandomi con quei suoi occhi ora stanchi e tristi. 

-Io volevo dimenticare.- disse, lentamente, come se ancora dovesse risvegliarsi dal bacio. -ma me ne sono pentito.- non volevo sentirlo parlare, non volevo sentire la sua voce, perché il sentirgli dire la verità distruggeva ogni pezzo rotto che il baciarlo ricomponeva. 
Scossi la testa, mentre una lacrima scendeva lentamente giù, sulla mia guancia. 
Non volevo piangere, però finalmente avevo la possibilità di lasciarmi andare, soprattutto davanti Gerard.
-Baciami. Baciami ancora.- mormorai, allontanandomi di un piccolo passo da lui. 
Subito dopo, sorprendendomi, mi prese per il polso e mi avvicinò a se, baciandomi di nuovo, esaudendo la mia richiesta. 
Ecco, quello era l'unico momento in cui potevo dire di essere vivo.
Per il resto, ero solo un mucchietto di ossa, deteriorato dai ricordi e dall'odio che provavo per l'amore che albergava dentro di me. 
Con il pollice della mano destra asciugò la lacrima solitaria che era caduta giù, eravamo fronte contro fronte, e nessuno parlava, c'era silenzio.
-Ed adesso che farai? Dimenticherai di nuovo?- domandai, guardando i suoi occhi cambiare di espressività ogni secondo che passava.
Prima sembrava arrabbiato, poi triste, poi addolcito, poi rallegrato, e poi di nuovo triste, e così via. 
-No.- mi rispose semplicemente, ma io sapevo che non sarebbe andata in quel modo. Avrebbe cercato di seppellire anche quello. 
Perché lui era fatto così, era orgoglioso, e non gli piaceva soffrire per colpa di altri, soprattutto non gli piaceva darlo a vedere. 
Avrebbe cercato di dimenticare, avrebbe provato a soffocare la sofferenza. L'avrebbe sempre fatto.
Ricordate? Le persone non cambiano.
Neanche Gerard l'avrebbe fatto, e nemmeno io, non avrei mai smesso di struggermi per qualcosa che non potevo ottenere. 
Sorrisi leggermente, ma ero solamente sconsolato, in realtà.
I suoi occhi mi chiedevano perché ridevo, i miei occhi non risposero, allontanai lo sguardo, staccandomi da lui. 
Era ora di andare, e io non volevo prolungare la mia maledetta sofferenza.
Sicuramente Gerard avrebbe seppellito la sua, di sofferenza, avrebbe mentito con altri sorrisi, avrebbe negato come un infedele, ma io non ero così. 
-No, Frank, ti prego.- supplicò, guardandomi con i suoi occhi chiari di nuovo acquosi. 
Venne scosso da un singhiozzo, e io per un attimo rimasi imbambolato, non ci credevo, quasi.
Dopo di che mi fiondai direttamente verso di lui, e lo abbracciai di nuovo, e mi sentii al sicuro di nuovo. 
Perché i cocci sparsi del mio cuore ritrovavano posto solo in quel modo.
-Anche tu...mi sei mancato anche tu.- disse tra qualche singhiozzo che lasciava la sua bocca. -mi dispiace così tanto, per tutto.- non risposi, mi limitai a tenerlo stretto, non volevo crollare di nuovo anche io. 
-Devo davvero andare.- sussurrai, con voce dolce. Sciolsi l'abbraccio, e invece avvicinai di nuovo la mia bocca alla sua. 
Sentivo le sue guance bagnate, mentre, come nel bacio precedente, la nostra passione tornava ad accendersi. 
Infilai le mie dita in mezzo ai capelli di Gerard, tirandoli, stringendoli tra le mie dita, e finsi di starmi fondendo a lui, di stare diventando parte di lui, così non avrei dovuto più abbandonarlo.

Rendimi il tuo fantasma, Gerard. Uccidimi, distruggimi, e poi lasciami vivere per sempre dentro di te.

Mi godetti la sensazione delle nostre lingue intrecciate, perché probabilmente sarebbe stata l'ultima volta che avrei provato una cosa del genere, come ai vecchi tempi.

Poi mi allontanai lentamente dal suo viso, gli asciugai le lacrime e lo guardai, sorridendo tristemente.
-Sei bellissimo.- gli dissi, e anche lui sorrise. 
Eravamo tragici. 
La nostra storia era tragedia. 
-Anche tu, Frankie.- da quant'è che non mi chiamava Frankie? Mi era mancato anche quello. 
-Devo andare.- ripetei per la terza volta, continuavo a dirlo ma stavo semplicemente cercando di costringere me stesso ad allontanarmi. 
Prima che potessi allontanarmi del tutto, Gerard mi avvolse in un ultimo abbraccio, e io mi crogiolai nel calore che i nostri corpi vicini creavano.

Poi quasi con urgenza uscii da quel vicolo, e tornai in strada.
Mi guardai intorno, spaesato.

Ero più trasparente e vuoto di prima. 
Avevo dato altro a Gerard, e più gli davo più io rimanevo vuoto. 
Ma non importava. 
Gli avrei dato anche tutta la mia anima se me l'avesse chiesto. 
Era il mio punto debole, la causa per cui avrei lottato fino alla morte, l'amore che avrei conservato per sempre.

Iniziai a camminare verso la macchina, mi sentivo leggero e inconsistente. 
Gli avevo chiesto, silenziosamente, di rendermi il suo fantasma. 
Ma lui non mi aveva portato con se, non mi aveva reso suo, così piombai nella realtà con più impeto che mai. 
Quello che era successo era la fine di ogni cosa.
Noi, noi eravamo la fine di ogni cosa.
E l'inizio di altre mille.
Ma avrei sempre cercato le sue mani nel buio, avrei sempre cercato i suoi occhi in posti dove non li avrei trovati, avrei sempre pensato a lui, l'avrei sempre desiderato.

Perché era lui che mi mancava, e nessun altro. 









Angolo Autrice:
salve.
okay, è la prima volta che scrivo uno spazio autrice qui su efp ahaha omg

ho scritto questa os qualche settimana fa, come avrete notato è uscita fuori una roba enorme, ma devo dire che tengo davvero molto a questa oneshot, visto che le ho dato tutta me stessa. 
volevo precisare che la parte iniziale è più che altro una riflessione di Frank. 
ci tengo a dire anche che penso di avere scritto la verità;
mi spiego. non che io sappia la verità sulle frerard theories, vorrei saperla, la verità, ma putroppo nessuno la saprà mai.
ma da quello che possiamo dedurre dalle parole di Frank...dalle sue canzoni... da tutto quello che è frerard, non so... dico solo che questa os è anche frutto di tutto quello che tutte quelle canzoni e tutte quelle parole mi hanno ispirato, tutto quello che è arrivato a me.
sento di aver scritto le cose per come le pensa davvero Frank, riguardo quello che potrebbere essere successo con Gerard.
vabbeh sì non so proprio spiegarmi.
comunque, spero che questa os vi piaccia, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate!
(ps.correggerò eventuali errori il più presto possibile.)

xoxohiz
 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance / Vai alla pagina dell'autore: destroyvhvyre