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Autore: Cricrip    13/11/2016    1 recensioni
SPOILER CAPITOLI 843-844
Gli eventi di questi due intensi capitoli osservati dal punto di vista di Sanji.
"-Sua maestà!- esclamò all’improvviso una guardia- C’è qualcosa che si avvicina rapidamente verso di noi!
Il cuoco quasi non si curò dell’avvertimento, deciso com’era nell’ignorare qualsiasi cosa riguardasse quel ridicolo viaggio… poi però, subito dopo, inaspettato e fuori luogo come era sempre, arrivò alle sue orecchie un richiamo familiare..."
Ripeto: SPOILER. Se non avete letto i capitoli, non leggete assolutamente.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Monkey D. Rufy, Nami, Sanji
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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SPOILER CAPITOLI 343-344!

Premessa: questo è un lavoro senza pretese. I dialoghi sono tratti dal manga (solo lievemente modificati o tagliati qua e là per rendere il discorso più fluido e meno noioso) e la storia segue fedelmente l'originale di Oda (con leggerissimi insignificanti cambiamenti). Questi capitoli sono stati assolutamente perfetti! Dopo averli letti non riuscivo a starmene buona senza fare niente (specialmente con la pausa di questa settimana) così è venuta fuori questa one-shot... spero vi piaccia e che non risulti troppo noiosa:)
Buona lettura!
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BE SANJI VINSMOKE
La carrozza avanzava lentamente sul selciato, mentre attraversava la città dell’Isola Torta, diretta verso il castello dove Big Mom stava aspettando la delegazione di Germa.
Sanji sedeva dietro, nel posto centrale. Yonji e Niji gli erano accanto, uno per ogni lato, come a fargli intendere meglio e per l’ennesima volta che non potesse scappare.
Come se già non lo sapesse.
Era vestito con abiti eleganti e sontuosi, di tessuto morbido e pregiato, dalle raffinate cuciture. Un lungo drappo era fissato sul davanti e ricadeva oltre le spalle come un mantello.
Sanji si sentiva solo infastidito da quel completo principesco che era stato costretto a indossare.
Che ironia…
Quante volte aveva immaginato se stesso nelle vesti di principe? Per salvare Nami, Robin o qualche altra bella fanciulla di cui sarebbe stato l’eroe…
Nient’altro che un gioco.
Uno svago innocente dell’immaginazione che traeva origini da sogni e ingenuità della sua infanzia, mai scomparsi nonostante quanto suo padre e i suoi fratelli gli avevano fatto.
Ma non c’era niente di reale: lui era un cuoco, un pirata – un pezzente, avrebbe detto la sua famiglia – e ne era orgoglioso.
-Sembra che in città ci sia gran fermento…
-Non staranno più nella pelle per il nostro arrivo!
I suoi fratelli chiacchieravano tra loro, eccitati dall’incontro con Big Mom che si sarebbe svolto di lì a breve. Parlavano del Tea party dell’imperatrice, del futuro di Germa e di come quell’alleanza avrebbe fruttato loro il dominio del North Blue: tutti argomenti insignificanti per Sanji.
Il cuoco stava seduto in silenzio, il volto rivolto davanti a sé, impassibile, cercando di passare inosservato quanto più poteva, ben contento di essere stato ignorato fino a quel momento. Niji, Yonji e Ichiji non avevano dato più cenni di essere interessati a provocarlo, forse soddisfatti di quanto ottenuto dall’ultima volta.
Sanji si chiese cosa sarebbe successo dopo il matrimonio. L’avrebbero ucciso una volta per tutte? Per i suoi fratelli non sarebbe certo stato un problema, ma forse suo padre aveva ancora quegli stessi scrupoli di quando lui era bambino…
No. Si disse.
Ucciderlo era fuori discussione: serviva vivo per mantenere valido il patto con Big Mom. Probabilmente si sarebbero limitati a massacrarlo con calci e pugni ogni volta che si fossero sentiti annoiati, divertendosi a vederlo incassare un colpo dietro l’altro senza poter reagire.
Ah… non riusciva a credere di essere stato così stupido.
Sì, perché da quando quell’incubo era iniziato – dal momento in cui Capone “Gang” Bege aveva fatto tornare nella sua vita il nome dei Vinsmoke – doveva ammettere di aver creduto, anche solo per un attimo, che sarebbe stato diverso. Non aveva mai avuto alcuna intenzione di abbandonare la sua ciurma, ma la speranza che forse, tornando, suo padre lo avrebbe accolto con calore, pentito di averlo mandato via tanti anni prima… era stata troppo invitante per lasciarla andare.
Non poteva farci niente: con la sua famiglia, si sentiva ancora quel bambino indifeso e rifiutato di più di dieci anni prima. Un bambino che avrebbe fatto di tutto per compiacere suo padre e essere alla pari dei suoi fratelli.
Quel ridicolo vagheggiamento aveva comunque avuto vita breve: era bastato che Vinsmoke Judge mettesse piede nella sua stessa stanza per capire che era stato tutto un’enorme, stupida illusione. Suo padre non era cambiato, e non l’avrebbe mai fatto: per lui, Sanji sarebbe comunque rimasto il figlio sbagliato, l’esperimento fallito… nient’altro che uno strumento inutilizzabile.
Il fatto che lui si trovasse lì, costretto su quel sedile da minacce ed espedienti meschini, era una prova inoppugnabile.
L’aveva compreso troppo tardi però: adesso non c’era modo di tornare indietro.
Tutt’intorno i fiori dell’isola cantavano e gli occhi di colline e alberi li seguivano attenti, mentre le ruote della carrozza continuavano a girare, lente e regolari. Sanji si concentrò sul loro suono cadenzato lasciando che inutili ricordi e false speranze scivolassero via.
-Sua maestà!- esclamò all’improvviso una guardia- C’è qualcosa che si avvicina rapidamente verso di noi!
Il cuoco quasi non si curò dell’avvertimento, deciso com’era nell’ignorare qualsiasi cosa riguardasse quel ridicolo viaggio… poi però, subito dopo, inaspettato e fuori luogo come era sempre, arrivò alle sue orecchie un richiamo familiare.
-EEEHIII!!! SAAANJIII!!
Rufy.
Il cuoco si immobilizzò mentre la voce inconfondibile del suo capitano ripeteva il suo nome ancora e ancora.
Non era possibile.
Perché?
Perché adesso?
Sanji avvertì solo vagamente la carrozza fermarsi, mentre tutti i Vinsmoke e la loro scorta si giravano verso chiunque avesse osato disturbarli: ancora lontano, un enorme tronco d’albero munito di occhi e bocca correva a tutta velocità verso di loro, mentre due figure, inconfondibili per il cuoco, stavano in piedi su di esso.
Un capitano dal caratteristico cappello di paglia e una navigatrice dai lunghi capelli rossi…
-Mi sembra che sia passata un’eternità!
Rufy senza perdere tempo era saltato giù dal tronco e ora stava correndo verso la carrozza dove si trovava il cuoco.
-Ehi, Sanji!- lo chiamò Nami, rimasta sull’albero: era stupenda con quel bellissimo outfit da pasticcera, da togliere il fiato. I suoi occhi erano pieni di sollievo: doveva essersi preoccupata più di tutti gli altri quando il cuoco era partito lasciando loro solo uno stupido biglietto senza una spiegazione- Siamo arrivati in tempo! Credevo che non ci saremmo più rivisti.
Sanji non osava muovere un muscolo.
Appena la voce del suo capitano l’aveva raggiunto, la sua bocca quasi si era mossa da sola.
Eccomi!
Sono qui, arrivo subito!
Si era fermato appena in tempo.
Rimase lì, a fissarli entrambi, i suoi compagni di equipaggio: vedeva i loro visi sorridenti, fiduciosi, contenti di averlo finalmente trovato…
-Quello dev’essere… Rufy Cappello di Paglia.- era la voce di suo padre: attenta, calcolatrice e… infastidita.
Il panico cominciò a montare dentro di lui.
Cosa faccio? Cosa faccio? Caso diavolo faccio adesso?
Rufy lo chiamò di nuovo. I suoi fratelli ribatterono qualcosa che però Sanji non riuscì a registrare.
Cosa faccio?
Improvvisamente Rufy, nella sua corsa, prese lo slancio e saltò, gettandosi verso di loro: si aggrappò al fianco della carrozza, producendo un violento scossone che fece ondeggiare la vettura.
-Sono venuto a prenderti, Sanjiii!
Tutta la scorta dei Germa si spaventò per quell’irruzione inaspettata ed entrò prontamente in azione per difendere la famiglia reale dalla minaccia.
-Togliti subito maledetto!
-Bastardo, scendi di lì!
Rufy ignorò bellamente gli insulti e il suono delle armi che si caricavano.
-Andiamo via, Sanji!- Rufy lo guardava con un sorriso che andava da un lato all’altro del viso. L’assoluta fiducia che il capitano nutriva nel suo compagno era percepibile dal suo sguardo privo di qualsiasi dubbio o esitazione.- So che ci avevi scritto che saresti tornato, ma… non ho saputo aspettare!
Sanji si sforzò di rimanere immobile, soffocando l’impulso, che era montato in lui spontaneo e genuino appena li aveva visti, di lanciarsi fuori dalla carrozza e raggiungere i suoi compagni, dimenticandosi dei suoi fratelli, di suo padre e di tutto lo schifo nel quale si era sentito affogare fino a quel momento.
 
-Facciamo festa!
 
Ricordi impressi indelebilmente nella sua memoria lo assalirono, traditori. Momenti felici, in compagnia dei suoi compagni di ciurma, passati a cantare, a mangiare e a ridere.
-Allontanati subito o apriremo il fuoco.- i soldati di Germa continuavano i loro tentativi di intimidire Rufy: una sfida persa in partenza.
Sanji si voltò bruscamente, non riuscendo più a guardare in faccia il ragazzo di gomma.
Sentiva gli occhi di suo padre su di lui, attenti ad ogni sua mossa.
Istintivamente abbassò lo sguardo sulle proprie mani, su quei cerchi di metallo che gli stringevano minacciosi i polsi.
 
-Hai detto che le tue mani sono preziose. Se fuggirai da quest’isola… Ti polverizzeranno entrambe le braccia.
 
Era certo che suo padre nemmeno si fosse reso conto di quanto quel suo modo di imprigionarlo fosse stato efficace. Come avrebbe potuto? Il solo fatto che suo figlio fosse un cuoco era degradante e inconcepibile per lui…
-In realtà volevo venire a prenderti da solo…- stava intanto dicendo Rufy, inconsapevole del conflitto che si stava consumando nella testa di Sanji- ma conosci come sono gli altri…
 
-Che ne diresti se gli facessi saltare la testa dal collo?
 
La foto di Zeff fatta sventolare davanti a lui come se niente fosse. Come se quella non fosse stata la foto della persona più importante della sua vita. Della persona che aveva sacrificato tutto per lui e che gli aveva insegnato così tanto...
Rufy continuava a parlare, insistendo perché lui venisse via con loro.
Sanji strinse i pugni.
Non poteva.
Le sue mani… quelle mani erano la sua vita… aveva imparato a proteggerle ad ogni costo… se le avesse perse, il suo sogno non avrebbe più avuto importanza…
Non posso.
Si ricordò di quando da bambino andava a trovare sua madre in ospedale, portando del cibo cucinato da lui per farla stare meglio. Si rammentò dei momenti dopo la morte di lei, in quella cella solitaria con quella soffocante maschera addosso, in cui aveva sentito per la prima volta nominare quel mare…
L’All Blue…
L’avevano in pugno.
Sapevano dov’era il Baratie… avrebbero ucciso il vecchiaccio…
 
-Hey, Sanji… cerca di non prendere freddo.
 
Gli doveva tutto, e non aveva certo bisogno di uno stupido legame di sangue per considerarlo un padre. Non avrebbe mai permesso che morisse a causa sua: la sua vita e la sua libertà non valevano certo quel prezzo.
Alzò finalmente lo sguardo: sapeva cosa doveva fare.
Rufy sorrideva ancora: finito di raccontargli cos’era successo, era sicuro che ora Sanji sarebbe sceso dalla carrozza riunendosi ai suoi compagni.
Il calcio sorprese tutti.
Un momento prima suo fratello minacciava Rufy affinché si staccasse, mentre il ragazzo di gomma insisteva sul non volersene andare senza il suo cuoco, e quello dopo il fianco della carrozza era distrutto e il capitano, colpito in pieno, cadeva sull’erba a qualche metro dalla strada.
Quando il piede del cuoco ritoccò terra, un silenzio irreale sembrava essere sceso su tutto.
-Fermo!- intervenne Nami, confusa e sbigottita- Che stai facendo Sanji?
Sanji avanzò, superando Yonji e sporgendo dalla carrozza verso i suoi due compagni che lo guardavano con gli occhi sbarrati, incapaci di credere a ciò che il cuoco aveva appena fatto.
Lui stesso non avrebbe mai pensato che un giorno si sarebbe ritrovato a rinnegare i suoi compagni e a ferire fisicamente il suo capitano al di là delle giornaliere scaramucce per allontanarlo dalla dispensa della Sunny…
Eppure eccolo lì.
Non sarebbe stato facile: conosceva Rufy troppo bene per illudersi che accettasse un no come risposta e se ne andasse tranquillo.
Doveva essere convincente. Non doveva lasciar loro speranze a cui aggrapparsi. Doveva essere crudele.
-Tornatene da dove sei venuto, miserabile pirata.
Appena quelle prime parole uscirono dalla sua bocca, sentì Yonji ridere sguaiatamente e Niji ghignare soddisfatto, mentre Ichiji esibiva un sorriso di trionfo. Sua sorella si limitò a chiudere gli occhi e abbassare la testa, come faceva sempre.
Sanji li ignorò: che si godettero pure lo spettacolo come meglio credevano, non era per loro che lo stava facendo.
-Il mio nome è SANJI VINSMOKE.- scandì bene il suo nome, quello stesso nome che suo padre gli aveva proibito di usare il giorno in cui se n’era andato- E sono il principe del regno di Germa. Mi scuso per avervelo tenuto segreto fino ad oggi. Ma avevo le mie ragioni: non volevo che sviluppaste in mia presenza un senso di inferiorità per il vostro essere solamente degli inutili plebei.
Non dovette sforzarsi troppo per le parole da scegliere: bastò che ripensasse a suo padre, a tutte le sciocchezze con cui l’aveva assordato da quando era ritornato a Germa e a quelle che aveva dovuto sentire da bambino.
Non si permise esitazioni o tentennamenti.
-Stando qui avrò ricchezze, soldati e servitori a non finire…- continuò implacabile-Dovrei tornare sulla vostra nave e vagabondare per i mari con voi pagliacci?
Voi siete l’unica cosa di cui ho bisogno. Non vorrei essere in nessun altro posto al mondo che sulla Sunny, di nuovo a cucinare per voi…
-No, resterò qui a godermi la vita come si deve, con al mio fianco la bellissima figlia di Big Mom che presto prenderò in sposa.
Avrei voluto finire quest’avventura con voi. Aiutarti a realizzare il tuo sogno, capitano…
-Quello che ho scritto su quel biglietto non era altro che un modo per indorarvi la pillola e liberarmi di voi senza tante storie. Quanto potete essere ingenui? Io non tornerò mai!
Non importa quanto io lo desideri.
-Arrivare fin qui dev’essere stato difficile. Mi dispiace, ma è stato tutto invano… A questo proposito, puoi ripetermi il tuo nome? Credo di esserm…
-Basta con queste scemenze!- lo interruppe Rufy bruscamente- Io non me la bevo!
-Ahahah questa è bella!- sghignazzò Yonji: trovava la situazione un vero spasso, non poteva chiedere di meglio di intervenire personalmente e partecipare al divertimento- Lascia che ti dia una mano a sbarazzarti di questi insetti!
-Non muoverti!- lo ammonì Sanji: suo fratello non avrebbe posato nemmeno un dito su Rufy. Tornò a rivolgersi al suo capitano, con uno sguardo risoluto e di superiorità- Ci penserò io a rimettere al loro posto questi rifiuti.
Scese dalla carrozza, il mantello scuro che gli ondeggiava dietro le spalle.
-Ti ringrazio di aver fatto tutta questa strada… davvero.- cominciò- Tuttavia, dalla posizione in cui mi trovo adesso questo tuo gesto va contro i miei stessi interessi, non sei d’accordo? Voi non siete altro che un’insignificante accozzaglia di pirati straccioni mentre la ciurma di Big Mom ha tutti i lussi e le ricchezze che una persona potrebbe solo sognare. Fatti questa domanda: cosa mi renderebbe più felice?- Vide Rufy pronto a ribattere, ma non gliene diede il tempo: non voleva sentire la risposta. Invece, cercò di spingersi oltre il limite, toccando le giuste corde che sapeva avrebbero potuto ferire l’altro maggiormente- Permettimi di essere chiaro: ho sempre nutrito dubbi sul fatto che uno come te potesse diventare il Re dei Pirati. Qualsiasi persona sana di mente punterebbe i suoi soldi sul cavallo vincente, ed è proprio quello che sto facendo io.
-Ora stai esagerando Sanji!- intervenne Nami, sbigottita per quello che stava uscendo dalla bocca del cuoco- Non crederai davvero a quello che dici?
Lo sguardo che lui le rivolse fu duro. Nessuna traccia di parole sdolcinate o dichiarazioni d’amore: la guardava con disprezzo e ostilità… lo stesso modo in cui si guarda un nemico.
La ragazza indietreggiò. Non l’aveva mai guardata così. E Sanji lo sapeva.
-Cos…?
Nami sembrava incapace di dire altro, ma a quel punto fu Rufy a prendere la parola.
-Allora, per tutto questo tempo…- cominciò cauto- ci hai mentito… mi hai mentito.
Ecco, ci stava riuscendo. Il dubbio aveva cominciato a fare breccia nella sua sicurezza.
Doveva solo spingerlo un altro po’.
-Bé, ce ne hai messo di tempo.- lo schernì Sanji. Ruotò su sé stesso, quel tanto che bastava perché la sua gamba si coprisse di fiamme rosse.- La verità è che è imbarazzante essere associati a dei teppistelli come voi. So che è difficile da credere… ma devi accettare la verità e andare avanti.- sollevò la gamba, pronto a cominciare- E per essere sicuro che tu lo faccia, te lo marchierò a fuoco sul corpo. In guardia.
Sanji sapeva fin dall’inizio che sarebbe finita così: il suo capitano non avrebbe mai potuto accontentarsi di un discorsetto qualunque ed arrendersi.
Bastava che ripensasse al giorno si erano conosciuti, al Baratie, quando il ragazzo era arrivato dal nulla, sfondando il tetto del ristorante… e l’aveva convinto a prendere il largo con lui, nonostante i suoi mille rifiuti.
No, per farlo andare via non potevano bastare le parole.
E se doveva combattere contro di lui per convincerlo era esattamente quello che avrebbe fatto.
Sanji partì all’attacco.
-Diable Jambe!
Rufy rimase fermo nella sua posizione, contraccambiando il suo sguardo deciso, mentre il cuoco correva verso di lui.
Perché doveva rendere tutto così difficile?
Il Diable Jambe sulla sua gamba sembrava fremere, pronto per essere usato.
Sanji non poteva credere a quello che stava facendo. Aveva sviluppato quella tecnica per proteggere i suoi compagni, aveva resistito due anni all’inferno per poter diventare più forte e aiutare Rufy a realizzare il suo sogno.
E adesso stava usando quella stessa forza contro un suo compagno… no, peggio: contro il suo capitano. La persona che era stata capace di guadagnarsi la sua lealtà.
Devi arrenderti Rufy…
-Joue Shot!
Per favore arrenditi e basta… solo per questa volta.
Lo colpì con un calcio in pieno viso.
Non si trattenne: l’altro l’avrebbe facilmente capito se non avesse fatto sul serio.
Il ragazzo dal cappello di paglia accusò il colpo senza reagire e fu lanciato indietro per diversi metri, ma ovviamente non era abbastanza per batterlo: con un paio di giravolte riuscì ad atterrare in piedi, tornando a fronteggiare il cuoco, la faccia coperta di sangue.
-Non combatterò contro di te, Sanji.- asserì risoluto.
-E allora vattene!- replicò impassibile il terzo figlio della famiglia Vinsmoke.
-Non farò neanche quello.
Ovvio.
Non poteva dargli retta una buona volta e semplicemente rinunciare…
Cedere.
Piegarsi.
-Sei sempre stato un fastidioso egocentrico bastardo!
Scattò in avanti e lo colpì di nuovo, più forte.
Doveva capirlo. Doveva accettarlo e farsene una ragione.
 
-Ehi cuoco! Perché non vieni con noi e fai il cuoco sulla mia nave?
 
-Sanji! Basta così!- gridò Nami- Siamo venuti qui solo per portarti indietro! Per arrivare qui… per poter stare di fronte a te, Rufy per tutta la notte…- la sua voce si incrinò- ha messo a rischio la propria vita contro un comandante nemico! E’ al limite…!
-Non aggiungere altro, Nami!- la fermò il capitano- Non trovare scuse… qualunque cosa succederà qui… mi sta bene…
Ed eccola lì: la vera tempra del suo capitano, che si rivelava sempre nelle situazioni più critiche, quando ce n’era bisogno…
Basta.
L’ammirazione e la lealtà che sentiva nei suoi confronti non dovevano mettersi in mezzo a quanto si era prefisso.
Non gli lasciò più nessuno spazio per riprendersi. Lo attaccò con una serie di calci, laterali, diretti, dal basso… Ma Rufy continuava a non reagire: non rispondeva agli attacchi, lasciava che Sanji lo colpisse e poi si rialzava ogni volta.
Il cuoco era esasperato.
-La tua brutta faccia mi offende! Portala lontano da qui!
-Non credo proprio.
Sanji strinse i denti.
Rufy… maledizione…
 
-Allora sarai il nostro cuoco?
-Impossibile! Non posso accettare… ho una ragione precisa per cui devo lavorare qui…
-Niente da fare, rifiuto!
-Cosa… rifiuti?
-Rifiuto il tuo rifiuto!
-…?!
 
Un altro calcio. Era ora di concluderee portare a termine quello che aveva iniziato: lo gettò a terra e prima che potesse riprendersi fece un balzo in aria.
-Basta!- cercò di interromperli Nami- Hai vinto tu Sanji, ce ne andiamo!
-Non mi muoverò di un centimetro.
 
-Sei uno chef gentile e fenomenale. Andiamo, diventa un mio compagno!
 
-CONCASSÈ!
Il calcio lo colpì alla testa.
E stavolta fu troppo anche per Rufy, già pesantemente provato: gli occhi gli si velarono mentre il suo corpo cadeva a terra inerte.
Era finita.
Sanji lasciò il suo capitano così, cominciando ad allontanarsi.
C’era riuscito: dopo quello che aveva appena fatto, aveva perso qualsiasi diritto avesse mai avuto di far parte dei Pirati di Cappello di Paglia.
Aveva di voler marchiare il suo capitano… ma in realtà era a sé stesso che aveva apposto un marchio: quello del traditore.
-Mi scusi, lord Sanji…
Alzò lo sguardo: Nami era scesa del tronco e si stava avvicinando a lui. Lo sguardo duro, il passo senza esitazioni: era bellissima, magnifica…
Lo schiaffo arrivò inaspettato, più di quanto avrebbe dovuto forse.
-Allora addio- le parole della ragazza erano sferzanti, in contrasto col loro tono falsamente servile.- Spero possa perdonare queste mie maniere forti…
Sanji accusò il colpo senza reagire.
Nel suo sguardo balenò un’ombra di tristezza, che cercò di soffocare. Fu difficile, specialmente dopo che ebbe visto le lacrime addensarsi negli occhi della ragazza.
Aveva fatto piangere Nami?
Doveva esserne soddisfatto: era andata esattamente come voleva… ora i suoi compagni non avrebbero potuto vederlo altrimenti che come un essere spregevole… un infame della peggior specie.
La navigatrice gli diede le spalle, allontanandosi da lui per raggiungere il capitano a terra.
Il cuoco si permise solo un ultimo sguardo a entrambi. Rimpianto, colpa, amarezza… stava diventando troppo da sopportare senza incrinare la maschera che si era cucito addosso.
Doveva affrettarsi a tornare dai suoi fratelli e andarsene di lì.
Chissà se si sarebbero rivisti ancora…
-A quanto pare hai finalmente rotto i tuoi stupidi legami.- gli disse suo padre, probabilmente soddisfatto che i suoi metodi fossero stati efficaci per rendere suo figlio un completo burattino.
-Chiedo scusa per averci messo così tanto.- ribatté Sanji con tono distaccato, salendo di nuovo sulla carrozza.
-Andiamo!
Si sistemò a sedere, stavolta però occupando uno dei posti laterali, lasciato libero da Niji che si era alzato per osservare il combattimento. Rifiutò di incrociare lo sguardo di chiunque, coprendosi il viso con la mano.
Aveva bisogno di un momento da solo.
Voleva un luogo dove sparire, nascondersi e seppellire il disprezzo che provava per se stesso.
-Non puoi andartene così facilmente Sanji!- il grido del capitano lo raggiunse di nuovo.
Il cuoco non si mosse, né accennò a voltarsi.
-Piantala con questa sceneggiata! Non ti ho mai sentito dire nulla di più finto e inventato! Sei un pessimo bugiardo! Credi che in questo modo ti libererai di me? Che mi convincerai a voltarti le spalle? Dovresti saperlo meglio di tutti quanti!
Era vero, tutto vero… Sanji sentiva che il suo autocontrollo stava per infrangersi…
-Mi hai colpito molte volte, mi hai colpito con forza… ma non sono certo io quello che sta soffrendo!
E così il capitano rifiuta il rifiuto. Di nuovo.
Ma Sanji non poteva più fare o dire nulla. Premette più forte la sua mano sul viso, sperando così di fermare le lacrime che sapeva essere a un passo dallo scendere.
-Dobbiamo fermarci, Sanji?- chiese Reiju. Il tono della sorella gli parve dolce, a suo modo.
-No, continuiamo…
La carrozza ripartì, seguita dalla scorta.
 
-Dimmi, hai mai sentito parlare dell’All Blue?
 
-Non abbiamo ancora finito!- la voce di Rufy lo raggiunse ancora una volta- Le nostre avventure ci attendono!
E a quel punto Sanji non riuscì più a trattenersi: il pianto gli inondò il viso, ancora coperto dalla sua mano.
Rufy non cambiava mai.
Era ancora lo stesso ragazzino impulsivo e incosciente che aveva incontrato al Baratie e l’aveva convinto a prendere il mare insieme a lui.
Nessun altro ci sarebbe riuscito.
I suoi fratelli risero sguaiatamente, dando a Sanji anche delle pacche di scherno sulla spalla, mentre si divertivano ad ascoltare gli ulteriori vaneggiamenti di Cappello di Paglia.
Ma Sanji sapeva che quelle che loro credevano vuote ciance, per Rufy erano promesse. Sincere e da mantenere a qualsiasi costo.
-Io non potrò mai diventare il Re dei Pirati senza di te!
La carrozza continuò il suo percorso sulla strada verso Big Mom, lasciando indietro il capitano e la navigatrice.
   
 
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