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Autore: EuphemiaMorrigan    16/11/2016    8 recensioni
Ad a malapena ventisette anni, sposato con la ragazzina tutta codini al vento e gonneline alla marinara che, all'epoca delle medie superiori, riempiva costantemente il tuo armadietto di lettere d'amore -Rosa, per giunta!- con sopra disegni glitterati di cuoricini capaci di appiccicartisi addosso per giorni, neanche fossi stato molestato brutalmente da un mini pony... Beh, se la tua giovane e bella sposa, dopo anni di peripezie, una mattina imprecisata ti si presentasse davanti sventolandoti sotto il naso un test di gravidanza, positivo, in teoria dovresti esserne felice.
Non se ti chiami Madara Uchiha.
Ed i mocciosi li odi.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Madara Uchiha, Sakura Haruno
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Kodomo wa sazukari mono.

Angolo autrice: Alola!
È una storiella semplice semplice, ma spero possa comunque divertirvi ^^.
Il titolo proviene da un detto Giapponese, significa: 'Un figlio è un dono'.
Parole: 4575.
Rating: Giallo.
Contesto: AU.
Genere: Comico, Romantico.
Coppia: Het (MadaSaku).
Personaggi: Madara Uchiha, Sakura Haruno, altri.
Buona continuazione <3

Se avesse potuto avrebbe congelato il tempo, ma si sa, il tempo è un bastardo
e il destino suo complice.

Ad a malapena ventisette anni, sposato con la ragazzina tutta codini al vento e gonneline alla marinara che, all'epoca delle medie superiori, riempiva costantemente il tuo armadietto di lettere d'amore -Rosa, per giunta!- con sopra disegni glitterati di cuoricini capaci di appiccicartisi addosso per giorni, neanche fossi stato molestato brutalmente da un mini pony... Beh, se la tua giovane e bella sposa, dopo anni di peripezie, una mattina imprecisata ti si presentasse davanti sventolandoti sotto il naso un test di gravidanza, positivo, in teoria dovresti esserne felice.
Non se ti chiami Madara Uchiha.
Ed i mocciosi li odi.

“Come è potuto accadere?” Biascicò, ancora molto assonnato, ma fortunatamente abbastanza lucido da salvare la tazzina di caffè nero che stava per scivolargli dalle dita.
La maledetta Polly Pocket non aveva avuto neppure la decenza di concedergli di fare colazione in pace. Il Sabato. E lei sapeva quanto odiasse quel giorno della settimana, visto che, nella scuola in cui insegnava, tutte le classi avevano lezione di educazione fisica.
In altre parole: nove ore di Senju nel suo stesso spazio vitale, il collega peggiore che avesse mai posato piede sul pianeta Terra.
Non poteva, quindi, scoprire di essere gravida il Lunedì?
Sakura scosse il capo mesta, lasciandosi sfuggire un profondo sospiro; lo scemo stava pensando ad Hashirama, lo aveva intuito subito dalla contrazione della mascella e dal tic nervoso all'occhio destro. Se si fosse trattato del sinistro la vittima designata del suo immotivato e ridicolo odio sarebbe stato l'altro: Tobirama.
Lo conosceva fin troppo bene, ed ancora si chiedeva per quale dannato motivo, da adolescente, avesse fatto carte false per stare assieme a lui.
Non era romantico, gentile, divertente, figurarsi dolce...
Non ricordava nemmeno il loro anniversario, o peggio: il nome di sua madre, chiamandola affettuosamente 'vecchia megera', anche di fronte a lei. Soprattutto di fronte a Mebuki.
Un giorno o l'altro uno dei due avrebbe perso la vita durante i loro scontri verbali e fisici. Come dimenticare la volta in cui la donna più grande lo aveva rincorso con un bastone? Al pranzo di nozze.
Sopportarli l'avrebbe fatta finire in manicomio.
Sedette sulla sedia, versandosi del succo di frutta alla mela nel bicchiere ed infilò la mano nel pacco di biscotti assortiti per cercare quelli al cioccolato, poi affermò con sarcasmo “I bambini non li porta la cicogna, Madara”.
Lui schioccò la lingua contro il palato “Sicura di essere incinta?”.
“Vorrei ricordarti le tue parole di qualche settimana fa, quando ti ho pregato di mettere il preservativo. -Si schiarì la voce, tossicchiando teatrale ed imitando poi il suo solito tono infastidito alla perfezione- 'Non rompere, donna, cosa vuoi che succeda?'.
Ecco cosa è successo! E se non ci credi ci sono quattro test di gravidanza positivi nel cestino del bagno, fra i fazzoletti sporchi dopo il mio attacco di panico alla scoperta di aver in grembo il figlio del demonio, che spero non venga alla luce squarciandomi il ventre a morsi e graffi. Anche se... -Sollevò un sopracciglio, scrutandolo meglio- avendo i tuoi geni un minimo di preoccupazione c'è” Concluse candidamente, tornando a consumare la sua colazione come se nulla fosse accaduto.
Madara fece una smorfia seccata con le labbra.
Dannazione! Addio vita tranquilla da giovane uomo in carriera, sposato con una bella fanciulla con cui fare l'amore ogni giorno, in qualsiasi posizione esistente, e benvenuta, invece, vita da padre disperato e ricoperto di merda. Letteralmente.
“Non potremmo...”.
“Non ti azzardare! -Lo bloccò in partenza, imbufalita- Come osi anche soltanto pensare ad una cosa del genere?” Sembrava pronta a staccargli la testa a morsi.
Probabilmente l'istinto materno di cui parlavano quelli del National Geographic nei loro documentari sulle lontre aveva attecchito anche in Sakura. Non che la paragonasse a tali animali, era più... Beh, somigliava ad un porcellino d'India. Rosa.
Tralasciò quegli stupidi pensieri e, finalmente, rispose “Non stavo per proporre l'aborto, in fondo il coso, grumo, è anche mio figlio. -Si concentrò per un attimo sul ventre piatto, dato che era scattata in piedi, sbattendo le mani sul tavolo come Miles Edgeworth nei suoi giorni migliori- Proponevo di regalarlo a mio fratello una volta nato. Izuna soffre di solitudine, un marmocchio gli terrebbe compagnia”.
“Che si comprasse un cane, allora!”.
“È allergico” Dichiarò con surreale calma.
“Mi stai prendendo per il culo?”.
Il sussurro malefico con cui aveva posto quella domanda non faceva presagire nulla di buono, ma lui non se ne curò, riprendendo a leggere il giornale. I necrologi gli mettevano allegria e sperava sempre di beccare il nome di un Senju, prima o poi.
Proprio per questo la donna cambiò strategia, sporgendo il tremulo labbro inferiore e balbettando innocente “L-lo crescerò da sola. D-del r-resto, ho sempre saputo che... Che non mi ami abbastanza...”.
“Hai provato la tecnica della pietà Domenica scorsa, Sakura, pregandomi di venire a pranzo dai tuoi genitori. Lo sai che non funziona. -Sbuffò astioso, ma dopo mormorò inudibile- Non ho mai detto che non lo voglio”.
Appunto, però, lei non lo sentì, troppo impegnata a macchinare contro il marito.
Storse il naso, stizzita. Giusto, la pena non sortiva alcun effetto sul Signore delle tenebre, doveva pensare a qualcos'altro per tormentarlo, ma cosa?
Un'idea le balenò in testa e, sfregandosi il mento con due dita, sorrise sorniona “Caro, ricordi per caso il nome del tuo collega? Il supplente d'arte carino che, alla cena di Natale dell'anno scorso, mi aveva fatto tanti complimenti per il dolce”.
Madara grugnì, fulminandola con lo sguardo.
“Si era preso una cotta per me, che divertente!” Esclamò civettuola.
I denti dell'uomo fecero uno strano rumore mentre li sfregava fra loro “Non osare...”.
“Sasori! -Batté le mani, contenta di averlo ricordato. E Sakura ricordava sempre ciò che infastidiva il suo bisbetico maritino- Credo di avere ancora il numero di telefono, mi aveva invitato a visitare la sua galleria d'arte. Non pensi sarebbe piacevole?” Sottolineò l'ultima parola con lucido sadismo.
“Non lascerò mia moglie ed il mio grumo a quel tappo!” Sbottò, alzandosi in piedi anche lui, pronto a legarla in cantina per il resto dei suoi giorni.
La donna inclinò il collo, sfarfallando le lunghe ciglia con finta innocenza “Geloso?”.
“Assolutamente no” Negò, sfacciato, anche di fronte all'evidenza.
“Invece sì!” Cinguettò vittoriosa, compiendo qualche passo in avanti, raggiungendolo; osservò attenta la vena gonfia sul collo diafano pulsare incontrollata, sintomo che stava per esplodere, e, alzandosi sulle punte, alla fine gli scoccò un bacione rumoroso sulle labbra fini, cercando di scappare subito dopo.
Peccato che Madara avesse dei buoni riflessi.
Le agguantò i fianchi tondi, spingendosela contro ed apprezzando, molto più di quanto avrebbe dovuto, dato il suo professarsi infuriato, il fatto che indossasse ancora la corta e scollata camicia da notte bianca. Quello era uno dei tanti motivi per cui la lasciava dormire molto poco la sera.
“Te la stai prendendo comoda, oggi?”.
“È il mio giorno libero, lo sai” Mise un piccolo broncio, osservandolo di sottecchi mentre, indifferente al suo fastidio, s'avvicinava alla fronte per sfiorarla con le labbra.
“Ricorda di chiamare il ginecologo e prendere appuntamento per la prossima settimana, non la mattina e non di Martedì. E poi vestiti, comincia a far freddo” Bofonchiò sulla pelle piacevolmente tiepida, dopodiché si distanziò da lei, aggiustandole prima la sottile stoffa sul petto e coprendola un poco.
Lei lo seguì all'ingresso, aiutandolo ad infilarsi la giacca marrone in maniera decente e non farlo sembrare appena uscito dalla centrifuga di una lavatrice; gli sistemò il colletto della camicia, annodò l'orribile cravatta grigia e, nel frattempo, s'informò “Perché non di Martedì?”.
“C'è la riunione con i genitori...”.
Ridacchiò genuina della sua espressione seccata “Povero caro, ecco perché sei così nervoso”.
“Vai a fare i tuoi lavori domestici, donna!” La riprese, burbero, dandole un buffetto sulla testa per il solo gusto di sentirla squittire dolorante.
“E tu va' a quel paese” Disse infantile, fingendosi piccata; lo spinse verso la porta, subito dopo se la richiuse alle spalle, consapevole che altrimenti, pur di ritardare ancora un poco e non incontrare mocciosi e colleghi snervanti, si sarebbe inventato chissà quale altra scusa per infastidirla.
Si sfiorò la pancia piatta con affetto, sorridendo, in effetti non le dispiaceva quella strana routine mattutina. Il loro bambino avrebbe fatto parte di una famiglia molto movimentata.
Madara, invece, sospirò, bloccato nel traffico, consapevole che quella sarebbe stata l'ennesima giornata di merda.
Quando, circa cinque anni prima, aveva avuto la soddisfazione di essere il più giovane laureato della sua Università a conquistare una cattedra, ne era stato abbastanza contento, ovviamente. Tanto che, preso dall'euforia, sistemato e con un lavoro stabile, aveva subito sposato Sakura, almeno di quella decisione non si pentiva.
Di tutto il resto... Forse.
Dopo poco tempo a stretto contatto con quegli adolescenti viziati e senza talento, la maggior parte lo erano, l'entusiasmo iniziale era scemato ed aveva cominciato a mal sopportare la sua professione, i colleghi pigri e gli arroganti ragazzini che vedeva ogni giorno.
Per non parlare dei genitori di questi, convinti che il loro bamboccio fosse sempre nel giusto e che lui, quello con la laurea, fosse semplicemente troppo rigido per capirli.
Forse proprio per quel motivo avere un figlio... Lo intimoriva.
Non voleva trasformarsi in uno di quei padri idioti, oppure rimanere se stesso e farsi odiare da lui, o lei, come lo disprezzavano i suoi studenti.
Anche se la moglie lo rassicurava spesso sulla normalità della cosa, e che un professore di Matematica raramente era ben visto ed amato. Certo, il caratteraccio non aiutava, quello non poteva negarlo nessuno.
Lo chiamavano l'avvoltoio, credendo che lui non ne fosse a conoscenza.
Che idioti, in un liceo i professori sapevano sempre tutto, anche quando facevano finta di non vedere; per questo non era così scemo da chiedere di portargli un caffè a metà mattina, non desiderava di certo bere il catarro di quegli inetti.
Il primo anno d'insegnamento s'era ammalato tre volte...
Si posò una mano alle labbra, stava per rimettere al ricordo.
Alla fine sbuffò, dopo un lungo tragitto in macchina, mentre attraversava i freddi corridoi del complesso scolastico, ignorando più persone possibili, preside troppo amichevole compreso. Fermò il suo cammino, un po' perché era arrivato, un po' perché avvertì il cellulare vibrare nella tasca dei pantaloni e, abbassando la maniglia dell'aula professori, lesse velocemente il messaggio.
'Mi compri una torta?'.
Alzò gli occhi al cielo e scrisse 'Come la vuoi?'.
Sakura non ci mise neppure due secondi a rispondere 'Pistacchio! Grazie, ti amo. Fai il bravo e ricordati la torta!'.
Per un attimo un angolo della sua bocca si sollevò, ma quel mezzo sorriso svanì non appena udì il tubare raccapricciante di Hashirama Senju.
“Chi è l'amore di papà? Tu sei l'amore del tuo papino! Daaai, Mito, fammi parlare un altro pochino con lei. -Esclamò, pieno di zucchero e miele, chino in avanti e con il telefono spiaccicato all'orecchio, poi borbottò, fece una lunga pausa e frignò come un cretino- Non è vero che non può sentirmi nella pancia! -Sorrise ancora, inebetito- Oh, Mito! Ti amo anche io tanto, tanto, tanto, tantiss... V-va bene, t-torno a lavoro...” Concluse la chiamata con voce tremula, ciondolando la testa depresso e tirando su con il naso.
Non doveva farlo. Non doveva farlo. La curiosità uccide. Non doveva...
“Di quanti mesi è incinta?”.
Dannata Sakura, era tutta colpa sua e dei suoi ovuli fecondabili.
“C-come? -Si voltò, ancora scuro e sconsolato, ma subito dopo le iridi opache si illuminarono e scattò in piedi, felice come non mai- Madara-senpai!! Non sai quanto mi rendi contento facendomi questa domanda ed interessandoti della salute della mia bellissima mogliettina. Oh, il mio migliore amico!” Gli corse incontro, brillando di luce propria.
E fu immediatamente panico “Io e te non siamo amici, ti conosco -E ti disprezzo- da soli tre mesi”.
“Da oggi lo siamo, Madara-chan!” Esclamò, sprizzando cuori da tutti i pori ed abbracciandolo fortissimo. Lo sapeva che iniziare a lavorare in quel prestigioso liceo gli avrebbe dato tante soddisfazioni, s'era già trovato un amico speciale.
Doveva presentarlo a Mito il prima possibile, lo avrebbe adorato.
Il povero martire, intanto, cercò in ogni modo possibile di staccarselo di dosso, e tirò un sospiro di sollievo quando udì dei rapidi passi allontanarsi, probabilmente era quello scemo di Deidara, gli era parso di averlo intravisto, tornato a svolgere il suo lavoro come docente d'arte dopo un lungo periodo di pausa a causa di uno strano infortunio.
E, ovviamente, stava cercando di squagliarsela. Illuso.
“Deidara, vieni a vedere le foto della mia Mito anche tu!”.
Appunto! Nessuno poteva sfuggire ai suoi attacchi di demenza.
Il giovane artista s'irrigidì e Madara quasi poté vedere i peli delle braccia rizzarglisi quando l'enorme piattola, dopo averlo lasciato finalmente libero, gli circondò amichevolmente le spalle e se lo trascinò dietro, con un sorrisone a trentadue denti.
“Devo andare a lezione, un”.
Nemmeno lo aveva sentito.
Estrasse una cartellina verde chiaro dalla sua ventiquattrore, lasciando cadere a terra una miriade di cartacce, e la poggiò sulla scrivania comune, mostrando una quantità ridicola di foto della moglie, di profilo, nella stessa posizione, probabilmente scattate da lui ogni giorno per monitorare la crescita della pancia.
“Perché non ha ancora chiesto il divorzio?” Sussurrò Uchiha, compiendo un passo indietro.
“Sei un fottuto psicopatico, un!”.
“Cosa? Stavo ammirando la bellezza ammaliante della mia mogliettina, non vi ho sentito” Ridacchiò, grattandosi lo scalpo mentre studiava le loro espressioni sorprese.
“Nulla!” Esclamarono all'unisono. I matti andavano sempre assecondati.
“Non è meravigliosa? -Carezzò dolcemente uno scatto, poi voltò la pagina dell'album e si commosse improvvisamente, afferrando con dita tremanti una delle prime ecografie- Qui è quando abbiamo scoperto che è una femminuccia!” Scoppiò a piangere emozionato, sfregandosi il lucido cartoncino sulla guancia.
Deidara, intanto, stava progettando il suicidio.
“Sì, interessante...” Disse atono Madara, accomodandosi pesantemente su una sedia e controllando l'ora sul cellulare, aveva ancora un po' di tempo.
Aprì la sua borsa da lavoro, faticando abbastanza per estrarre i compiti in classe da correggere, visto che Sakura l'aveva riempita di qualsiasi cianfrusaglia esistente: dal contenitore in metallo con il pranzo, pacchi vari di fazzoletti, mascherina medica, disinfettante per le mani, cerotti, aspirine, integratori, chiavi, penne, matite e... Il maledetto mini cactus di gomma che lo costringeva a portare sempre appresso come portafortuna.
E guai a buttarlo o lasciarlo a casa! Se ne sarebbe accorta, facendo una scenata apocalittica.
Con tanto di morti e feriti: lui.
Inforcò gli occhiali da vista, avvertendo sul basso della nuca lo sguardo languido di Hashirama e sospirò, ben sapendo che, ormai, il danno era stato fatto.
“Pensavo che il mio migliore amico fosse un pochino più entusiasta. -Borbottò, afflosciandosi sulla sedia accanto ed abbracciando Deidara per consolarsi, mentre quest'ultimo si fingeva morto, pregando di venir liberato il prima possibile- P-perché mi hai chiesto di Mito se non ti importa?”.
Ecco, s'era offeso come un bambino.
“Magari anche il Diavolo ha dell'istinto paterno sopito, un” Dichiarò il biondino, dando qualche gomitata sullo sterno del suo aguzzino, che sentì soltanto un leggero solletico.
“Non può avere un figlio da solo. -Constatò ovvio lo scimpanzé, puntellando il mento sopra la zucca del professore d'arte, divenuto ufficialmente il suo peluche, dopodiché sbatté sorpreso le palpebre, scrutando la mano sinistra dell'altro e la fede d'oro in bella mostra- Non mi avevi detto di essere sposato!”.
Giusto, limitava i rapporti personali con il Senju allo stretto necessario: buon giorno e buona sera. Era la prima volta che si esponeva così tanto con i suoi colleghi.
Li osservò di sottecchi, poi strinse le labbra ed affermò, rigido “Mia moglie è incinta”.
“Oh, mio Dio! -Hashirama scattò in piedi, scuotendo Deidara come uno straccio vecchio, lo lasciò subito andare e si fiondò sopra le spalle dell'Uchiha, cinguettando- Madara-chan, aspetti un bebè. Non sei felice? Non hai pianto dalla gioia? Cosa aspettavi a dircelo? Dobbiamo festeggiare!” Sembrava, di nuovo, sull'orlo delle lacrime. Troppe emozioni per il suo cuoricino, doveva avvisare Tobirama.
Il docente di Matematica neppure provò a staccarselo di dosso, arreso all'evidenza dei fatti, semplicemente rispose monocorde, forse con un filo d'imbarazzo ben nascosto “In verità l'ho saputo oggi e... Sono semplicemente venuto al lavoro”.
Scesero diversi minuti di glaciale silenzio, interrotti unicamente dal boccheggiare dell'idiota.
“Certo che qui si passa facilmente da un eccesso ad un altro, un”.

L'Inferno sarebbe stato di gran lunga un posto migliore in cui vivere, soprattutto per Madara che soffriva il freddo. E poi, rispetto alla realtà... Lo avrebbe preferito.
Da quando aveva scoperto di aspettare un bambino e, di conseguenza, in un attimo di debolezza -Stupidità- s'era visto costretto a confessare tutto ai suoi colleghi impiccioni, Hashirama gli si era appiccicato addosso come la carta moschicida, andandosene in giro giulivo a dire come, ormai, lo considerasse a tutti gli effetti il fratello brontolone che non aveva mai avuto.
Attirando così le ire, e maledizioni, dell'altro -inutile- Senju.
Ma quello era niente. L'avvenimento peggiore da ricordare, nei secoli dei secoli, fu l'infausto giorno in cui la piattola e demoniaca consorte, con l'inganno, conobbero Sakura e, per disgrazia, entrarono immediatamente nelle sue simpatie. Perciò, dal momento in cui anche lei prese le ferie per il periodo di maternità, non fece altro che trascorrere del tempo assieme a Mito, parlare al telefono per ore, cianciare di pappine e pannolini, rendendo il marito dell'altra donna una presenza costante nella misera vita di Madara.
Anche dopo una lunga, straziante, giornata di lavoro.
E come dimenticare la tragedia scampata nemmeno una settimana prima?
Allo scoprire il sesso del figlio, o meglio: figlia, Hashirama s'era sciolto in una valle di lacrime, inconsolabile, mentre vedeva il sogno di far sposare i loro pargoli svanire nel nulla.
Dopo una terribile mezz'ora, e due pacchi di fazzoletti, però si era ripreso alla perfezione e, rinchiudendo il collega in un per niente apprezzato abbraccio da orso, aveva dichiarato che sicuramente sarebbero diventate ottime amiche.
Per forza, proprio come i loro genitori.
Farneticando persino di far frequentare alle piccole lo stesso asilo nido.
E Sakura lo assecondava pure!
Non credeva, quindi, potesse esserci qualcosa di peggio, almeno fino a quel momento.
“Mito!” La richiamò felice la giovane dai capelli rosa, andandole incontro ed abbracciandola goffamente per via dei loro ventri arrotondati. Non pensavano fosse così difficoltoso scambiarsi un gesto affettuoso fra donne in dolce attesa.
“Scusa il ritardo, Hashirama è una lumaca” Si lamentò, sorridendo divertita.
L'uomo si imbronciò, borbottando “Non volevo rischiare di fare un incidente”, ma, subito dopo, scodinzolò in direzione di Madara, o almeno lo avrebbe fatto se avesse posseduto una coda, saltellandogli vicino per attirare le attenzioni dell'amico.
Era un incubo.
Quella stronza della moglie non poteva davvero averlo convinto a frequentare un dannato corso preparto. Non assieme a quei due folli.
Ne era rimasto così sconvolto che neppure si accorse di venir trascinato di peso, con fin troppo entusiasmo, all'interno dell'enorme salone principale. Il lucido pavimento in candide mattonelle color panna rispecchiava perfettamente la sua cupa espressione, così come i grandi specchi frontali che occupavano l'intera parete.
Sembrava una fottuta sala da ballo! Al che si chiese se realmente dovessero imparare a cambiare pannolini, oppure gli avrebbero insegnato come fare un perfetto arabesque.
Ringhiò gutturale quando Sakura gli si avvicinò, eppure, al sentirla grattargli la cute poco sopra l'orecchio destro, si rilassò all'istante, per poi infuriarsi di nuovo al constatare come lo stesse prendendo in giro, trattandolo da animale domestico.
La incenerì con un'occhiataccia mentre lei se la rideva genuina, appoggiandosi dolcemente ad un suo fianco. Erano trascorsi già più di tre mesi e, ormai, la pancia era più che evidente, certo, mai come quella della Uzumaki che, entrata nell'ottavo mese, pareva quasi una mongolfiera.
Sua moglie, invece, rimaneva piccola, carina, morbida...
“Smettila” Sibilò, pizzicandogli l'avambraccio.
Madara storse il naso e poi mormorò astioso “Di fare cosa?”.
“Di pensare ciò che stai pensando”.
“Tu non sai a cosa penso!”.
“Invece sì! Ti si sono arrossate le orecchie”.
“Dimmi come cazzo pretendi di vedermi le orecchie da sotto i capelli?!”.
“Non dire parolacce, Madara!”.
Per fortuna, o sfortuna che dir si voglia, qualcuno interruppe la loro terribile lotta di sussurri, facendo rimpiangere a Madara Uchiha di essersi sposato per la prima volta in anni di, sì assurdo, ma felice matrimonio.
“Benvenute giovani mamme e salve giovani papà! Io sono Rock Lee e, in questo felice giorno, sarò la vostra giovane guida!” Disse ad alta voce un ometto peloso, con indosso un'attillata tutina verde evidenziatore e stampato in faccia un sorriso da demente che, in qualsiasi frase, infilava la parola 'giovane'.
Da quale manicomio era fuggito quell'Hobbit?
Il docente di Matematica si rifiutò di ascoltare il resto di quell'insensato discorso, osservando con fastidio Hashirama mentre annuiva compunto e prendeva scrupolosamente appunti. Era tutta colpa sua e delle idee malate che aveva!
Talmente distratto dai suoi piani omicidi, però, non si rese conto dell'avvicinarsi dell'uomo-cimice che, avvolgendogli una spalla e facendolo rabbrividire di disgusto, parlò a voce sempre più alta “La giovane e florida gravidanza di queste belle fanciulle deve unirci tutti, anche voi uomini, soprattutto le facce nuove! -Lo scrollò ben bene, per poi lasciarlo andare prima che potesse sbranarlo; volteggiò verso qualche altra coppia di martiri, disturbando anche loro con le sue idiozie da hippy, dopodiché continuò il discorso- Prego, prego, giovani ragazzi, prendete pure i vostri pesi medici per apprezzare al meglio la gioia di aspettare un figlio”.
“Di che diavolo sta parlando?”.
Madara non fece in tempo neanche a fare quella domanda che gli venne lanciato addosso un ridicolo costume rappresentante una pancia finta, con tanto di seno, pesante come due chili di mattoni.
Oh, no. Non si sarebbe mai messo così in ridicolo.
Sakura sorrise tirata, rendendosi conto della rigidità del compagno, allungò una mano per stritolargli il polso e biascicò a denti stretti “Caro, forza, è solo un simulatore in silicone”.
“Non azzardarti a chiedermi una cosa del genere” Rimbeccò allo stesso tono, tremando di rabbia repressa.
“Fallo! Oppure ti lascio”.
Maledetta vipera!
Diresse il suo sguardo incredulo verso tutti gli uomini presenti che, molti arresi, alcuni menefreghisti ed altri ancora commossi fino alle lacrime -Solo quell'idiota di Hashirama-, s'erano già cambiati o lo stavano facendo controvoglia.
Sbuffò sonoramente, sfilandosi la giacca e pregando che nessuno avesse la brillante idea di immortalare il momento con una fotografia.
“Sakura... -Sussurrò scuro in viso e pericoloso, tanto che lei si allontanò di qualche passo- Osa dirlo a tua madre e, dopo che avrai partorito nostra figlia, ti converrà fuggire il più lontano possibile da me e dalle catene con cui ti legherò a letto”.
Annuì rapida, malgrado l'idea non le dispiacesse molto, ma non era il caso di confessarlo in quel preciso istante, dato che quella giornata si prospettava essere un completo disastro.
Ed infatti così fu.
Non erano stati in grado neppure di cambiare un semplice pannolino, spintonandosi a vicenda per tutto il tempo e litigando violentemente su ogni minima cavolata: come sollevare il bambolotto, quanta cremina e borotalco usare, finendo così per compiere un errore dietro l'altro ed arrabbiarsi ancora di più. Per non parlare del momento in cui dissero loro di cucinare una pappa... Che Sakura, a causa dello stress nell'avere accanto Madara sempre pronto a riprenderla, aveva inevitabilmente bruciato e poi costretto il marito a mangiarla tutta a suon di pugni in testa.
Il picco del disagio, però, lo raggiunsero durante la prova del bagnetto, quando avevano quasi affogato la bambola, facendola cadere a terra un paio di volte e giustificandosi con 'Tanto rimbalza'.
In poche parole, per poco, il povero Rock Lee non suggerì alla donna di dare in adozione la bambina che portava in grembo, ma ci ripensò al notare lo sguardo glaciale del suo consorte ogni qualvolta tentava di avvicinarsi.
Avrebbe pregato per la piccola, altro non poteva fare.
Il vero problema di quel giorno però, stranamente, venne dopo, nell'attimo in cui calò il silenzio mentre tutti erano stati costretti a sedersi a gambe incrociate su un materassino per fare un po' di yoga rilassante.
“Perché sono qui, Sakura?” Domandò, di nuovo, sovrastando i muggiti generali che lo stavano facendo impazzire. Cos'erano, un branco di vacche al pascolo?
Lei tenne gli occhi chiusi, borbottando “Perché sei mio marito, silenzio!”.
“Sono stronzate di cui si deve occupare la madre, non il padre” Dichiarò dall'alto del suo maschilismo, voltando dopo il capo verso l'intrepido masochista che aveva osato fargli 'Ssshh' per intimargli di stare zitto e vedendolo tremare di paura quando lo fulminò con un'occhiata raggelante, ghignò soddisfatto dell'effetto che gli aveva fatto.
“Non mi occuperò da sola di una mini Madara irritante e viziata, ho già l'originale da sopportare tutti i giorni” Rispose, cercando di mantenere un tono di voce basso, in seguito lo tirò per la manica della camicia e lo costrinse a smettere di spaventare tutti.
L'uomo contrasse la mascella, sempre più infuriato, avvicinandosi al suo viso e soffiando con perfidia “Io irritante? Ma se tu sei una saccente rompicoglioni!”.
Ed allora scoppiò, alzandosi in piedi ed urlando a pieni polmoni “Bastardo, come osi insultarmi?”.
Fu quello il momento in cui vennero sbattuti fuori, senza possibilità di appello, fra le risate a stento trattenute di Hashirama e la soddisfazione di Madara, che s'era decisamente stancato di starsene in mezzo a quei folli.
“Hai visto? -Gridò ancora Sakura, percorrendo il tragitto che la separava dalla loro automobile; camminava a passi così veloci da provocare, con i bassi tacchi delle sue scarpe, un lieve rumore ogni volta che toccavano l'asfalto- Mi hai fatto fare una figuraccia! Sei uno stronzo, un buzzurro, un...” Si bloccò improvvisamente, gemendo dolorante e circondandosi la pancia con le braccia.
Madara stava per risponderle a tono, però, vedendola in quello stato, sbiancò preoccupato, avvicinandosi e circondandole la schiena per sostenerla “Sakura, cos'hai? Tranquilla, ti porto all'ospedale”.
La donna gli diede una gomitata nelle costole, zittendolo, poi afferrò la sua mano, non infierendo sul fatto che stesse leggermente tremando, per posarla sopra il ventre arrotondato e lo informò piano “Sto bene. Mi ha solo preso di sorpresa perché la prima volta che si muove”.
“Non la sento, è troppo piccola ancora” Bofonchiò, imbarazzato per come s'era comportato e, forse, un po' deluso dal fatto che non potesse avvertire i lievi movimenti della figlia.
Lei sorrise dolcemente, spostando le dita del marito poco sopra l'inguine e premendole leggermente su quel punto “Ascolta, qui”.
L'uomo la guardò negli occhi, crucciando le sopracciglia quando non sentì proprio nulla, ma prima di poter parlare udì un veloce martellio, vibrante, come il battito d'ali di una farfalla, intenso ed allo stesso tempo delicato. Di certo non poteva essere il cuore della moglie...
Le carezzò la lieve rotondità con il palmo, chinandosi un poco per baciarle la fronte. Non parlò, anche perché se lo avesse fatto se ne sarebbe uscito con qualche stupida frase sdolcinata e quella nana malefica lo avrebbe tormentato in eterno.
“Saremo dei bravi genitori, vero?” Chiese Sakura, ricercando un abbraccio.
“I migliori... -Sussurrò Madara fra i capelli rosa, poi sogghignò mentre se la cullava al torace- O meglio: io lo sarò. Su di te ho i miei dubbi, avvelenatrice di bambolotti”.
“Stronzo!”.
“Sei sempre così scontata, Sakura”.
Magari i migliori no... Ma si sarebbero impegnati. 

   
 
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