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Autore: thequeens    17/11/2016    0 recensioni
Questa è la storia di due anime sole che, incontrandosi, scopriranno valori di cui non avrebbero mai immaginato l’esistenza e diventeranno, l’una per l’altra, più importanti di quanto si aspettassero.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Aprì di scatto gli occhi e vide un sasso rotolare; volse lo sguardo verso la direzione dalla quale era stato lanciato e notò una figura avvicinarsi: camminava lentamente verso di lui, era in ombra e Chuuya non era in grado di vederlo in viso. 
Si tirò su velocemente, pronto a difendersi in caso venisse attaccato.
Trovava che apparisse molto inquietante, tantoché iniziava ad avere paura di lui.
La figura si fermò di colpo a pochi metri da Chuuya; ora la luce della luna gli rendeva possibile vederlo meglio: era un ragazzino alto, dai capelli castani e disordinati, doveva avere all'incirca la sua età.
“Che stai facendo qui?” chiese lo sconosciuto.
Chuuya indietreggiò fino ad incontrare il muro: “Questo dovrei chiederlo a te” disse teso.
“Perché sei sotto il mio ponte?” gli domandò il nuovo arrivato, ignorando la sua precedente risposta.
“Il tuo ponte?”
“Sì, il mio ponte. Qui ci vivo io, e tu stai invadendo la mia proprietà, ragazzino.”
“A chi hai dato del ragazzino?!”  si infervorò Chuuya.
“Se sei basso non è colpa mia...”
Il commento del giovanotto fu un duro colpo per il suo orgoglio. Mai gli era capitato che qualcuno si rivolgesse a lui in quel modo, mai.
Era sempre stato il più temuto all’orfanotrofio, cosa data in parte dalla consapevolezza delle persone riguardo la sua spaventosa abilità.
Non rispose.
“Comunque, non c’è bisogno che tu sia così teso, non voglio farti del male” disse il ragazzo.
“Non sono affatto teso” mentì Chuuya, iniziando a rilassarsi; aveva capito che il suo interlocutore non aveva cattive intenzioni e si appoggiò al muro con fare disinvolto.
“Allora adesso mi dici cosa stai facendo qui?” chiese nuovamente incrociando le braccia.
“Niente che possa interessarti” disse Chuuya, volgendo lo sguardo altrove.
“Ti ricordo che stai invadendo la mia proprietà, quindi dammi subito un buon motivo per non mandarti via a calci.”
“Ma che cazzo vuoi da me? Non ti sei neanche presentato e già pretendi di farmi il quarto grado!”
Lo sconosciuto sospirò ridacchiando: “Ma come siamo scurrili… io sono Dazai. Dazai Osamu.”
Chuuya lo guardò con circospezione, poi si presentò a sua volta: “Io mi chiamo Chuuya. Chuuya Nakahara.”
“Beh, mi sono presentato. Adesso dimmi cosa sei venuto a fare qui” tornò alla carica Dazai.
Chuuya esitò per qualche secondo, ma alla fine decise di dirgli la verità: “Non so dove andare.”
“Non sai dove andare, dici? Da dove vieni?” 
“Sono scapp... mi hanno buttato fuori dall'orfanotrofio in cui vivevo, quindi non ho più una casa” rispose, seccato.
Dazai iniziava ad incuriosirsi: “E perché ti hanno buttato fuori?”
“Non sono affari tuoi.”
Si guardarono per alcuni secondi, che a Chuuya parvero minuti; lo sguardo dell'altro era davvero penetrante e iniziava a sentirsi a disagio mentre il silenzio tra i due stava diventando sempre più imbarazzante.
“Allora, posso... restare?” chiese titubante: “Solo per stanotte,
(Sei caduto davvero in basso...)
ti prego!”
(...finito ad implorare come una maledetta checca)
“D'accordo” rispose Dazai dopo un po', fissando un punto di fronte a sé, pensoso.
Chuuya si sentiva un idiota e un debole per aver fatto una richiesta simile, era certo che se i volontari dell'orfanotrofio lo avessero visto in quel momento, glielo avrebbero rinfacciato a vita.
“Però, ti avverto: lì ci dormo io” disse Dazai ridestandolo dai suoi pensieri: “Tu puoi metterti...” stette in silenzio per qualche secondo guardandosi intorno in cerca di un posto adatto per sistemare anche Chuuya: “... là!” disse infine indicando un cumulo di terra con qualche misero filo d'erba che spuntava.
Chuuya lo guardò per un po', sdegnato: “Stai scherzando? Vuoi davvero farmi dormire su quello schifo?”
“Accontentati, altrimenti puoi anche andartene” lo rimbeccò Dazai.
“N-non puoi...” riprovò Chuuya, ma si interruppe.
Dazai inclinò leggermente la testa di lato, fissandolo interrogativo.
(fanculo. Tanto già ti sei sputtanato abbastanza)
“Non puoi prestarmi uno dei tuoi cartoni?” concluse, vergognandosi per essere un
(debole)
Dazai sospirò. Quel ragazzino stava iniziando a chiedere troppo!
“Va bene, puoi prenderne uno.”
Accolse con un risolino lo sbuffo impacciato di Chuuya mentre raccoglieva da terra un cartone parecchio più grande di lui, e lo osservò divertito portarlo alcuni metri lontano per poi sistemarcisi sopra.
Continuò a guardarlo per un po' mentre cercava la posizione giusta su quello scomodo cartone, poi si accomodò anche lui sul suo, prendendo una delle sue coperte e tirandosela fino alla testa, lasciando scoperti solo gli occhi per continuare ad osservare l'altro ragazzino. Era rannicchiato su se stesso e i suoi muscoli erano scossi da frequenti spasmi: probabilmente aveva freddo.
Fu in quel momento che gli venne in mente di prestargli una delle sue coperte, dopotutto lui ne aveva tante, pescate dai cassonetti o rubate da qualcuno più fortunato di lui.
Ne appallottolò una e senza dire nulla gliela lanciò addosso svegliandolo di colpo.
“Ma che fai?!” gli gridò Chuuya, trattenendosi dall'insultarlo pesantemente per averlo disturbato in quel modo.
“Ti presto una coperta, sai, si chiama gentilezza” rispose tranquillamente Dazai.
Chuuya si girò stizzito dall'altra parte, buttandosi addosso la coperta e serrando le palpebre.
“Potresti anche ringraziare.”
Silenzio. Dazai sospirò divertito: “Sei troppo orgoglioso per farlo, forse?”
“Stai zitto” borbottò Chuuya, pentendosi subito dopo di aver dato quella risposta e sperando che Dazai non lo udisse.
“Come vuoi. Buonanotte.”
Chuuya stette in silenzio per svariati minuti, pensoso.
Quel ragazzo era stato davvero gentile a dargli ospitalità, ed era stato ripagato dalla patetica rabbia di Chuuya; decisamente, non se lo meritava.
“Grazie...” disse.
Un sorrisetto soddisfatto da parte di Dazai: aveva vinto lui.
Chuuya non riusciva ad addormentarsi, si sentiva a disagio con gli occhi dell'altro puntati addosso; si aspettava che dicesse qualcos'altro, sperando di riuscire a conoscerlo meglio e avrebbe voluto anche capire quali fossero le sue vere intenzioni.
Ma la verità era che si sentiva profondamente solo, così decise di prendere la parola: “Perché?”
“Perché cosa?” chiese Dazai quasi con stupore; non credeva che il buffo ragazzino gli avrebbe rivolto la parola nuovamente.
“Perché mi stai aiutando?” 
“Te l'ho detto, per gentilezza.”
Una pausa.
“E poi, sinceramente... mi incuriosisci.”
Chuuya si inquietò non poco: “In che senso?”
“Non ti incuriosiresti anche tu se un ragazzino dal cappello stravagante spuntasse dal nulla invadendo la tua proprietà?” rispose scherzosamente Dazai.
“Ehi, il mio cappello non è affatto stravagante, e non sono un ragazzino!” si infervorò Chuuya, incrinando leggermente la voce.
“Ma dai, avrai al massimo undici anni...”
“Per tua informazione ne ho quattordici” rispose secco.
Dazai rimase leggermente stupito: “Oh, scusami. Pensavo fossi più piccolo, sai com'è... l'altezza...”
“Vaffanculo.”
Dazai rise: “Anche io ne ho quattordici.”
“E vivi in mezzo alla strada? Non hai una famiglia?” chiese Chuuya, cercando di dimenticare l'affronto appena subìto.
Dazai rimase sul vago: “Posso solo dirti che è successo qualcosa di brutto quattro anni fa.”
Chuuya era curioso, ma decise di non fare altre domande a riguardo.
“Forse un giorno te lo dirò” disse Dazai, sbadigliando rumorosamente: “Ora, se non ti dispiace, mi metto a dormire, che sono stanco. ‘Notte!”
 “Ciao” disse Chuuya voltandosi dall’altro lato.
Si addormentò in fretta, nonostante la scomodità del cartone.
   
 
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