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Autore: Bruna_mars    16/11/2016    0 recensioni
Nonostante siano fondamentali, i consigli alla fine servono a poco, se sei talmente pazzo di qualcuno da non ricordare niente davanti al suo sguardo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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«Beh, si.. ci siamo baciati.»
«Finalmente, Lou, stavamo aspettando nient’altro che questo. Com’è stato? Cavolo, sono troppo contenta per te!» Esclamò Jane, mentre esaltava contenta. La sua amica era stata dietro a Daniel Philips per anni, tanto che più volte lei stessa aveva cercato in qualche modo di far sì che i due uscissero insieme, ma la timidezza dell’amica aveva sempre rovinato ogni suo piano. Daniel però sembrava ricambiare i suoi sguardi durante la lezione ed anche in cortile, quando Louise trascorreva quella mezz’ora al freddo solamente per osservarlo lì, in mezzo alla gente, mentre le cheerleaders facevano di tutto per attirare la sua attenzione e mentre i suoi amici commentavano la recente partita di rugby trasmessa in televisione. Dopo tanto tempo, la piccola Lou era riuscita a parlargli e piano piano avevano cominciato a conoscersi, anche se la timidezza di lei aveva sempre rovinato un po’ le cose. Qualche volta facevano la strada per raggiungere lo scuolabus insieme e Daniel le raccontava gli aneddoti della sua vita e Lou sembrava essere sé stessa. Non raccontava di sé a molte persone, perciò Daniel sembrava piuttosto contendo di questa cosa. Quando poi scendeva in cortile anche lei, dopo averla vista, si faceva spazio tra gli studenti per invitarla a prendere a qualcosa nel bar della scuola. Lei, sorridente più che mai, lo seguiva come un cagnolino che fa le feste al padrone, sotto gli occhi invidiosi delle ragazze cresciute troppo in fretta che da lui si aspettavano un “Danny Zucco prima di Sandy” che le avrebbe portate a letto in quattro e quattr’otto, ma Daniel era un ragazzo sereno e pacato nei modi, perciò riusciva ad essere smaliziato solamente se qualcuno gli piaceva realmente.
«Cavolo Lou, potremmo fare un’uscita a quattro! Io, te, Dani e Lucas, oh cielo, sono contentissima!»
Lou era rossa dalla testa ai piedi e si copriva il volto con le mani: «Sono così imbarazzata, Jane! C’erano tutti!»
Jane era talmente scioccata che la sua bocca era spalancata fino al terreno: «Oddio, Lou, ma allora gli piaci realmente!»
«Sì, ma non so se stiamo insieme…»
Jane cominciò ad osservarla scrupolosamente, mentre il suo entusiasmo si spegneva lentamente. Si passò una mano sui capelli disordinati sul capo e poi girò su se stessa. Quando era nervosa faceva sempre quei piccoli gesti che Lou riconosceva subito. Conosceva la sua amica da sempre ed era davvero nervosa, dato che aveva ripetuto il rituale per ben due volte.
«Non avete DTR?» Domandò perplessa. Lou scosse il capo e sospirò. Jane si sedette sul letto della sua amica con stanchezza e si lasciò cadere all’indietro. Lou si mise nella stessa posizione, ma dall’altra parte, così che le loro teste si scontrassero. Cominciarono a fissare il soffitto.
Jane riprese parola: «Quando avete lezione insieme?»
«Domani, letteratura inglese.»
«Bene. Non puoi chiederglielo tu. Sembreresti troppo appiccicosa.»
«A parte che non ne avrei il coraggio…»
«Ma era un bacio con i fiocchi o con le stelline?»
«Con tutti e due…»
«Caspita, bisogna intervenire allora. Ma devi aspettare che sia lui a fare il primo passo. Non puoi abbassare le frontiere così rapidamente, potrebbe approfittarsene. Non trovi? Sì, che trovi. Bene, pensiamo ad un piano. Hai carta e penna?»
«Carta e penna?» Chiese Lou corrucciando la fronte e voltando lentamente il capo verso quello della sua migliore amica, in modo da non sbattere le teste l’una contro l’altra.
«Certo! Dobbiamo scrivere il piano!»
«Non penso sia una buona idea. Non dovremmo lasciare le cose così come sono?»
«Non vuoi metterti insieme a lui?» Dalle labbra di Jane uscì quasi un urlo, tanto che Lou dovette farle cenno di abbassare la voce, il piccolo Tobias stava dormendo nella stanza accanto.
«Allora, non vuoi?» Chiese sconvolta l’amica.
«Sì, ma credo di dover aspettare che accada qualcosa.»
«Caspiterina, Lou, non capisci nulla! Sì, sono gli uomini a dover fare il primo passo, ma se tu non agisci, quelli non capiscono! Lo sai come sono gli uomini, tutti uguali, tutti stupidi…»
«Ma come, tu dici che Lucas…»
«Lucas non è un uomo, definiamolo “unico essere intelligente dell’altro sesso, va bene?»
Lou scrollò le spalle e cominciò a riflettere. La sua amica aveva più volte tentato di aiutarla, fallendo miseramente. I suoi consigli funzionavano sempre, ma quando entrava in gioco lei con le sue tattiche ed i suoi interventi era la fine per qualunque progetto che qualcuno avesse in mente. Ricordava quella volta che voleva far sì che Daniele e Lou si incontrassero alla macchinetta. Era stata un quarto d’ora abbondante davanti alla macchinetta, proprio davanti al povero Daniel, che era stato costretto ad aspettare un quarto d’ora. Jane aspettava che arrivasse Lou per far incrociare “casualmente” i due, ma c’era fila in bagno, a detta della sua amica, perciò alla fine gli amici di Daniel l’avevano solamente mandata a quel paese perché aveva bloccato la fila per tutta la durata della ricreazione. Louise si domandò da dove fosse giunto il coraggio di far aspettare gli altri così tanto. Lei, per evitare problemi, ogni volta che andava alla macchinetta aveva ben impresso nella mente cosa voleva prendere, in modo tale da andarsene il più veloce possibile. Invece Jane era tutto il contrario. Metteva sempre al centro della sua vita se stessa e spesso Lou la invidiava per questo: non soffriva perché pensava al suo bene e non a quello degli altri che non fossero la sua stressa cerchia di amici e la sua famiglia.
Lou sospirò, mentre la sentiva parlare: «Beh, penso che sia importante darsi una mossa. In classe lancia qualche sguardo, ma non troppo insistente. Devi essere interessata senza essere interessata e serena senza troppa nonchalance. Sono stata chiara?»
Lou scosse la testa. Capire la mentalità della sua amica era proprio complicato.
«Ho capito, lasceremo che sia lui a venirti a parlare.»
 
 
Il giorno dopo, a scuola, Lou era più nervosa che mai. Aveva pensato anche di non andare, perciò aveva perso l’autobus delle sette e trenta ed era quasi arrivata tardi a lezione. La professoressa di scienze l’aveva lasciata entrare perché era una studentessa modello e capitava raramente un’entrata in ritardo. Si sedette al primo banco, stressata e stanca. Sapeva che Jane durante quell’ora aveva educazione civica e si sarebbero viste solamente a pranzo e poi durante l’ora di francese. Quando stava per arrivare l’ora di letteratura inglese aveva cominciato a preoccuparsi. Se fosse arrivata prima? Avrebbe dovuto salutarlo? E se lui era già seduto? Salutarlo e sedersi accanto a lui oppure salutarlo e sedersi il più lontano possibile, oppure non salutarlo e far finta di nulla?
Alla fine i consigli di Jane si erano rivelati inutili. La sua amica sembrava parlare aramaico quando si trattava di ragazzi. Quando suonò la campanella, Lou decise che sarebbe stato molto meno imbarazzante essere già lì quando lui sarebbe giunto in classe con la sua combriccola. Tuttavia, la sorte volle che lui fosse proprio lì davanti alla porta dell’aula. Nel panico, cominciò a rallentare, aspettando che entrasse, ma i suoi amici, vedendola arrivare, erano entrati lasciandolo solo. Daniel le sorrise. Lou rimase scioccata da quanto bello potesse essere un semplice sorriso e da quanto speciale potesse essere per lei quel ragazzo. Ma sentiva il panico crescere in sé.
«Ciao.» Sorrise come un ebete quando il ragazzo le rivolse per primo il saluto.
«Fa caldo oggi, non trovi?» Disse lei. A corto di argomenti. Sconvolta. Esasperata. Scoppiò a ridere, fingendo di aver detto quella frase a caso, poiché fuori c’erano circa quattro gradi.
«Vorrai scherzare, fa un freddo allucinante!» Esclamò divertito Daniel.
«Già…» Prima che lui potesse aggiungere qualcos’altro, Lou domandò: «E’ nuova la felpa?»
Con uno sguardo interrogativo, lui chinò lo sguardo sulla felpa che stava indossando e quasi scoppiò a ridere quando convenne con lei che l’aveva da circa un anno e che la indossava spesso poiché era una delle sue preferite. Avendo fatto una figuraccia colossale, a riempire quel profondo silenzio c’era un leggero accenno a ciò che era accaduto il giorno prima: «Lou, volevo parlarti di ieri… sai, io..»
«Non pensate che sia ora di entrare in classe?» Domandò il professore, spuntando dal nulla. Lou fece un piccolo sorriso intimidito ed entrò nella stanza, seguito da Daniel. Lei si sedette accanto a Sophie, una delle sue compagne di corso con cui aveva legato di più. Era una chiacchierona e spesso e volentieri pranzava con lei e con Jane. Più volte, durante la lezione, Daniel si girò ad osservarla, china sui suoi appunti di Shakespeare, l’autore che più apprezzava. La trovava così dolce, timida e serena che ogni volta che la vedeva provava un forte desiderio di abbracciarla. Lei aveva incontrato il suo sguardo solamente due volte, ma aveva abbassato gli occhi nascondendo un sorriso inebetito. Daniel era carino e gentile con lei, davvero il ragazzo perfetto.
«Signor Smith, mi sa dire che cosa ci fa girato verso il terzo banco? Per caso non le garba Shakespeare?»
Daniel, giratosi un’ultima volta verso Lou, aveva risposto al professore così: «Diciamo che mi garbano di più altre cose.»
«Beh, veda di farselo piacere, perché la prossima volta, come ben sapete, abbiamo il test. E mi raccomando, sono più di tre settimane che siamo su Shakespeare. Non fatemi brutte sorprese.»
Jacob, il compagno di banco di Daniel, gli disse qualcosa e ridacchiarono insieme. Poi Daniel si voltò e rivolse alla compagna di classe un lungo e dolce sorriso.
 
 
Alla fine della lezione, Lou piombò fuori dall’aula per cercare Jane. La trovò nella mensa vicino al suo Romeo, mentre si scambiavano effusioni in pubblico. Dopo circa dieci minuti di attesa, riuscì a scambiare quattro parole con la sua amica.
«Mi ha sorriso! Durante tutta la lezione!» Esclamò Louise mentre facevano la fila per il pranzo. L’amica, contenta, aggiunse: «Se hai ammesso anche tu che un ragazzo ti stava sorridendo vuol dire che deve averlo fatto più volte. Tu solitamente non ti accorgi mai di nulla.»
«Cosa devo fare?»
«Tesoro, è ovvio. Ha per caso cercato di affrontare l’argomento “giornata ieri”?»
«Sì, prima della lezione.»
«E?» Domandò speranzosa.
«Niente, è arrivato il professor Adams.»
«Bene, ora fatti vedere e notare. Ma non troppo.»
«Vado a prendere un tavolo, amore?» Domandò Lucas, che aveva appena finito di servirsi. Dopo avergli lasciato un languido bacio, Jane annuì. Messasi un po’ di purea nel piatto, aveva cominciato ad analizzare il materiale: «Il prossimo passo sta nel farsi notare. Passagli vicino, non so, fa qualcosa che attiri la sua attenzione!»
Dopo aver preso i due vassoi, le ragazze si voltarono ed un ragazzo andò a sbattere contro Lou. Il contenuto della bevanda, probabilmente coca cola, si era versato in parte a terra ed in parte sul maglione di Louise.
«Oddio, scusami!» Chiese scusa il ragazzino, evidentemente più piccolo di lei.
«Fa niente, dovevo fare attenzione anche io…» Disse Lou, anche se dal tono sembrava stanca di quella continua sfortuna che si abbatteva su di lei.
«Scusami? Sai quanto ho pagato questo maglione per regalarglielo a Natale? Non lo vengo di certo a dire a te! Vieni, tesoro, andiamo a cambiarci. Ho una maglietta nello zaino.»
Ma bastò quella gocciolina di Coca cola sul pavimento per far scivolare fragorosamente Lou, che cadde a terra rovinosamente. Mentre attorno a lei si creava un leggera risata, che si espanse per tutta la mensa, la sua migliore amica la prendeva per il braccio e la portava con sé. Per un secondo Lou incontrò lo sguardo di Daniel, ma fece finta di niente. Si stava per mettere a piangere, poiché la giornata era iniziata male e sarebbe finita male.
«Quando ti ho detto “attira la sua attenzione”, non intendevo “cadi a terra”!» Ci scherzò su l’amica, ma Lou aveva un muso lungo fino al pavimento. Che peggiorò quando nell’aula vuota entrò anche Daniel.
«Posso?»
«Oh, ciao. In realtà Lou si deve cambiare.» Disse Jane.
«Questione di un minuto. Le devo solo dire una cosa.»
Louise, girata verso la finestra si asciugò il bagnato sulle guance e annuì verso l’amica. Nella stanza erano rimasti solamente loro due ed una voglia irrefrenabile di sparire. Daniel si sedette su una sedia e le fece cenno di avvicinarsi. Timorosa, si sedette accanto a lui e cominciò a fissare la cattedra.
«Sai, ieri sera mi sono preparato tutto un discorso per oggi, ma la realtà è che non mi ricordo nulla e che leggerlo sarebbe troppo scontato…» Disse imbarazzato. Davanti a quella piccola dichiarazione, Lou sorrise incoscientemente, osservando i loro piedi sfiorarsi.
«Sai, praticamente mi hai mandato in pappa il cervello. Sei bella. Bella e inconsapevole e ciò ti rende ancora più speciale. Sei umile e gentile e sorridi come una bambina, come se ciò che accade ti possa far gioire realmente. I sorrisi degli altri sono diversi. Tu sei diversa da tutti. Forse per questo ieri ho fatto quello che ho fatto.»
Lou sentiva il cuore battere a mille, mentre riusciva a sentire accanto a loro mille fuochi d’artificio. Non le importava la maglietta bagnata di coca cola, il rumore proveniente dai corridoi, la caduta terribile e la scenata in mensa, le lacrime, i sorrisi, gli sguardi, il cuore, erano tutte quelle cosa che importavano a fondo e seriamente. Louise incontrò lo sguardo di Daniel dopo quelle grandi parole che si erano fatte spazio nel cuore di Lou.
«Sì!» Esclamò lei.
«Sì cosa?»
Lei arrossì violentemente. La sua mente aveva cominciato a viaggiare troppo.
Lui le portò una mano sul capo e le accarezzò i capelli: «Sei speciale, ma sei anche un po’ strana.»
Poi si alzò in piedi e raggiunse la porta. Si voltò di nuovo e si avvicinò alla ragazza. Le sussurrò all’orecchio: «Comunque sì, ti passo a prendere alle quattro.»
  
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