L’etere
azzurro, riflesso di una serenità che li non esisteva, quel
giorno non appariva
neanche
per offrire una vaga speranza agli abitanti della terra.
Quel
giorno, il cielo si stendeva impietoso sul mondo con una luce
grigiastra e
quasi inconsistente, reale riverbero del punto senza ritorno in cui
stava
annegando il pianeta.
Quanta
gente poteva essere rimasta su quello stanco mucchio di sassi.
Quattro
milioni? Qualche ottimista avrebbe affermato cinque…
Cinque
milioni di persone che ormai erano solo l’ombra di popolo del
passato.
Sentiva
il fischio insistente dell’aria attorno a lui che si piegava
alla sua velocità.
Sorvolavano un cimitero in quel momento.
Una
distesa di lapidi vuote e mute nelle quali i posteri non avrebbero mai
riconosciuto
a quali morti fosse dedicato l’onore funebre, ne lo avrebbero
mai sospettato. Trunks
immaginava che, se per qualche motivo i cyborg avessero voluto
conservare il
pianeta, non ne avrebbero mai capito il senso, forse lo avrebbero visto
come
uno sciocco bisogno umano di riviere il passato.
Reggersi
a bei ricordi, sfiorare per un attimo il gusto di una
felicità passata per poi
piangerla, stupido no?
Ma quando
dietro di te lasci il dolore e davanti a te vedi di essere distinato ad
un
futuro immutato senza nulla di intatto a cui aggrapparsi non si ha dove
sbattere la testa. Immaginava anche la lapide di sua madre, tra quelle
tante, ugualmente indistinta, irrilevante, senza inciso il suo nome.
Ritornò
sulla terra, coi pensieri e con il peso. Suo padre gli stava davanti
con quella
sua gigante aura fulgida e smisurata di potere.
Vegeta si
era autoimposto l’obbiettivo di crescerlo nella forza Sayan,
per onorare la sua
stirpe, e
riscattarlo dalla debolezza
congenita dei terrestri.
Evidentemente
non si accorgeva del significato contorto che aveva la parola
“ reale” e “
potere” per un bambino di dodici anni.
Non si
sarebbe certo accollato tutti gli adempimenti che spettavano a una
madre. Era
il suo maestro, il suo mentore, la figura austera dalla rigida
lucidità e dal distacco
insofferente, in lui Trunks vedeva tutto questo.
Ma sua
madre rimaneva un’essenza quasi mitica di un affetto
più esplicito, di
adolescenza e brio. Per nulla associabile al padre. Il polo opposto di
Vegeta.
Tentava
di decodificare il ruolo di una madre dalla figura di Chichi, a cui era
stato
affidato. Era stata Chichi a volerlo in casa, a sottrarlo alla
selvatichezza a
cui Vegeta lo avrebbe abbandonato.
Prontamente
gli aveva reciso la coda eliminando conseguentemente tutte le minacce
del
gorilla della luna piena.
La
predisposizione materna di Chichi si rivelava molto comoda per il
Sayan:
finalmente la famiglia di Kakaroth serviva a qualcosa.
-Come era
mamma?- chiedeva spesso il piccolo.
Chichi
stendeva il bucato, e sospirava.
-Bella,
Trunks…bella e intelligente-
Trunks
ancora in tenera età sbatteva le palpebre.
-E papà?-
All’epoca
di queste innocenti domande Vegeta si era dettato un esilio dedicato ad
allenamenti sfiancanti e mortali quasi avesse in odio
l’immobilità; doveva
sempre sovrapporre ferite alle altre, in una solitudine che si imponeva
con
piacere, per non essere costretto a partecipare alla molle ed insulsa
vita del
pianeta.
A quel
punto Chichi sbuffava.
-Tuo
padre?-
Si
inginocchiava per prendere altri panni dal cesto.
-Tuo
padre è un guerriero…- a quel punto mormorava tra
i denti abbastanza piano
perché
Trunks non sentisse.
-Pazzo
furioso-
Il
piccolo si allontanava di qualche passo, turbato dai toni negativi della
balia.
-Ci verrà
a trovare…?- mormorava temendo di scatenare le spinte
reazioni violente.
Chichi sbuffava di nuovo.
-Non lo
so Trunks-
Ma Vegeta
non veniva a trovarli.
Il
piccolo tendeva a considerarlo morto.
Non
sarebbe tornato per venire a conoscerlo e prenderlo per portarlo via
dal
torpore sonnolento della vita emarginata nei confini entro cui Chichi e
Goahn
vivevano non facendo nulla per evitarlo.
Quella di
Chichi era solo una sporca subdola bugia. Ormai non aveva
più legami di sangue a
cui riconoscersi, e Chichi voleva evitargli di pensarlo, per renderlo
felice,
poiché gli voleva bene.
Divenne
un bambino silenzioso e serio.
Giocava
con Gohan, ma a lungo andare si annoiava e lasciava per terra i
giocattoli
mezzi distrutti con le braccia inerti lungo i fianchi a fissare il
pavimento in
intense contemplazioni.
Un giorno
alzò la testa di scatto.
-Insegnami
a fare a pugni- sbottò contro Gohan.
Prese a
fare semplici esercizi colpendo gli alberi con il pugno ben chiuso come il suo maestro gli aveva
fatto vedere.
Un giorno
ne sradicò uno al primo colpo e non contento prese a farlo a
pezzi con stoccate
rapide.
Gohan
dovette strapparlo via dalla pianta a forza e pregarlo di risparmiare i
restanti.
Per
esercitarsi prese a fare a pezzi tutto ciò che gli sembrava
abbastanza resistente
da poterlo impegnare più di qualche secondo.
Saltava,
tentando di scavalcare il tetto della cupola: e ci riuscì.
Si
avventava su Gohan ogni volta, supplicandolo di combattere con lui.
Un giorno
che aveva accettato lo abbatte con molta facilità.
-Mi stai
facendo vincere!- gli puntò il dito contro accusandolo.
Si lanciò
ancora verso di lui saltandogli addosso e cominciando a prenderlo a
pugni. Il
ragazzo si lasciò colpire evitando i pugni diretti in
faccia, poi gli fermò i
piccoli pugni nei palmi della mano e lo costrinse a stare fermo.
-Visto!-
Percepì
una vaga elettricità lungo la spina dorsale che si
allargò a tutte le ossa fino
alla punta delle dita.
Gohan gli
insegnava a trovare la concentrazione per canalizzare
l’energia delle sue
cellule in quelle luminose sfere di luce opalescente che gli faceva
vedere da
piccolo. Trunks stava iniziando a dare segni di squilibrio nella sua
pazienza. Si
mordeva il labbro irritato mentre i suoi occhi diventavano lucidi di
delusione.
L’amico gli raddrizzò le spalle e si mise alla sua
destra e nella sua mano
compariva una piccola bolla di bianchissima luce.
Era
bellissima.
-Sarà più
facile per te- gli aveva detto Gohan – conosci già
i rudimenti delle arti
marziali, vedrai ti aiuterò io-
Quanto
era odioso quando si sacrificava ad aiutarlo in quei suoi umilianti
slanci di
bontà e generosità.
Lui non
voleva essere aiutato, lui era il principe dei Sayan dalla punta degli
alluci
fino all’attaccatura dei capelli, anche se ancora non sapeva
di esserlo.
Lui la
sentiva nelle pieghe più nascoste delle viscere quella luce
bianchissima, ma
non c’era verso che uscisse dal confine del suo corpo.
Diede un
pestone a terra a denti stretti.
Con le
mani a coppa appena sotto il mento, da mezz’ora elucubrava,
congetturava, spremeva
le meningi stanche per trovare anche solo a una scintilla.
Eppure la
sentiva, quella scintilla, era li, nel sottopelle dei polpastrelli,
quasi
impaurita dall’aria esterna.
-Non ci
riesco- strillò.
-Non
scoraggiarti ai primi tentativi, è una cosa che viene molto
naturale a quelli
della nostra specie-
L’apparente
consistenza bianca e morbida delle nuvole con il lucore del cielo
offrivano uno
sfondo superbamente bello.
Trunks
amava essere al di sopra della stessa gravità, la pressione
dell’aria sulla
faccia, la velocità, le paurose contorsioni dello stomaco
quando si lanciava in
pericolosissime picchiate.
Giocava
con acrobatici avvitamenti e capriole, Gohan lo assecondava imitandolo,
arzigogolando un po’ i volteggi ed insegnandone a Trunks di
nuovi.
-Trunks!-
Al richiamo
che sovrastò il fischio dell’aria tagliata dal suo
corpo, mentre si abbandonava
ad una caduta a testa in giù assaporando il brivido di
sfidare la morte sapendo
di vincere, Trunks si riscosse e guardò Gohan al suo fianco
che cadeva più
veloce di lui.
-È ora di
pranzo!-
Aspettò
di essere più vicino alla terra, piegò la sua
traiettoria a pochi centimetri
dall’erba e sfrecciò lungo il folto del bosco
divincolandosi tra gli alberi con
scatti veloci e precisi.
Il tempo
tra il pensiero e l’effetto era minimo e con una planata
breve toccò la terra
battuta del vialetto di Chichi.
-Questa
volta ho vinto io- dichiarò a se stesso correndo verso la
porta.
-Ti
sbagli-
Gohan era
sulla porta appoggiato allo stipite con aria soddisfatta.
-Ma
questo non è giusto, tu sei più grande di me!-
-Ehi-
Gohan gli si avvicinò ignorando il suo broncio e
arruffò amorevolmente i suoi
capelli
-Sbaglio o ti eri lamentato che ti facevo vincere?-
Trunks
continuò ostinato a esibire il suo muso con le braccia
incrociate al petto e
Gohan rise un po’ amaramente pensando a quanto quella posa
richiamasse la
somiglianza col padre.
-Mamma
siamo tornati-
La testa
corvina di Chichi spuntò da dietro lo stipite ma qualcosa
non era al suo posto
nella sua espressione.
Lei non
era felice di rivedere Gohan. Perché mai non lo era? Lei
amava Gohan più di
ogni altra cosa al mondo, teneva più a lui che a se stessa,
più che a Trunks. Era
tutto ciò che di Goku le rimaneva. Perché dunque
non era felice?
-Cosa è
successo mamma?-
Trunks si
sporse tentando di uscire dall’ombra di Gohan.
-Dov’ è?-
-É qui, è
appena tornato- Chichi non si sforzava affatto di trattenere la sua
antipatia
verso la persona dietro di lei.
Era un
uomo basso, superava di mezza spanna Chichi anche se la sua
capigliatura lunga
e ritta lo faceva apparire più alto.
Aveva bei
lineamenti nobili e affilati, e vestiva di una battle suite blu,
sprovvista di
armatura, mezza sbrindellata, ogni strappo rivelava una piaga purulenta
in via
di guarigione e sotto di esse altre cicatrici meno vistose.
Alla vista
dei suoi occhi impietosi Trunks rimpicciolì dietro Gohan
nascondendosi quel
poco che bastava a non dare troppo a vedere che desiderava farlo.
-Lì
dietro- lo indicò Chichi.
Gohan si
scostò lasciando che la luce colpisse Trunks,
l’uomo ebbe un attimo di
dissimulata esitazione alla vista dei suoi stessi occhi ma si ricompose
al
colore terrestre che possedevano.
Lo
squadrò qualche attimo: aveva il suo stesso fisico asciutto,
capelli lilla di
cui non riconosceva l’origine, i suoi stessi lineamenti anche
se addolciti dai
geni terrestri e dall’età tenera.
-Trunks
lui è Vegeta, il tuo papà-
Trunks
non ebbe reazione, non batte ciglio, non aprì bocca, non si
staccò dalla sua
posizione.
Non si
era mai posto il problema di rivedere suo padre, non si era mai
interrogato su
come lo avrebbe accolto, se lo avrebbe abbracciato o se lo avrebbe
salutato
timidamente con la mano, ma ogni atteggiamento davanti a
quell’uomo sembrava
fuori luogo.
Rimase
dov’era con muto rispetto.
L’uomo
mormorò qualcosa all’indirizzo di Chichi ma
nessuno capì.
-Spero
che tu gli abbia già spiegato qualcosa- sbottò
rivolto a Gohan.
-Beh, si-
si era quasi dimenticato della reazione di soggezione che Vegeta
suscitava – Sa
già volare, è più o meno al livello a
cui ero io alla sua età, ma non ha ancora
imparato…- Vegeta attendeva, ma lui esitava.
-Io non
so diventare un super Sayan- disse Trunks infastidito.
-E tu,
Vegeta? Tu lo sei diventato?- provocò Chichi.
La
reazione di Vegeta fu millimetrica, si voltò appena verso la
donna, senza
espressione.
-Lo sai
fare tu… papà?-
Che
strana parola…papà, fu la prima volta, sia per
Vegeta sentirselo dire sia per
Trunks pronunciarla.
-Vedremo
di farti diventare super Sayan- sbottò verso il figlio.
-Me lo
fai vedere?-
-Non
abbiamo tempo per certe cose! Vedrai domani, in combattimento-
Trunks si
illuminò.
Combattere…combattere
sul serio…non quell’amichevole scambio di pugni
controllati che gli riservava
Gohan.
Era certo
che suo padre voleva che combattesse sul serio, e anche lui lo
desiderava, con
tutta la forza della sua natura aliena.
***
Trasformarsi
in super Sayan era stato lo scopo della vita di suo padre,
l’arrivo più ambito
e più sofferto, l’aura doratissima
l’aveva avvolto da pochi anni ed era
riuscito a padroneggiarne la forza con destrezza.
Sognava
di poterlo fare anche lui, non era il desiderio ammorbante e tormentato
del
genitore , ma desiderava eguagliarlo e poter combattere ad armi pari.
Ormai
viveva con lui, imparava da lui, a volte parlava con lui ma il
più delle volte
erano risposte sporadiche che riceveva; suo padre era un misantropo, si
rifiutava di rievocare ricordi sia piacevoli che spiacevoli e non amava
l’argomento preferito di Trunks.
-Bulma è
morta!- sbottava – questo è quel che saprai da me-
-Ma tu la
conoscevi bene!- insisteva.
-No, io
non la conoscevo affatto-
Il luogo
dei loro combattimenti era una landa, un tempo era verde, ma ora i loro
colpi
l’avevano resa un terreno arido e secco, un polveroso ring
dove Trunks aveva
finalmente versato il sangue negli scontri.
Sentì in
faccia il colpo del padre, rispose con una carica di pugni ovunque gli
riuscisse di arrivare, Vegeta lo schivava con movimenti ripetuti.
-Sei
troppo, troppo prevedibile- gli assestò una ginocchiata
sotto la cintura e con
un calcio al ventre, Trunks si sentì compresso contro il
suolo dal piede di suo
padre.
Il corpo
di Trunks sollevò un polverone tale da rendere invisibile
tutto il ring Vegeta
ci si scaglio contro pestandolo a sangue.
Quando
sembrò che ne ebbe avute abbastanza da non reagire lo
afferrò per la collottola
e lo rimise in piedi, aveva un occhio gonfio e nero che teneva appena
aperto e
dappertutto piccole piaghe diffuse su tutta la pelle, in questo genere
di combattimenti,
da piccolo, Vegeta gli aveva fatto saltare tutti i denti da latte.
Una volta
sulle due gambe, inaspettatamente Trunks gli assestò un
pugno in pieno volto e
riuscì a sbatterlo a terra, scagliandoli contro una sfera di
energia.
L’ombra
stesa di Vegeta stagliata contro la luce a cui tentava di opporsi
sembrando
avere ai margini un’abbagliante raggiera, venne poi resa vaga
e fagocitata.
Una volta
che il bagliore si fu rarefatto rimase solo un afoso polverone.
Un
ulteriore esplosione rase metri di zolle gettando
tutt’attorno una pioggia di
terra.
Il braccio
di Vegeta risorse smuovendo il terreno mentre una sabbia fine gli
scivolava di dosso,
con l’arto si spinse in superficie annaspando e aggrappandosi
anche con l’altra
mano ormai libera alla gleba superficiale.
-Questo non era poi
così prevedibile non pensi?-
rise Trunks.
Vegeta
scatarrò un grumo rosastro di sangue polmonare tossendo e
spurgandosi la gola
dalla
polvere.
-Sta
arrivando il figlio di Kakaroth- disse alzandosi e sputando a terra.
Trunks si
voltò verso una aura gigante notando una macchia che andava
ispessendosi tra le
nuvole.
Atterrò
sulla terra ad una distanza di sicurezza calcolata dal luogo, avendo
timore di
essere accolto da una delle onde energetiche di Trunks tirate con poca
mira o
da un aggressivo colpo di avvertimento di Vegeta.
-Trunks!
Vegeta!- li salutò alzando la mano.
-Ho
trovato una cosa, Trunks , devi venire a vedere-
***
-Ecco a
te il laboratorio sotterraneo della C.C.-
Scavò un
po’ con le unghie sotto le macerie trovando una botola in
acciaio con una
maniglia, la girò ed aprì il passaggio stretto
infilandocisi dentro.
Percepì
il colore sgargiante del capelli di Trunks accanto.
Da molto
non combattevano insieme, da quando Gohan aveva messo tutta la sua testa ed il suo
tempo in certi tomi di robotica fortunatamente recuperati e ben conservati. Questi
corridoi non appartenevano ai ricordi di Trunks, ma erano appartenuti
ad un
passato ben più felice e nitido della memoria di Gohan, che
ci si districava
molto bene, soffrendone per come la rovina buia e fitta di ragnatele e
puzza di
chiuso contrastasse sovrapposta ai suoi luminosi ricordi.
-Il
laboratorio di Bulma- indicò.