Libri > Shadowhunters
Segui la storia  |       
Autore: Winchester_Morgenstern    15/11/2016    0 recensioni
[Shadowhunters - City of Marble's sequel]
— Hai così tanto sangue innocente sulle tue mani, che mi chiedo perché non sei in catene con una sentenza di morte. —
Genere: Dark, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Izzy Lightwood, Magnus Bane, Nuovo personaggio
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
1
I BELIEVE THE CHILDREN ARE OUR FUTURE (1)
 
— Avanti, fammi vedere! — Isabelle rise nel vedere il bambino trattenere il fiato, facendo quasi diventare le labbra due palloncini, per poi sbattere con tutta la forza che aveva in corpo le sue alucce scure e svolazzare per la stanza. 
Pur senza una richiesta specifica di nessuno, aveva passato gli ultimi giorni a tentare di allungare la distanza che poteva percorrere in aria, anche se non aveva fatto molti progressi se non galleggiare a qualche metro da terra e poi ripiombare a terra, affannato. 
Dopo il terzo tentativo, la Nephilim tese le braccia: — Vieni qui, su! — esclamò, facendolo sedere sulle sue gambe. 
— Ho sete — si lagnò il bambino, indicandole la brocca d'acqua sul comodino nella stanza: — Arriva, principino — gli rispose prontamente Jonathan, sogghignando. 
Okay, forse, e sottolineava forse, poteva aver passato gli ultimi mesi a viziare Ian in qualunque modo possibile, e se avessero continuato così sarebbe diventato il bambino più montato del mondo... ma nessuno dei due avrebbe mai potuto dimenticare la faccetta spaventata che aveva quando l'avevano trovato a casa di Magnus, mezzo avvolto nel tappeto e mezzo intento a stritolare Presidente Miao. Anche lui, alla fin fine, si meritava qualche giorno di puro svago. 
Jonathan si lasciò cadere sul grande letto, prendendo il figlio in braccio ed iniziando a solleticarlo dopo che questo ebbe ritratto le alucce piumate.
Isabelle nemmeno si accorse del sorrisone che le si dipinse in volto, rimase incantata ad osservarli giocare con aria assolutamente spensierata a rilassata. Finalmente, dopo gli ultimi anni passati a vedere tutti proseguire felicemente con la loro vita, sentiva che anche la sua iniziava ad immettersi sui binari giusti, e dopo tutto quello che era successo negli ultimi tempi quella era la cosa più bella che le potesse accadere.
— A cosa pensi? — le chiese il giovane Morgenstern, raddrizzando il bambino che ansimava per le troppe risate.
Isabelle si avvicinò ai due, con l'irrefrenabile impulso di accarezzare il suo novello ragazzo: — A noi tre, in realtà — rispose sinceramente.
Jonathan le sorrise: — Davvero? —
— Certo — La Shadowhunter annuì, piegandosi in avanti per lasciargli un bacio leggero sulle labbra: — Non ho intenzione di cambiare idea né di scappare, stupido Morgenstern. —
— Mai detto che tu stessi per farlo — la rimbeccò lui. 
— Ma l'hai pensato — ribatté lei con nonchalance. 
— Cosa te lo fa credere? Il mondo non gira intorno a te, Lightwood. — Jonathan inarcò un sopracciglio, mentre Ian trascinava Samy e Qua Qua sul letto, inventando strambe conversazioni immaginarie a cui nessuno dei due stava prestando molta attenzione. 
— Be'... Siamo tutti umani. Io ho paura di perderti, di perdere tutti voi, quindi ho pensato che per te fosse lo stesso, considerando che non hai avuto nessuno per anni. — Va bene, tecnicamente non erano nemmeno sei mesi che stavano insieme, ma si conoscevano - approfonditamente, almeno - da più o meno un anno, e dopo tanto girare in tondo Isabelle credeva di essersi conquistata il diritto di dirgli le cose schiettamente e senza tanti giri di parole per indorare la pillola, anche perché farlo non era nel suo stile. 
— In ogni caso — continuò, visto che l'altro aveva lo sguardo fisso su Ian e non sembrava aver ancora elaborato una risposta: — Puoi anche prenderla come una semplice asserizione. Non ho intenzione di andare da nessuna parte, né di lasciarti, credevo che su questo punto fossimo già stati abbastanza chiari. —
— Questo prima che tuo padre andasse fuori di testa nel vederti con me. — le fece notare l'albino, recuperando la paperella di gomma che era caduta a terra e porgendola al figlio.
Isabelle sbuffò e alzò gli occhi al cielo: — 'Fanculo mio padre, Jonathan. Ho passato tutta la vita ad andare contro corrente solo per irritarlo e lui non ha mai fatto una piega, e adesso che davvero tengo a qualcuno viene a mettermi i bastoni fra le ruote. Ma chi se ne frega! È... è questo il mio posto, adesso, con te e con Ian. E non ho nessunissima intenzione di cambiare idea. — Raziel, stava diventando smielata. Com'era possibile che fosse proprio Ghiacciolo Morgenstern a renderla così... così tredicenne alla prima cotta? 
— Quindi Samy va da Qua Qua e dice Qua, hai per caso visto il mio fiocco? E papera risponde No, ma posso aiutare a cercare! E poi Qua Qua e Samy incominciano un'avventura insieme! — continuò a farfugliare Ian, muovendo i due animaletti come se stessero conversando davvero. 
— A proposito dei peluche! — esclamò Isabelle, alzandosi in piedi: —Sappiamo tutti che, dal momento che domani sarà il tuo compleanno, Ian, praticamente tutto l'Istituto ti ricoprirà di regali. Ma visto che non sono brava ad aspettare, voglio darti qualcosa oggi. — spiegò la Cacciatrice, dirigendosi verso il grande armadio antico e iniziando a trafficare con le coperte stipate sul fondo, svelando una busta colorata nascosta fra di esse. 
— Ta da! — Eccitata, praticamente saltellò per tutta la strada di ritorno verso i due Morgenstern e porse il regalo a Ian: — Buon compleanno in anticipo! — 
Sotto lo sguardo divertito dei due adulti - be', almeno di quelli che tentavano di essere gli adulti - il bimbo si tuffò immediatamente sul sacchetto e stracciò senza riguardi il fiocchetto posato sopra, per poi infilare una mano e tirare fuori...
— Oooh! — esclamò estatico il bambino alla vista del pacchetto di plastica con tanti animali di stoffa in versione ridotta stipati dentro. 
— Belli! — continuò, cercando senza successo di aprire anche il secondo involto. 
— Fermo, fermo, prima la cerniera! — tentò di calmarlo Jonathan, prendendogli dalle braccine il dono per aprire la zip. Stava per porgergli il tutto indietro, quando si bloccò a mezz'aria: — Com'è che si dice, Ian? —
Lui aggrottò la fronte: — Com'è che si dice cosa? — domandò, perlpesso.
— A Izzy, cosa devi dire a Izzy? —
Il più piccolo le rivolse un sorriso che andava da un orecchio all'altro e si alzò in piedi sul letto, tuffandosi verso di lei per stringerla in un abbraccio: — Grazie, mamy! — 
Jonathan sogghignò al sussulto della ragazza: ecco, quella era la riprova che non era l'unico ad aver avuto difficoltà a passare così velocemente da un appellativo a un altro! Comunque, fu anche maggiormente soddisfatto da Isabelle che prese il piccolo in braccio sussurrando un Di niente, Ian e accettando di buon grado il nome - non che fosse la prima volta che la chiamava così, ma ancora... 
 Forse non se ne sarebbe andata davvero, dopotutto. 
 
 
— Hai capito quello che ti ho detto? Stammi a sentire, Clarissa! — sbottò Valentine, poggiando malamente il calice di vino rosso che stava bevendo sul tavolo. Il drink quasi strabordò, ma per fortuna non macchiò nessuna delle carte sparpagliate su uno dei grandi tavoli della biblioteca.
— Perfettamente — rispose lei, osservando con occhio critico i molteplici fili rossi che collegavano un avvenimento ad un altro. 
Dopo aver convinto Jace a non posticipare la luna di miele nonostante gli ultimi avvenimenti, quali l'assassinio dell'Inquisitore Scarecrow e gli strambi e criptici messaggi minatori, aveva passato i quindici giorni più belli della sua vita in un tour a tappe delle principali città europee - iniziato tra l'altro con un soggiorno alle Bahamas durante la prima notte di nozze, ma questo era un altro discorso - dandosi alla pazza gioia con quello che ormai era a tutti gli effetti suo marito... Poi i loro permessi erano stati revocati ed erano ripiombati nella dura realtà fatta di omicidi e rapimenti che li circondava. E aveva passato i restanti quattro mesi e mezzo a indagare sul singolo, dannatissimo omicidio dell'ex-nuovo Inquisitore.
Non che la cosa le dispiacesse così tanto, insomma, ormai i terrificanti crimini irrisolti erano il suo pane quotidiano, si sarebbe sentita un po' strana a non trovarsene più davanti, ma certo non si aspettava un bel meeting col suo caro paparino per cercare assurdi nessi logici tra nuovi avvenimenti che, francamente, la inquietavano parecchio. 
Avere una riunione privata con Valentine e pochi altri eletti era come cercare di fronteggiare uno tsunami con mascherina e tubo per respirare sottacqua, ovvero un fallimento in partenza, e il tizio con cui condivideva metà del suo patrimonio genetico quando si trattava di strategie e sotterfugi da programmare era simpatico quasi quanto una randellata nei denti.
— Quindi, cos'è che ho detto? — domandò lui, incrociando le braccia al petto. Sembrava un armadio pronto ad esplodere nel suo completo elegante, quando faceva così - non che Clary lo temesse. Insomma, magari vedendolo solo agli allenamenti, pur avendolo sconfitto una volta, ne sarebbe rimasta terrorizzata. Ma l'aveva anche trovato nudo come un verme affianco a sua madre, entrambi tutti intenti a coprirsi, e sebbene volesse ardentemente cancellare quella visione dalla sua memoria la cosa aveva contribuito enormemente a diminuire qualsiasi timore potesse avere nei suoi confronti. Dopotutto, la miglior tecnica per superare imbarazzo e panico da palcoscenico era immaginare tutti nudi come mamma li ha fatti, o qualcosa del genere che blaterava la sua professoressa di teatro prima che, anni addietro, si ritirasse dalla scuola.
Chissà che pensavano i suoi compagni di lei, della sua sparizione. 
In ogni caso, fissò nuovamente gli occhi sulle linee rosse che collegavano mappe, foto e rapporti: — Che i messaggi non sono ancora stati decrittati, o perlomeno sono stati tradotti ma non risolti, la famiglia dell'Inquisitore è stata uccisa e smembrata post mortem per essere infine portata in luoghi sparpagliati dall'altra parte del globo e... —
Valentine inarcò un sopracciglio: — E? —
Lei guardò ancora i dati raccolti, sperando in un aiuto visivo: — E... Stiamo reclutando bambini? — buttò lì, osservando le foto di neonati e bimbi che non superavano il mezzo decennio. 
Suo padre alzò gli occhi al cielo, esasperato: — No, ma questo potrebbe essere il piano di chi li sta rapendo. — ringhiò, cercando di mantenere la calma, mentre dietro di lui Maryse armeggiava con un plico di fogli di quelli che probabilmente dovevano essere i resoconti delle ultime scene del crimine - Raziel, faceva molto CSI - o delle testimonianze dei genitori dei bambini scomparsi - Sherlock? Dexter? 
— Che tipo di bambini? — domandò quindi la rossa. Okay, di primo acchito sarebbe potuta sembrare una domanda molto idiota, ma c'era differenza tra il prendere dei Nephilim, dei Nascosti o degli Ibridi. Avrebbero potuto portare a scopi diversi, e quindi loro avrebbero seguito una data traccia... 
— Nessuna preferenza, fritto misto — rispose Jocelyn, indicandole delle foto di marmocchi paffutelli e sorridenti: — Per ora non sembrano avere intenzione di escludere nessuno. —
— Come possiamo esserne certi? Tutti nelle stesse aree? — chiese, mordicchiandosi le labbra. L'assassinio di quel montato di Scarecrow era una cosa, quella sottospecie di sms horror anche, ma quello... 
— No. Ma in tutte le camere dei bambini c'era un elemento comune, oltre al fatto che tutti i loro genitori, anche quelli Mondani, conoscevano l'esistenza del Mondo Invisibile. — spiegò ancora sua madre, e questa volta a Clary venne consegnato un pacchetto di bustine di plastica tenute ferme da un elastico. 
Erano... carte da gioco francesi? 
La ragazza aggrottò la fronte: — Mi state prendendo in giro? —
— Ovviamente no, non ne abbiamo il tempo! — le fece notare Valentine, strappandole le bustine dalle mani per stenderle a ventaglio sull'unico angolino di tavolo ancora libero. 
— Fino ad ora sono stati presi quattro bambini. La prima, Hera Ravenscar, ha tre anni ed è una mezza fata. Le hanno trovato in camera un quattro di fiori nero — incominciò, puntando alla prima carta. — Il secondo ha due anni, Adam Firth, il figlio di un licantropo, sul suo lettino c'era un cinque di picche nere — E indicò la seconda, poi la terza, un otto di picche nere: — Jeremiah Ironcrown, quattro anni, la carta era sulla scrivania. — Poi le mostrò l'ultima carta: — Questa qui l'hanno trovata nell'armadio del fratello di Jeremiah. Jesse Ironcrown, due anni, re di quadri rossi. — 
Clary serrò le labbra, cercando di non pensare al fatto che Melchizedeck adesso stava facendo chissà cosa a quei bambini, bensì a quale schema potesse esserci dietro quelle carte, che significato avessero.
Si voltò verso sua madre, facendole cenno di avvicinarsi: — Abbiamo un altro mazzo? — domandò. Magari, vedendole tutte davanti a lei sarebbe riuscita a capirci qualcosa. 
 
 
 
Jace serrò le labbra: — Non passo il mio tempo libero a risolvere indovinelli, Robert — dichiarò, osservando con aria tetra la cameretta del piccolo Jesse. 
Possibile che appena si rilassavano per più di mezzo minuto c'era qualcuno che ne approfittava e portava scompiglio? Che diamine, un po' di decenza!
— Non ho detto questo, Jace — rispose il Console, facendo un cenno ad uno dei Cacciatori accanto a lui: — Va' a tenere i genitori giù. Non ci saranno di nessun aiuto, ormai. — 
Quattro bambini, quattro carte diverse, apparentemente una mezza fata, il figlio di un licantropo e due semplici Shadowhunter. Perché due Nephilim qualunque? E perché assegnare ad uno di loro il Re di Quadri, che tecnicamente aveva più valore di tutte le altre carte lasciate? 
— No — esclamò, trattenendo il Cacciatore che stava per scendere le scale: — Riportali su. Forse c'è qualcosa che non ci hanno detto. —
L'uomo, un quarantenne di nome Louis Saintcroix, si volse verso Robert in attesa di conferma, che giunse con un cenno.
— Che cosa vuoi da loro? — chiese poi al ragazzo che aveva imparato a considerare come un figlio, sebbene di cognome facesse Herondale. 
Stette ad ascoltare con aria attenta la veloce teoria di Jace, e aggrottò la fronte: — E cos'avrebbero mai da nascondere? — chiese: — Teniamo un censimento di tutti gli abitanti di Alicante, sapremmo di qualche incongruenza. — 
Il biondo alzò gli occhi al cielo: — Davvero? Potrebbero avere qualche parentela con dei Nascosti, o con degli Ibridi, e chi ti dice che Valentine fosse l'unico pazzo che faceva esperimenti, visto che ormai sembra che spuntino scienziati folli a destra e a manca? Tutti hanno un segreto. —
Il più grande non ebbe il tempo di ribattere, sebbene credesse fermamente che quell'ipotesi fosse improbabile, poiché proprio in quel momento i coniugi Ironcrown entrarono nella cameretta, esitanti. 
Stavano entrambi ritti e fieri, forse proprio un pelino troppo rigidi, tentando di mascherare il loro dolore, ma entrambi avevano gli occhi rossi di pianto. 
— Console, signor Herondale — esordì il padre dei due bambini scomparsi, David: — C'è qualche altra domanda che desiderate porci? —
Jace si trattenne dallo sbuffare sentendo il tono irritato. Va bene, li avevano torchiati per almeno due ore quasi subito dopo l'accaduto per cercare di raccogliere tutti i dettagli possibili, ma che diavolo, erano lì per aiutarli e avevano anche l'ardire di trattarli con sufficienza. 
Non poteva capire cosa significava perdere un figlio, e quindi avevano tutto il diritto di essere furiosi e nervosi e tante altre brutte cose, ma certo non potevano prendersela con lui che era lì dopo essere stato richiamato in servizio nella capitale mentre stava lavorando ad un altro caso soltanto per aiutarli. 
In più, si trovava dall'altra parte del mondo rispetto all'America, e si sentiva sempre un po' nervoso quando doveva affidarsi ai Portali del Conclave. No, non era paranoico, solo... previdente. 
— A dire il vero sì — rispose, rivolgendo loro lo sguardo più mite che gli riuscisse: — Prego, accomodatevi — invitò, anche se forse era meglio dire ordinò, indicando il lettino di Jesse. 
Dopo che lo ebbero fatto, chiuse la porta dalla quale erano entrati, e vi pose sopra una Runa di blocco.
 Maria Stellanera in Ironcrown sussultò appena. 
— Vedete, signori, ci stavamo chiedendo, senza dubitare della vostra lealtà al Conclave, ovviamente, se... —
Jace interruppe il patrigno: — C'è qualcosa sui vostri figli che dovremmo sapere? E badate bene, sto parlando di qualcosa che avete tenuto nascosto fino a questo momento, non se sono allergici alle carote. — spiegò, asciutto, sperando di non perdere tempo in convenevoli. Quelle informazioni li avrebbero solo aiutati a trovarli, non certo a condannarli. 
Non ci voleva un genio per capire che aveva colpito nel segno: tutti e due gli Shadowhunter sussultarono appena, così impercettibilmente che se Jace fosse stato solo un po' più rilassato nemmeno se ne sarebbe accorto. Quello era abbastanza, secondo lui, per dimostrare che c'era qualcosa sotto la superficie apparentemente tranquilla di quell'allegra famigliola Nephilim. 
Più cresceva e più si rendeva conto che, in quella complicata partita che era la sopravvivenza, nessuno era mai del tutto innocente. Nessuno. 
— Prego — ripeté: — Incominciate a parlare. —  
 
 
— Che ne dici di questo? — Jean gli sventolò davanti un grosso libro dalle pagine di cartone, per poi aprirlo e mostrare che aveva delle belle figure pop-up che raccontavano la storia di Cappuccetto Rosso.
Si rispose da solo con un — Nah, è orribile, e la nonnina mi sta antipatica — mentre Magnus diceva a sua volta: — Non lo so, è a te che deve piacere. Letteralmente.
Si guardarono mentre il più giovane posava il possibile regalo tra una pila di altri racconti, e poi scoppiarono a ridere. 
— Insomma, abbiamo girato almeno tre negozi di giocattoli e ancora non hai trovato niente. Devi fare un regalo a te stesso, per la miseria! —
— Tu cosa mi regaleresti? — domandò il ragazzo, osservando la sezione Lego del negozio. Certo, Ian stava per compiere tre anni, ma non era del tutto sicuro che non gli venisse lo stesso la bella idea di mangiarseli, quei piccoli blocchetti, piuttosto che di costruirci qualcosa. 
— Ora come ora, una bella scopata con qualcuno — gli rispose con noncuranza lo Stregone, premendo il naso glitterato di un grosso leone di peluche che iniziò a far risuonare nell'aria le note di Jingle Bells Rock. Alla fine di luglio. Appropriato, davvero.
— Magnus! — lo redarguì il Cacciatore, arrossendo e prendendolo per il polso, in modo da uscire da quel negozio. Ci mancava solo che dei giovani genitori bigotti iniziassero a incolparlo di contaminare le pure e innocenti orecchie dei loro preziosi pargoletti. 
— Sì, sì, lo so, non iniziare! Sono impegnato, sono felicemente impegnato, non tradirei mai la persona con cui sto... Ma andiamo, probabilmente questo benedetto qualcuno non è ancora nato, o è in fasce! — si lamentò il Nascosto, sventolandosi una mano davanti alla faccia. Faceva così caldo da fargli desiderare di avere un ventilatore portatile, o un cellulare-refrigeratore... Anche una piccola magia avrebbe potuto andare bene, pensò, mentre le sue dita si illuminavano appena facendo materializzare nell'aria piccole fiammelle blu. 
— Abbiamo avuto questa conversazione circa ventisette volte, ormai, con le stesse identiche modalità e più o meno anche con le medesime parole. Vuoi davvero iniziarne una ventottesima? — sbuffò Jean, non sapendo bene se lanciare un'occhiataccia all'amico o alla giocattoleria dalla quale erano appena usciti. Quella era la sua ultima idea, diamine!
— Non farti vedere dai Mondani! — aggiunse, irritato, mettendosi davanti all'altro per coprire le scintille colorate. 
— E smettila di lamentarti, su! Non ti senti molto più fresco, così? — lo redarguì Magnus: qualche parolina magica, un po' di svolazzi delle dita et voilà, una fantastica cappa di gelo li aveva circondati.
— Fin troppo, in effetti. Mi hai scambiato per un pinguino?! —
Lo Stregone alzò gli occhi al cielo, per poi schioccare le dita ed alzare un po' la temperatura: — Contento? —
— Altroché! Non lo vedi? Sto saltellando dalla gioia! —
— Certe volte mi chiedo come faccia l'altro me a sopportarti. O come tu riesca a fingere così bene di essere carino e gentile. —
Jean trattenne una risata: — Pensa al povero Alec che deve sopportare te, lo compatisco! —
— Ehi, mi hai chiesto tu di accompagnarti in questo giro di spese! —
— Non è un giro di spese, stiamo solo cercando un regalo per un bambino. —
— Allora perché non andiamo da Fao Shwarz? — chiese Magnus, fermandosi di botto. — Non siamo lontani dalla Fifth Avenue, in ogni caso. — 
Jean inarcò un sopracciglio, perplesso: — Fao che? — 
L'immortale di non-si-sa-bene-quanti-anni sgranò gli occhi: — Non ci sei mai stato? — esclamò con aria assolutamente oltraggiata, quasi l'avesse presa sul personale. 
Di cosa si era fatto prima di incontrarsi con lui?, si ritrovò a chiedersi il Cacciatore. Magari avrebbe potuto fargli uno sconto per amicizia, o un'offerta comitiva se si fosse portato dietro anche suo padre e compagnia cantante. 
— Non ho la più pallida idea di cosa tu stia parlando — rispose, scrollando le spalle.
— Fao Shwarz! Il più antico negozio di giocattoli di New York! —
— Senti, io non ho mai abitato nella Grande Mela prima, ma una volta ci sono stato per una faccenda lavorativa e ho imparato la piantina della città. Nessun Fao coso, tantomeno sulla Fifth Avenue, me ne sarei accorto. Te lo posso assicurare! — si difese Jean, svoltando l'angolo della strada. Forse avrebbe dovuto portarsi dietro Jonathan, perlomeno non ci sarebbe stata nessuna conversazione come quella. Vero era che tra loro c'era una orribile barriera insormontabile fatta più che altro di cose ancora non avvenute e delle quali comunque doveva mantenere il segreto, ma lui era troppo timido per fare il primo passo e tentare di instaurare un rapporto civile e sembrava che suo padre non avesse idea di come rapportarsi con suo figlio in versione adulta. 
Quando l'aveva confessato a Magnus, lui era scoppiato a ridere ed aveva esclamato qualcosa di molto simile a "Tu? Timido?! E da quando?". 
Erano state quelle parole a fargli capire che, nonostante tutto, lo Stregone che era lì in quel momento non corrispondeva a quello che avrebbe conosciuto in futuro, quello che gli voleva bene come un padre o un fratello e che lui ricambiava allo stesso modo. 
Era sempre Magnus, ma era come scaricare la versione free di un'app: non avrebbe mai avuto tutte le funzionalità di quella a pagamento. 
— Vuoi dire che davvero, nel futuro, il più fantavoloso negozio di giocattoli al mondo non ci sarà p... Aspetta, hai davvero imparato la piantina di un'intera città per sport? (2) — esclamò in quel momento il Nascosto, trascinandolo verso una gigantesca entrata rossa e trafficata. 
All'ingresso c'era un uomo vestito da guardia inglese. O da schiaccianoci, rettificò tra sé e sé Jean, notando i giganteschi soldatini adesivi sulle vetrine. 
— A quanto pare. E no, non per sport, avevo bisogno di conoscere dove mi muovevo perché si trattava di un affare piuttosto delicato — concluse il finto moro, e poi aggiunse: — E comunque, fantavoloso non è una parola. — 
— Come puoi esserne certo? —
— Non c'è sul vocabolario. —
— Non dirmi che hai imparato a memoria anche il vocabolario! —
— Ovviamente no, ma mi assilav... mi assillerai per anni con questa parola, quindi mi sono documentato. — Meglio non dirgli che in realtà ci aveva provato, solo che poi si era arreso alla lettera C, con la sola conoscenza di una spropositata quantità di parole che iniziavano per A o B. 
 
 
 
— Quindi, no, devi prendere quelli rossi, quelli a forma di triangolo. — rispose Isabelle, mentre teneva il telefono con una mano e con l'altra sfogliava la lista di persone che le aveva passato Jean. 
— Poi, qualche famiglia di Shadowhunter che ti sta particolarmente simpatica? — domandò a Jonathan, che si lamentava dall'altra parte del telefono borbottando qualcosa come "Che diavolo cambia tra i triangoli verdi e quelli rossi?".
— ... I Morgenstern valgono? —
— No, Jonathan, sto parlando di qualcuno che attualmente non soggiorni all'Istituto. — precisò, esasperata, barrando la maggior parte dei nomi con un pennarello rosso. 
— E come mai? —
— Be', ho pensato che sarebbe carino se ci fosse qualche altro bambino domani, sai, dopotutto Ian compie quattro anni. —
— E chi hai preso in considerazione? —
— Be'... In realtà per ora non c'è proprio nessuno, in lista. —
— Ah, bello — Isabelle sentì il ragazzo schioccare la lingua contro il palato, mormorare un'imprecazione e poi domandare: — E Jean non potrebbe darci un aiutino? Tipo... Chi erano i suoi amici da bambino? O se ci sono famiglie Nephilim che non ci vogliono morti? —
— Aspetta, te lo passo — La Cacciatrice porse il telefono al viaggiatore temporale, che sgranò gli occhi: — Cosa?! — chiese, ritraendosi. 
— Non ti mangerà, promesso — La mora gli fece l'occhiolino e poi gli portò il cellulare all'orecchio, allontanandosi per richiamare Clary all'ordine e chiedere a che punto era con la torta. In alto mare, a quanto pareva. 
Comunque, da quando era saltato fuori che Jean era in realtà Ian e tutto il resto, lei ci aveva provato a coinvolgerlo, davvero. Soltanto che ogni volta che tentava di approcciarsi in qualche modo, lui sgusciava via come un'anguilla adducendo questa o quella scusa insensata - era piuttosto certa che una volta avesse detto qualcosa come "Devo portare il mio gerbillo dal veterinario" - indipendentemente da quanto lei - e Jonathan, anche, sebbene lui fosse sfuggente almeno quanto il figlio, o almeno in imbarazzo - fosse assillante. Quindi aveva deciso che metterli faccia a faccia - o telefono a telefono - per farli parlare senza vie di scampo fosse una buona cosa. 
Quindi andò da Clary, considerò l'idea di andare a comprare la torta in una pasticceria o di assumere un cuoco permanente, o anche di fare un sondaggio per scoprire se qualcuno era effettivamente capace di cucinare, e poi ritornò quatta quatta al suo posto, con il chiaro intento di origliare la conversazione tra Jean e Jonathan, o almeno le risposte del primo. 
— Be'... Sai che te ne esci sempre con le domande più strane, tu? — esclamò Jean, trattenendo un sorriso. 
Dal momento in cui l'aveva scorto senza maschere, Isabelle faticava a vederlo con i capelli tinti e le lentine. Come Jonathan quando aveva finto di essere Sebastian Verlac, stava meglio al naturale.
Per di più, si sentiva piuttosto soddisfatta di sé: non solo li aveva finalmente costretti a parlare, ma aveva anche indovinato che, da grande, i capelli di Ian si sarebbero schiariti fino ad arrivare alla tonalità praticamente biancastra del padre.
— Comunque sì, ce ne sono un paio. Mmh, Octavian Blackthorn, Jesse Ironcrown, e poi... Ah, è già stato rapito? Be', quando lo riprenderanno sarà mio amico. E poi, sempre che non mi ricordi male, alla festa di domani ci saranno Jude Crosschest, Herakles Belladonna ed Estella Napier. Cosa? Ah, sì, è un'ibrida, perchè? Be', suppongo che arriverà qui in tempo per domani pomeriggio, sempre se non sto confondendo un compleanno con un altro — spiegò il ragazzo con noncuranza, gesticolando con la mano libera. La muoveva così tanto, in effetti, da farla stupire di non aver mai notato quel dettaglio prima, portandola poi a chiedersi se Ian avesse evitato di fare anche quello per fingere di essere completamente una persona diversa.
Poi si riscosse quando lui stesso le porse il cellulare: — Non chiudere, è ancora in linea — la avvertì, prima di presumibilmente mettersi a segnare sulla lista le famiglie dei bambini che A non erano stati rapiti e B non erano ibridi dalla posizione ignota. Si sarebbe occupato lui dei messaggi di fuoco? 
La ragazza annuì e si volse per controllare un'altra volta il macello che Clary stava combinando: — Hai trovato i triangoli rossi? — domandò quindi a Jonathan, come se la cosa fosse di fondamentale importanza.
— Sì. E dimmi, per un tale raffinatissimo party, c'è differenza tra i piattini con gli orsetti gommosi e quelli con le papere? — rispose lui dall'altra parte, con tono che grondava sarcasmo.
— In realtà, dipende dal colore dai piatti. —
Lo sentì sbuffare: — Sei una pazza! Comunque, i dannati orsetti sono su sfondo rosso e le fottute paperelle su uno blu. E restando in tema animalistico, io mi sento un mulo da soma! — si lamentò, e Isabelle poteva quasi vederlo sventolare le due diverse confezioni come a sottolineare il suo punto. Ah, ecco, Ian aveva preso da lui, sì. 
C'era qualcosa in cui quei due non fossero identici? No, perché più li studiava e più era portata a credere che i Morgenstern venissero creati con lo stampino. Sempre lo stesso stampino. 
Oh, sì, per grazia di Raziel Ian sembrava essere più gentile, anche se forse era un fattore principalmente legato alla timidezza. 
— Comunque — ricominciò lui, con un tono più umano: — Cosa credi che dovremmo prendergli? —
— A chi? — domandò, perplessa.
— A Ian, chi altri? —
— Ma non gli abbiamo già preso i blocchi da costruzione e il libro delle favole e quel dinosauro gigante che vuole da secoli? —
— Ma no, idiota! Ian grande! —
Isabelle si diede mentalmente della stupida, e poi anche dell'insensibile perché pur avendo tutte le informazioni possibili e immaginabili a sua disposizione, non aveva considerato che era sempre lo stesso Ian di cui si parlava - lo stesso che aveva resuscitato Jonathan, tra l'altro, rischiando di diventare un mucchietto di cenere - e che quindi compivano gli anni lo stesso giorno. 
— Oh Raziel — esclamò, boccheggiando: — E io come dovrei saperlo? —
— Questa è stata più o meno la mia reazione quando ci ho pensato — la informò Jonathan. Prese un profondo respiro e lei lo sentì stropicciare delle buste, o degli involti, o qualcosa del genere: — Raziel, sono un padre orribile, non è vero? — domandò, più retoricamente che altro. 
Isabelle alzò gli occhi al cielo: — Non diciamo stronzate, Jonathan. Non è da tutti incontrare il proprio figlio venuto dal futuro, per di più che ce l'ha rivelato da poco... —
— Sono passati quasi cinque mesi e mezzo, e io non ho fatto nessuno sforzo... — 
— L'hai fatto, solo che siete due imbranati che si girano in tondo senza sapere come parlarsi. Comunque, questo problema lo risolviamo quando torni. Nel frattempo, chiama Magnus e fatti consigliare da lui, visto che sembra essere diventato suo amico. — ordinò, cercando di vedere solo il lato pratico della situazione - e non che, per estensione, allora lei era una madre orribile. Ci stava lavorando su quello, okay? Aveva diciotto anni e non sapeva nemmeno bene come prendersi cura di se stessa, quindi era già un miracolo che Ian versione bambino non fosse morto di fame, alla versione formato maxi ci sarebbe arrivata pian pianino. 
Lei stava facendo del suo meglio, che diavolo! 
Con uno sbuffo, ritornò da Clary, osservando con aria scettica il composto marroncino che stava girando: — Credi che ne uscirà qualcosa di commestibile? — chiese, arricciando il naso. Quell'impasto, se così si poteva definire, puzzava almeno quanto l'icore dei demoni. 
— Iz, è solo cioccolato, ed ha un'aria buonissima. Non ci ho ancora messo le mani, se non per scioglierlo!
— Oh.  — Bene, quindi adesso anche i suoi sensi le stavano giocando brutti scherzi. Fantastico. 
Quindi, mentre stava cercando di mettere ordine nei suoi pensieri, di non sentirsi una persona orribile e anche di non incominciare ad urlare, un tornado biondo la travolse. Un tornado biondo estremamente forte, che praticamente la spostò di peso solo per fermarsi in mezzo alla stanza, ansimante. 
— Quindi — incominciò Jace, fissando i tre presenti: — Ero a casa degli Ironwood per indagare sulla loro scomparsa, e indovinate un po' cosa ho scoperto? —
Jean trattenne una risata. Quindi, alla fine, erano arrivati a capire che il problema non era costituito dagli attacchi esterni degli più svariati nemici, ma ovviamente dallo schifoso governo interno. 
— Il Conclave sta facendo esperimenti sui bambini! —
Prima ancora di recepire il messaggio, Isabelle vide il mezzo demone voltarsi per non mostrare il ghigno che gli aveva distorto la faccia.


 
 
(1) = E' il titolo in lingua originale dell'episodio 5x06 della serie tv Supernatural. 
(2) = Due note in una, tanto per risparmiare spazio. Hai imparato la pianta di una città per sport? è una citazione più o meno letterale del libro Divergent, di Veronica Roth.
 In secondo luogo, Fao Shwarz era davvero il negozio di giocattoli più antico di New York, che ha chiuso nel 2015 per, a quanto si dice, problemi d'affitto. In ogni caso, la timeline di questa storia è ferma per ora a quasi tre anni dopo City of Glass, ovvero quasi nel 2010, quando il negozio era ancora aperto, mentre Ian/Jean afferma che non se lo ricorda proprio perché in futuro sarà chiuso. 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Shadowhunters / Vai alla pagina dell'autore: Winchester_Morgenstern