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Autore: Elizabeth_2206    20/11/2016    4 recensioni
"Hallelujah ci porta attraverso un immenso spettro di luoghi emozionali, spiegando quanti tipi di alleluia esistono, e che tutte le alleluia perfette e infrante hanno lo stesso valore. E' un desiderio di affermazione della vita con entusiasmo, con emozione. Chiunque la ascolti chiaramente scoprirà che è una canzone che parla di sesso, di amore, della vita sulla terra. L'alleluia non è un omaggio ad una persona adorata, a un idolo o un Dio. E' un'ode alla vita e all'amore."
1900, Casa Hawkeye. L'arrivo di una persona cambia per sempre il futuro dei suoi abitanti. E' l'analisi dell'adolescenza di Riza e di come si trova ad interagire con tutti i tipi di amore che esistono. Il racconto di come le vite di quella ragazzina e di Roy Mustang si sono intrecciate per sempre.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Berthold Hawkeye, Riza Hawkeye, Roy Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Hallelujah'
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Brevi Note Introduttive
Questa storia è nata dalla mia passione sfrenata per Hallelujah di Leonard Cohen, che, tra le altre cose, non mi appartiene. E' un'analisi dell'adolescenza di Riza, e delle sue interazioni con tutte le tipologie di amore. In ogni capitolo citerò un pezzo di una strofa della canzone; i capitoli saranno connessi cronologicamente in modo indiretto, per cui tra l'uno e l'altro potrebbero esserci salti temporali (ovviamente specificati). Tutte le altre informazioni si trovano nelle note infondo al capitolo, che vi consiglio vivamente di leggere.


 
Hallelujah

 
#1 – The First Meeting
Well I’ve heard there was a secret chord
That David played and it pleased the Lord
But you don’t really care for music, do you?

Riza si buttò sul letto. Le braccia e la schiena, doloranti dalle pulizie svolte quel pomeriggio, non le davano tregua. Solitamente non faticava mai così tanto, ma quello era un giorno, per così dire, speciale. O perlomeno diverso da tutti gli altri.
Quel giorno era arrivato il ragazzo.
Signor Mustang’ si corresse mentalmente ‘E’ meglio che non gli dia troppa confidenza. Voglio avere a che fare il meno possibile sia con lui che con l’Alchimia.’

Se l’era trovato davanti quella mattina, quando aveva aperto la porta per uscire a stendere il bucato.
“Ciao” le aveva detto sorridendole il ragazzo “Mi chiamo Roy Mustang e cerco il Maestro Hawkeye.”

La ragazzina, presa alla sprovvista, l’aveva fissato per qualche secondo, per poi farsi da parte per lasciarlo entrare.
“Io… io sono Riza Hawkeye. Lo… lo chiamo subito.”
“Immagino tu sia sua figlia.”
“Immagina correttamente, Signor Mustang.”

Così lo aveva fatto accomodare sul divano, mentre percorreva il lungo corridoio che separava la casa accogliente e luminosa dal tetro studio di suo padre.
“Pa… papà. C’è una ragazzo alla porta. Cerca te. Ti ha chiamato Maestro.”

L’uomo, perennemente chino sui suoi libri, aveva alzato impercettibilmente la testa, annuendo.
“Mandalo qui. E non ci disturbare finché non usciremo.”

Riza si era congedata e aveva chiamato il giovane, che nel frattempo si era alzato dal divano e aveva cominciato ad osservare la stanza. All’ingresso della ragazzina, si era voltato e, sempre sorridendo gentilmente, le si era avvicinato.
“Siete solo voi due? Sei tu che ti occupi di tutto?”
“Si ad entrambe le cose, Signor Mustang.”

Poi l’aveva spedito malamente verso lo studio e aveva cominciato a pulire, vergognandosi dello stato della casa, immaginando che il ragazzo avesse notato lo strato di polvere che ricopriva un po’ tutto. Mentre lucidava il pavimento, aveva riflettuto su cosa potesse volere il ragazzo.
Ha chiamato mio padre Maestro, per cui immagino che voglia essere suo allievo. E l’unica cosa che mio padre degna di attenzione è…

Alchimia.

Al pensiero di quella scienza, che tanto le metteva i brividi, un’espressione di disgusto le si era dipinta sul volto. Non le era mai piaciuta, e questo non aveva che reso più inesistente il rapporto già deteriorato tra lei e il suo burbero padre. Dopo la morte di sua madre, infatti, egli non aveva fatto altro che studiare per la sua Ricerca del Potere, dimenticandosi quasi di lei. Era come se quella scienza le avesse portato via la sua famiglia. Ogni volta che ci pensava, si incupiva.
Nonostante ciò, sorrise pensando al modo in cui suo padre avrebbe probabilmente trattato il Signor Mustang.
Infondo, non mi importa granché, né di lui né dell’Alchimia.’


Ancora sdraiata sul letto, Riza dovette ammettere che quel pomeriggio aveva decisamente mentito a se stessa, dicendo che non le importava: quando il Signor Mustang era uscito dallo studio di suo padre, con lo stesso Berthold Hawkeye al seguito, aveva provato un immenso senso di fastidio. Quel ragazzo era riuscito in poche ore ad attirare l’attenzione di suo padre e farlo uscire da quella dannata stanza, cosa che persino lei, sua figlia, faticava a fare.
“Oh, Riza! Hai fatto davvero un ottimo lavoro! Questa casa ora è molto più accogliente, rispetto a questa mattina.”

Posando un vaso di fiori che aveva appena riempito, Riza si era voltata verso Mustang, sorpresa.
“Grazie, Signore. Visto che si è fatto tardi, mi sono permessa di prepararle una stanza, nel caso in cui voglia restare per la notte. Per qualsiasi cosa non si faccia problemi a chiedere.”
“Molto bene, Riza. Ad ogni modo, Roy Mustang resterà a vivere con noi, come mio allievo.”

Alle parole di Berthold, sul viso della ragazzina si era dipinta un’espressione a dir poco sconvolta, ma di fronte alla fermezza del padre, si era limitata ad annuire e a cominciare a preparare la cena, durante la quale si era comportata in modo impeccabile.
Così, dopo essersi congedata dal Signor Mustang e aver augurato la buonanotte a suo padre, persa in questi pensieri, fissava il soffitto buio della sua stanza, chiedendosi perché mai vedere suo padre che dava attenzioni a quel ragazzo le facesse così male.


Il mattino successivo, mentre preparava la colazione, Riza quasi la rovesciò per terra.
“Buongiorno! Oh, serve una mano?”

Il ragazzo le era arrivato alla spalle e l’aveva spaventata, rischiando di farle combinare un pasticcio.
“E’ tutto a posto, Signor Mustang. Gradisce del caffè? C’è anche del latte, se ne vuole.”
“Riza, per favore, smetti di chiamarmi Signore! Mi fai sentire incredibilmente vecchio. Comunque il caffè va benissimo.”

La ragazza alzò leggermente le spalle, mentre l’altro prendeva posto a tavola e attendeva che gli venisse versata la bevanda.
“E’ semplice galateo, Signore. Bisogna essere rispettosi delle persone più grandi.”
“Quanti anni hai, Riza?”
“Undici, signore.”
“Ebbene, io ne ho quindici. Non mi sembra il caso di portare ‘rispetto’ dandomi del lei. Inoltre abiterò qui fino a che la mia istruzione non sarà completata, per cui mi troverei più a mio agio se mi chiamassi semplicemente Roy.”
“Come desidera, Signor Mus… ehm, Roy...?”

Riza, imbarazzata, la fece sembrare una domanda, e al ragazzo scappò una risatina che nascose abilmente sorseggiando il caffè.
In fin dei conti non è poi così male.’ pensò Riza ‘E’ gentile, discreto e ha dei modi di fare aggraziati; probabilmente viene dalla città. Poteva capitarmi di peggio.’

“Ieri ho avuto modo di conoscere tuo padre. Il maestro Hawkeye mi sembra una persona abbastanza affabile. Certo, è un po’ strano e burbero, ma sembra un brav’uomo.”

Il treno dei pensieri di Riza fu fermato dalle parole di Mustang, che la bloccarono, mentre stava sciacquando la sua tazza.
Alla mente le tornarono i ricordi di grida disumane, odori nauseabondi e il terrore puro che regnavano quando suo padre si sentiva vicino alla soluzione finale, ma non era in grado di afferrarla. Ricordava il rumore dello studio che veniva messo a soqquadro, i libri lanciati contro le pareti e le urla di frustrazione che echeggiavano per tutta la casa, e che arrivavano anche sotto il tavolo dove Riza si nascondeva per sfuggire a quel caos.
Odiava che Roy Mustang non avesse ancora capito con chi avesse a che fare, ma soprattutto odiava che questa buona impressione che suo padre aveva dato a quel ragazzo fosse ancora una volta la dimostrazione che per lui un allievo di alchimia era più degno di attenzioni di sua figlia.
Si avvicinò alla porta, voltandosi verso Mustang.
“Mi creda, Roy; lei deve ancora conoscerlo. Quando gli verrà una delle sue crisi… non venga a nascondersi con me sotto il tavolo.”

Roy si voltò di scatto , ma lei era già sparita.
“Nascondersi sotto il tavolo? Chissà cosa intendeva…”









Note dell'Autrice

Okay, ammetto che questo capitolo è stato un vero e proprio parto.
Non so ancora come mai mi sia lanciata in questa long, ma sinceramente non riuscivo proprio a farne a meno.
Lasciando perdere gli sproloqui, vorrei parlare brevemente di questo capitolo.
Questa volta analizzo il rapporto affettivo padre-figlia. Riza vorrebbe che suo padre la guardasse, notasse e premiasse la dedizione con cui fa le pulizie, con cui cucina, e tutte le sue piccole vittorie, ma non è così. Lui in mente ha solo la sua alchimia, ed è per questo motivo che Riza la odia. Ovviamente, all'arrivo di Mustang, che in poco tempo riesce ad attirare su di sè l'attenzione del Maestro che lei non ha mai ricevuto, vederlo la manda in bestia. Perciò questo è un Hallelujah stizzito, arrabbiato, ma anche addolorato: Riza reputa ancora quell'uomo suo padre, ed è ferita dalla sua indifferenza.
Ovviamente il rapporto 'rose e fiori' tra Roy e Berthold (per questo nome il ringraziamento va a Laylath, che con Sniper's Soul mi ha letteralmente aperto un mondo) non durerà a lungo; infondo Riza conosce bene suo padre e i suoi demoni.
Per quel che riguarda la citazione, ho fatto un parallelismo: David è Roy, il Signore è  Berthold e la musica, ovviamente, è l'Alchimia.
Fatemi sapere cosa ne pensate, mi farebbe molto piacere.
-Elizabeth
   
 
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