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Autore: thegirlfaceless    16/05/2009    1 recensioni
E volavo. Volavo sul palcoscenico, volavo sulle persone, volavo sul teatro, volavo sul mondo. Ero viva e volavo sulla vita.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un tempo, in una dimensione dimenticata, io ero una ballerina. Avevo piedi snelli e affusolati, un corpicino leggero e rigido e un viso perfetto. Gli occhi delle persone restavano fissi su di me, incantati. Mi seguivano, senza interrompere mai il contatto visivo.
Ero attraente.
Volteggiavo senza sosta, inclinata leggermente su un lato. Ero guidata da una melodia soave. Un valzer. Mentre danzavo, immaginavo principesse che piroettavano guidate dalla mano sicura e possente dei loro principi e mi sembrava di sentire il fruscio dei loro abiti di pizzo che svolazzavano sul pavimento lucidato. Quando la musica si spegneva, mi fermavo, di colpo. E allora regnava l’oscurità. Avevo paura, ero sola in quello scrigno di latta.
Aspettavo, aspettavo ardentemente. E a tratti tremavo, forse. Passavano i minuti, le ore… o forse gli anni. Ma alla fine lo scatto dello scrigno ridava la luce ai miei occhi disegnati. Sorridevo, forse. Sentivo gli occhi fissi su di me e non potevo fare altro che volteggiare, sempre dallo stesso verso, sempre sullo stesso asse. Il mio portamento era fiero, ben eretto, orgoglioso. La stessa musica di sempre mi accompagnava.
Avrei voluto amare quella musica. Ma non potevo, per quanto mi sforzassi. Non riuscivo a provare niente. Ero così dannatamente fredda.
Avrei voluto sorridere alle persone che mi guardavano, ma ogni mio tentativo era vano. La mia espressione era sempre la stessa, immutabile. Avrei voluto fare un inchino, prendermi i miei applausi. Non riuscivo a muovermi dalla mia posizione. Agli altri sembravo felice, ma non lo ero. Non ero nemmeno triste. Non ero niente.
Il mio desiderio più grande era volare.
Avrei voluto staccarmi da quel piedistallo. Avrei voluto librarmi nell’aria, leggiadra come una farfalla. Avrei voluto essere libera, mentre quell’ingranaggio mi teneva con i piedi per terra. Immaginavo il mondo esterno. Colori accesi e luci scintillanti. E soprattutto, mai più il buio.
Tante volte tentai di volare, ma senza risultati. Provai una volta. Fallii. Provai cento volte. Fallii ancora. Provai mille volte, forse anche un milione. Non riuscivo a volare. Guardavo fuori dalla finestra inerme. Ero costretta a quella cantilena. Ero costretta a quel maledetto carillon. Non invecchiavo mai. La mia pelle era sempre liscia come quella di una ragazza, il mio viso era radioso e le guance arrossate. Era vernice, non imbarazzo. E me ne rammaricavo molto. Un giorno rimasi chiusa nel buio per molto tempo. Credo che passò una vita intera. Oppure un solo giorno, non saprei dirlo con esattezza.
Qualcosa stava mutando in me, sentivo un formicolio nei piedi di porcellana.
Sorrisi. Lo feci sul serio. Cominciai a muovere le dita delle mani. Ero incredula. Come era potuto accadere? Sentivo caldo, freddo. Avevo fame. Avevo paura. Improvvisamente nel buio della mia scatola scorsi un puntino luminoso. Era la luce.
Più mi avvicinavo e più la luce si faceva intensa. Mi invitava, mi chiamava, gridava il mio nome. Io mossi qualche passo, cominciai a camminare, poi a correre. Non saprei affermare per quanto corsi. Ero stanca, i muscoli tremavano per la fatica, il sudore inondava il petto e bagnava il vestitino da ballerina. Chi ero in realtà?
Cominciai a rallentare, a sentire i piedi troppo pesanti per continuare a correre. La luce si stava spegnendo. NO! Avevo paura del buio, e ricominciai nella mia fremente corsa verso l’ignoto. Qualcosa stava cambiando in me.
Le emozioni si facevano sempre più vivide, fino a trasformarsi in pugni nello stomaco. Ma c’era qualcosa in me che non andava. Il cuore era sempre fermo. Non batteva.
Corsi ancora più veloce, finchè non mi sembrò di sollevare le punte delle dita da terra. Non riuscivo credere ai miei occhi. Stavo volando. E quando finalmente feci un ultimo stremante sforzo, la luce squarciò il buio e mi ritrovai in uno strano posto. Mi guardai intorno, non riuscivo a capire dove fossi. Centinaia di persone stavano applaudendo, sedute su poltrone rosse. Come ero abituata, appena partì la musica cominciai a muovermi. Ero così meravigliosamente flessibile. Sentivo l’adrenalina scorrere nelle mie vene. Riuscivo a muovere il mio corpo sinuosamente. Muovevo le ginocchia, le braccia, perfino il bacino. E volavo. Volavo sul palcoscenico, volavo sulle persone, volavo sul teatro, volavo sul mondo.
Sentivo l’aria fresca solleticarmi il viso, il vento scompigliarmi i capelli, ma la sensazione più emozionante che sentii fu il battito regolare del cuore.
Ero viva. E volavo sulla vita.
  
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