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Autore: SilviAngel    16/11/2016    3 recensioni
Dal testo:
L’intera pagina era occupata da una sola grande fotografia che ritraeva in primo piano il viso sorridente e scanzonato di Stiles.
Era impossibile per il licantropo non soffermarsi sulle sfumature dei suoi occhi o sul naso che in modo così infantile e femminile volgeva all’insù e neppure era semplice non sorridere di rimando a quelle labbra arricciate verso l’alto, anche se solo da un lato.
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Piccola storiella che prende spunto da alcune foto vere di Dylan O’Brien trovate per il web… purtroppo la foto che causerà le conseguenze più hot è di mera fantasia.
Possibile Derek un po’ OOC.

Buona lettura

Photobook

Derek era sempre più nervoso e frustrato.
Da quando era tornato a Beacon Hills – dopo mesi di assenza e aver accompagnato Cora dal branco con cui era cresciuta – sembrava che nulla andasse per il verso giusto.
Lo zio era più enigmatico e fuori di testa del solito, Scott – con la sua vocazione da anima candida – lo stava facendo uscire di testa e, come se non bastasse, aveva tra i piedi anche Ethan e Aiden, rimasti dall’oggi al domani senza branco e senza leader.
Se poi a tutto questo si aggiungeva il fatto che il suo loft veniva costantemente e giornalmente invaso da una masnada di liceali, era facile comprendere il perché del pessimo umore del rampollo di casa Hale.
 
Quel giorno, appena terminate le lezioni, Scott aveva indetto una riunione di emergenza – l’ennesima stranezza era accaduta in città – proprio presso l’abitazione del mannaro oramai tornato beta, senza disturbarsi neppure di chiedere il permesso o informarlo prima delle sue intenzioni.
Non appena Derek sentì il rombo di due motociclette in avvicinamento, gli occhi corsero al soffitto, quando poi ad essi si unì anche il rumore del motore sgangherato della Jeep, il moro seppe che, per quella giornata, la quiete era oramai finita.
Purtroppo, come i numerosi pomeriggi precedenti, anche quello si risolse in un nulla di fatto e quando la sopportazione del padrone di casa giunse al termine, con un ringhiò sufficientemente pauroso, costrinse tutti a togliersi rapidamente dalle scatole.
Derek sospirò di sollievo nel vedere Scott, Kira, Lydia e i gemelli dirigersi verso la grande porta in metallo, venendo però distratto da un piccolo tonfo susseguito dal chiaro rumore di oggetti rovesciati.
“Per la miseria” inveì contro il nulla Stiles, rimettendosi in piedi e raccogliendo alla rinfusa quanto era fuoriuscito dal suo zaino, scapicollandosi poi fuori dal loft a passo svelto per raggiungere gli amici. 
Derek si domandava sempre più spesso come quel ragazzino impacciato e privo di qualunque forma di coordinazione potesse essere ancora vivo, senza trovare degna risposa se non nella fortuna sfacciata di questo.
 
Sorridendo tra sé e sé su quanto il figlio dello sceriffo riuscisse a essere, al contempo, maldestro e geniale, Derek si lasciò alle spalle la grande stanza che tutti conoscevano, per entrare nella parte dell’appartamento della cui esistenza – fortunatamente – nessuno era invece al corrente e che comprendeva, in fin dei conti, solo una camera da letto e una modesta ma curata cucina.
Nel muovere i passi necessari per tornare al punto di partenza, dopo aver convenuto fosse necessario uscire per procacciarsi un poco di cibo per la cena, il piede del mannaro urtò qualcosa sul pavimento e, abbassando il capo, vide un grosso e corposo raccoglitore.
Piegatosi sulle ginocchia per raccoglierlo, suppose fosse scivolato fuori dallo zaino di Stiles e che questo, nella fretta di andarsene, lo avesse dimenticato.
Rigirandoselo tra le mani, Derek si accorse immediatamente che non aveva nulla a che vedere con un classico quadernone ad anelli, anche perché era più che sicuro che la quasi totalità del materiale scolastico di Stiles fosse marchiato Marvel.
Ciò che aveva invece preso da terra era completamente nero, in simil pelle e un cartoncino con su scritto il cognome del ragazzo faceva mostra di sé nella finestrella trasparente posta sul dorso.
Vinto dalla curiosità, Derek sollevò la spessa copertina scura e ciò che vide lo lasciò senza parole.
 
L’intera pagina era occupata da una sola grande fotografia che ritraeva in primo piano il viso sorridente e scanzonato di Stiles.
Era impossibile per il licantropo non soffermarsi sulle sfumature dei suoi occhi o sul naso che in modo così infantile e femminile volgeva all’insù e neppure era semplice non sorridere di rimando a quelle labbra arricciate verso l’alto, anche se solo da un lato.
Il mannaro, senza staccare gli occhi da quella immagine, quasi alla cieca, camminò fino al divano posto accanto alla grande vetrata e, lasciandosi cadere sui logori ma ancora comodi cuscini, si preparò a voltare pagina.
 
Se il viso di Stiles aveva lasciato meravigliato il lupo, la seconda fotografia in cui si imbatté lo ridusse, indubbiamente, senza fiato.
L’immagine era in bianco e nero e ritraeva il liceale appoggiato a un’auto, con le caviglie accavallate e il capo piegato in avanti, quasi volesse nascondersi all’obiettivo. L’abbigliamento elegante, così diverso da quanto Derek era abituato a vedergli indossare, ne disegnava il corpo a meraviglia. I pantaloni dal taglio classico e aderenti lungo le cosce strinsero il fondo della gola del licantropo e simile conseguenza ebbero anche la camicia e il gilet sbottonato.
Un’altra pagina venne girata e un altro frammento di Stiles si delineò davanti agli occhi affamati di Derek.
Ora il figlio dello sceriffo era seduto a terra in jeans e camicia a quadri, una mano tra i capelli e guardava dritto nella fotocamera. Il lupo era incapace di allontanare lo sguardo da quello che oramai aveva intuito essere un photobook – anche se ancora ignorava il perché Stiles ne avesse uno – e, bisognoso di vedere altro, voltò una nuova pagina.
 
La temperatura del loft stava inspiegabilmente e lentamente salendo, iniziò a pensare il mannaro, non appena i suoi occhi osservarono nel dettaglio l’ennesima fotografia.
Stiles aveva indosso solo una semplice maglietta bianca ed era appoggiato a un vecchio distributore di bibite, ma ciò che rendeva il contesto più sporco e i pantaloni di Derek un pizzico più stretti erano le macchie nere di grasso che risaltavano tanto sul tessuto chiaro della t-shirt quando sulla pelle candida del ragazzo.
Girando rapido la pagina – troppo forti erano gli effetti sulla sua immaginazione causati da quell’ultima immagine – Derek mugolò di frustrazione. Una foto simile alla prima, solo la posa era un poco differente, occupava tutto lo spazio disponibile e così fu anche per le successive tre pagine.
Il mannaro non si rese immediatamente conto di essersi leccato più e più volte le labbra e neppure si avvide della bramosia con la quale stava memorizzando tutti i dettagli di quel viso così conosciuto e ignoto al tempo stesso.
Attenta e meticolosa era la cura che metteva nell’assimilare i particolari del corpo del liceale che si era irrobustito parecchio, divenendo giorno dopo giorno più attraente e che ora era lì, senza magliette informi o gigantesche felpe a nasconderlo.
 
Derek era convinto che il peggio fosse oramai passato quando, volgendo una pagina ancora, si scontrò con un primo piano relativamente innocuo, scattato probabilmente all’insaputa del ragazzo: Stiles era di profilo e rideva, con gli occhi stretti, quasi imbarazzato.
Tirando un profondo sospiro di sollievo, il moro con leggerezza sollevò l’angolo scuro del cartoncino portandolo da destra a sinistra e decretando, inconsapevolmente, la propria lenta dipartita.
 
Stiles era appoggiato a quella che sembrava essere la parete delle docce di uno spogliatoio e indossava una t-shirt dall’indecente scollo a V e un paio di jeans scuri.
I capelli erano più corti di quelli che aveva visto nei giorni precedenti e l’espressione era seria, quasi scura e pensierosa.
Non era il luogo o l’abbigliamento ad aver reso ancora più arida la bocca del lupo, ma il fatto che l’interò corpo di Stiles grondasse acqua che, silenziosa, scendeva dall’altro. La maglietta e i pantaloni aderivano ai suoi muscoli come una seconda pelle, non lasciando nulla all’immaginazione.
Con uno scatto, come se avesse sentito che o agiva in quell’attimo o non lo avrebbe fatto mai più, Derek chiuse il raccoglitore, serrando gli occhi e respirando rapido.
Una, due, tre volte incamerò aria, fino a quando l’immagine di uno Stiles bagnato e sexy non divenne almeno un pizzico meno nitida.
Quando riaprì gli occhi, decise fosse necessario occupare la mente e il corpo in qualche attività profondamente sfiancante. Alzatosi quindi dal divano, lasciò sul cuscino il book fotografico e uscì dal loft, dirigendosi verso il bosco.
 
Corse a perdifiato.
Corse fino a quando non sentì i polmoni bruciare e le gambe stanche.
Corse fino a quando la sera non scese del tutto, lasciandolo nel buio immobile e silenzioso della boscaglia.
Cercando di alleggerire membra e cervello, si portò al limitare del bosco, sbucando accanto alla zona commerciale di Beacon Hills, aveva pur sempre bisogno di fare la spesa.
Alla fine limitò di molto i propri acquisti e dopo una veloce cena fredda a base di insalata di pollo e frutta, pur di non pensare a nulla decise che avrebbe acceso la TV.
Seduto in un angolo del divano, Derek continuava ad andare avanti e indietro con i canali senza trovare qualcosa in grado di carpire la sua attenzione, forse anche perché i suoi occhi e non solo volgevano ogni manciata di secondi a ciò che era stato dimenticato ore prima al centro del cuscino lì accanto: il raccoglitore di Stiles.
 
Alla fine, iniziò a dire a se stesso, che male avrebbe poi potuto causargli continuare a sfogliare quelle immagini?
Spegnendo così la televisione, Derek gettò sul sofà il telecomando e infilandosi sotto braccio il book, spense le luci della stanza principale e, attraversando il buco nella parete, se ne andò in camera.
Con addosso solo un comodo e morbido paio di pantaloni di cotone, il mannaro stese a letto e, accesa la piccola lampada sul comodino, andò alla ricerca dell’ultima immagine vista nel pomeriggio.
 
Tornò così ad osservare Stiles, completamente bagnato e appoggiato a una fredda parete color crema, convincendosi a forza a girare il foglio.
Come già accaduto nel pomeriggio, si avvide che quello di prima non era l’unico scatto con la medesima ambientazione. Si susseguirono infatti davanti allo sguardo di Derek numerose immagini di quel dannato spogliatoio, dove il figlio dello sceriffo metteva in mostra una sensualità che Derek pensava non avesse. Andando oltre, giunse alla fotografia che spinse il lupo a chiudere gli occhi, anche se solo per un attimo.
Stiles non osservava dritto in camera e con il pollice agganciato al bordo dei jeans, li abbassava di quanto sufficiente a scoprire una piccola e accattivante porzione dell’addome.
Derek deglutì vistosamente mentre la situazione nei suoi pantaloni andava complicandosi sempre più.
Si trovava in una condizione assurda. Il licantropo sapeva che, se non si fosse fermato immediatamente, di certo la sua notte sarebbe stata costellata di immagini e sogni con il ragazzino come protagonista, ma anche di fronte a tale consapevolezza, Derek sospirò, voltando una nuova pagina.
 
Fortunatamente la sequenza sotto la doccia era terminata.
Se l’immagine di prima aveva inequivocabilmente creato scompiglio ai suoi più bassi istinti, la nuova fotografia, lo fece sorridere di fronte all’ingenuità e alla dolcezza che lasciava trasparire. Era nuovamente un primo piano o quasi e Stiles teneva tra le braccia e accanto al viso un cucciolo di cane.
Il mannaro si domandò chi fosse il più dolce tra i due e non appena tale pensiero prese forma nella sua mente, si diede della femminuccia, sbattendo più e più volte la fronte sul raccoglitore.
Quel ragazzino l’avrebbe mandato in manicomio.
Stiles era un tale mix di elementi contrastanti e forti tutti alla stessa maniera da delineare un quadro sconcertante.
Era sexy. Era divertente. Era tenero.
Era troppe cose tutte insieme e Derek non era in grado di capire come questo lo facesse sentire.
 
Una pagina ancora venne voltata.
 
La dolcezza era nuovamente sparita, cedendo terreno a quanto di più peccaminoso Derek avesse mai visto.
Stiles era praticamente nudo. Perché, davvero, ciò che ricopriva alcune parti del suo corpo non si poteva di certo definire abito.
L’inguine era coperto dal paio di pantaloncini più corti e a vita bassa che potesse immaginare. Erano lucidi – forse paillettes – e di color arancione scuro così come un improbabile papillon, in contrasto con polsini e cavigliere di pelliccia decisamente tendenti al marrone o forse al nero. Derek davvero non comprese la ragione di tutto fino a quando non cercò di osservare Stiles nel suo insieme.
Solo allora si accorse di altri due elementi. Dai capelli del liceale spuntavano due lunghe orecchie rossicce e mentre una mano era spalancata al centro del petto, l’altra stringeva e portava in avanti quella che non poteva che essere una lunga e folta coda dalla estremità bianca come la neve.
Stiles indossava un indecente costume da volpe.
Oramai la ragione di Derek aveva preso il largo e quindi il mannaro si concesse di indugiare in modo meticoloso su ogni particolare di quella fotografia.
I suoi occhi si soffermarono sulla distesa di pelle bianca, scivolando senza remore lungo il petto e gli addominali accennati per arrivare al bacino coperto da quel costume striminzito che avvolgeva e delineava alla perfezione i genitali di Stiles.
Derek era eccitato, fottutamente eccitato e, per la prima volta da quando aveva preso in mano quel dannato photobook, si sentì in colpa e imbarazzato da quanto velocemente il suo corpo avesse reagito alla bellezza del giovane ragazzo ritratto in quelle foto.
 
Il lupo voleva vedere, voleva godere direttamente di quel fascino, di quella dolcezza, di quella bellezza che aveva potuto assaporare attraverso le fotografie e, gettando accanto a sé il raccoglitore, si domandò cosa avrebbe potuto fare.
Avrebbe potuto parlare con lui, ma di certo lo avrebbe messo in imbarazzo e Stiles se la sarebbe data a gambe levate.
Avrebbe potuto metterlo spalle al muro e baciarlo come se ne valesse delle loro vite, ma così non avrebbe potuto capire se ci fosse interesse dall’altra parte. Alla fine il liceale aveva accantonato la sua cotta per la banshee tempo prima e la storia con Malia era finita in un modo talmente assurdo da far sperare che, forse, nessuna delle due fosse giusta per lui.
Derek non sapeva che fare, o meglio, sapeva cosa avrebbe fatto nell’immediato – avrebbe infilato la mano nei pantaloni e si sarebbe regalato il più appagante cinque contro uno da un bel pezzo a quella parte – non di certo come avrebbe potuto ovviare al desiderio che aveva di Stiles.
 
Intanto, dall’altra parte di Beacon Hills, un giovane uomo stava cercando di non cedere a un attacco di panico per la consapevolezza di aver perso quel dannato photobook.
Aveva frugato nello zaino.
Aveva rovistato in ogni angolo della Jeep.
Aveva messo a soqquadro l’armadio, come ultima spiaggia, perché era più che certo di averlo avuto con sé quella mattina.
Quel pericolosissimo – almeno per la sua reputazione – raccoglitore non era da nessuna parte e, per questo motivo, lasciandosi scivolare sul pavimento con la schiena appoggiata al bordo del materasso, provò a telefonare al suo migliore amico.
“Ehi, Scott, ciao” esordì, forse con troppo entusiasmo, il figlio dello sceriffo. 
“Ehi, bro! Che ti serve?”
“Ecco, senti, non è che per caso oggi all’uscita da scuola, per sbaglio, ho infilato un grosso album nero nel tuo zaino?” chiese con un piccolo barlume di speranza.
“Un album nero? Non credo ma aspetta un attimo che controllo”
Scott armeggiò con il contenuto della sua cartella, tornando pochi attimi dopo al telefono.
“Mi spiace, ma non c’è nulla che non sia mio. Che cosa ti sei perso?”
“Un grosso album nero?” ripeté cinico e con voce tesa il figlio dello sceriffo.
“Stiles, che ti prende?” chiese preoccupato l’alpha, conoscendolo alla perfezione.
“Oh, per la miseria! Prometti di non ridere?”
“Lo sai che è una promessa che non ci facciamo mai l’un l’altro. Forza, spara”
“Ti ricordi quell’uomo che ho conosciuto al Jungle mesi e mesi fa?”
“Ti ricordi che non hai mai voluto che ti accompagnassi in quel locale?” lo prese in giro Scott.
“Amico, così non mi aiuti” gemette Stiles sconsolato.
“Scherzavo. Sì, ricordo mi avessi parlato di un amico di Danny, un fotografo, se non sbaglio”
“Proprio lui. Sai, una parola qui, una parola lì, mi ha proposto di posare per lui” confessò alla fine l’umano.
“Oh per la miseria, Stiles! Dimmi che non si è approfittato di te” la voce spaventata di Scott quasi gli spaccò un timpano.
“Certo che no, non sono una damina. Comunque tanto ha detto che mi ha convinto e sono andato un paio di volte nel suo atelier e mi ha fatto alcuni scatti. Scatti che erano raccolti in un grosso album nero che potrebbe minare la mia immagine se finisse nelle mani sbagliate”
“E perché? Se hai accettato di fare quelle foto e quel tipo le ha stampate e raccolte non devono essere proprio malaccio, quindi…”
“Lo so, però mi scoccia l’idea che qualcuno possa vederle senza che io lo sappia. Inoltre, alcune erano un po’, diciamo, eccesive”
“Eccessive? Dimmi che eri vestito, ti prego”
“Posso dirti che non ero completamente nudo”
Dopo qualche attimo di silenzio, Scott si lasciò andare a un sequela di parolacce e quando Stiles ne domandò il motivo, il mannaro pose la domanda peggiore che l’altro avrebbe potuto udire.
“Nel pomeriggio, prima che ci separassimo, mi hai raccontato di aver rovesciato lo zaino nel loft di Derek. Non è che potrebbe essere lì?”
Il figlio dello sceriffo rimase muto.
“Stiles, sei ancora lì?”
“Merda” sbottò il ragazzo “Merda, merda, merda” ripeté ancora, incapace di smettere, mentre attraverso il cellulare Scott sentiva in sottofondo una serie di rumori strani e infine una porta che sbatteva.
“Che stai combinando?” chiese il mannaro.
“Devo recuperarlo. Io devo-”
“Calmati. Non sappiamo se sia davvero a casa di Derek. Ora cerca di respirare e pensiamo a cosa sia meglio fare”
 
Scott ipotizzò, considerando il malumore dell’altro e la poca attenzione che di solito rivolgeva loro, che ci fosse la possibilità che, pur avendo trovato il photobook, Derek non lo avesse neppure aperto.
Presentarsi a tarda sera al suo appartamento, secondo l’alpha, avrebbe potuto generare nel lupo una curiosità forse inesistente fino a quel momento e quindi essere un gesto avventato e controproducente.
Alla fine i due compari convennero che la cosa migliore da fare fosse attendere, anche perché ben presto sarebbero tornati nel loft e Stiles avrebbe chiesto informazioni al lupo senza mostrarsi eccessivamente ansioso.
Il figlio dello sceriffo non era completamente convinto di questo piano, ma la remota possibilità di peggiorare la situazione agendo d’impulso, lo spinse ad accogliere a braccia aperte l’idea di Scott e, con animo un poco più sereno, la conversazione terminò.
 
Il respiro si era fatto corto e il petto si alzava e si abbassava rapido.
La mano ancora infilata sotto i calzoni e dentro ai boxer, le dita allentate ma ancora unite nel circondare il proprio membro finalmente appagato.
Derek non si era sbagliato.
Non appena aveva stretto la propria erezione e aveva iniziato un saliscendi rude e per nulla paziente, con gli occhi chiusi, la mente non aveva fatto altro che presentargli immagini e immagini Stiles.
Quasi nell’immediato, alle semplici fotografie viste poco prima si erano sostituite fantasie ben più complesse senza che però il protagonista mutasse.
Quell’ultima fotografia – Stiles vestito da volpe – e l’immaginare il ragazzo gattonare lento verso di lui erano state le ultime gocce per un vaso già troppo colmo.
Il mannaro aveva stretto ancora di più le proprie dita sulla carne umida e tesa, aveva ringhiato, aveva strappato con gli artigli della mano libera le lenzuola al centro del letto e poi, spossato e leggero, tutto si era irrimediabilmente chetato.
Con gli occhi ancora chiusi, concentrato sul riprendere il controllo pieno del proprio corpo e della propria mente, Derek decise che avrebbe fatto qualcosa.
Conoscendosi, sapeva di non potersi limitare a piacevoli – ma frustranti al tempo stesso – sessioni di solitaria.
Dopo essersi quindi concesso una rapida doccia, il mannaro tornò nella propria camera e, prima di stendersi nuovamente a letto, recuperò da una piccola scrivania posta accanto alla finestra il suo laptop.
Era tempo di un po’ di shopping online.
Non era stato facile trovare ciò che Derek aveva in mente, ma alla fine Amazon era una sorta di immenso pozzo senza fondo e, cercando con attenzione, era riuscito a recuperare ciò che andava cercando e la spedizione in un solo giorno fece il resto.
 
Il giorno successivo, dopo aver in fretta e furia congedato il corriere, il licantropo rimase in attesa. Sapeva che a breve il branco sarebbe, come al solito, giunto ad invadergli casa.
Purtroppo non avvenne quanto da lui sperato.
Il sopraggiungere dell’imbrunire trovò il padrone di casa ancora seduto sul divano con accanto a se una scatola rossa con appoggiato sopra il famoso photobook.
Con uno scatto di evidente disappunto, recuperò dalla tasca dei pantaloni il proprio cellulare e inoltrando una chiamata aspettò che Scott rispondesse.
“È successo qualcosa?” domandò senza saluti o convenevoli di sorta.
“Ciao. No, non è successo nulla. Perché?”
“Non siete venuti”
“Scusa, non capisco” ammise il giovane lupo, mentre rovistava nel frigorifero alla ricerca di qualcosa di appetitoso per la cena.
“Non siete passati a rompermi le scatole questo pomeriggio. Ho quindi pensato che fosse successo qualcosa”
“Ah, no. Tranquillo!” lo interruppe Scott “In realtà non è successo assolutamente niente e quindi, considerando che eravamo carichi di compiti, abbiamo deciso di tornarcene ciascuno a casa propria, anche se penso che Stiles e Lydia siano ancora in biblioteca, dato che avevano una tesina da terminare”
Informazioni gratuite e non richieste.
Perfetto!
Derek le adorò immensamente e con un grugnito e nulla più terminò la telefonata.
Il beta rifletté per alcuni attimi sul da farsi, alzandosi poi all’improvviso, agguantò quanto ore prima aveva collocato accanto a sé sul sofà e, recuperate le chiavi della macchina, uscì dal loft.
Riuscì magnificamente nell’impresa che si era prefissato e, una volta tornato a casa, ghignò al riflesso trasparente che gli restituiva la grande vetrata.
Ora non rimaneva che attendere che la sua piccola volpe cadesse in trappola.
 
Stiles tornò a casa stanco ma contento. Grazie all’aiuto della banshee, la ricerca era stata finalmente portata a termine e aveva di fronte a sé una intera serata da dedicare ai videogames o a gironzolare senza metà per il web.
Quando mise piede nella sua camera gettò, come suo solito, lo zaino a terra e solo in un secondo momento, accese la luce.
Occorsero alcuni minuti prima che Stiles volgesse lo sguardo verso il letto e notasse ciò che non avrebbe dovuto trovarsi lì.
Al centro del letto c’era una scatola rossa e lucida e, appoggiato sopra, il raccoglitore che aveva cercato come un disperato il giorno precedente.
La lingua del liceale era incollata al palato e il panico iniziava ad avvolgere i suoi pensieri.
Purtroppo solo due erano le possibilità: o qualcuno aveva effettuato quell’assurda consegna mentre suo padre era ancora in casa, oppure qualcuno era entrato dalla finestra e aveva lasciato i due oggetti.
Con dita tremanti cercò nella rubrica del cellulare il numero dello sceriffo e, quando questi rispose, domandò con apprensione delucidazioni.
Purtroppo nessuno era passato da casa quel pomeriggio, il ché portava Stiles all’unica altra possibilità.
Aveva oramai accettato a malincuore l’elevata probabilità che il book fosse stato dimenticato nel loft di Derek e, di conseguenza, chi, se non lo stesso mannaro, avrebbe potuto intrufolarsi in camera sua e lasciarlo lì?
Chiudendo per un secondo gli occhi, Stiles capì che non poteva cambiare quanto accaduto e che l’unica cosa da fare fosse sincerarsi da un lato, che l’album fosse completo e, dall’altro, cosa mai contenesse la scatola.
 
Dopo aver sfogliato anche se in fretta le varie pagine e aver convenuto che, andando a memoria, non mancasse nulla, perchè di certo non voleva trovare la città tappezzata con le sue fotografie, affrontò l’oggetto sconosciuto.
Sollevò con lentezza estenuante il coperchio e si imbatté in una velina nera che venne, al contrario, con foga e velocità tolta e gettata a terra.
Stiles spalancò gli occhi di fronte al contenuto della scatola o almeno lo fece quando ebbe compreso cosa avesse precisamente davanti a sé.
All’inizio vide solo pelliccia e lustrini, ma quando, con coraggio, allungò una mano e prese un lembo di stoffa tirandolo poi verso l’altro, capì.
 
Sistemò accanto a sé, sulle coperte, ogni pezzo e alla fine si ritrovò ad osservare un costume da volpe simile a quello utilizzato in una delle fotografie che gli erano state scattate. L’unica differenza, a voler essere pignoli, consisteva nell’assenza del papillon qui sostituito da un paio di bretelle arancioni.
Ogni dubbio sul fatto che Derek potesse avere o non avere aperto il book era magicamente e tragicamente evaporato all’istante.
Accarezzando la folta coda sintetica, Stiles gemette di rabbia e imbarazzo. Come avrebbe potuto, d’ora in poi, guardare in faccia il mannaro?
Tra tutti quanti proprio con lui aveva dovuto fare la figura del… del… non sapeva neppure che termine usare, dannazione.
Derek gli piaceva e anche tanto, a volerla dire tutta.
Quando il mannaro era tornato, Stiles aveva assaporato per la prima volta dopo tanto tempo, un sollievo e un pizzico di felicità che non conosceva più. Pur consapevole che l’altro a malapena sopportasse la sua presenza, si era sentito profondamente felice all’idea di poter, di nuovo e ancora, passare del tempo con lui.
Tornando al presente, il figlio dello sceriffo era in una girandola emotiva.
Era imbarazzato, preoccupato, terrorizzato a morte da quanto sarebbe accaduto e, per questo, non si accorse immediatamente dello squillo del telefono.
La suoneria era ripartita per la terza volta quando finalmente Stiles scorse l’indice sull’icona verde, senza neppure fare caso a chi lo stesse chiamando.
“Ciao” la voce di Derek giunse al liceale più leggera del solito e quasi divertita.
“Cosa vuoi?” chiese con paura e rabbia Stiles.
“Trovato il mio regalo?”
“Derek, taglia corto, cosa vuoi?”
“Cosa voglio?” il lupo cercò di frenare la sua lingua, impedendole di fatto di dire esattamente cosa avrebbe desiderato “Ho fatto alcune foto al contenuto del tuo album”
“Vedo che vai dritto al punto. Ricatto, quindi, bene! Allora ti ripeto la domanda: cosa vuoi da me per evitare che tu le faccia vedere in giro?”
“Ricatto? No, io non…”
Derek era rimasto completamente basito di fronte alle parole del ragazzo. La sua ultima intenzione era che qualcun altro potesse godere della vista di quelle foto.
“Allora cosa vuoi? Prendermi in giro? Ridere di me? Ridere del povero sciocco e patetico Stiles?”
Il figlio dello sceriffo sbottò con voce tesa, non potendo però evitare di tirare sonoramente su con il naso.
“Non dirmi che stai piangendo”
“Smettila” e un pieno e profondo singhiozzo riempì l’udito di Derek che senza riflettere, chiuse la conversazione.
 
Stiles sentì solo silenzio provenire dal telefono e, allontanandolo dal viso, notò che la chiamata era stata interrotta.
Abbandonato il cellulare sul letto e scaraventato la scatola e il suo contenuto a terra, il liceale si arrese a quel groppo che gli stringeva la gola e non ostacolò le lacrime che grandi e rapide scivolarono già lungo le guance.
Solo quando udì un tonfò secco e breve, alzò gli occhi e, non appena si scontrò con la figura di Derek che respirava rapido per la corsa appena fatta, cercò di nascondere le tracce del pianto, asciugandosi veloce il viso con i polsini della felpa.
“Cosa ci fai qui? Vuoi prenderti il piacere di vedere di persona come mi sono ridotto?”
“Sono belle”
Il figlio dello sceriffo aprì la bocca, non sapendo però bene cosa dire e per questo fu il licantropo a riprendere la parola.
“Le fotografie sono belle. Non volevo e non voglio prenderti in giro”
“Ma davvero? E quello?” la voce stridente raschiava la gola del giovane umano mentre con il braccio teso e l’indice puntato indicava il costume sparpagliato sul pavimento della camera.
“Non è stato facile trovarlo, sai? Ma dovevo. Non riesco a pensare ad altro. Da quando ho visto quella foto, non riesco davvero a pensare ad altro”
“Quella foto?” domandò incredulo Stiles, mentre attimo dopo attimo sentiva una strana e confortante calma avvolgerlo piano piano.
“È stato così imbarazzante” il padrone di casa rise, continuando a parlare “Be’, più imbarazzante che con le altre, a voler essere sincero”
“Perché dici così?”
“Le hai viste, no? Mi trattava come se fossi un modello. Era assurdo”
“Non penso lo sia. A me sembra che tu te la sia cavata alla grande e non credo sia tutto merito del fotografo”
“Grazie” mormorò, completamente disorientato da ciò che stava accadendo nella sua camera e, riacquistando disinvoltura parola dopo parola, continuò “Quando mi sono accorto di avere perso il book, sono letteralmente andato nel panico. Quando poi addirittura ho considerato l’eventualità che fosse rimasto nel loft, ecco, in quel momento avrei voluto fuggire su un altro pianeta”
“Davvero pensavi che avrei potuto usarle per farti del male?” chiese Derek, a metà tra l’offeso e l’arrabbiato, anche se dovette ammettere a se stesso, di averle sì usate, ma in un modo del tutto particolare.
“Cosa potevo immaginare? Tu sei il grande maschio alpha e pensavo che avresti trovato ridicolo quello che vi era all’interno”
“Stiles” e, obbligandolo a voltare il capo e a guardarlo, dato che poco prima si era accomodato sul letto accanto al liceale, disse con voce chiara e sicura “ascoltami bene, perché lo dirò una volta sola: quelle foto sono bellissime. Tu sei bellissimo e, se questo ancora non bastasse, sappi che io… io”
Gli occhi si Stiles vagavano sul viso del mannaro cercando di comprendere dove l’altro volesse andare a parare, chiedendosi il perché di quell’incertezza nella voce, senza però trovare alcuna risposta.
“Tu che cosa?”
“Penso che non appena te lo dirò, potremmo considerarci alla pari”
“Pari?” ripeté incuriosito Stiles.
“Oh sì. Non avresti più nessuna ragione di sentirti in imbarazzo se sapessi cosa ho fatto-”
“Oh mio Dio” il liceale aveva in un lampo intuito qualcosa, ma al tempo stesso cercava di convincersi che non potesse averci davvero azzeccato, perché mai avrebbe potuto generare tali reazioni nel lupo.
“Mi sono eccitato”
“Oh mio Dio” disse ancora Stiles.
“Mi sono eccitato davanti a quella foto con il costume da volpe” e dopo un profondo respiro, riprese “Ecco ora siamo pari. Imbarazzo per entrambi o forse no. Ora sono messo peggio io”
“Sei decisamente messo peggio tu” rispose di getto Stiles per realizzare solo un attimo dopo la portata reale della confessione che Derek aveva appena fatto “No, aspetta! Tu hai appena detto che… cioè tu hai davvero…”
“Mi sono toccato davanti a quella meraviglia di fotografia. Vuoi che ti faccia un disegnino?” tentò di scherzare volgendo però la sua voce in un tono decisamente accattivante.
“Oh cielo” squittì il padrone di casa balzando in piedi e allontanandosi di qualche passo, le dita incastrate tra i capelli e il cuore che batteva all’impazzata “Non puoi venire qui e dire certe cose”
Spiazzandolo completamente ancora una volta, Derek parlò ancora, cambiando argomento, almeno in parte.
“Sei andato a letto con quel fotografo?”
“Cosa? No. Certo che no”
Lo sguardo scettico del mannaro spinse il liceale a sostenere meglio la propria precedente risposta.
“Non che lui non ci abbia provato, ma non mi andava”
“Non ti andava di fare sesso? Sul serio?”
“Ehi, per chi mi hai preso. Non mi piaceva e quindi non mi andava”
“Non ti arrabbiare” cercò di calmarlo Derek, lasciando anch’egli il letto e avvicinandosi al giovane “Senti, parliamo d’altro. Ti va di indossarlo per me?”
Subito dopo aver terminato la richiesta, il lupo si piegò rapido sulle ginocchia per raccogliere parte del costume che ancora giaceva sul pavimento dove l’umano lo aveva lanciato.
“Perché?”
“Per favore”
“Il grande e grosso lupo cattivo che chiede per favore?” sorrise silenzioso Stiles sfiorando con l’indice una piccola porzione della stoffa ancora stretta tra le dita di Derek “Perché dovrei farlo?”
“Stiles”
Il licantropo pronunciò quel nome come fosse un invito, una preghiera e un avvertimento al tempo stesso, facendo sbuffare il padrone di casa.
“Niente Stiles! Perché mai dovrei rendermi ridicolo, per che cosa? Perché ti è venuto duro per una foto. A me viene duro anche quando sei vestito, ma non per questo-” il liceale si morse la lingua consapevole di quanto appena detto.
“Davvero? Non sapevo di farti quell’effetto. Allora perché fai tanto il difficile?”
“Non verrò a letto con te, Derek Hale, solo a causa di una foto e di qualche moina. Io non sono quella foto, non solo per niente come appaio in quel dannato book”
“E invece sì” lo contraddisse il lupo, mangiando il poco spazio che ancora li teneva distanti “Tu sei così tante cose Stiles. Sei l’insopportabile ragazzino che non sta mai zitto, intelligente e coraggioso, ma sei anche il ragazzo sexy, disinvolto e bellissimo che ho visto in quelle immagini”
Stiles deglutì rumorosamente e portando il proprio sguardo negli occhi del mannaro con un pizzico di timore chiese “Se indosso il costume, cosa farai? Che cosa hai intenzione di fare?”
“Dipende da te. Solo da te”
“Ok”
Veloce – troppo era la paura di cambiare idea se solo avesse indugiato un secondo di troppo – Stiles strappò dalle mani di Derek ciò che esse ancora stringevano e recuperati dal pavimento i restanti pezzi del costume, scappò in bagno.
 
Il lupo era seduto sul letto, le mani poggiate all’indietro sul materasso e lo sguardo perso sul soffitto.
Non stava nella pelle.
Tra pochi minuti avrebbe avuto in carne e ossa davanti agli occhi quella fantasia che lo aveva rapito e stregato.
Ancora perso nei suoi pensieri, Derek tornò bruscamente alla realtà quando la voce preoccupata di Stiles si fece udire.
Il ragazzo era appena fuori dalla porta, ancora non riusciva a vederlo, ma percepiva chiaramente una buona dose di paura e imbarazzo.
“Prova a ridere e giuro che te ne pentirai”
 
Il licantropo tenne lo sguardo fisso al vano della porta e trattenne il respiro quando finalmente la sua volpe apparve.
Stiles era una peccaminosa visione.
Le gambe toniche e nude sembravano chiedere a gran voce di essere morse e gli occhi di Derek continuarono a salire scontrandosi con una così scarsa quantità di stoffa che avrebbe dovuto essere definita illegale.
Il pantaloncino era stretto e così corto che in un baleno Derek addivenne alla semplice e lampante consapevolezza di come fosse impossibile che al di sotto vi fosse null’altro che pelle. La vita era talmente bassa da lasciare scoperta una buona porzione della attraente V formata dalle ossa del bacino e, risalendo ancora, seguendo le bretelle arancioni, il lupo non capì più nulla.
Pelle e muscoli, peluria scura e nei. Tutto lo attirava e lo atterriva al tempo stesso.
 
Quando la carezza dello sguardo di Derek giunse al viso del liceale, vi trovò rossore e un’ingenuità così accecante da sbalordirlo.
Davvero quel ragazzino non si rendeva conto di quanto fosse bello e speciale.
“Girati”
Stiles rimase in silenzio e obbedì, voltando le spalle al suo ospite.
Un piccolo gemito fuggì dalla gola di Derek.
Quei pantaloncini sarebbero stati la sua morte. Se davanti fasciavano e delineavano alla perfezione l’inguine, dietro davano di gran lunga il meglio di sé.
Aderivano al più bel sedere che Derek avesse mai visto: pieno e rotondo.
Dio quanto avrebbe voluto affondarci i denti!
“Bella coda” borbottò il licantropo, cercando di calmarsi.
Lo sbuffo di una risata giunse all’udito sottile del maggiore.
“Non immagini quale fosse l’idea iniziale di Andrew” anticipando la naturale domanda, aggiunse subito dopo “È il nome del fotografo. Be’, in teoria non avrebbero dovuto esserci pantaloni e la coda avrebbe dovuto essere in realtà-”
Il racconto di Stiles si fermò all’improvviso e la scia di imbarazzo crebbe a dismisura.
“Avvicinati. Vieni qui” supplicò Derek, mettendo per un secondo da parte ciò che l’altro stava narrando.
 
Stiles docile si girò e mosse i piedi per giungere a un passo o poco più di distanza dal letto.
“Continua” disse ancora il licantropo “Mi stavi raccontando della coda”
“Diciamo che non avrebbe dovuto essere attaccata al retro degli shorts ma a…” e grattandosi nervoso la nuca con una mano mentre l’altra si avvolgeva attorno all’appendice posticcia portandosela quasi davanti al viso continuò “ecco, avrebbe dovuto terminare in un plug”
“Nudo”
“Cosa?” gemette Stiles.
“Avresti dovuto essere completamente nudo”
Il liceale annuì.
“Ha detto che mi sarei potuto coprire con le mani, ma, comunque sì, sarei stato nudo. Però mi sono opposto, categoricamente” spiegò, scandendo quasi sillaba per sillaba l’ultima parola “Di certo non voglio che la prima cosa che entri su di lì sia di plastica”
“Lo faresti per me?”
Quella domanda fu come fuoco vivo sulla pelle di Stiles, ma prima che potesse rispondere, il licantropo parlò ancora. 
“Non ci pensare ora. Vieni qui” e allungando una mano avanti a sé, Derek sperò con tutto se stesso che l’umano la accettasse.
 
Le dita calde del lupo si chiusero con una inaspettata leggerezza attorno a quelle fredde e tese di Stiles, tirando dolcemente il ragazzo in avanti.
Il figlio dello sceriffo istintivamente, nell’attimo in cui sentì i suoi polpacci sfiorare il tessuto ruvido dei jeans scuri, aprì le gambe e, puntato un ginocchio sul letto, si sedette sulle cosce di Derek.
Senza che una parola venisse pronunciata il licantropo si concesse il gesto tanto agognato: toccare la pelle liscia e bollente di Stiles.
Le mani sfiorarono i fianchi, appena sopra l’orlo dello striminzito pantaloncino, scivolando sulla schiena e risalendo poi a palmi aperti fino a racchiudere le scapole, spingendo l’intero torso a muoversi in avanti. Le dita curiose salirono ancora, artigliando – una volta giunte sulle spalle – il profilo delle bretelle e, infilandosi al di sotto, iniziarono a giocarci, mentre lo sguardo affamato del lupo non si perdeva neppure un movimento.
“De-Derek”
“Shh”
Quell’unico e breve suono uscì dalle labbra socchiuse del mannaro, mentre le sue mani spingevano via, oltre la rotondità delle spalle e poi giù lungo le braccia, le strisce di tessuto che, prive di uno scopo, penzolarono verso il pavimento.
I polpastrelli leggeri come piume e al tempo stesso pesanti come macigni scesero sul petto di Stiles, arrivando ben presto a giocare con i suoi capezzoli, strappando un improvviso e inaspettato mugolio che costrinse Derek a distogliere lo sguardo dalla pelle candida e a posarlo sul viso del liceale.
“Ho cercato di non pensarci per così tanto tempo, ma poi quelle foto”
“Pensare a cosa?” chiese con voce sottile Stiles.
“A te. Pensare a te”
Dopo un piccolo sospiro e rallentando i movimenti delle proprie mani, fino a fermarli del tutto, lasciandole andare alla deriva sulle cosce tese del giovane, Derek riprese a parlare.
“I primi tempi dopo aver lasciato Beacon Hills sono stato sufficientemente impegnato a conoscere nuovamente mia sorella. Poi però, quando ha deciso di tornare dal branco con cui è cresciuta, mi sono trovato sempre più spesso a pensare a te. Mi chiedevo se fossi riuscito a restare fuori dai guai. Se avessi superato davvero la faccenda nogitsune. Se stessi ancora con Malia oppure no”
“Perché non sei tornato?”
“Sono tornato quando il pensiero di me lontano da te è diventato insopportabile. Quando però sono arrivato, sembrava che nessuno avesse più bisogno di me”
“Io avevo bisogno di te. Come non mai”
“Siamo due stupidi” sbuffò ridendo Derek, stringendo tra le dita la carne calda delle gambe di Stiles.
“Ti va di rimanere a dormire qui?”
Quella domanda disorientò completamente il mannaro che non poté esimersi dal chiedere con un pizzico di malizia “Dormire?”
“Penso sia la cosa giusta da fare. Non ti pare?” e scendendo dalle gambe del lupo, Stiles indietreggiò di alcuni passi, prima di continuare “Se poi, giocherai bene le tue carte, potrebbe scapparci qualche bacio”
Facendogli l’occhiolino, il liceale uscì a passo lento dalla camera.
Derek si lasciò cadere all’indietro sul letto, portandosi le mani al viso e prendendo un profondo respiro.
Stiles aveva ragione. Voleva tutto del giovane, non di certo solo una sveltina causata dall’eccitazione del momento e se, mesi prima aveva sentito la necessità di riscoprire e conoscere Cora, ora – per motivi simili e completamente differenti al tempo stesso – lo stesso bisogno viscerale cresceva in lui verso quell’umano forte e fragile.
Voleva e doveva conoscere Stiles, conoscere tutto di lui.
 
Quando il figlio dello sceriffo tornò in camera, con una semplice t-shirt e dei morbidi pantaloni in flanella, Derek non si stupì nel trovarlo ancora bellissimo e, riportandosi a sedere si chiese quale sarebbe stata la propria prossima mossa.
Fu lo stesso Stiles a toglierlo d’impiccio.
“Forza, via giubbotto e jeans. Non penso siano comodi per dormire”
Il licantropo seguì il consiglio e pochi attimi dopo era pronto per infilarsi sotto le coperte, dove un sorridente Stiles già lo attendeva, pronto a intontirlo di chiacchiere fino a notte fonda o almeno fino a quando Derek non avesse deciso di zittirlo con un bacio.
   
 
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