Serie TV > Lizzie McGuire
Ricorda la storia  |      
Autore: Notteinfinita    12/11/2016    0 recensioni
Lizzie è al primo anno del college e sente la mancanza dei suoi amici. Quando Gordo le annuncia che andrà a trovarla è al settimo cielo...almeno finché non ricorda di aver detto alla sua compagna di stanza che lui è...
*****
Dal testo:
Il mezzo si ferma, le porte si aprono e me lo ritrovo davanti con il suo dolcissimo sorriso da cucciolo.
«Gordo!» esclamo, buttandogli le braccia al collo appena scende l'ultimo scalino.
In quel momento non m'importa più di nulla, né di Rebecca, né della bugia né di cosa può pensare chi ci vede. Sono solo felice.
*****
Seconda OS pubblicata da me nel tentativo di far rivivere questo fandom.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: David 'Gordo' Gordon, Elizabeth 'Lizzie' McGuire
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Una visita inaspettata


Sbuffo sonoramente osservando il libro che ho davanti.

Adoro essere al college e mi piace il modo adulto che i professori hanno di trattarci ma la verità è che mi mancano i miei amici.

I loro college non sono proprio dietro l'angolo e così non ci vediamo da tre mesi, il tempo più lungo mai trascorso.

Ci conosciamo fin dall'asilo, i compiti li abbiamo sempre fatti insieme e vorrei che fossero qui anche adesso; sarebbe tutto più facile e divertente.

Sono ancora intenta ad auto commiserarmi quando il suono del mio cellulare mi strappa ai miei pensieri.

Guardo il display e non riesco a reprimere un gridolino di gioia.

«Ciao Gordo!» esclamo, appena accettata la chiamata.

«Ciao Lizzie, come va?» mi chiede lui con la sua solita voce dolce.

«Bene, adesso che sono al telefono con te.» ammetto io sinceramente.

Lo sento schiarirsi la voce, potrei scommetterci che è arrossito. S'imbarazza sempre quando gli dico qualcosa di tenero.

Sto per punzecchiarlo con una battutina quando lui mi dà la più bella delle notizie: il giorno dopo ha un seminario dalle mie parti ma lo terrà occupato solo fino all'ora di pranzo quindi, visto che è sabato e io non ho lezioni, nel pomeriggio verrà a trovarmi!

A questo punto non riesco a frenare la mia gioia e urlo un sì a squarciagola.

Gordo mi saluta velocemente perché sta per entrare a lezione e mi dà appuntamento al giorno dopo alla fermata dell'autobus.

Appena chiusa la chiamata abbandono la scrivania e mi butto sul letto abbracciando il cuscino, non credo alla mia fortuna!

Sono ancora lì a crogiolarmi nella felicità dell'attesa, quando sento una risatina provenire dall'altro lato della stanza.

«Cos'è, stai per dirmi che devo trovarmi dove dormire per il week-end?» mi chiede la mia compagna di stanza, Rebecca, con fare ammiccante.

La guardo confusa, non comprendendo a caso si riferisca finché mi torna in mente qualcosa successa un mese dopo il mio arrivo al college.

Rebecca è il classico tipo di ragazza che cambia ragazzo con la stessa frequenza con cui una persona normale cambia biancheria intima...ci sono volte in cui mi sono chiesta se almeno conoscesse il nome del ragazzo con cui era andata a letto...

Vista la sua vivace vita sociale non faceva che tormentarmi perché io invece non avevo nessuno che mi venisse dietro.

Un giorno, mentre ero intenta a sistemare alcuni libri, da uno è scivolata fuori una foto mia e di Gordo.

Ce l'aveva scattata Miranda un giorno che eravamo nel parco vicino casa.

Appena lo ha visto le si sono illuminati gli occhi e mi ha chiesto se quel figo dagli occhi verdi fosse il mio ragazzo.

A quel punto, stanca delle sue continue critiche alla mia scarsa vita sociale e piccata dallo spiccato interesse che aveva dimostrato nei confronti di Gordo, ho fatto la cosa più stupida che potevo fare.

«Si stiamo insieme da due anni.» ho risposto, strappandole la foto di mano.

«Ora capisco perché non eri interessata ai ragazzi del campus.» ha commentato lei, sorridendo compiaciuta. «Ma perché non lo hai detto prima?»

«Era un brutto periodo, è la prima volta che stiamo lontani per così tanto tempo da quando stiamo insieme, non mi andava di parlarne.» ho detto io, sperando di risultare credibile.

Per fortuna la mia risposta l'aveva soddisfatta e, dopo avermi fatto i complimenti per l'acchiappo,mi aveva lasciato in pace.

Tornata in me, vengo colta dal panico.

Lei si aspetta che quello che viene a trovarmi sia il mio ragazzo.

Come faccio a cavarmi d'impiccio?

«Purtroppo verrà solo per un pomeriggio, quindi tranquilla, non ti sfratterò dalla stanza!» esclamo, cercando di sembrare felice e divertita.

«E quando vi vedrete?»

«Domani pomeriggio.» rispondo di getto, senza pensare a nessuna bugia.

«Sei fortunata, domani ho un gruppo di studio, avrai la stanza tutta per te!» esclama lei, facendomi l'occhiolino.

«Perfetto.» rispondo io, cercando di sembrare naturale ma trattenendo a stento la voglia di urlare per la disperazione.

Appena Rebecca mi saluta per andare al bar dove lavora mi attacco al telefono: devo avvisare Gordo!

Purtroppo l'apparecchio risulta spento.

Continuo a provare inutilmente per tutta la sera e alla fine vado a letto, rassegnata. Ci riproverò il giorno dopo.




Ho trascorso una nottata tremenda.

Non ho la più pallida idea di dove troverò il coraggio per dire a Gordo quello che ho combinato.

Appena aperti gli occhi sbircio il letto di Rebecca, è intatto.

Sicuramente ha dormito fuori.

Fortuna che preferisce non portare in camera le sue conquiste se no non potrei mai dormire nel mio letto.

Approfittando della sua assenza afferro il telefono e chiamo Gordo.

Purtroppo anche stavolta il suo cellulare è spento.

Sempre più demoralizzata, mi alzo e vado a farmi una doccia.

Rimanere digiuna e in pigiama non mi aiuterà a risolvere il mio problema.

Rinvigorita dalla doccia torno in camera e prendo il cellulare.

Con mio orrore noto una chiamata persa e un messaggio.

La chiamata è di Gordo, così come il messaggio.


Ciao Lizzie, ieri ho dimenticato di dirti che il mio autobus arriverà alle 15. Ci vediamo alla fermata. Gordo. PS:Ho il cell quasi scarico quindi lo terrò spento nel caso mi serva per qualche imprevisto.”


Appena leggo quelle parole cado a sedere sul letto in preda allo sconforto.

Non ho modo di rintracciarlo prima che arrivi qui.

Consapevole che ormai non posso fare altro che aspettare il suo arrivo, decido di partecipare ad un seminario di letteratura inglese. È facoltativo, difatti pensavo di non andarci e approfittarne per studiare, ma visti i pensieri che ho in testa dubito che riuscirei a concentrarmi sui libri. Almeno il seminario mi aiuterà a distrarmi.

Dopo essermi vestita mi trascino in mensa e sbocconcello qualcosa senza molta convinzione quindi, in modalità zombie, mi trascino nell'aula del seminario.




Le tre ore successive volano via senza che me ne accorga, peccato solo che non ho preso uno straccio di appunto.

La mia idea di distrarmi andando al seminario non ha funzionato; ho passato tutto il tempo a pensare in quale modo dire a Gordo del pasticcio in cui mi sono cacciata ed in cui l'ho, suo malgrado, coinvolto.

Esco dall'aula e do' un'occhiata all'orologio.

Ho ancora tre ore per tentare di trovare una soluzione.

In teoria sarebbe orario di pranzo così, anche se mi sento lo stomaco chiuso, vado a mensa.

Presa un'insalata (tanto per avere un piatto davanti), mi siedo ad un tavolo a fissare il vuoto.

«Emozionata?» chiede una voce, sorniona, alle mie spalle.

Quando mi giro mi ritrovo davanti la pancia di Rebecca.

«Un po' agitata, sono tre mesi che non lo vedo.» rispondo, io, alzando lo sguardo su di lei e nel momento in cui lo dico mi rendo conto che è la verità.

È vero, sono in ansia all'idea del pasticcio che ho combinato ma una parte di me è agitata al pensiero di rivederlo.

Mi chiedo se mi troverà diversa o se il college avrà cambiato lui.

«A che ora arriva?»

«Purtroppo non sapeva di preciso a che ora si sarebbe liberato, viene in zona per un convegno. Ci sentiremo più tardi.» rispondo io, complimentandomi mentalmente con me stessa per la mia presenza di spirito.

«Peccato, mi sarebbe piaciuto conoscerlo!»

Non avevo dubbi, mi dico tra me e me.

«Dalle quattordici e trenta in poi sono in biblioteca con il gruppo di studio, se vi va passate per un saluto.»

«Oh bé, vedremo.» balbetto io, iniziando ad andare in panico.

«Lizzie!» chiama una voce di fianco a me.

«Clare, ciao!» rispondo, sollevata dall'interruzione.

«Scusami, ti ricordi che dovevi prestarmi gli appunti di storia?» mi chiede con estrema gentilezza.

«Certo, il tempo di finire il pranzo e andiamo.»

«Se cambi idea sai dove trovarmi.» mi dice Rebecca, allontanandosi.

Io le faccio un cenno con il capo e la saluto tirando un sospiro di sollievo mentale.

Mangio velocemente la mia insalata, mentre Clare vicino a me legge un romanzo e appena finito andiamo insieme in copisteria.

«Purtroppo nel week-end gli appunti mi servono ma così potrai studiarli anche tu.» le spiego strada facendo.

Clare è la compagna di stanza perfetta: ordinata, riservata, fidanzata da quasi tre anni con un brillante studente di medicina.

Insomma, tutto il contrario di Rebecca.

Peccato non possa essere lei in camera con me, a quest'ora non sarei in questo pasticcio.

Tornare a pensare a ciò che devo dire a Gordo mi fa venire il mal di pancia.

Vorrei che Miranda fosse qui per chiederle consiglio.

Appena questa idea mi attraversa la mente sento la speranza risorgere in me.

Finito di fare le fotocopie, saluto Clare e corro in camera mia.

Dopo essermi accertata che Rebecca non sia nei paraggi, prendo il telefonino e chiamo Miranda a dita incrociate.

Appena sento “Ciao” sto per fare un urlo di gioia ma, ahimè è solo la segreteria.

Ma si può essere così sfortunate?

Rassegnata, decido che magari sarebbe il caso di darsi una sistematina.

Va bene che Gordo è solo un amico ma sono tre mesi che non ci vediamo e vorrei fargli una buona impressione. Senza contare che se Rebecca vedesse che non faccio alcun preparativo particolare potrebbe insospettirsi.

Mi do' un'occhiata allo specchio e mi rendo conto che i miei capelli sono a dir poco orripilanti.

Sicuramente stanotte mi sono agitata in preda all'ansia per la bugia e questa massa informe è il risultato.

Visto che di tempo ne ho in abbondanza mi faccio una maschera rilassante seguita da una lunga doccia e dallo shampoo.

Finito di asciugarmi mi piazzo davanti all'armadio alla ricerca di qualcosa da mettere.

Sarei tentata di mettere i jeans, almeno starei comoda durante il tour del campus, ma se Rebecca mi vedesse so già che ci vedrebbe qualcosa di strano.

Bugia, bugia, bugia!

Rebecca è solo una scusa, la verità è che voglio mostrarmi al meglio.

Improvvisamente mi sento agitata all'idea di rivedere Gordo ma non so più se è solo per la bugia.

Alla fine opto per un paio di leggings neri e un maglioncino grigio perla che mi lascia una spalla scoperta.

Il risultato abbinato agli stivaletti che ho comprato settimana scorsa non è male.

Sono carina ma anche comoda e potrei tranquillamente passare per una che deve incontrarsi con il proprio ragazzo.


[NDA:ecco il look da cui ho preso spunto ]


Un'occhiata all'orologio mi conferma che è ora di andare alla fermata.

Raccolgo la borsa, chiudo la porta e mi avvio.

Non posso fare a meno di guardarmi attorno.

Forse sono paranoica ma temo che Rebecca si sia nascosta da qualche parte per spiarmi.

La fermata è vicinissima al campus così in pochi minuti sono sul posto.

Ho giusto il tempo di dare un'occhiata al trucco quando vedo l'autobus avvicinarsi e sento il cuore partire per uno sfrenato galoppo.

Mi dico che devo darmi una calmata ma non serve a niente.

Il mezzo si ferma, le porte si aprono e me lo ritrovo davanti con il suo dolcissimo sorriso da cucciolo.

«Gordo!» esclamo, buttandogli le braccia al collo appena scende l'ultimo scalino.

In quel momento non m'importa più di nulla, né di Rebecca, né della bugia né di cosa può pensare chi ci vede. Sono solo felice.

Dopo qualche secondo lo lascio andare e vedo che mi sorride impacciato e si gratta la testa, in imbarazzo.

Che dolce, è anche arrossito.

Non c'è che dire, è il solito timidone.

Questo pensiero mi ha appena attraversato la testa quando mi ricordo del pasticcio in cui mi trovo.

In preda al panico, faccio saettare il mio guardo su di lui finché non noto la tracolla che porta sulla spalla.

«Scommetto che ti sei portato dietro il pc. Andiamo a lasciarlo in camera mia e poi ti faccio fare il tour del campus.» dico, afferrandolo per una mano e trascinandomelo dietro.

Se Rebecca mi vedesse mi prenderebbe per una ninfomane ma al momento non m'importa niente di lei.

Ciò che conta è spiegare a Gordo l'assurda situazione in cui l'ho cacciato.

«Lizzie ho tutto il pomeriggio per visitare il campus, non c'è bisogno di correre!» mi fa notare Gordo, stupito dal mio comportamento.

Io non gli do retta e non mi fermo finché non arrivo davanti alla porta della mia stanza.

«Aspetta qui.» gli dico, bloccandolo nel corridoio. «Dopo ti spiego.» aggiungo, vedendo la sua faccia perplessa.

Con fare circospetto apro la porta e sbircio all'interno.

Per fortuna di Rebecca nessuna traccia (anzi, in previsione della visita di Gordo ha anche riordinato le sue cose).

Invito Gordo ad entrare quindi prendo una calamita a forma di cuore dalla lavagna appena all'interno della porta e la attacco a quella esterna prima di richiuderla.

«Eccoci qua, questa è la mia stanza.» dico, cercando di apparire tranquilla.

«Si può sapere che succede?» chiede Gordo, perplesso e anche un tantino irritato.

Con un sospiro rassegnato lo invito a sedersi e mentre lui prende posto alla sedia della scrivania io mi sfilo gli stivaletti e mi appollaio sul letto.

Lo vedo irrigidirsi.

A quanto pare ricorda ancora che questa per me è la posizione dei grandi discorsi e dei problemi da risolvere.

«Ho combinato un casino.» esordisco, senza tanti preamboli.

In poche parole gli spiego quello che ho fatto e lo vedo strabuzzare gli occhi e arrossire.

Vorrei scavarmi una fossa e sotterrarmici.

«E così lei adesso crede che tu sia il mio ragazzo.» concludo, dandogli il colpo di grazia.

Lui rimane in silenzio e io sono ancora lì che attendo la sua reazione quando succede l'impensabile.

Un attimo prima siamo l'una di fronte all'altro e quello dopo mi ritrovo distesa sul letto con Gordo sdraiato sopra di me.

Ha le labbra premute sul mio collo e con una mano ha agganciato la mia coscia al suo fianco.

Sento il cuore che va a mille e per un attimo mi chiedo cosa diavolo gli sia preso e che intenzioni abbia finché non sento una tossetta finto imbarazzata provenire da dietro le sue spalle.

Gordo mi sorride e mi fa l'occhiolino prima di alzarsi e fingere di ricomporsi.

Io mi metto a sedere sul letto e sento il viso andarmi a fuoco: il mio caro maglioncino ha dei bottoncini sulla schiena che hanno deciso bene di aprirsi parzialmente lasciandomi con il reggiseno in bella vista.

Certo, la scena sembrerà molto più autentica ma io sono incredibilmente in imbarazzo.

Mi copro alla bella e meglio e mi avvicino a Gordo.

«Ragazzi, scusate, se avessi saputo che eravate qui non sarei entrata senza bussare!» esclama Rebecca con aria fintamente dispiaciuta.

«Non hai visto il cuore sulla lavagna?» le chiedo, irritata.

«Non c'era!» protesta lei, affacciandosi sulla porta. «Oh guarda, era finito a terra.» aggiunge, raccogliendo la calamita e rimettendola a posto.

«Comunque io sono Rebecca.» dice, porgendo la mano a Gordo e radiografandolo dalla testa ai piedi.

«Piacere, io sono Gordo.» risponde, intimidito dallo sguardo di lei.

«Se non ti dispiace...» dico io, facendomi vicina al mio amico con fare protettivo.

«Certo, certo avete da fare.» ridacchiò lei. «Prendo il mio quaderno di appunti e sparisco.» ci assicura, avvicinandosi alla sua scrivania.

«Recuperato.» ci annuncia poco dopo. «Gordo, è stato un piacere. Spero di rivederti presto.» dice, salutandolo con un bacio sulla guancia (un po' troppo lungo per i miei gusti) e andando via.

«Scusami per prima» mi dice lui, appena la porta si chiude, abbassando lo sguardo «Solo che appena ho sentito la porta aprirsi ho immaginato fosse la tua compagna distanza ed ho pensato che non sarebbe stato credibile che due che non si vedono da tre mesi se ne stessero seduti ad un metro l'uno dall'altra.»

Tengo per me il fatto che per un secondo ho temuto che si fosse trasformato in un maniaco pronto a saltarmi addosso e gli sorrido con fare incoraggiante.

«Sei stato grandioso!» esclamo con enfasi. «Ma come hai fatto a capire che Rebecca stava entrando? Io non ho neanche sentito la porta che si apriva!»

«Quando nel tuo dormitorio hai parecchia gente appassionata di gavettoni diventi svelto a reagire per mettere in salvo libri e pc.» mi spiega lui sorridendomi.

Scuoto la testa e sorrido, impressionata dalla sua prontezza di spirito.

«Bé, almeno ce la siamo tolta dai piedi così adesso posso mostrarti il campus.» dico dirigendomi verso la porta.

«Aspetta, non possiamo uscire subito.» obietta lui, trattenendomi per il polso. «Se ci vedesse penserebbe che sono peggio di Speedy Gonzales.»

Lo guardo perplessa finché il mio cervello non riesce a recepire il significato delle sue parole al che arrossisco furiosamente e distolgo lo sguardo.

«In effetti non ti farei fare una bella figura. Solo che mi dispiace costringerti a stare qui con il poco tempo a nostra disposizione.» affermo, tornando a guardarlo.

«Io sono venuto per stare con te. Non importa se in giro per il campus o qui dentro.»

«Gordo, sei un tesoro!» esclamo, buttandogli le braccia al collo.

Lui reagisce stringendomi a se ed in quel momento mi torna in mente la scena di poco prima, compreso lo strano batticuore che ho provato nel vederlo disteso sopra di me.

Io ho sempre pensato a lui come al mio migliore amico ma adesso mi sto rendendo conto che è un giovane uomo; dello spigoloso ragazzo degli anni passati non è rimasto molto.

Certo non è un super-palestrato ma ha un fisico ben fatto e muscoli forti, capaci di farti sentire al sicuro.

Mi accorgo di essere rimasta attaccata a lui per tutto il tempo della mia riflessione così mi stacco, leggermente in imbarazzo.

Per migliorare la situazione sono costretta a chiedergli di aiutarmi a riabbottonare il maglione. Da sola non ci riuscirò mai senza sfilarmi la maglia.

Sento le sue mani sulla mia schiena e non riesco a reprimere un brivido, lo sento esitare ma non mi viene nulla in mente da dire per stemperare l'atmosfera.

Appena ha finito mi giro verso di lui e rimaniamo a fissarci in silenzio.

L'aria si fa piuttosto pensante, poi per fortuna lui nota il mio quaderno di appunti lasciato sulla scrivania e mi chiede delle materie che frequento e così, finalmente più rilassati, passiamo la successiva mezz'ora a raccontarci le rispettive esperienze accademiche e, quando lui finisce il resoconto sul simposio che ha seguito quella mattina, propongo di andare a prendere un frullato e di fare un giro per il campus.

Lo prendo per mano e lo guido fuori dal dormitorio.

La prima tappa è il bar.

Appena entrata, però, tutto il mio buonumore svanisce. Al bancone c'è Daisy, la migliore amica di Rebecca...almeno da quando si sono conosciute qui al bar dove entrambe lavorano.

Gordo sente che mi irrigidisco e mi guarda con aria interrogativa.

«La rossa al bancone è la migliore amica di Rebecca.» gli spiego in un sussurro.

«Temi ci scopra?» mi chiede lui.

Io mi limito ad un impercettibile cenno affermativo con la testa.

«Tranquilla, siamo in pubblico, non può aspettarsi grandi effusioni. Basterà qualche piccolo accorgimento.» mi rassicura, stringendo più forte la sua mano nella mia; non mi ero accorta di non avergliela ancora lasciata.

«Ciao Lizzie, benvenuta! Tavolo per due?» mi chiede Daisy, avvicinandosi.

«Si,grazie.» rispondo io, ostentando una specie di sorriso.

Di norma non accoglie mai i clienti sulla porta, se lo ha fatto è solo per studiare meglio Gordo.

«Che dite di questo?» propone, indicando un tavolo vicino al bancone.

«Se per te non è un problema preferiremmo sederci lì.» ribatte Gordo, indicando, invece, un tavolo in un angolo appartato del locale.

Anche se risponde che non c'è problema si vede benissimo che non le è andato giù di non poterlo squadrare per bene.

«Vi porto i menù?»

«Non c'è bisogno, vogliamo due frappè, uno al cioccolato e l'altro alla vaniglia.» risponde lui, con fare sicuro.

Guardando la faccia di Daisy riesco a stento a trattenermi dal ridere.

Lei e Rebecca sono uguali.

Appena vedono un ragazzo devono radiografarlo e il fatto che lui non la calcoli la manda in bestia.

«Ma sei nuovo? Non ti ho mai visto al campus.» dice lei, tornando all'attacco.

«Sono solo in visita.» spiega Gordo, lasciandomi la mano. «Piacere, sono Gordo, il ragazzo di Lizzie.» dice lui stringendole la mano per poi cingermi le spalle.

Stretta a lui ho un lieve batticuore e spero non si noti il mio imbarazzo.

«Io sono Daisy, sono la migliore amica di Rebecca, la compagna di stanza di Lizzie.» risponde a sua volta,lanciandomi un'occhiata di fuoco.

«Vi porto subito i frullati.» annuncia, dopo averci accompagnato fino al tavolo solo per chiedere a Gordo quale università frequentava e da quanto tempo mi conosceva. «Ragazza fortunata, hai fatto proprio una bella conquista!» aggiunge al mio orecchio, prima di lasciarci soli, facendomi arrossire.

«Che ti ha detto per farti diventare di quel colore?» mi chiede Gordo mentre prende posto sulla panca imbottita.

«Mi ha fatto solo i complimenti per l'acchiappo.» rispondo, facendolo arrossire a sua volta. «Però su una cosa ha ragione, sono fortunata ad averti accanto, non so come avrei fatto senza di te.»

Lui fa segno di lasciar stare ma lo so quanto lo imbarazzano i complimenti.

Pochi minuti dopo arriva Daisy con la nostra ordinazione.

Vedo dal suo sguardo che è pronta per la seconda parte dell'interrogatorio ma, per nostra fortuna, proprio in quel momento entra un gruppo di studenti che la costringe a salutarci per andarli a servire.

Finalmente soli, tiriamo un sospiro di sollievo.

Certo, Daisy è sempre a pochi metri da noi ma è troppo impegnata per venire a disturbarci, inoltre i tavoli di fianco ai nostri sono tutti già stati puliti quindi non ha neanche una scusa per avvicinarsi a noi.

«Abbiamo dimenticato di farci dare due cannucce per frullato.» dico io, contrariata.

«Due che stanno insieme si scambiano più che una cannuccia.» mi risponde Gordo, strizzandomi l'occhio.

«Hai ragione.» affermo, sottraendogli il bicchiere e assaggiando il suo frullato.

Dopo l'iniziale imbarazzo, ci viene naturale condividere la cannuccia e, come spesso abbiamo fatto in passato, ci dividiamo il frullato alla vaniglia per poi passare a quello al cioccolato.

«Incredibile, sei riuscita a sporcarti la guancia anche con la cannuccia!» esclama ad un tratto, pulendomi con il pollice.

Non so perché ma basta questo semplice gesto a darmi il batticuore.

«Grazie.» mormoro, distogliendo lo sguardo.

«Ti sei accorto che Daisy si sta rodendo dalla voglia di avvicinarsi per saziare la sua curiosità? Se non ti avessi messo in questo pasticcio a quest'ora avresti già fatto due conquiste.» dico, cercando senza successo di alleggerire l'atmosfera.

«Sono venuto qui per te, non per far conquiste.» afferma lui, serio.

«Se almeno la smettesse di fissarci mi godrei di più il pomeriggio insieme.» protesto io.

«Bé, allora diamole qualcosa da vedere così ci lascerà in pace.» propone Gordo.

«Cosa intendi?»

«Sai che quando osserviamo le costellazioni queste stanno su piani diversi ma a noi sembrano su un unico piano perché le guardiamo da una certa angolazione?» inizia a spiegarmi, portando la sua mano sulla mia guancia e avvicinandomi a se. «Così, adesso, da dove si trova Daisy, sembra che noi ci stiamo baciando, anche se non è vero.» completa con le labbra a tre millimetri dalle mie.

Rimaniamo così per alcuni secondi ed io mi stupisco ad osservare le pagliuzze dorate nel verde dei suoi occhi. Incredibile non averle notate, in tutti questi anni.

«Direi che così può bastare.» annuncia poco dopo, ritornando al suo posto.

«È la prima volta che vedo la scienza applicata alla presa in giro!» esclamo, sinceramente sorpresa.

«E questo è nulla. Una volta abbiamo fatto uno scherzo simile ad un ragazzo del mio dormitorio, William.»

«Dai, racconta!» lo incoraggio, sorseggiando il frappè.

«Il compagno di stanza di William stava frequentando una ragazza con l'intento di mettercisi insieme. William approfittando del suo ruolo di quaterback e di una festa a base alcolica ci ha provato con quella ragazza e non era la prima volta che faceva un brutto scherzo a qualche suo compagno di squadra. Così abbiamo chiesto aiuto ad un ragazzo che aveva fatto pubblicamente coming-out ed abbiamo fatto in modo che Williamo beccasse questo ragazzo in atteggiamenti compromettenti con il suo compagno di stanza e per di più mentre gli confessava che in realtà era innamorato di William. Il grande quaterback ha passato una settimana insonne temendo agguati notturni da parte del suo compagno. Alla fine gli abbiamo rivelato la verità e lui ha promesso di comportasi bene. Avremmo voluto farlo penare un po' di più ma avevamo una partita importante e ci serviva un quaterback in forma.»

Rido così tanto che per poco non mi va il frappè di traverso.

«Che pesti!» esclamo, quando riesco a prendere fiato.

«Ma che dici, se siamo degli angioletti.» ribatte lui, rubandomi il frappè e facendomi lo sguardo da bimbo innocente.

Appena finito, paghiamo e usciamo dal bar.

Presolo a braccetto lo trascino all'interno del corpo centrale del campus e lo porto a visitare tutti i posti che frequento di solito, dalle aule alla mensa.

Stiamo quasi per uscire nel parco quando lui mi ferma.

«Devi togliermi una curiosità, posso sapere che significato ha il magnete a forma di cuore messo sulla porta?»

Improvvisamente mi sento tremendamente accaldata e vorrei quasi che qualcuno venisse a disturbarci ma, ahimè, il corridoio è deserto.

«È la versione femminile della cravatta sulla maniglia della porta.» confesso, senza il coraggio di guardarlo negli occhi.

«Carina come idea.» si limita a commentare lui ma dal risolino che gli aleggia sulle labbra temo stia pensando tutt'altro.

«Volevo farti vedere la biblioteca ma ci sarà ancora Rebecca.» dico, sconsolata, gettando uno sguardo all'edificio.

«Andiamoci lo stesso, in fondo ci ha già visto non dovremmo avere problemi.»

Gli sorrido, grata per tutto quello che sta sopportando per causa mia, poi lo prendo per mano e mi dirigo verso la biblioteca.

Ormai non mi sembra neanche tanto strano sentire le sue dita intrecciate alle mie.

Appena entrata vedo in fondo alla sala principale il gruppo di studio della mia compagna di stanza.

Le faccio un cenno con il capo per poi allontanarmi ed addentrarmi tra gli scaffali.

«Vieni, voglio farti vedere qualcosa che ti piacerà sicuramente.» gli sussurro, trascinandomelo dietro.

Nonostante abbia il cervello di uno scienziato so che il mio amico ha il cuore di un sognatore e così posso con soddisfazione vederlo sgranare gli occhi di fronte alla più grande raccolta di romanzi fantascientifici che abbia mai visto.

Come un bambino in un negozio di giocattoli si allontana da me per sfiorare i dorsi dei libri e leggerne i titoli.

So che se non fossimo in biblioteca a quest'ora starebbe urlando di gioia.

«Ah, mi sarei dovuto iscrivere qui!» piagnucola.

Non posso fare a meno di pensare che sarebbe stato bello averlo vicino a me.

D'istinto mi avvicino a lui e poggio la testa sulla sua spalla.

Lui si volta per dirmi qualcosa ma d'un tratto cambia espressione.

«Rebecca sta cercando di spiaci attraverso gli scaffali.» mi sussurra per poi alzarmi il viso e premere le sue labbra sulle mie.

Sento una scossa attraversarmi da capo a piedi e porto le mani dietro al suo collo, temendo che le gambe possano cedermi.

È poco più di un bacio a fior di labbra eppure mi sento completamente scombussolata.

«Scusami, ho pensato che così se ne sarebbe andata. Solo che dalla posizione in cui era non potevo imbrogliarla come abbiamo fatto con Daisy.» bisbiglia, appoggiando la fronte sulla mia. Anche lui, come me, ha il respiro affannato.

«Ha funzionato?» chiedo con un mormorio appena udibile, senza staccarmi da lui.

Al suo cenno affermativo propongo di andare via.

«Mi dispiace che tu non ti sia potuto godere la biblioteca.» dico, appena usciti dall'edificio.

Lo vedo arrossire e fissare gli occhi al cielo e non posso fare a meno di chiedermi a cosa stia pensando.

«No, va bene così, tranquilla.» mi risponde, dopo qualche attimo.

«Non so tu ma io ho bisogno di tranquillità. Seguimi, per ultimo ho lasciato il posto del campus che preferisco.»

Detto questo mi avvio verso il parco addentrandomi tra gli alberi fino a raggiungere un angolino appartato e silenzioso.

«Eccoci arrivati.» annuncio, indicando l'enorme tronco di un albero. «È piuttosto lontano dagli edifici e così di solito non c'è mai nessuno e posso studiare in pace. Dai siediti!» lo esorto.

Gordo fa come gli dico ma vedo che non riesce a trovare una posizione comoda.

«Siediti un po' più a sinistra e appoggia la schiena al tronco. Allora?»

«Davvero comodo!» esclama, distendendo le gambe.

«Il mio piccolo angolo di paradiso. Mi piace anche perché mi ricorda il parco vicino casa dove andavamo a studiare assieme.» dico, accoccolandomi con la testa sulla sua spalla in preda alla nostalgia.

«Hai ragione, un po' gli somiglia.» risponde Gordo, sorridendomi e cingendomi le spalle con un braccio.

Rimaniamo a lungo in silenzio, persi nei nostri pensieri ma stretti l'uno all'altra.

Questo posto non mi è mai sembrato tanto bello come adesso che sono qui con lui.

Avverto un lieve batticuore e, istintivamente, alzo lo sguardo temendo che Gordo possa sentirlo ma rimango sorpresa nel trovarlo totalmente rilassato e con gli occhi chiusi.

Ne approfitto per osservarlo indisturbata.

Ha la mascella volitiva, le guance sono fresche di rasatura e sembrano davvero morbide.

I capelli sono la solita massa riccia e arruffata ma non saprei vederlo con una capigliatura diversa, sembrano l'esternazione del suo genio interiore.

Nella mia osservazione lo sguardo mi cade sulle sue labbra e così mi ritrovo a pensare al bacio che ci siamo scambiati in biblioteca.

So perché lo ha fatto ma è stato comunque emozionante.

Mi mordo le labbra imponendomi di cancellare ciò che ho provato ma non ci riesco.

Io ho sentito qualcosa in quel momento e non era certamente qualcosa dettato dall'amicizia.

Se penso che tra poco lui andrà via mi si stringe il cuore.

Prima che la ragione possa elencarmi le decine di motivi per cui ciò che sto per fare è stupido, mi sporgo verso di lui e lo bacio.

Appena lo sfioro, Gordo spalanca gli occhi ma, invece di allontanarmi, mi attira a se.

Spronata dalla sua reazione, approfondisco il bacio.

Sento la sua lingua farsi strada attraverso le mie labbra e, in preda all'eccitazione mi stringo maggiormente a lui.

Continuiamo a baciarci con foga finché la mancanza di ossigeno non ci costringe a staccarci.

«Rebecca è andata via?» mi chiede con il fiatone.

D'un tratto capisco che lui crede lo abbia baciato solo a causa della mia bugia; per un attimo sono tentata di mentire per non mettere a rischio la nostra amicizia ma so che lui merita la verità.

«Non c'era Rebecca, l'ho fatto solo perché lo desideravo.» confesso, facendo appello a tutto il mio coraggio per continuare a guardarlo negli occhi. «In biblioteca ed anche prima in camera ho provato qualcosa ed avevo bisogno di capire cosa era.»

«Ebbene?» chiede lui, con un misto di paura e speranza negli occhi.

«È una sensazione nuova per me. Non so dare un nome a ciò che sento ma so che sono attratta da te e non come amico.» ammetto. «E tu?»

Lo vedo abbassare lo sguardo, sembra in preda ai dubbi e per un attimo mi chiedo se non ho combinato un casino ma poi alza il capo e mi fissa negli occhi con uno sguardo così deciso da stupirmi.

«Penso di averti desiderato dal momento in cui sono stato capace di desiderare fisicamente una ragazza e di averti amata nell'attimo stesso in cui ti ho visto per la prima volta.» afferma, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi. Forse pensa che dopo quanto mi ha detto io voglia fuggire o mollargli uno schiaffo per non avermi mai detto nulla invece io mi sento invadere dalla felicità.

Messami in ginocchio gli prendo il viso tra le mani e lo bacio con tutta la passione di cui sono capace.

Gordo risponde prontamente e, in breve, mi ritrovo a cavalcioni su di lui con le sue mani che accarezzano le mie cosce in maniera tutt'altro che casta.

Sto per dirgli che, per quanto appartato, quello non è il luogo adatto a certe effusioni quando il suono attutito delle campane della chiesa della città ci riportano bruscamente alla realtà.

Tra mezz'ora Gordo dovrà prendere l'autobus.

«Forse è meglio che vada a recuperare il mio notebook.» mi dice poggiando la fronte sulla mia.

Anche se a malincuore faccio un cenno affermativo con la testa e mi alzo, subito imitata da lui.

Ci guardiamo negli occhi e percepisco i suoi dubbi.

Prima eravamo due amici che fingevano di essere una coppia ma dopo quello che ci siamo detti cosa siamo?

Stiamo insieme?

Conoscendo la sua timidezza lo prendo per mano e lo guido di nuovo verso i dormitori.

Arrivata davanti alla porta di camera mi accorgo di aver lasciato attaccata alla lavagna la calamita a cuore. Sto per staccarla ma Gordo mi ferma.

«Non voglio che qualcuno disturbi gli ultimi minuti che posso trascorrere con te.» mi sussurra all'orecchio facendomi scorrere un brivido caldo lungo la schiena.

Entriamo in camera e chiudo la porta per poi appoggiarmivi mentre lui si avvicina alla sua tracolla.

«Lizzie non voglio metterti fretta. Io ho avuto anni per capire che cosa provavo e cosa desideravo. Quando sarei certa allora ne riparleremo.» dice, dandomi le spalle.

So quanto gli costa dire queste parole e mi sento in colpa per il male che involontariamente gli sto causando.

«Voglio stare con te!» esclamo immediatamente e mi rendo conto che è vero.

Finora ero stata così certa del fatto che tra noi ci fosse solo amicizia che anche quando provavo gelosia o stavo male per la sua lontananza attribuivo il tutto al legame fraterno che ci univa ma le ore appena trascorse mi avevano ampiamente dimostrato che mi sbagliavo.

Se davvero per me lui fosse stato solo un amico i suoi baci e le sue carezze non avrebbero dovuto eccitarmi né fare nascere in me il desiderio di avere di più.

«Sei sicura?» mi domanda, tornando a guardarmi con un misto di paura e speranza negli occhi.

«Mai stata più certa di qualcosa in vita mia.»

Appena finisco di parlare, lui mi si avvicina, porta la mano destra sulla mia guancia e mi attira a se per baciami con passione.

Mi stringo a lui facendo aderire i nostri corpi.

La sua mano sinistra mi accarezza la schiena e avverto la smania repressa nei suoi gesti.

«Quanto vorrei avere più tempo.» mormora con voce carica di desiderio represso, staccandosi da me e poggiando le mani alla porta imprigionandomi tra le sue braccia distese.

«Anch'io vorrei che potessi rimanere ancora.» ammetto.

«Ti prego, non dirmi così se no addio autocontrollo.»

«Gordo che perde il controllo...interessante.» sussurro al suo orecchio.

«Piccola peste!» esclama lui, con uno sguardo furbo che mi mette in allarme.

Due secondi dopo mi ritrovo a correre per la stanza inseguita da lui che cerca di farmi il solletico.

L'epilogo scontato di un tentativo di fuga in una camera così piccola è la mia caduta sul letto con Gordo che mi blocca sotto di se.

«Ora mi vendico.» annuncia con voce malandrina e si piega su di me a lambirmi il collo con le labbra.

Non ci vuole molto perché i miei gridolini di protesta si trasformino in mugolii di piacere.

Una parte di me si chiede se sia un dono di natura o se sia frutto di molto allenamento e, irrazionalmente, mi sento gelosa di chi c'è stata prima di me.

Sento le sue labbra risalire lungo la guancia, sfiorare le mie labbra e ridiscendere per poi fermarsi all'altezza della clavicola.

«Maledizione!» esclama, lasciandosi cadere di fianco a me.

Lo guardo, allarmata chiedendomi cosa gli sia successo.

«Devo andare.» dice con aria afflitta, mettendosi a sedere.

Ah, già, l'autobus. Me ne ero dimenticata.

«La prossima volta sarà diverso. Verrò con la macchina così non ci saranno problemi di orario.» mi assicura, accarezzandomi una guancia.«E sopratutto ti porterò fuori dal campus così non ci saranno Rebecche o Daisy varie a disturbarci.»

Gli sorrido e gli sfioro le labbra con un bacio.

Ripreso un minimo di autocontrollo, lasciamo la stanza e lo accompagno alla fermata.

Purtroppo l'autobus è puntuale e così due minuti dopo mi ritrovo a salutarlo con le lacrime agli occhi e la promessa che ci rivedremo presto.

Sulla strada del ritorno mi accorgo di guardare tutto sotto una nuova luce e mi dico che forse, in fondo, dovrei quasi ringraziare Rebecca...quasi...

Tornata in camera invio un sms a Gordo.

Mi manchi già.”

Così lo troverà appena accende il cellulare.

Poi mi sdraio sul letto, chiudo gli occhi e sento un sorriso nascermi spontaneo sulle labbra.

Una giornata disastrosa si è trasformata in qualcosa di stupendo ed anche il futuro mi appare più roseo.

Non credevo si potesse provare tanta felicità tutta in una volta.

Stringo a me il cuscino e mi sembra di sentire il suo odore.

Un solo pensiero mi attraversa la testa: non vedo l'ora di rivederlo e di tornare tra le sue braccia.

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Lizzie McGuire / Vai alla pagina dell'autore: Notteinfinita