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Autore: Altair13Sirio    13/11/2016    4 recensioni
Eccoci qua, ancora una volta.
Siamo all'ultima, finisce qui. Ma non finisce per sempre. Torneremo ancora a lottare per loro, perché c'è un patto tra noi e loro, un legame che spinge entrambe le parti a dare il massimo.
Un supereroe porta la maschera, ma lascia scoperti i suoi occhi. Loro non ne hanno bisogno, noi sì.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Racer'
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Eccoci qui, ancora una volta.
Quante volte abbiamo atteso in questo box, di fronte all’ultima sfida? E’ diventata ormai un’abitudine, la nostra vita segue un ciclo che si ripete sempre, ogni anno, sempre con le sue variazioni… A volte c’è qualche nuovo arrivato, a volte qualcuno se ne va, c’è chi vince di più e chi vince di meno, ma una cosa è sempre la stessa: il traguardo.
Siamo sempre qui, alla fine di questo viaggio, il capolinea è in questo circuito speciale che tanto ci ha fatto gridare di gioia e tanto ci ha fatto disperare. E’ un circuito speciale, qui abbiamo avuto le più grandi delusioni e abbiamo raggiunto il successo più volte; e non solo per questo, questo luogo è tanto importante.
E’ l’ultimo appuntamento prima di coronare il vincitore, l’ultima arena dove i gladiatori si scontrano fino all’ultimo giro; uno dei pochi posti dove il senso di marcia è opposto a quello solito, è un circuito piccolo e stretto, che dà vita però a battaglie memorabili; il suo rettilineo è corto, rispetto ad altri giganti del calendario, ma con i suoi ottocentosettantasei metri si riescono a raggiungere velocità elevate; il pubblico, che è la cosa più bella del nostro lavoro, può assistere a tutta la gara grazie alla sua conformazione da qualsiasi posizione.
Li sento, i miei fan. Gridano il mio nome. Vogliono che faccia di tutto anche questa volta per regalargli questo ricordo. E io farò di tutto per non deluderli.
Mi piego in avanti e do uno sguardo alla mia fedele compagna; un anno fa non c’era questa atmosfera festosa. La gente non urlava i nomi dei suoi eroi perché un’altra voce sovrastava quelle degli altri: la voce dell’odio. E mosso da quell’odio, anche io mi sono lasciato trascinare; la mia moto non era felice, un anno fa.
“Non ti preoccupare.” Le dico alzando una mano per accarezzarla sulla carena con il mio guanto. “Non c’è più nessun problema ora.” E’ vero, penso. Ma è ovvio che il ricordo resterà sempre, la ferita non si rimarginerà del tutto… Ma questo non importa. Tutto questo si lascia fuori dalla pista, per quando non si corre.
Allaccio la sicura del casco e mi alzo dalla mia sedia. Vado incontro alla mia compagna e mi inginocchio accanto a lei. Le sussurro quelle parole che le danno forza e sicurezza e poi mi rialzo per spingerla fuori dal box.
All’esterno il sole batte forte sulla mia testa e il telaio della moto riflette la sua luce abbagliante, tanto che ci metto un po’ prima di abituarmene. Quando la luce non mi dà più fastidio, mi guardo intorno: migliaia e migliaia di persone gioiose e in estasi aspettano noi per dare inizio allo spettacolo. Ci sono bandiere, cartelloni, magliette e cappellini con i nostri numeri, i nostri segni di riconoscimento… Sono tutti fieri di portarle per far ricordare il nostro nome, e da qualche parte scorgo anche qualche telo che mi commuove, ricordandomi un vecchio amico che ora non c’è più.
Con la visiera sollevata, alzo una mano per salutare la folla, ma loro mi hanno già visto; basta poco per farsi riconoscere: alcuni hanno una camminata particolare, altri hanno dei colori sgargianti sulle carene e sulle tute, altri ancora, si sentono arrivare preceduti dal loro carisma. Ma c’è una cosa più importante di tutte le altre, molto più forte di ogni altro particolare, che ci identifica tutti quanti: i nostri occhi.
Quando siamo in gara e abbiamo le visiere dei caschi abbassate, l’unica cosa che si intravede sotto il vetro protetto dai diversi strati di pellicola trasparente, sono i nostri occhi. Quegli occhi che trasmettono aggressività, determinazione, forza, ma anche gioia, tristezza e bontà. E’ questo quello che loro vedono di noi, durante una corsa; sotto le nostre armature colorate, oltre ai numeri scintillanti e le carene dalle curve aggressive, tutta l’umanità del nostro essere è racchiusa lì, nascosta da un vetro che liberiamo dalla sporcizia a ogni giro. Ed è per questo che loro ci seguono con tanta passione e affetto: se non ci fossero quegli occhi a mostrare le nostre paure, le nostre debolezze, i nostri pensieri, non saremmo diversi da dei robot, non potremmo mostrare l’anima che si libra nel rettilineo, che si spinge a destra e a sinistra assieme al corpo per trovare le curve, e non potremmo mostrare neanche l’anima delle nostre compagne, che verrebbero altrimenti viste solo come delle “semplici” moto.
Sorrido pensando a tutti quelli che mi seguono da quando ho cominciato; i miei amici, i miei genitori, la grande famiglia della mia squadra. Tutto questo, senza di loro, non avrebbe senso, e sicuramente vincere non avrebbe lo stesso sapore. Li ringrazio mentalmente rivolgendo agli spalti un ultimo sguardo rassicurante, e vedendo i miei occhi sorridenti, loro capiscono tutto.
Do una pacca sul serbatoio della mia compagna di avventure e dopo un attimo di esitazione alzo la gamba per montarci sopra. Accendo il motore dando un paio di strattoni all’acceleratore; sento l’impazienza della moto di entrare in pista. Bisogna mantenere la calma, essere pazienti…
Parto, e mentre attraverso il rettilineo dei box sento le urla della mia grande famiglia farsi sempre più forti, quasi come se avanzassero assieme alla mia moto. Prima di superare la linea, mi alzo in piedi e mi aggiusto la tuta all’altezza dell’inguine, come al solito. Appena la moto ha superato la linea che delimita la fine dei box, tiro con forza l’acceleratore per farla liberare un po’ della sua impazienza, e mi godo il suo ruggito prima di dover frenare nella curva di sinistra – la prima del circuito.
Dopo essermi dato un’occhiata alle spalle uscendo dalla curva attraverso tutto il circuito per posizionarmi sulla mia piazza di partenza, la posizione che mi sono conquistato il giorno precedente. Mi guardo intorno e sorrido ai piloti accanto a me da sotto il casco; loro non vedono il mio sorriso, ma vedono i miei occhi, e rispondono allo stesso modo al mio gesto. E’ importante rispettarsi in pista, nonostante tutte le rivalità… Partiamo per il giro di ricognizione e io lascio sfilare un paio di moto davanti alla mia; mi assicuro di non dare fastidio a nessuno mentre accelero nel rettilineo, e freno con cautela al raggiungimento della curva. Ho appena fatto un giro su questa pista, ma bisogna farlo tutti insieme prima della partenza, per assicurarsi che sia tutto a posto.
Dopo la prima curva lascio che la forza centrifuga mi tiri dolcemente sul cordolo a destra e accelero gradualmente per evitare che il posteriore perda aderenza su di esso; seguendo le altre moto di fronte a me attraverso tutto il secondo rettilineo fino a staccare con decisione alla seconda curva; rallentiamo tutti molto in questa stretta curva e ci buttiamo a sinistra restando più vicini possibile al cordolo, prima di tornare ad accelerare e buttarci in una buca a sinistra in cui si potrebbe rischiare di perdere aderenza; raddrizziamo finalmente le moto e le pieghiamo rapidamente dal lato opposto, lanciandoci più rapidamente possibile sul cordolo a destra, che è molto sottile e stabile, per trarre più vantaggio possibile dalla spinta per il prossimo rettilineetto e la seguente curva a destra, più ampia e veloce di quella appena conclusa; dopo la curva il freno ha qualche attimo di pace e tutti tiriamo il gas per raggiungere più velocemente possibile la fine del rettilineo e lanciarci poi in una lunga curva a sinistra che fa cambiare completamente la direzione della gara; adesso c’è un rettilineo lungo dove si sfiorano i duecentocinquanta chilometri orari, spezzati da una leggera curva verso sinistra che porta in un’altra curva a sinistra, più ampia e lenta rispetto alla precedente, dove non devi sbagliare la staccata, o rischi di ritrovarti nella ghiaia senza che tu nemmeno te ne accorga. La prima metà del circuito è andata quando torni a dare gas piegandoti verso sinistra; qui si deve giocare con frizione e acceleratore per trarre il massimo vantaggio dal cambio di direzione, e ancora una volta il verso della gara è andato dalla parte opposta; subito dopo aver grattato la marcia al limite per cercare più velocità nella rapida curva di destra, devi frenare in fretta e buttarti a destra, di nuovo per un altro cambio di verso della gara: qui il cordolo è molto sottile, quasi piatto, ma bisogna fare attenzione a non chiudere la curva troppo presto o troppo tardi, o rischierai di finire addosso agli altri. Torni a dare gas nel penultimo rettilineo della pista e ti prepari all’ultima curva a destra del circuito; bisogna scegliere bene quando frenare, e potrebbe essere molto pericoloso sbagliare in questo punto della pista: subito dopo della curva, all’esterno della quale è posizionato un piccolo cordolo alto di colore azzurro che spicca sul giallo e arancione della pista, c’è un cambio di direzione repentino che porta in un ampio curvone veloce in salita, che sembra indicare metaforicamente l’apice della gara, l’ultima possibilità per superare prima della bandiera a scacchi. Dopo della discesa, infatti, c’è l’ultima curva che attende i piloti: stretta, lenta, la curva è a sinistra e dopo di questa vai a gas spalancato, fino a punte di trecentotrenta chilometri orari, fino alla fine della gara, quando potrai rilassarti ed esultare, o disperarti per il risultato non soddisfacente…
Ma non è ora la bandiera a scacchi. Non è ora il momento di lasciare andare la mente e ringraziare per esserne usciti indenni un’altra volta. Ora è il momento di allinearsi alla partenza, è il momento di correre!
Mi avvicino alla mia postazione e sento il cuore battere sempre più forte, quasi come se avessi paura. Mi fermo. Abbasso lo sguardo per fissare il piccolo schermo che mi indica la velocità della moto. La paura mi assale, per qualche strana ragione, ma delle voci attirano la mia attenzione e mi fanno alzare lo sguardo: sono loro, la mia “famiglia”, che mi chiamano e mi incitano a lottare ancora una volta. Perché tutto questo, adesso? Come hanno fatto a capire che avevo paura?
Hanno visto i miei occhi. Quegli occhi che hanno mostrato quanta insicurezza avessi e hanno deciso di darmi il coraggio che mi serve. Posso farcela, posso affrontare ancora una volta questa pista e posso anche vincere se ci provo con tutte le mie forze! E lo farò per loro, proprio come un supereroe che lotta con tutte le sue forze per difendere le persone a cui tiene.
Sono il loro eroe, e loro sono i miei. Alzo un braccio per salutare quella folla che inneggia il mio nome e poi torno a guardare davanti a me. Anche la mia moto è pronta, non ha bisogno di essere rassicurata, ma io mi chino in avanti e le sussurro ancora una volta queste parole.
“Resteremo insieme fino alla fine.”
So che lei ha capito, so che lei mi sente, e nessuno dei due ha più paura ormai. Siamo pronti a dare battaglia per conquistare quella coppa! E se non dovessimo vincere, non sarà la fine del mondo; lotteremo, ci divertiremo, e faremo correre assieme a noi quelli che non ci sono più.
E’ ora di partire. La bandiera rossa ha completato l’attraversamento della pista. Il semaforo si accende, i motori cominciano a rombare, e i nervi di tutti sono tesi al massimo. Io e lei siamo pronti e decisi, è ora di non pensare ad altro se non alla corsa, come un supereroe che si prepara alla battaglia finale. Non c’è rancore, non c’è paura, non c’è euforia: c’è solo la determinazione di finire, di lottare, di vincere.
Il semaforo si spegne e la folla comincia ad urlare, incitando i loro supereroi corazzati in sella alle loro cavalcature scintillanti. Siamo noi, quei supereroi! Quelli che indossano delle maschere per nascondere la loro identità e che lasciano intravedere solo una parte del viso: gli occhi. Lottiamo tutti assieme, soffriamo e ci esaltiamo, ci rispettiamo nonostante le rivalità, e non dimentichiamo il passato, ma ci preoccupiamo del presente e guardiamo al futuro.
Noi siamo i supereroi della gente, e loro sono i nostri.
Occhi-da-supereroe
   
 
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