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Autore: Nata dalla Tempesta    17/11/2016    1 recensioni
“Papà, tornerai presto a casa?” Domandò ancora la piccola, rivolgendosi stavolta all’uomo che stava in piedi davanti la porta. Lui ebbe un attimo di esitazione, un lieve tentennamento, ma tanto bastò perché la bambina lo raggiungesse e allungasse le braccia verso il padre in una silenziosa richiesta d’affetto. Quegli occhi grandi, le manine paffute che cercavano disperatamente di raggiungerlo, la struggente innocenza del suo sguardo…era troppo, più di quanto un uomo come lui potesse sopportare.
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Mamma…dove sta andando papà?” Chiese la bambina, mentre si aggrappava con una manina alla vestaglia della madre.

“Non è nulla tesoro, torna a dormire.” Le rispose gentile la donna, carezzandole i capelli.

“Papà, tornerai presto a casa?” Domandò ancora la piccola, rivolgendosi stavolta all’uomo che stava in piedi davanti la porta.

Lui ebbe un attimo di esitazione, un lieve tentennamento, ma tanto bastò perché la bambina lo raggiungesse e allungasse le braccia verso il padre in una silenziosa richiesta d’affetto. Quegli occhi grandi, le manine paffute che cercavano disperatamente di raggiungerlo, la struggente innocenza del suo sguardo…era troppo, più di quanto un uomo come lui potesse sopportare.
Tuttavia non riuscì a trattenersi, e affondò le dita in quella massa spettinata di capelli morbidi. Sapeva che, con ogni probabilità, non avrebbe più rivisto la sua dolce bambina né l’amorevole compagna che gli aveva offerto fiducia e conforto proprio quando pensava di non poterne più trovare.
Ma aveva un compito, una missione da portare avanti. E lo avrebbe fatto nonostante il dolore, nonostante le difficoltà, nonostante tutto.
Fu proprio il pensiero del costante peso che portava sulle spalle a costringerlo a rimettere la bambina tra le braccia di sua madre. Un ultimo sguardo alla sua casa, alla sua famiglia, e poi l’uomo si lasciò dietro ogni cosa.

“Mamma…perché piangi?”


***

“…disidratata…”

“…avrà viaggiato a lungo, poverina…”

“Presto…portate delle bende…”

Tre o quattro voci si alternavano intorno a lei, ma non riusciva a distinguere bene le parole. Era così stanca, gli occhi erano pesanti, e il desiderio di lasciarsi andare e dormire era troppo forte. “Acqua”, pensò. “Datemi da bere, ve ne prego!”. Ma le labbra erano sigillate, nessun suono uscì dalla sua bocca.
Sentendosi sconfitta, decise che la cosa migliore da fare fosse cadere di nuovo nella rassicurante oscurità del nulla.

Quando riprese conoscenza, la prima cosa che avvertì fu il materasso sul quale era distesa. Mosse piano le dita delle mani, tastando le lenzuola grezze che ricoprivano il suo corpo. Poi fu il turno delle dita dei piedi e, una volta appurato che anche quelle funzionassero a dovere, aprì poco a poco gli occhi. Si ritrovò a fissare un soffitto bianco, poi fu sopraffatta dall’odore di disinfettante e medicinali. Provò a tirarsi a sedere, ma una voce maschile pacata e leggermente roca la fermò.

“Con calma, figliola. Ecco, lascia che ti aiuti…” l’uomo che aveva parlato si avvicinò a lei, sistemandole i cuscini dietro la schiena in modo che potesse stare comoda. Quando mise a fuoco la sua immagine, vide accanto a sé un uomo anziano dal viso orribilmente sfigurato, ma dal sorriso estremamente gentile. “Io sono il dottor Tim Marcoh.” Si presentò con calma, mettendo le mani nelle tasche del camice bianco. “Ti trovi all’interno dell’ospedale civile di Central City.”

“Central…City…” mormorò lei, la voce roca a causa della gola secca.

“Si, esatto.” Rispose il dottor Marcoh, porgendole un bicchiere d’acqua. “Ti hanno trovata svenuta alle porte della città, e anche in pessime condizioni se mi permetti di essere onesto con te.”

La ragazza accettò il bicchiere e prese qualche sorso, sentendosi già molto meglio. “Mi avete salvato la vita…vi sono molto riconoscente.” Disse poi, sorridendo gentile.

“Abbiamo solo fatto il nostro dovere di buoni cittadini.” Rispose allegro il dottore. “Ah, prima che me ne dimentichi…verranno degli esponenti dell’esercito a trovarti.”

“Cosa può mai volere l’esercito da me?” Domandò la ragazza, leggermente confusa.

“Non è nulla di grave, sta tranquilla. Si tratta solo di una formalità, niente di più.” Disse il dottor Marcoh, dandole una lieve pacca sulla spalla.

L’uomo aprì la bocca come per dire altro, ma fu interrotto da qualcuno che bussava alla porta della stanza. “Tenente Hawkeye, è permesso?” Chiese una voce di donna.

“Certo, avanti Tenente!” rispose il dottore.

Qualche secondo dopo, fece la sua comparsa nella piccola stanza d’ospedale una donna bionda in tenuta militare. “Oh, vedo la che nostra paziente è sveglia.” Disse, avvicinandosi al lettino. “Io sono il Tenente Riza Hawkeye, molto piacere.” Si presentò.

“Il piacere è mio, Tenente. Il mio nome è Pandora.” Rispose la ragazza, sorridendo alla donna.

“Dottor Marcoh, potrei parlare da sola con la signorina?” Chiese il Tenente.

“Ma certo.” Annuì l’uomo. “Con permesso, vado a fare il giro degli altri pazienti.” Rivolse un sorriso gentile alle due donne e uscì dalla stanza, richiudendo piano la porta dietro di sé.

“Dunque, Pandora…” Iniziò Hawkeye, sedendosi su una delle sedie di legno accanto al letto. “Prima di tutto, sai dove ti trovi?”

“Si, il dottor Marcoh mi ha spiegato che siamo a Central City, all’ospedale civile.” Rispose la ragazza.

“Esatto.” Sorrise il Tenente. “Sono stata mandata qui dal Comandante Supremo in persona, Roy Mustang. Sai chi è?”

“L’alchimista di fuoco…” Annuì Pandora. “Tutti conoscono il suo nome, l’eco dell’eroe di Ishval è arrivato lontano.”

“Sappi che non vogliamo farti del male. Il paese è ancora in via di ricostruzione, e noi dell’esercito vogliamo solo assicurarci che tutti coloro che entrano nelle nostre città siano al sicuro.”

“Quindi…volete assicurarvi che io non sia una terrorista o altro, giusto?”

“In poche parole, si.” Confermò il Tenente, non potendo fare a meno di notare tra sé e sé che quella ragazza di certo non era un’ingenua. “Mi permetti di farti alcune domande?”

“Naturalmente, proceda pure.”

“Dunque, Pandora, da dove vieni?”

“Sono originaria di Xing, vengo da lì.” Rispose lei.

“Come sei arrivata ad Amestris?”

“Ho attraversato il deserto, è l’unica via per arrivare in questo paese.”

“Eri con qualcuno durante il viaggio?”

“No, sono stata da sola per tutto il tempo. Mi sono fermata ogni tanto in compagnia di qualche gruppo di viandanti lungo il tragitto, ma per lo più ho viaggiato per conto mio.”

“Ho conosciuto un’altra persona che ha affrontato il tuo stesso viaggio, qualche anno fa…” disse il Tenente, aggrottando le sopracciglia. “È straordinario che tu abbia attraversato il deserto da sola.”

“Ho avuto la fortuna di incontrare persone gentili che mi hanno dato una mano, non ce l’avrei mai fatta senza di loro.” Rispose Pandora, sorridendo.

“Un’ultima domanda, se permetti. Cosa ti ha spinta ad andare così lontano dal tuo paese d’origine, Pandora?”

“Io…” la ragazza abbassò lo sguardo. “Sono venuta a cercare una persona molto importante. Ho saputo che l’ultima volta è stata vista in questo paese, per questo sono qui.”

“Capisco.” Annuì il Tenente. “Mi sono permessa di cercare dei documenti fra i tuoi effetti personali, e non ho trovato nulla. Qualcuno aveva proposto di rimandarti subito a casa visto che sei in pratica una clandestina, ma il Comandante Supremo non era dello stesso avviso. Ha detto che prima di agire avrebbe voluto conoscere le tue intenzioni.” Sorrise la donna.

“Il capo del vostro governo sembra proprio un brav’uomo.” Disse gentile Pandora, sorridendo di rimando al Tenente.

“Quando il dottor Marcoh ti dimetterà, il Comandante Supremo di sicuro vorrà incontrarti per stabilire il da farsi. Ti va bene?”

“Naturalmente.” Rispose la ragazza. Non che avesse comunque un’alternativa, ma era abbastanza saggia da assecondare il volere dell’esercito.

“Benissimo. Adesso ti lascio, sicuramente vorrai riposare un altro po’.” Hawkeye si alzò e rimise a posto la sedia. “Ti verrò a prendere personalmente quando verrai dimessa, Pandora. Abbi solo un po’ di pazienza.”

“A rivederci, Tenente. Grazie per la vostra ospitalità.” Rispose dolcemente Pandora.

Il Tenente Hawkeye la salutò un’ultima volta ed uscì con calma dalla stanza. Una volta fuori, dopo essersi richiusa la porta alle spalle, non poté fare altro che poggiare una mano al muro e sospirare. Sapeva benissimo che non era un caso che il Comandante Supremo avesse permesso a quella ragazza di restare, almeno per il momento. E non era certa che fosse del tutto per via del suo buon cuore, fu costretta ad ammettere a se stessa. Sin dal primo momento in cui era stata una sua sottoposta, Riza Hawkeye sapeva che Mustang non era uno sprovveduto, ma un uomo furbo e astuto. Di sicuro c’era un motivo, era soltanto una questione di tempo e il Comandante Supremo avrebbe palesato quello che gli ronzava in testa.
Con quel pensiero ben impresso nella mente, Riza uscì dall’ospedale e si diresse verso l’auto che usava quando era in servizio. Percorse senza pensarci la strada che l’avrebbe portata al Quartier Generale, e lasciò l’automobile insieme alle altre in un parcheggio coperto. Facendosi strada attraverso i corridoi e fra tutti gli altri uomini e donne al servizio dell’esercito, arrivò davanti la massiccia porta di legno che separava il corridoio dall’ufficio dell’uomo più importante del paese.
Prese un piccolo respiro e bussò un paio di volte. “Comandante Supremo, qui è il Tenente Hawkeye. Sono venuta a fare rapporto.”

“Avanti.” Rispose Roy Mustang dall’interno.

Quando Riza entrò, trovò il suo superiore seduto alla scrivania, intento a firmare una pila di documenti. “Signore, porto notizie della ragazza straniera.” Disse, mettendosi sull’attenti.

Mustang poggiò la penna sulla base liscia della sua scrivania e, dopo essersi leggermente stiracchiato, si poggiò allo schienale della poltrona. “Dimmi tutto, Tenente. Con chi abbiamo a che fare?” Chiese, senza nascondere un accenno della curiosità che lo animava da qualche giorno.

“Dice di provenire da Xing, Signore. Ha detto di chiamarsi Pandora e di aver attraversato il deserto da sola fino ad Amestris.”

“Ma guarda…” sorrise Mustang. “Un’altra ragazzina di Xing, eh? Non pensavo potesse capitare di nuovo da quando Ling Yao è diventato imperatore di quella nazione. Tu cosa ne pensi, Tenente?”

“Se posso dire la mia, Signore, non si direbbe affatto che la straniera in questione sia nativa di Xing. I tratti del suo viso, il colore dei suoi capelli…non corrispondono ai tratti somatici della gente di quel paese. Solo il suo accento conferma la sua provenienza, o comunque fa pensare che sia cresciuta lì.”

“Interessante, molto interessante.” Il Comandante Supremo incrociò le braccia al petto, ponderando. “Quindi secondo te sta mentendo?”

“Non ne sono sicura, Signore. Probabilmente è vero che viene da Xing, forse è stata adottata o simili.” Rispose sinceramente il Tenente.

“Bene. Sai che tengo in grande considerazione la tua opinione, Tenente.” Sorrise Mustang. “Sei libera di andare, adesso. E ricorda di avvisarmi immediatamente non appena il dottor Marcoh la dimetterà.”

“Si, Signore.” Riza gli rivolse il saluto militare prima di lasciarlo da solo nel suo studio. Adesso, i suoi sospetti stavano tramutandosi in certezze. Era evidente che qualcosa smuoveva la curiosità del Comandante Supremo, solo non aveva la minima idea di cosa potesse essere.

***

Dopo un ricovero di due giorni, il dottor Marcoh permise a Pandora di firmare il modulo di dimissioni. Le tolse i bendaggi che aveva attorno alla testa, e le infermiere le restituirono i suoi effetti personali. Pandora notò che i suoi abiti erano stati lavati, e la premura di quel gesto la fece sinceramente commuovere. Gli esseri umani erano capaci di grande gentilezza e generosità, pensò mentre si rivestiva con tutta calma. Indossò con cura una maglia nera a maniche lunghe e con il colletto alto, un paio di pantaloni neri aderenti e stivali di pelle che le coprivano interamente i polpacci. Lisciò le pieghe della maglietta con grande soddisfazione, sentendosi a più agio con quegli abiti semplici che con qualsiasi altra cosa al mondo. Dopo aver recuperato dallo schienale di una sedia la sua giacca di pelle color granata lunga fino alle ginocchia, attese che il dottore la accompagnasse fino all’uscita.

“Sono contento che tu ti sia ripresa così in fretta, Pandora.” Le disse Marcoh mentre le faceva strada attraverso i corridoi dell’ospedale. “Ho conosciuto ben poche persone capaci di guarire così rapidamente, sai? Tuttavia, se dovessi avere ancora qualche problema vieni subito da me.”

“Non so come ringraziarla per tutto ciò che ha fatto per me, dottore.” Rispose lei, sinceramente grata.

“Mi ripagherai rimanendo in buona salute, figliola!” Ridacchiò l’uomo, fermandosi poco oltre l’ingresso. “Vediamo…ah, ecco il Tenente! Puntuale come un orologio!” Esclamò, indicando con un cenno del capo il veicolo militare parcheggiato a qualche metro di distanza.

“A rivederci, dottore. E grazie ancora per la sua gentilezza.” Pandora gli strinse una mano e, dopo essersi sistemata la sua sacca di tela sulla spalla, si diresse verso l’auto.

“Buongiorno, Pandora.” La salutò il Tenente Hawkeye, che attendeva paziente fuori dalla vettura. “Vedo che sei in perfetta forma, mi fa molto piacere.” Aggiunse, mentre le apriva lo sportello posteriore per farla salire.

“Anche per me è un piacere rivederla, Tenente.” Salutò di rimando la ragazza, accomodandosi all’interno dell’automobile. “Si, per fortuna guarisco abbastanza in fretta. E poi credo che fossi più disidratata e stanca, che effettivamente ferita.”

“Quello che conta è che tu adesso stia bene.” Rispose Riza, entrando in macchina a sua volta e accedendo il motore. “Come ti avevo già accennato un paio di giorni fa, il Comandante Supremo vuole conoscerti.”

“Non vedo l’ora di incontrarlo. Vorrei ringraziare personalmente la persona che mi ha permesso di rimanere a Central City per ricevere delle cure.”

Il Tenente annuì, lanciando un rapido sguardo allo specchietto retrovisore che rifletteva l’immagine della ragazza. C’era qualcosa in lei, che a Riza ricordava alcuni vecchi amici che non vedeva da qualche tempo. Scosse la testa, dandosi della stupida. Probabilmente era solo un po’ di nostalgia che le faceva vedere quello che lei voleva vedere, tutto qui, ma il pensiero continuò a frullarle in testa per tutto il tragitto fino al Quartier Generale.
Dal canto suo, anche Pandora era pensierosa. Non era mai stata così lontana da casa sua, per di più in un luogo dove non conosceva proprio nessuno. Però la fortuna era stata dalla sua parte, il destino le aveva fatto conoscere il dottor Marcoh e il Tenente Hawkeye, e presto avrebbe incontrato anche il famoso Roy Mustang. Voleva avere fiducia in lui, si. Voleva sperare che almeno lui la aiutasse a trovare quello che stava cercando. Persa nei suoi pensieri, non si accorse di essere giunta a destinazione finché il Tenente non le aprì lo sportello per farla scendere.

“Eccoci, siamo arrivati.” Le disse, facendole cenno di seguirla. “Il Comandante Supremo arriverà tra poco, mi ha chiesto di accompagnarti nel suo ufficio comunque e di farti attendere lì.”

Pandora annuì, seguendo il Tenente all’interno dell’enorme struttura. Si fecero strada per i corridoi sotto lo sguardo curioso degli altri militari, che mormoravano tra di loro e indicavano la ragazza con fare curioso. Quando arrivarono nello studio di Mustang, il Tenente la fece accomodare.

“Siediti pure, fa come fossi a casa tua.” Le disse prima di uscire e chiudere la porta. Di sicuro sarebbe rimasta a guardia dell’ufficio fino all’arrivo del suo superiore.

***

Roy Mustang scese dalla sua automobile con più entusiasmo del solito. Quel giorno si era svegliato particolarmente di buon umore, e non vedeva l’ora di scoprire se ciò che aveva sentito qualche giorno prima fosse vero. L’uomo che aveva trovato la ragazza e l’aveva portata in ospedale, aveva scritto nel suo rapporto qualcosa di estremamente singolare. Era quello che aveva acceso la curiosità del Comandante Supremo, qualcosa che per qualche momento lo aveva distratto dal suo obiettivo di riforma di Amestris.
Congedò le sue guardie del corpo e prese una scala secondaria per arrivare al suo ufficio indisturbato. Come previsto, a guardia della porta c’era una delle persone di cui si fidava di più al mondo, il Tenente Hawkeye.

“Signore, ben arrivato.” Lo salutò Riza, scattando sull’attenti.

“La ragazza è già arrivata?” Chiese lui, ricambiando il saluto.

“Si, Signore. Si trova nel suo ufficio, come da lei richiesto.”

“Benissimo. Adesso riposo, Tenente. Ti farò chiamare se sarà necessario.” Roy le sorrise ed entrò nel suo studio, chiudendo per bene la porta.

Quando si voltò verso la sua scrivania, dovette battere un paio di volte le palpebre. Seduto su una delle poltroncine, sembrava esserci niente di meno che l’alchimista d’acciaio in persona.

“Acciaio, non sapevo fossi già tornato dal tuo ultimo viaggio!” Lo salutò Mustang, andandogli vicino per dargli una pacca sulla spalla. “Devi scusarmi, ma adesso devo ricevere una pers…” Si bloccò immediatamente quando la persona seduta sulla poltroncina si voltò verso di lui.

Si era sbagliato, non era affatto l’alchimista d’acciaio Edward Elric. Eppure ci avrebbe giurato, ci avrebbe scommesso la carriera! L’inconfondibile colore dorato dei capelli raccolti in una coda di cavallo, quel genere di giacca lunga e sui toni del granata…ma non era lui.

“Oh, lei deve essere il Comandante Supremo.” Disse subito Pandora, alzandosi in piedi e sorridendo.

“Io…si.” Annuì Mustang, ancora sotto shock. “Roy Mustang, Comandante Supremo di questo paese.” Si presentò, senza riuscire a distogliere lo sguardo dai grandi occhi dorati della ragazza che gli stava di fronte. Tutto ciò che Riza gli aveva detto era vero, la misteriosa straniera non somigliava affatto ad una nativa di Xing. E anche lui, come l’uomo che aveva trovato la ragazza, si era sbagliato…l’aveva scambiata per Edward Elric.

“È un vero onore conoscerla, Signore.” Disse lei educatamente. “L’eco delle sue gesta è arrivato fino al mio paese, non immagina quanto sia lieta di incontrarla.”

“Accomodati, ti prego.” Mustang girò intorno alla scrivania per sedersi a sua volta sulla poltrona, ancora incredulo. “Così tu saresti…Pandora, giusto? La ragazza di Xing.”

“Si, è così.” Annuì lei, mettendosi a sedere.

“Non prenderla come un’offesa, Pandora, ma ho già conosciuto delle persone di Xing e tu…beh, sei un po’ diversa.” Azzardò il Comandate Supremo, senza girarci troppo attorno.

“Si, è vero. Vede, Signore, mio padre veniva dal continente Occidentale. Ho preso più da lui che da mia madre, che invece era una vera e propria nativa di Xing.” Spiegò la ragazza, trovando legittime le osservazioni di Mustang.

“Capisco. Mi dispiace per prima, ti avevo scambiata per…beh, per un’altra persona.” Roy scosse leggermente la testa prima di proseguire. “Il Tenente Hawkeye mi ha detto che sei venuta ad Amestris perché stavi cercando qualcuno, non è così?”

“È così, infatti. Sono venuta fin qui per cercare mio padre.” Rispose lei.

“Tuo padre?”

“Si. È andato via di casa quando ero molto piccola, e da allora non l’ho più rivisto. Ho sentito dire da dei miei conterranei che era stato visto qui, qualche anno fa. Per questo ho lasciato Xing, attraversato il deserto e sono arrivata ad Amestris. Purtroppo il viaggio è stato molto duro, e ho perso i sensi proprio alle porte di Central City.” Sorrise, lievemente imbarazzata. “Spero che lei possa aiutarmi a ritrovarlo, Signore.”

“Beh…ad una bella signorina di certo non si può negare un favore come questo.” Sorrise di rimando Mustang, anche se qualcosa dentro di sé non lo faceva stare tranquillo. “Dimmi, come si chiama tuo padre?”
Pandora prese un profondo respiro. Non aveva più pronunciato il suo nome da quando era andato via e l’aveva lasciata da sola con sua madre, e quelle parole anche dopo tanto tempo avevano ancora il potere di farle male. Per un attimo ebbe davanti agli occhi l’ultimo ricordo di suo padre, fermo sulla porta mentre lei cercava disperatamente di attirare la sua attenzione per un semplice abbraccio. Scosse la testa, ricacciando indietro le lacrime di tristezza che minacciavano di farsi strada.

Dopo qualche momento di esitazione, finalmente Pandora parlò. “Hohenheim. Mio padre si chiama Van Hohenheim.”





Ciao a tutti! Per chi non mi conoscesse, io sono Nata dalla Tempesta. Da qualche anno non pubblico una ff su EFP, e dopo aver guardato FullMetal Alchemist per la quarta volta mi sono sentita ispirata. Così è nata "Pandora's Box", una storia nata quasi da un sogno che spero apprezzerete.
Se vi fa piacere, a me lo farà sicuramente, fatemi sapere cosa ne pensate di questo primo capitolo, se vi è piaciuto oppure no, le vostre aspettative. Per chi scrive sono indicazioni molto importanti, il parere dei lettori è fondamentale!
Spero che questo primo capitolo vi abbia incuriositi, e spero che rimarrete con me fino alla fine del viaggio.
A rivederci al prossimo capitolo!
Baci, NdT.
   
 
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