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Autore: Marauder Juggernaut    20/11/2016    1 recensioni
Hidan si compiace e insieme denigra la propria condizione. È appagante e umiliante allo stesso tempo: una vana ricerca della morte, riuscire a sfiorarla, ma non raggiungerla. Quasi rimpiange, dietro volgari intercalari, un'umanità che non gli appartiene. Per fortuna non è il solo in grado di sfidare i severi limiti imposti dal tempo.
[ Dal testo ]
"(...) Il cuore sarebbe stato suo, così pure quell'impensabile abilità, mentre l'altro probabilmente avrebbe continuato a esistere.
Ha desistito all'ultimo. Perché è chiaro, evidente, come Hidan ami e odi quella condizione in cui è costretto a vivere. All'infinito."
Genere: Erotico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hidan, Kakuzu
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Naruto Shippuuden, Contesto generale/vago
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Autore : Marauder Juggernaut
Titolo: Humanity - You'll be (in) my heart
Rating: Arancione
Lunghezza storia: One shot
Personaggi: Hidan, Kakuzu
Coppia: Yaoi
Contesto: Naruto Shippuden
Note: Lemon, missing moments
Avvertimenti: violenza
Note personali autrice: eccomi approdata nel fandom di Naruto, nonostante abbia seguito per anni fino alla fine il manga. Ho sempre pensato che l'Akatsuki (almeno quella originale) abbia racchiuso i personaggi più interessanti dal punto di vista caratteriale e delle abilità di cui sono dotati. Per questo propongo questa storia del nostro amato (?) duo immortale. Ho sempre ritenuto l'immortalità un tema interessante da trattare in uno scritto poiché è un'abilità che a volte mi sembra sottovalutata e idealizzata, senza che ci si fermi a riflettere che razza di impatto psicologico possa comportare il fatto di non poter raggiungere la morte in nessun caso (tema su cui mi sono divertita parecchio a riflettere e scrivere dopo la lettura fatta anni fa del romanzo di Wilde). Spero che la storia piaccia e di aver reso al meglio i personaggi -un po' diverso dato la differente visione che Hidan ha della propria immortalità-, nonostante io non sia molto sicura della caratterizzazione. Questo è io mio primo lavoro nel fandom, ma aspettatevi presto una AU Long (sempre Kakuzu x Hidan come pairing principale perché li adoro), tema Gakuen e gioventù, con molti dei personaggi del manga.
Chiedo scusa per eventuali errori, purtroppo l'ho pubblicata dal cellulare e ho avuto problemi con scrittura e HTML. Domani risistemerò tutto!
Intanto Buona lettura!




Humanity - You'll be (in) my heart

Chi avrebbe mai potuto veramente comprendere la sua disperata condizione?
Una domanda che si è posto per molto tempo, per tutti quegli anni in cui lui non ha potuto fare altro che seguire le regole imposte da quella tecnica che dava quell'apparente immortalità.
Una costante ricerca di abilità particolari, di chakra potenti da strappare al legittimo proprietario, insieme al cuore.
Quattro, ne possiede; e il suo fisico è talmente abituato a tali insolite presenze superflue che nemmeno più le sente. L'incessante pulsare non è che un brusio indistinto, che accompagna ogni suo passo da più di un secolo. Ci sono momenti in cui quasi non avverte il rumore, le sistole e le diastole semplicemente scompaiono e per un folle istante persino crede che i cuori abbiano smesso di battere o che lui un cuore in realtà non l'abbia mai avuto. Una simile spiegazione lo fa quasi ridere per la semplice pateticità del pensiero.
I cuori battono sempre, gli conferiscono certe abilità, non sue dalla nascita e la possibilità di continuare la sua vita all'infinito.

Immortalità.
Un concetto che nessun altro nell'Organizzazione -o al mondo- può comprendere. O almeno così ha creduto. Ha avuto per lungo tempo questa certezza, infranta poi dalle parole simili a un fiume in piena che riversa quella bocca mai chiusa, sempre pronta a snocciolare appellativi e intercalari volgari a un tono di voce troppo alto che puntualmente rovina la quiete a cui è abituato.
Hidan è il suo opposto.
Fastidioso, invadente, chiacchierone; un'insolita propensione all'insulto e dall'assassinio facile. Scaglia maledizioni e minacce di morte con facilità disarmante, a tal punto da farlo risultare ridicolo e poco credibile.
Il giorno dopo averlo incontrato, Kakuzu gli aveva già messo le mani al collo e stretto fino a sentire le ossa spezzarsi. Aveva sentito quasi una specie di rimorso, al pensiero che ora dovesse cercarsi un altro compagno. Rimorso ingoiato quando il presunto cadavere aveva cominciato a sputare insulti sul suo mancato assassino e male parole su "quanto facesse fottutamente male".

Quel giorno aveva capito che Hidan è come lui.
Anzi. Forse vanta un'immortalità più completa della sua. Kakuzu negherebbe fino alla -improbabile- morte di essere stato invidioso di quella capacità, di quella non necessità di dover cambiare corpo e cuore per mantenere la coscienza vigile nel mondo dei vivi. Kakuzu è stato invidioso. Ma solo all'inizio.
Ora guarda il suo compagno di squadra e le uniche sensazioni che prova sono di un immane fastidio e di vacua compassione.
Ha pensato, una volta, guardandolo dormire, che avrebbe potuto strappargli il cuore e renderlo suo con una disarmante semplicità, vedendolo così poco reattivo a stimoli esterni, come se non dovesse temere - a ragione- nessun tipo di attacco.
Il cuore sarebbe stato suo, così pure quell'impensabile abilità, mentre l'altro probabilmente avrebbe continuato a esistere.
Ha desistito all'ultimo. Perché è chiaro, evidente, come Hidan ami e odi quella condizione in cui è costretto a vivere. All'infinito.
Cerca la morte e non la trova. Non importa quanto a fondo perforino le lame, quanto dilani il suo stesso cuore, rendendolo una poltiglia che cessa di pulsare per qualche minuto per poi riprendere, incessante, all'infinito.
Tenta ogni volta di gettarsi tra le braccia di quella nera signora, ma questa pare distogliere lo sguardo, non interessata alla sua vita; e Hidan ride ironico e si dispera di questa sua condizione. Quando colpisce se stesso per uccidere un altro, Kakuzu è quasi certo che una parte di lui spera di morire al medesimo modo. Ma non accade.
È la sua condanna, vedere come il ferro distrugga il suo ventre senza placare il respiro che imperterrito entra ed esce dai polmoni.
Kakuzu è quasi certo che Hidan, in fondo, brami essere umano. Ma lui umano non è.

Nessuno dei due lo è.

Non lo è colui che lucra sui cadaveri e ruba il cuore altrui per continuare ancora la smodata ricerca di denaro; non lo è colui che grida il nome di un dio che probabilmente lo ha già abbandonato e vive una volta sola, ma per sempre.
L'umanità non è opzione per loro.
Non sempre, per lo meno. Un'eccezione esiste anche per i mostri, che da mostri si comportano anche in tale occasione.

Non c'è momento della loro intimità che non sia comunque contornato da quell'aura di violenza, di rabbia, di irriverenza che mostrano l'uno nei confronti dell'altro.
Il raziocinio sublima, soffocato dalle bollenti sensazioni, che oscurano persino l'orgoglio di entrambi gli immortali, che mai avrebbero pensato di cercare una qualche sorta di consolazione nel corpo del compagno dell'obbligata squadra.
La pelle di uno perfetta, intonsa, immacolata come la tela di un artista privo di ispirazione; quella dell'altro sfregiata e marchiata dalle innumerevoli cicatrici e suture, che scorrono in una spiacevole e dolce sensazione sotto i polpastrelli dell'altro che svela i denti in un ghigno divertito, mentre snuda le proprie gambe magre, pronto a concedersi non senza una smorfia di fastidio. Finto. Perché, anche se l'orgoglio grida, Hidan sente il bisogno di percepire -almeno per una volta, almeno per poco- il terrore di non uscirne vivo. Nella sua centenaria esperienza, Kakuzu sembra quasi farglielo credere.
Glielo ha ripetuto più volte, fissandolo con quelle iridi colme di odio e sicurezza, con quelle sclere iniettate di sangue e rabbia. Con così tanta certezza e determinazione che Hidan si illude ogni volta di quella promessa, salvo poi ricredersi al pensiero del proprio collo che scricchiola, che cede, ma non fa cedere il proprietario.
Hidan è quanto di più lontano ci possa essere dall'umanitá. Anche Kakuzu. Ma lui è diverso, lui ha possibilità di scelta. Se volesse morire, basterebbe che smettesse di assorbire cuori e chakra. Resta in vita perché non si è ancora stancato di camminare nel mondo dei vivi e nessuno è riuscito a spedirlo all'altro mondo, dove dovrebbe trovarsi.

Hidan non può permetterselo.

Perciò invoca un dio del massacro e cerca la morte conficcandosi lance nel petto, frantumandosi il costato, godendo del dolore che prova e sperando di aver finalmente raggiunto il suo scopo. Mai accade e deve accontentarsi di quei brevi minuti di incoscienza, quando il tempo di dilata e si allunga, come avvolto in denso miele; quando la morte lo accarezza con dita gelide sulla guancia, ma si rifiuta di prendere la sua vita. Ignora e insulta le denigrazioni del compagno su tali rituali, che lo portano più vicino al dio venerato e al fine ultimo che brama con ogni brandello del suo immortale essere.

Solo durante il rito sembra provare il piacere della morte temporanea, che offusca ogni senso e percezione, che mozza il respiro in gola e ferma il cuore nella cassa toracica.
Solo durante il rito e il sesso; quando quasi entrambi al culmine scaricano la rabbia sul corpo altrui, con morsi voraci e tagli sanguinolenti, destinati a rimarginarsi e guarire nel giro di breve.
Ma la differenza tra i due momenti per Hidan è fondamentale.
Quando il calore dell'amplesso inonda il suo corpo -almeno per una volta, almeno per poco- Hidan si sente umano.

Grida volgare il proprio piacere, incide per dispetto l'ennesima volta il marchio delle proprie unghie sulle ampie spalle di Kakuzu, che grugnisce infastidito, ma si limita a guardarlo storto, perché non trova nulla di una bellezza più effimera degli occhi ametista stravolti dal piacere dell'ennesimo orgasmo che ha sufficientemente appagato entrambi.
Hidan ride piano, sguaiato ed euforico della propria condizione, soddisfatto di quella piccola morte che lo ha lasciato ancora senza fiato e con il medesimo piacere di un sacrificio, forse persino amplificato.
Non cancella il sorriso folle mentre riversa la testa all'indietro e chiude gli occhi, come a concedersi ancora una volta, ansioso di provare ancora quella goduria, il corpo di nuovo martoriato dalla passione violenta di Kakuzu, ma destinato a tornare pallido e illibato in poco tempo.
Senza proferire parola, Kakuzu appoggia nuovamente la mano sul petto di Hidan. Sotto il palmo, sotto la pelle, il cuore dell'albino batte furioso e sarebbe davvero troppo facilmente penetrare con le dita quella pelle così tenera e malleabile per strapparlo e renderlo proprio.
Un gesto che attira l'attenzione del giovane, che lo fissa in un misto di stranito divertimento: Hidan ha compreso i suoi pensieri e quel suo malato sorriso è solo un invito a provarci.
Le dita di Kakuzu hanno un fremito, iniziano a incidere il muscolo, ma desistono nel notare lo sguardo speranzoso dell'altro, che prega che insieme al suo cuore, attiri a sé pure quella maledizione senza via di uscita.
Il cuore dell'albino batte, come lo fanno i suoi, ma sono muti in quei momenti e lui sente solo il mormorio ormai quieto delle contrazioni del petto di Hidan.
All'infinito.
Kakuzu potrebbe decidere di smettere di esistere, se lo volesse. Gli basterebbe attendere che ognuno di quei quattro cuori finisca di battere e poi abbandonarsi a quell'oblio che è la morte.
Accetta di restare in vita ancora perché lui è l'unico che può accompagnare l'albino, sopportarlo ad ogni suo passo e minacciarlo di qualcosa di impossibile; che può illudere quello sguardo speranzoso di qualcosa che non si avvererà mai.

Il sangue cola tiepido sulle unghie, macchia la pelle di alabastro e traccia sinuose scie carminio, ma nessuno dei due immortali lo nota, troppo impegnati entrambi a cercare qualche residuo di umanità sulle labbra dell'altro, chiudendo gli occhi e cullandosi infantilmente nell'illusione di potersi salvare -o essere salvati- da quella dannata esistenza a cui si sono condannati da soli.
   
 
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