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Autore: NancyP    11/11/2016    0 recensioni
Quando la morte è l'unica via di fuga in una società che non ti merita, il modo migliore per dimostrare grandezza è non morire con mediocrità.
Genere: Horror, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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11 novembre 2*** Diaro di *****                La cosa positiva dell'essere una ruota di scorta è il piacere che si prova quando colui a cui hai fatto da tappabuchi fino a quel momento deciderà di riutilizzare la sua vecchia ruota. La vecchia ruota che lo aveva lasciato a piedi, magari ai bordi di una strada, di notte per giunta. La cosa esilarante è che quella ruota è consumata, inaffidabile e potrebbe bucarsi da un momento all'altro, ma il coglione prosegue imperterrito convinto di avere tutto sotto controllo, magari pensa: "ha fatto il suo dovere fino ad ora, cosa potrà mai andare storto adesso?". Ovviamente una buona percentuale di questi idioti  finirà per rimanere fottuto di nuovo, purtroppo molto spesso riescono a trovare un'altra ruota di scorta, ma la siddisfazione maggiore è data da coloro che, non trovando altri appoggi, si ritrovano a piagnucolare ai bordi della strada. Ci godo. Da morire. E dopo questo sproloquio mettiamo in chiaro quali siano le mie vere intenzioni e cosa mi ha portato a fare ciò. Dalla mia breve, ma diretta introduzione avrete notato come siano state piacevoli le mie esperienze in ambito sociale. Già, piacevoli come un giro in bici senza sella su un sentiero roccioso tutto rigorosamente in salita. Diciamo che descrivere i miei "amici" come una manica di stronzi sarebbe un trattamento eccessivamente gentile, quindi mi limiterò a tacere in proposito. Partiamo dal principio: la mia infanzia. Bel periodo, la tua preoccupazione maggiore era tua madre e nella tua testa tutto era possibile, non c'erano confini, non c'erano limiti, eri in bilico tra il desiderio di giocare e la paura che i tuoi scoprissero che magari non avevi fatto i compiti per passare qualche ora in più davanti alla tv. La mia infanzia fu un po' differente, ma non si distaccava eccessivamente da quella degli altri, se non per il fatto che ai giochi di gruppo preferivo quelli in solitario e già in tenera età sviluppai una curiosità definibile col termine "eccessiva" per la mia età. Tutto ciò mi portò ad avere una passione sfrenata per i libri ed per ogni cosa riguardasse il conoscere. Avevo sete di conoscienza, ma ciò mi portò ad aver poco appetito sociale, difatti non sviluppai alcun rapporto sociale, cosa che preoccupava di molto i miei genitori, ma poco me che ero nascosto dietro colonne di libri e perso nei meandri del sapere. Il tutto si è prolungato fino all'adolescenza (cioé ora) , in cui sono arrivati i vani tentativi da parte di mia madre di farmi socializzare, ma a me i miei coetanei non piacevano ed io non piacevo a loro. Sono stato chiamato con nomi di ogni genere, preso in giro, vessato, solo perché non rientravo nei loro standard di mediocrità, solo perché non mi omologavo alla loro stupidità. Viviamo in una società marcia, dove il più intelligente viene visto come un elemento da isolare e diatruggere, dove le pecore cercano di far fuori il pastore per paura di essere tosate. Perché una volta che sono spoglie vengono messe a nudo le loro limitazioni e viene mostrata la loro vera natura di animali che non sanno proferire parola e il cui unico scopo è belare e cibarsi. Perciò non sviluppai mai rapporti di amicizia, fino ad un determinato giorno. Quel giorno all'uscita da scuola mi diressi verso l'autobus e presi posto come mio solito. Leggevo uno dei miei tanti libri quando percepii la presenza di qualcuno al mio fianco. "Strano" pensai "di solito vengo ignorato, nemmeno avessi la peste", quindi mi voltai trovandomi dinanzi a due occhi scuri che mi fissavano. << Ciao >> disse colei a cui appartenevano quegli occhi << tu sei ****, giusto? >>. <> risposi con la mia solita freddezza. << Io sono... >> cominciò lei. << So chi sei >> la interruppi bruscamente << Rebecca, siamo nella stessa classe. Hai bisogno di qualcosa o provi uno strano interesse nel disturbare chi legge? >>. Rise, una risata cristallina. Non volevo farla ridere eppure lei credeva stessi scherzando o era molto brava a fingere. << Sei stran* come sembri. Non mi dispiace, almeno non sei noios* >>. << Ah, grazie. Strano è il complimento più bello che mi avessero mai detto. Sono abituato a parole di altro genere, ma apprezzo la gentilezza >> ribattei con sarcasmo. Rise ancora. E da allora era nata quella che si poteva definire l'amicizia più strana a cui quel vecchio autobus avesse mai assistiti, continuò a sedersi vicino a me per i giorni successivi e dopo qualche tempo cominciammo a parlare sempre di più. Scoprii che amava leggere, amava perdersi anche lei nella natura e apprezzava particolarmente la poesia, genere che io avevo da sempre ignorato fino ad allora. Cominciai ad istaurare un vero rapporto e un giorno la accompagnai addirittura al parco dove passammo la giornata a parlare e a rilassarci. Il bello è che la cosa che fino ad allora avevo ripudiato, ora era diventata la mia ancora di salvezza. La mia solitudine aveva cominciato a pesarmi e il peso della conoscenza non riusciva più a colmare il vuoto che si era formato. Avevo bisogno di qualcuno e Rebecca era quel qualcuno. Tuttavia da tempo un tremendo quesito mi attanagliava la mente, rimanevo ore a pensare e a chiedermi << perché Rebecca era venuta da me? Perché mi aveva parlato e perché proprio io? >>. La risposta arrivò poco dopo e non mi piacque per niente. Venni a sapere da un simpatico bastardo schifoso il cui cervello è capace di metabolizzare una parola per volta e di decifrare non più di una frasi ogni ora che la cara amichetta era stata coinvolta in non so che pettegolezzo, e sinceramente non me ne fregava un cazzo, e perciò tutti i suoi cari amici le avevano voltato le spalle. Quindi io, IO, dovevo essere il suo fottuto rimpiazzo. Io ero la puttanella che il maritino si scopa quando la cara moglie che ama tanto gli nega i "diritti coniugali". Tuttavia non volevo fidarmi ciecamente di un decerebrato simile quindi aspettai e attesi il momento in cui si sarebbero palesate le sue vere intenzioni. Non dovetti attendere molto, il pettegolezzo pian piano morì e Rebecca, come previsto, si dileguò. Ora, oltre al danno la beffa poiché non solo sono stato usato e gettato via come uno schifoso preservativo usato, ma quella stronza ha osato addirittura mettermi a confronto con suoi amichetti idioti, confronto da cui io sono uscito sconfitto. No, cara mia, non ci sto. Se il mondo non è pronto ad accogliere me, allora mi toglierò dalle palle, ma non lo farò certo da solo o nei classici modi. Perché morire con mediocrità, quando si può iscenare uno spettacolo meraviglioso? Io darò vita allo spettacolo più grande che voi abbiate mai visto e con fare ciò effettuerò un sacrificio, un sacrificio che però non sarà vano. Io non lascio nulla al caso e non amo le cose che gli stupidi reputano "normali", perché è semplicemente un altro modo per definirle stupide. Il detective lesse sbigottito le ultime righe presenti sulla pagina del diario e con un sospiro prese un'ultima boccata della sua sigaretta, la spense sul posacenere che si trovava accanto alla tazza di caffé, ormai fredda, e si portò le mani al viso. Quel giorno era stato terribile, uno studente si era presentato a scuola armato e aveva diffuso il terrore per alcuni attimi. ***** **** aveva minacciato con un'arma l'intero corpo studentesco ed era stato freddato poco dopo aver iscenato una strana messa in scena. "Io" aveva detto "sono come un Galileo odierno o come un Socrate senza finta modestia. Mi rimpiangerai mondo, mi rimpiangerete tutti. Stupidi omologati a questa società dove la cura va estirpata e la malattia viene diffusa, io potevo essere qualcuno e invece sono qui a parlare dinanzi ad una platea di idioti...". Mentre continuava il monologo la polizia era riuscita a  infiltrarsi nell'edificio e gli agenti armati avevano intimato al ragazzo di gettare la pistola. "Mi avete interrotto!" Aveva esclamato "prevedibile, siete come loro. Oh beh, spero di avere un posto d'onore almeno all'inferno" e col dire ciò aveva alzato l'arma ed era stato ucciso. Un colpo netto, alla testa. Solo dopo si scoprì che la pistola era finta, accanto al cadavere però c'era un diario, in cui era presente un segnalibro di cartone di qualche biblioteca. Il segnalibro indicava una determinata pagina sui cui c'era scritto: Il mio ultimo capitolo. "Hai avuto quel che volevi" disse "ma lo spettacolo è finito male, per te" e nel dire ciò chiuse il diario.
   
 
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