Sono
tornata con una nuova avvincente fan fiction! Voi direte che facevo meglio a
starmene in pampaciolle davanti al computer a cazzeggiare,
ma all’ispirazione non si può di re di no. L’idea di questa stravagante fan fic mi è venuta quando la mia prof di francese ci ha
portato a teatro a vedere proprio la bella e la bestia, ma in francese.
Il mio genio mi ha suggerito di non lasciarmi scappare questa occasione. Spero
solo che vi piaccia e che commenterete in numerosi
LA BELLA E LA BESTIA
C'era
una volta una città che non assomigliava alle altre, quella città era Konoha.
Le sue case erano ornate di terrazze e di torri che parevano cresciute senza un
ordine prestabilito. Molte avevano fregi in marmo, portoni scolpiti, finestre
graziose che si aprivano su muri di umili mattoni e sembravano il segno di una
ricchezza improvvisa. Infatti in quella città il
popolo ogni tanto arricchiva improvvisamente. Era un popolo composto quasi
esclusivamente di mercanti, che commerciavano attivamente con i paesi
d'oltremare. Dai porti vicini partivano navi cariche di mercanzie di ogni
genere e allora tutti, le donne specialmente, si accalcavano nella piazza a
salutare i marinai, i mariti, i fratelli, i figli che se ne andavano tanto
lontano. Poi incominciava la lunga attesa, le donne passavano il tempo filando,
tessendo, ricamando, e preparando ai loro cari un lieto ritorno. E quando le
navi gettavano l'ancora nei porti, e i volti allegri dei marinai e dei mercanti
annunciavano che tanto il viaggio quando gli affari erano andati a gonfie vele,
vecchi, donne e ragazzini si avviavano festosamente incontro ai naviganti,
cantando cori, intrecciavano danze, e la gioia era generale. Poi ogni famiglia
cercava, con i guadagni fatti, di onorare e abbellire la propria casa,
innalzando piccole torri merlate, aprendo terrazze, sostituendo gli umili
portoni di legno con altri graziosamente scolpiti, affinché di quella ricchezza
potessero godere i figli e anche i figli dei figli.
Il
mercante più ricco e più rispettato era un vecchio gentiluomo vedovo, padre di
tre figli e di tre figlie, si chiamava Kakashi. I figli maschi si erano
dedicati al commercio, e avevano dimostrato di possedere intelligenza,
iniziativa e onestà, si chiamavano Naruto, Kiba e Shikamaru, e non avrebbero potuto
essere più diversi. Shikamaru il maggiore era svogliato, pigro, fannullone e
portava sempre i capelli sistemati con una coda alta che lo faceva sembrare un
ciuffo d’ananas; Kiba, il secondo era casinista, vivace e iperattivo, per
protesta si era fatto tatuare due triangoli rovesciati sulle guance, aveva i
capelli castani e ribelli e gli occhi piccoli e neri; Naruto, il più piccolo
era molto simile caratterialmente a Kiba, perciò andavano molto d’accordo e
cospiravano spesso contro il maggiore, ma a differenza di Kiba, aveva i capelli
biondo grano e gli occhi azzurro cielo. Le tre figlie erano bellissime, e le
due maggiori erano molto vanitose. Queste due ragazze, istruite da ottimi
maestri, avevano imparato a cantare, a danzare, a inchinarsi con grazia, a
sostenere spiritosamente una conversazione; avevano buon gusto nello scegliere
abiti e gioielli, ma tutti i loro meriti finivano lì.
La primogenita in particolare, Ino, era vanitosa, cinica e
molto impicciona, aveva i capelli biondi, leggermente più chiari di
quelli di Naruto e gli occhi dello stesso azzurro cielo; la secondogenita,
Temari, era anche lei molto simile a Ino, ma teneva raccolti i capelli ispidi
in quattro code e i suoi occhi erano color acquamarina. La più giovane, invece,
sebbene più bella ancora delle sorelle, non soltanto danzava
e cantava come le altre e sapeva conversare meglio di loro, ma sonava il
clavicembalo,(non chiedetemi cos’è non lo so me l’ha suggerito mio fratello ndme) ricamava alla perfezione, aveva letto centinaia di
libri arricchendo la mente di infinite cognizioni, e spesso non disdegnava di
scendere in cucina per imparare dalla cuoca a cucinare saporiti manicaretti.
Nei momenti di libertà, poi, si dedicava a opere buone, visitando ammalati e
tenendo compagnia ai bambini e ai vecchi rimasti soli mentre gli uomini erano
sul mare. Quando era piccola, tutti l'avevano soprannominata “La bella bambina”,
per i suoi occhi luminosi, i riccioli rosa e il dolce sorriso; e quando crebbe
la chiamarono semplicemente ' La Bella '. Il suo nome in realtà era Sakura.
Aveva stranissimi boccoli rosa e occhi verde smeraldo che facevano cadere ai
suoi piedi tutti i ragazzi di Konoha.
Le
due sorelle maggiori non ascoltavano volentieri quell' appellativo
rivolto alla più giovane, e quando lo udivano
diventavano rosse per la stizza. Avrebbero dato chissà che cosa perché quella
parola fosse dedicata a loro, e cercavano di guadagnarsela affettando arie
aristocratiche e agghindandosi come meglio potevano. Avevano le stanze sempre
piene di vestiti e di tagli di stoffa; il gioielliere lavorava per loro di
continuo, ed esse frequentavano esclusivamente i balli dell'alta società e le
serate di gala a teatro. Sakura, invece, partecipava a queste riunioni e
danzava graziosamente assieme agli altri, mettendo le sue bianche manine in
quelle callose degli operai durante il girotondo. Perciò tutti le volevano bene
e molti giovani avrebbero voluto sposarla, ma Bella rifiutava con garbo,
ringraziando e dicendo che si sentiva troppo giovane per maritarsi, tanto più che
desiderava rimanere per qualche anno ancora con il suo babbo. Anche le sorelle
maggiori erano attorniate da pretendenti essendo belle e ricche; ma li
rifiutavano con fare arrogante.
"Non
potremo mai abbassarci a sposare mercanti come voi" dicevano, "e ci
fa meraviglia, anzi, che abbiate osato tanto. Sposeremo solamente un duca, o
almeno un conte." Volgevano altezzosamente le
spalle e andavano a provare davanti allo specchio gli inchini cerimoniosi che
avrebbero fatto quando il duca, o il conte, fossero arrivati. Ma una sera
arrivò, invece, una lettera che il mercante lesse
attorniato dai suoi figli. Desideroso di arricchire sempre di più, per lasciare
una buona dote alle figlie e un discreto patrimonio ai figli, egli aveva
investito tutte la sue ricchezze nell'acquisto di
merci rare e preziose che i marinai della sua flotta dovevano procurargli in
paesi molto lontani. La flotta doveva arrivare in porto già da tempo, ma ancora
non se ne aveva notizia, e il mercante aspettava con ansia di vederla da un giorno
all'altro o di ricevere qualche messaggio. E il messaggio finalmente arrivò; ma
era di un capitano suo amico, il quale gli diceva che la flotta era scomparsa e
che nessuno l'aveva vista più, sul mare. Ormai era inutile aspettarla ancora,
perché era passato troppo tempo da quando avevano levato le ancore. Kakashi
lesse fino in fondo, poi guardò i suoi figlioli, angosciato. Aveva impegnato
fino all'ultimo centesimo in quell'impresa, e la scomparsa della flotta
significava per lui anche la scomparsa di tutti i suoi beni. Non gli rimaneva
più nulla. Avrebbe venduto il palazzo e tutte le suppellettili per pagare i
dediti contratti per armare la flotta; i figli dovevano abbandonare il mestiere
di mercante, che richiede tanto denaro, almeno per cominciare; e le figlie
avrebbero dovuto rinunciare agli abiti lussuosi e ai gioielli preziosi per
vestirsi come le donne del popolo. Tutti, poi, si sarebbero ritirati in
campagna per godere dell'ultimo bene rimasto, che però avrebbe consentito a
tutti di sfamarsi: una modesta fattoria circondata da un po' di terra da
coltivare.
-Vi
chiedo perdono, figli miei- disse il mercante con le
lacrime agli occhi. -Questa è l'unica risorsa che posso offrirvi. In campagna
riusciremo a vivere, perché abbiamo buone braccia per lavorare la terra. Le
ragazze si occuperanno dell'orto e del pollaio, e, quando occorre, anche della
stalla e del porcile. Inoltre faremo economia, perché per lavorare nei campi
non occorrono abiti di lusso.-
-Va
bene, babbo- risposero i figli.
Dispiaceva loro moltissimo abbandonare la
mercatura in cui già avevano incominciato ad aprirsi una buona strada; ma erano
uomini e si rendevano conto delle cose. Il pane onestamente guadagnato è sempre
buono, pensavano, anche se guadagnato con la zappa. Sakura accarezzò dolcemente
la mano di suo padre e lo guardò con un coraggioso sorriso. La campagna,
infine, significava verde, fiori, uccellini, aria buona,buona
salute. Ma le sorelle, udendo nominare stalla e pollaio, proruppero in acuti
strilli:
-Mai,
mai, verremo con te in quella catapecchia fuori dal mondo- gridarono, -vuoi
condurci là per farci dispetto, ma noi non acconsentiremo. Fosse almeno una
villa con fontane e statue! Ma è una rozza casaccia dove bisogna portare gli
zoccoli, indossare un brutto grembiule e, per di più, zappare la terra!
Rimarremo qui, in città, dove abbiamo sempre vissuto.-
-Figlie mie,- esortò Kakashi,
-vi prego di ragionare. Non potrete più abitare in questo palazzo che sarà
venduto; e dovrò vendere anche vestiti e gioielli. Siamo diventati poveri, e
non ci rimane che quella casa. Non vi resta altro che rassegnarvi a questa
nuova condizione!-
-Ebbene, non importa- affermò Ino piangendo di
stizza e aggiunse: -Rimarremo in città a ogni costo. A costo persino di sposare
qualcuno dei nostri pretendenti più ricchi.-
-Si,
si faremo così!- rincarò Temari -Ma in campagna mai, per nessuna ragione al
mondo!-
E
invece furono costrette a partire anch'esse per la campagna, perché i ricchi
pretendenti si erano tutti dileguati e non volevano più saperne di loro, ora
che non portavano in dote che il loro cattivo carattere. Tuttavia molti giovani
fecero sapere a Sakura, che sarebbero stati felici di sposarla anche se povera,
perché le sue qualità valevano più di una ricchezza; ma lei, col suo garbo consueto
fece sapere che non avrebbe mai abbandonato suo padre in un momento tanto
triste, e che si disponeva a partire anche lei. Partiva con coraggio, pronta ad
affrontare la nuova vita.
Quando
arrivò in campagna Sakura spalancò tutte le finestre affinché la casa si
riempisse di sole, di profumi e di gorgheggi di uccellini, e apparisse meno
triste alle due sorelle che si erano gettate gemendo sui loro letti di ferro.
Ma le due ragazze non si commossero, e rimasero a piangere fino all'ora di
cena, quando scesero a mangiare i semplici e buoni cibi che Sakura aveva
preparato con i prodotti dell'orto e del frutteto. Per fortuna sapeva cucinare,
e da quel giorno fu compito suo badare ai fornelli, alla stalla, all'orto al
pollaio. Ella lavorava allegramente cantando e non sembrava neppure avvertire
la fatica. Le sorelle, invece, che erano molto pigre, preferivano stare a letto fino a mattino avanzato; più tardi scendevano a far
colazione e poi passeggiavano malinconicamente nel giardinetto e non facevano
che rimpiangere il tempo passato. Sakura si alzava all'alba, riordinava la
casa, innaffiava l'orto, curava le galline, i porcellini, i vitellini, lavava i
panni al ruscello, e soltanto nei momenti di libertà sonava il cembalo o
leggeva qualche libro. Poi, quando il padre e i fratelli ritornavano stanchi
dai campi, ella aveva già preparato una buona cena in una cucina accogliente e
pulita, ornata di stampi di rame scintillante; e pian piano la forza d'animo di
Sakura e la sua serenità infusero coraggio a tutta la famiglia, fuorché alle
due sorelle maggiori, occupate a rimuginare di continuo la loro amarezza.
Una
sera giunse un secondo messaggio. Tutta la famiglia allora, si riunì accanto
alla lucerna, e una viva ansia era dipinta sui volti dei suoi componenti. Il
messaggio annunciava che proprio quella mattina una nave del mercante, carica
di mercanzie, era finalmente giunta in porto. A quella notizia le sorelle non
seppero trattenere l'entusiasmo.
-Evviva!
Siamo ridiventati ricchi!- esclamò Ino,-finalmente
potremo tornare di nuovo in città!-
-Bisogna
pensare subito ai vestiti!- rincarò Temari, -non mi sono rimasti che stracci,
da mettermi addosso.-
-Calma,
calma, figlie mie!- esortò Kakashi, -una nave è
soltanto una nave, e non può rappresentare la ricchezza passata. Inoltre dovrò
pagare i marinai, e mi è rimasto anche qualche debito. Aspettate il mio ritorno
e vedremo.-
-Parli
così per farci dispetto, come al solito- rimbecco Ino con acrimonia, -al tuo
ritorno portami un abito di velluto azzurro guarnito di merletti d'argento.-
-E a
me un paio di scarpine di raso- rincarò Temari, -ho bisogno anche di un
ventaglio d'avorio, di orecchini di brillanti, di collane di smeraldo, di
braccialetti, di un diadema ... e dieci braccia di seta della Cina per confezionarmi
un po' di biancheria ... e un paio di guanti lunghi fino al gomito.-
Le
due ragazze continuarono per un pezzo e il mercante le ascoltava sconsolato.
Anche se non avesse avuto debiti da pagare, il carico della nave sarebbe
bastato appena a comperare la metà di ciò che le ragazze domandavano. Poi si
volse dolcemente a Bella. -E tu non domandi niente, figlia mia?- le chiese
sollecito. Sakura ci pensò. Non desiderava proprio niente, e
si sentiva felice così com'era; tuttavia un piccolo regalo le avrebbe fatto
piacere, perciò disse: -Vorrei un ramoscello di rose: nell'orto non ce ne sono,
ma io potrei piantarlo, e forse attecchirebbe.- Kakashi sorrise, poi
andò subito a letto per alzarsi per tempo l'indomani. Infatti
all'alba i figli sellarono il cavallo ed egli partì. Era pieno di speranze, ma giunto in città seppe che la nave era arrivata,
ma egli purtroppo non avrebbe potuto godere nemmeno una briciola di quelle
ricchezze, perché i marinai aspettavano la paga da molti mesi e la nave,
sconquassata da un fortunale, doveva essere riparata da cima a fondo; inoltre
si erano già presentati parecchi creditori a reclamare il loro avere. Quando
ebbe finito di pagare tutti, il pover'uomo si trovò senza nemmeno un soldo in
tasca. Allora si affrettò verso casa, desideroso di riabbracciare i suoi
figlioli. Ormai si era affezionato alla campagna, e quasi gli dispiaceva di
quello spiraglio di ricchezza inattesa che si era aperto nella sua vita, per
procurargli nuove delusioni; era felice soltanto in mezzo ai campi, quando
sentiva i suoi figli cantare vicino a sé, anche se lo affliggeva la
disperazione palese delle due maggiori che non sapevano rassegnarsi a quella
nuova vita. Spronò il cavallo, e verso sera giunse nei paraggi di casa sua, ma
doveva prima attraversare un bosco, sotto la cui cupola di foglie era buio e
egli si smarrì. Faceva molto freddo. La neve cadeva di traverso spinta dalla
bufera, e a poco a poco i rami si coprivano di bianco, mentre gli uccellini
svolazzavano affamati e impauriti proprio come lui. Aveva paura, perché sentiva
i lupi ululare e il vento era così furioso che lo fece cadere di sella due
volte, ma mentre, sfinito, stava per abbandonarsi allo scoraggiamento, vide
brillare un lumicino fra gli alberi. Rincuorato, spinse il cavallo in quella
direzione, e poco dopo giunse con grande sorpresa davanti a un palazzo
stupendo.
-Mio
dio, ti ringrazio!- esclamò. -Mai ho veduto un palazzo così bello. Chiederò
ospitalità, e passerò la notte al riparo.- Il palazzo aveva scalinate di marno e ampi cortili, ma il mercante non riuscì a vedere né
servi, né sentinelle. Stupito, avanzò un po' timidamente, e superato un portone
di legno intarsiato, si trovò in un vasto salone pieno di mobili ricchi e
preziosi. Al di là c'era una terrazza di marno bianco
che digradava verso un meraviglioso giardino pieno dei fiori di un'eterna
primavera. Prati di un verde smeraldino, ruscelli d'argento, piante fiorite,
cespugli di rose, fiancheggiavano un maestoso viale formato da alberi
centenari. Il mercante incominciò a percorrere il viale come trasognato, ma,
guardando le rose, si ricordò di Sakura. La sua diletta figliola gli aveva
chiesto un ramoscello di rose: e qui, di rose ce n'erano tante! Stacco con cura
un rametto ornato di boccioli, ma in quell'istante udì un grido spaventoso, i
cespugli si aprirono e davanti a lui apparve un essere mostruoso, che aveva un
po' dell'uomo e un po' dell'animale e lo fissava con occhi fiammeggianti.
-Ingrato!-
gridò, -io ti ho salvato la vita, e tu, per ricompensa, mi rubi le rose, i
fiori che più mi sono cari al mondo. Meriteresti un castigo. Raccomanda l'anima
a Dio perché tra poco morirai.- Il mercante si gettò in ginocchio terrorizzato:
-Perdonatemi, signore ... anche una mia figliola ama tanto le rose che me ne ha
chiesta una, e io non sapevo dove trovarla. Perciò ...- incominciò a balbettare, non riuscendo a trovare una
giustificazione, ma il mostro continuò con voce terribile e cavernosa: -Non
chiamarmi signore. Guardami: ti sembro forse un signore? Io sono soltanto una
Bestia, e il mio nome è proprio Bestia; Ti farò grazia della vita soltanto a un
patto: che tua figlia venga qui, e si sacrifichi al
tuo posto. Ma se non verrà, dovrai ritornare tu, fra tre mesi-
Il
mercante non pensò neppure per un attimo di mandare la figliola a morire in
vece sua, ma si sentì un po' consolato, perché la Bestia gli lasciava il tempo
di riabbracciare i suoi figlioli.
-Vi
ringrazio- disse con fervore, -fra tre mesi sarò qui.- La Bestia lo guardò per
un momento, poi disse con voce un po’ rabbonita: -Non voglio che tu torni a
casa a mani vuote. Nella sala in cui sei entrato troverai un grande cofano.
Mettici dentro ciò che vuoi. Penserò
io a mandarlo.-
Detto
questo la Bestia si ritirò e il mercante rimase solo. Ritornò malinconicamente
nella grande sala e vide davvero il cofano, che non c'era prima, e, intorno,
mucchi di monete e di gioielli. Quasi meccanicamente li raccolse e riempì il
cofano, pensando che non avrebbe mai goduto di quelle ricchezze, ma che almeno
ne avrebbero goduto i suoi figlioli; e questo pensiero lo confortò. Andò a
prendere il cavallo e salì in sella pensando alla sorte che lo aspettava, dopo
i tre mesi. Il cavallo trovò da solo la via di casa, e il suo nitrito, quando
giunse, fece accorrere fuori i figlioli. Essi lo aiutarono a scendere di sella
e Sakura accese il fuoco nel cammino, mentre le figlie maggiori accorrevano per
ritirare i loro vestiti. Vedendoli tutti riuniti intorno a sé, il mercante
incominciò a piangere, porse il ramoscello a Sakura e disse: -Eccoti le rose
che desideravi. Costeranno ben care al tuo povero padre.-
A
quelle parole i figli lo tempestarono di domande, e finalmente lo sventurato si
decise a raccontare ogni cosa. Le figlie maggiori si scagliarono con violenza
contro Sakura. - E’ colpa tua, se rimarremo orfane! Hai
voluto fare la santarellina, chiedendo una cosa piccola piccola, e non un vestito o un gioiello come noi!
Eccone le conseguenze! E non ti disperi! Non piangi nemmeno,
tu che sei la causa della rovina di nostro padre!-
-Perché
dovrei piangere?- chiese Sakura con calma. -Dato che la Bestia si accontenta di
me, andrò io al castello, naturalmente.- In cuor suo era spaventatissima: si
sentiva come un uccellino inseguito da un gufo. Ma pensava che era giusto che fosse così. Lei aveva chiesto quel dono
assurdo; lei doveva pagare. E la gioia di sapere il buon babbo vivo, l'avrebbe
consolata da ogni male.
-No,
sorellina cara, no!- gridarono i fratelli, -Noi non permetteremo mai che tu
corra incontro alla morte, e troveremo il modo di uccidere la Bestia.-
-Voi
non correrete rischi per colpa mia- replicò Bella, -non saprei sopravvivere, se
vi capitasse una disgrazia.-
-Quella Bestia è invincibile" singhiozzò
Kakashi, -Non v'è altro rimedio se non la mia partenza, fra tre mesi. Io sono vecchio: ormai mi rimane così poco tempo
da vivere che non vale la pena di rimpiangerlo.
-No,
caro babbo-,disse ancora Sakura con la solita
fermezza. -Io sono giovane, ma non amo la vita a tal punto da lasciarti morire
al posto mio. Senza contare che, perduto te, morirei di dolore anche perché mi
sentirei colpevole della tua morte.-
Continuarono
a lungo a discutere, e finalmente il mercante si rassegnò a partire per il
castello assieme a Sakura. Poi, strada facendo, avrebbero deciso il da farsi.
Udito questo, le sorelle nascosero a stento la loro gioia. Finalmente sarebbe
sparita Sakura, colei che le aveva fatte sempre sfigurare! Senza quel
confronto, sarebbero apparse meno sciocche e vane! Andarono a letto
soddisfatte, e il padre, quando entrò in camera sua, ebbe una sorpresa: accanto
al letto c'era il cofano pieno di monete e di gioielli. Era la ricchezza di
nuovo! Ma che cosa poteva importare ormai! Sakura, avvertita, pregò il padre di
adoperare quel denaro per fare la dote alle sorelle, affinché potessero sposare
due giovani gentiluomini che le avrebbero chieste in moglie, se non fossero
state così povere, poi andò a letto anche lei e sognò una bellissima signora,
con l'abito azzurro tempestato di stelle, che le diceva:
-La tua
bontà e il tuo coraggio meritano un premio. Spera sempre e vedrai che le tue
sofferenze avranno fine.- Quel sogno confortò un poco Sakura e Kakashi, che
tuttavia piansero amaramente quando dovettero lasciare la loro casa e
inoltrarsi nel fitto del bosco dove, in lontananza, brillava tenue il lumicino
...
Il
castello era sfarzosamente illuminato, come se aspettasse l'arrivo di un ospite
di riguardo, ma nei cortili e nel salone non c'era anima viva. Il cavallo entrò
da solo nella scuderia, e Sakura e suo padre trovarono, in una sala, una tavola
imbandita con cibi prelibati, e un bel fuoco nel camino.
-La
Bestia vuole ingrassarmi, prima di mangiarmi - pensò la ragazza; ma nascose il
suo terrore ed esortò il padre a prendere un po' di cibo. Anzi, anche lei
simulò di mangiare con buon appetito. Avevano appena terminato che udirono un
gran rumore nelle stanze interne e la Bestia entrò. Sebbene preparata, Bella sentì un tuffo al cuore. Quell'essere era veramente orribile,
anche se parlava con voce pacata e cortese. Egli guardò Sakura a lungo, poi
domandò: -Sei venuta di tua spontanea volontà, oppure
ti hanno obbligata? –
-Sono
io che ho voluto venire!- affermò Sakura, -ho
procurato tanti guai a mio padre chiedendogli una rosa, ed è giusto che sia io
a pagare.-
-Sei onesta e generosa- commentò il mostro, e
rivolgendosi al mercante aggiunse: -Tu puoi andartene domattina: addio.- Poi si
ritirò, e i due, rimasti soli, cercarono di farsi coraggio a vicenda. -La Bestia non è cattiva:
vedi che non mi ha mangiata?- disse Sakura; ma in cuor suo pensò che forse
l'avrebbe fatto la sera dopo. Tuttavia, poiché si era fatto tardi, andarono a
letto in due eleganti camere, e contrariamente alla loro aspettativa si
addormentarono subito. Al mattino venne il momento di separarsi. Padre e figlia
si abbracciarono piansero, quindi il mercante si allontanò e Sakura rimase a
guardarlo fin che fu scomparso.
Rientrata
nel castello ebbe un momento di disperazione, ma cercò di rinfrancarsi
pensando: ' Ho soltanto un giorno di vita, perché
questa sera il mostro mi mangerà. Voglio godere visitando questo bel castello e
questo bel giardino '. Il giardino era veramente uno splendore, pieno di rose
dal profumo che stordiva, e il castello traboccava di cose magnifiche e
preziose. Sakura non si stancava di ammirare, ma si fermò sbigottita davanti a
una porta su cui era scritto ' Appartamento di Sakura '. Aprì la porta ed
entrò; vide sale e salotti arredati con ogni ricchezza e comodità. ' Non
capisco il perché di tante premure, dato che tra poco la Bestia mi mangerà '
pensò; ma subito si distrasse vedendo un clavicembalo e una biblioteca piena di
libri. I libri erano sempre stati i suoi migliori amici, e corse a prenderli e
a sfogliarli. Sul frontespizio del primo c'era scritto:
'
Desidera e comanda, qui tu sei la regina. '
'
Sarebbe troppo bello! ' pensò incredula la ragazza e disse in cuor suo, ' Desidero vedere mio padre! '. Subito un largo specchio
appeso al muro si appannò lievemente, poi si schiarì, e Bella vide delinearsi
nel cristallo la cucina di casa sua. C'erano le sorelle che chiacchieravano
allegramente, come se il pensiero di lei e del padre non le sfiorasse nemmeno.
Poi ecco sopraggiungere il padre, disfatto dal dolore; sedette tristemente
presso il camino, mentre le ragazze lo abbracciavano simulando le lacrime.
Quindi l'immagine svanì e Sakura si sentì piena di tristezza; tuttavia mandò un
pensiero riconoscente al mostro che aveva avuto per lei tanta cortesia.
Più
tardi tornò nella sala da pranzo e vide la tavola nuovamente imbandita. Era la
prima volta che pranzava sola, ma non soffrì di malinconia, perché una musica
invisibile le fece compagnia per tutto il tempo. ' La Bestia non vuole proprio
che mi annoi ' pensò, ' quando verrà a trovarmi lo
ringrazierò '. Trascorse il pomeriggio sonando il cembalo, leggendo e
passeggiando; verso le nove sedette di nuovo a tavola. Aveva appena spiegato il
tovagliolo, che udì il solito forte rumore nelle stanze interne, e poco dopo la
Bestia apparve. La fanciulla fu agghiacciata di terrore, ma seppe dominarsi e
salutò cortesemente. Il mostro le chiese con molta gentilezza: -Permettimi che
mi segga e rimanga qui con te, mentre ceni?-
-Perché
mi chiedi questo permesso? Sei tu il padrone, qui al castello- rispose Sakura.
La Bestia scosse la testa: - No. Qui sei tu sola la padrona, e se preferisci
non vedermi io mi allontanerò subito.- Sakura trovò la forza
di rispondere gentilmente: -Rimani, se ti fa piacere: non mi disturbi affatto.-
Il mostro, visibilmente contento, sedette all'altro
lato della tavola e chiese: -Mi trovi molto brutto? Rispondi sinceramente.- Sakura
rabbrividì, temendo di provocare la collera di lui, ma rispose: -Si, mi sembri
brutto, ma credo che tu sia molto buono!- - Sono buono, infatti, ma
stupido. Non ho molta intelligenza.-
-Non
credo che sia proprio così. Chi è stupido, non sa di esserlo, non è nemmeno
sfiorato da questo dubbio! Tu, che assicuri di essere stupido, non lo sei.-
-Ti
ringrazio per le tue parole- replicò il mostro, guardandola con riconoscenza. -Se
ne fossi capace, ti risponderei con un complimento. Ma sono soltanto una
bestia! Mangia, adesso. E cerca di non annoiarti, perché soffrirei troppo, se
non ti sapessi contenta.-
-Ti ringrazio sinceramente. Sei tanto affidabile e generoso che
non mi sembri nemmeno più così brutto. E io preferisco un essere come te,
brutto e buono, a un altro bellissimo ma cattivo.-
-Allora
... allora ... vuoi sposarmi?- balbettò il mostro. Sakura, che stava
rasserenandosi e quasi trovava gradevole la compagnia di lui, a quelle parole
trasalì. ' Se rifiuto ' pensò, ' mi divorerà ... ma io
non posso mentite '.
-Sento
per te tanta amicizia- rispose,-ma non ti sposerò.- Il
mostro sospirò, ma il suo sospiro fu un sibilo così forte che tutto il castello
ne tremò. Poi si allontanò avvilito.
Sakura
guardò a lungo verso la porta dalla quale il mostro era uscito e si rammaricò
da averlo mortificato in quel modo. ' Peccato! 'pensava, '
che meraviglioso marito sarebbe, buono e gentile com'è, se il suo aspetto fosse
un poco meno orribile! '. Tuttavia le rimase in cuore un certo rimorso, e
attese con ansia la sera successiva, per rivedere la Bestia. La bestia ritornò
la sera dopo, e anche le sere seguenti, per tre mesi che furono molto belli e
sereni per la ragazza. La sola cosa che l'angustiava un po’, era la domanda che
la bestia ripeteva immancabilmente tutte le sere:- Sakura, vuoi sposarmi?-
E lei rispondeva ogni volta: -Ti voglio bene, cara
Bestia, ma non ti sposerò.- Allora la Bestia si allontanava avvilita.
Una
sera Sakura disse: -Amico mio, ho veduto nello specchio che mio padre è
ammalato. Le mie sorelle si sono sposate, i mie
fratelli sono sotto le armi. Egli è solo. Lasciami tornare a casa a fargli un
po’ di compagnia.-
-La cosa
che più m'importa al mondo è che tu sia contenta" rispose la Bestia.
- Domattina
ti sveglierai a casa tua. Ma ritornerai? Non dimenticare che, se mi lasci solo,
io morirò.-
-Ritornerò,
cara Bestia,- rispose Sakura commossa, -fra otto
giorni sarò qui.- -Ebbene, prendi questo anello- aggiunse il mostro consegnando
alla ragazza un anello d'oro ornato di un zaffiro. -Quando
vorrai tornare, posalo sul tavolino, prima di coricarti. Ma ricorda che io ti
aspetterò contando le ore e non saprei più vivere senza di te- E aggiunse
ancora una volta: -Vuoi sposarmi?- Udito il solito no si allontanò più avvilito
e più curvo. E Sakura rimase a guardarlo con grande rammarico in cuore. Andò a
letto e si addormentò; e al mattino dopo aprendo gli occhi vide che era nella
sua piccola fattoria di campagna, con le galline che chioccolavano sotto le
finestre. Sonò il campanello e una domestica accorse: -Signor
padrone, signor padrone!- incominciò a urlare, -Venite, venite a vedere!-
Kakashi si precipitò su per le scale e un attimo dopo irrompeva nella camera.
Sulle prime rimase senza fiato, poi aprì le braccia e non finiva più di
abbracciare e baciare la sua adorata figliola da lui creduta morta. Sakura ricambiò gli
abbracci, e lo assicurò che stava bene ed era contenta. Poi desiderò alzarsi,
ma non aveva nemmeno un vestito, perché i suoi abiti erano rimasti al castello
della Bestia. -Come farò?-chiese ridendo.
Ma la
domestica rispose: -Nella stanza vicina c'è un baule che prima non c'era. E'
pieno fino all'orlo di vestiti e di gioielli degni di una regina.- ' Cara Bestia!' pensò Sakura, ' Si è ricordata anche di
questo! '. Poi disse ad alta voce: -Dammi il vestito più semplice, perché regalerò
gli altri alle mie sorelle.- Appena pronunciato queste parole che il baule
sparì. -La volontà della Bestia è chiara- commentò il
babbo, -vuole che soltanto tu, e non altri, indossi quegli abiti.- Appena ebbe
detto questo il baule ricomparve, e Sakura poté vestirsi davvero come una
regina. Era più avvenente che mai, non solo per lo splendido abbigliamento, ma
anche per la pace e la contentezza che brillavano nei suoi occhi e nel suo
volto. Le sorella, avvertite dal babbo, accorsero
subito. Erano sposate tutt'è due, ma tutt'altro che felici. Il marito di Ino, Madara Uchiha, era bellissimo, ma altrettanto vanitoso e
superbo. Passava la giornata ad agghindarsi e pretendeva di essere
continuamente riverito e ammirato sebbene non avesse più valore di un pavone.
Il marito di Temari, Shino Aburame, era ricco, ma anche avaro, ed
economizzava ferocemente persino sul vitto e sugli abiti di sua moglie, la
quale doveva andare in giro vestita di stracci consunti. Quando le due ragazze
videro Sakura splendente di gioia, di ornamenti, di bellezza, cedettero di
scoppiare per l'invidia e cominciarono a commentare tra loro: -Perché nostra
sorella deve essere tanto fortunata? Perché il mostro non l' ha divorata?-
chiedeva Ino.
-Se non
l' ha divorata, la divorerà- rispondeva Temari. -Bisogna trovare il modo di
mettere contro di lei quella Bestia che le vuole troppo bene.-
-Cerchiamo
di trattenerla qui con noi oltre gli otto giorni- suggerì la prima. -Così
bisticceranno, e il mostro la mangerà.-
Stabilirono
questo, colmarono la sorella di attenzioni e di tenerezze, e Sakura, non troppo
abituata a vedersi così vezzeggiata, pianse di gioia. Sorellina nostra, resta
con noi qualche altro giorno!- piansero le due malvagie, stropicciandosi gli
occhi, allo scadere della settimana. Sakura esitò. Il pensiero della buona
Bestia non l'aveva abbandonata mai, e desiderava ardentemente di rivederla al
più presto; ma davanti agli occhi rossi delle sorelle si commosse e promise di
rimanere per altri otto giorni. Tuttavia non era contenta; ricordava le parole
del povero mostro che l'aspettava ansiosamente, e anche lei contava le ore che
la dividevano da lui.
Una
notte fece un sogno: vide il mostro che, smagrito, consumato dal dolore, si
trascinava penosamente sull'orlo di un ruscello in fondo al giardino, e ogni
tanto invocava piangendo il suo nome. Il castello, prima così luminoso, aveva
tutte le finestre buie e i portoni chiusi e sembrava l'immagine della desolazione.
Si svegliò all'improvviso con il cuore che le batteva forte. ' Sono stata
un'ingrata ' pensò. ' Ho ingannato il mio povero mostro che, invece, ha avuto
tanta fiducia in me. Voglio tornare da lui, e sposarlo. Le mie sorelle sono
infelici, anche se hanno per mariti uomini bellissimi e ricchissimi. Ma io non
ho saputo apprezzare il tesoro che Dio aveva messo sulla mia strada '. Si alzò
e depose l'anello sul tavolino, poi tornò a letto e cadde in un sonno profondo.
Al mattino si svegliò nel castello. Fece una toletta accurata indossando
l'abito più sontuoso e i gioielli più splendenti, poi aspettò con ansia che il
giorno finisse e che il mostro venisse a trovarla come al solito. Ma con sua
grande delusione, non lo vide comparire.
Scoccarono
le nove e un quarto, poi le nove e mezzo, poi le
dieci: ma non si udì il solito rumore nelle stanze interne; la Bestia era
proprio scomparsa! SAkura non toccò cibo, seguendo
con ansia il cammino delle lancette dell'orologio. Quando si persuase che il
mostro, per quella sera, non sarebbe più venuto, non si sentì di aspettare fino
alla sera successiva: voleva rivedere subito la sua cara Bestia! Si alzò da
tavola e incominciò a percorrere il castello da cima a fondo chiamando ad alta
voce; poi tendeva l'orecchio ansiosamente, ma non udiva alcun rumore. Tutte le
ricchezze delle sale sfarzose ora le parevano superflue e odiose; il castello
era orribile senza il povero mostro, che forse era morto per colpa sua,
credendosi dimenticato. A quel pensiero, scoppio in singhiozzi e incominciò a
correre su e giù per le scale, attraversando una sala dopo l'altra e chiamando
con quanta voce aveva; ma le rispondevano soltanto gli echi, sotto le volte
silenziose e deserte. Infine si fermò ricordando il sogno. Nel sogno la Bestia
si trascinava verso la sponda del ruscello in fondo al giardino. Chissà che ...
veloce come il lampo scese lo scalone, attraversò i cortili, fu nel giardino. E
in fondo, vicino al ruscello, abbandonato sotto un albero vide il mostro, che
sembrava proprio morto. Sakura cacciò un urlo: -Bestia! Mia cara Bestia!- Si
gettò in ginocchio a fianco del povero essere che aveva gli occhi chiusi e gli
posò la mano sul cuore, per fortuna batteva ancora. Allora corse al ruscello,
tuffò il fazzoletto nell'acqua fresca e ritornò in fretta; sollevò dolcemente
la testa del mostro e incominciò a bagnargli la fronte e le tempie.
Finalmente
la Bestia socchiuse gli occhi e quando vide Sakura, tentò di sorriderle. - Sakura, quanto mi hai fatto aspettare!-
disse con un filo di voce. -Credevo che non saresti ritornata e non volevo più
vivere. Mi uccideva il dolore di averti perduta per sempre: ma ora che ti vedo
posso morire contento.- Sakura scoppiò in singhiozzi. -No, cara Bestia, non
morire, altrimenti morirò anch'io! Non saprei vivere senza di te!- gridò fra le
lacrime. -Come farò, se tu mi abbandoni? Come potrò vivere, senza la mia cara
Bestia? Guarisci, guarisci in fretta perché io voglio sposarti, e rimanere con
te per sempre!-
Appena
pronunciato queste parole che il castello buoi e squallido si illuminò di una
miriade di stelline d'oro, e si udì una musica trionfale. Sakura si guardò
intorno sbigottita, ma subito tornò con il pensiero alla sua cara Bestia
morente, tese il fazzoletto umido d'acqua per rinfrescare la fronte, ma ... la
Bestia era scomparsa! Sdraiato sotto l'albero, accanto al ruscello, c'era
invece un bellissimo principe sfarzosamente vestito, dai lineamenti perfetti
come quelli di una statua, ma dagli occhi buoni e pieni d'affetto come quelli
del mostro del castello incantato. Egli mise un ginocchio a terra, prese
affettuosamente la mano a Sakura e gliela baciò.- Dov'è, dov'è la mia cara
Bestia?- chiese la fanciulla tutta turbata; e si guardò intorno cercando
ansiosamente l'amato mostro che sembrava scomparso. -La
Bestia sono io- disse il giovane principe con la voce che aveva ancora l'antico
timbro, ma che era diventata più melodiosa, e aggiunse tristemente: - Mi chiamo
Sasuke Uchiha, sono un lontano parente del marito di tua sorella, Madara. Una volta ero un principe buono, bello, ricco e
felice, ma una strega invidiosa mi tolse tutto, meno la bontà, e mi trasformato
nell'orribile mostro che tu hai conosciuto. Sarei rimasto così per sempre, se
non avessi incontrato una creatura di animo tanto elevato da apprezzare
nonostante la mia bruttezza e la mia apparente stupidità. Se questa fanciulla
avesse acconsentito a sposarmi, io sarei stato liberato dall'incantesimo;
perciò ogni sera ti chiedevo se mi avessi voluto per marito, e non mi disperavo
per il tuo diniego, confidando sempre che tu cambiassi idea. Quando te ne sei
andata, ho creduto che non tornassi più, e ho visto crollare le mie speranze,
tanto più che ti amavo appassionatamente. Ma eccoti qui di nuovo. Mi vuoi bene,
e finalmente accetti di essere mia moglie. Sarai anche regina nel mio regno-
Sakura,
udendo la voce tanto amata e vedendo la bontà che sfavillava negli occhi del
suo bellissimo principe, ricominciò a piangere, ma questa volta di gioia. I due
giovani si presero per mano e ritornarono verso il castello fra la pioggia di
stelline multicolori che i fuochi artificiali facevano brillare nel cielo. E nella
grande sala illuminata trovarono riunita tutta la famiglia: il padre di Sakura,
le due sorelle e i loro mariti. C'era anche una bellissima signora con un abito
azzurro tempestato di stelle d'argento. -Una volta, in
sogno, ti ho promesso che la tua bontà sarebbe stata ricompensata- disse la
signora sorridendo a Sakura. -Sarai una potente regina a fianco di un potente
re che alla bellezza e all'intelligenza unisce anche il cuore d'oro che tu hai
saputo apprezzare. In quanto a voi,- continuò rivolta
alle sorelle -che avete invece il cuore duro come la pietra, diventerete
davvero di pietra e, trasformate in statue, assisterete alla felicità di vostra
sorella fino al giorno in cui vi pentirete della vostra cattiveria.-
Immediatamente le due sorelle divennero due statue; poco dopo la fata diede un
colpo della sua bacchetta magica e tutti furono trasportati nel regno del
principe .Il principe sposò Sakura, e i due vissero per lunghi anni felici e
contenti.
Sono tornata con
una nuova avvincente fan fiction! Voi direte che facevo meglio a starmene in pampaciolle davanti al computer a cazzeggiare, ma all’ispirazione
non si può di re di no. L’idea di questa stravagante fan fic
mi è venuta quando la mia prof di francese ci ha portato a teatro a vedere
proprio la bella e la bestia, ma in francese.
Il mio genio mi ha
suggerito di non lasciarmi scappare questa occasione. Spero solo che vi piaccia
e che commenterete in numerosi
A presto!
Genio92