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Autore: Leonhard    21/11/2016    5 recensioni
Non lo voleva dire, era un tabù mai pronunciato, ma la parola che dava un nome a tutto ciò comparve nella sua mente a caratteri cubitali, infischiandosene allegramente di qualunque stupido tabù partorito da qualunque stupida mente.
Gelosia.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Judy Hopps, Nick Wilde
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Distopian Zootopia'
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NOTE DELL’AUTORE:

Salve a tutti voi e ben trovati. Dopo la conclusione della precedente fic, ho pensato ad una vicenda che alleggerisse i toni e che regalasse ai miei lettori un po’ di respiro dall’atmosfera pesante che presentava I QUATTRO CAVALLI.

Da questo mio pensiero è nata questa OS, che vuole essere una piccola Missing Moments delle vicende della seria ed allo stesso tempo il teaser di quella che sarà l’ultima fic di questa serie. Quindi non i resta da fare se non dare il bentornato a tutti coloro che hanno letto i miei precedenti lavori, il benvenuto a coloro che mi scoprono per la prima volta e l’augurio di una buona lettura a tutti coloro che leggono queste righe.
Dove si posa lo sguardo


 
I conigli sono animali per natura territoriali. E possessivi: era solo una delle tante ramanzine che aveva sentito da suo padre talmente tante volte che oramai le usciva dall’orecchio opposto da quello in cui entrava, assieme alle solite raccomandazioni sul fare attenzione ai pericoli che una coniglietta come lei correva nel fare quel lavoro, al passare a trovarla spesso o almeno farsi sentire una volta al giorno o, meglio ancora, di trovarsi un compagno perché “ormai hai fatto carriera, sei un vero agente di polizia: non è arrivato il momento di pensare di metter su famiglia?”.

In pura e semplice verità era sbagliato affermare che Judy non fosse interessata a farsi una famiglia, anzi da qualche parte dentro di lei, ben nascosta dall’integerrima e stakanovista poliziotta sempre in anticipo di cinque minuti nella sala meeting e di dieci nel suo ufficio, la desiderava: insomma, quale femmina di una qualsivoglia specie di animale ad un certo punto della sua vita non provava il sordo desiderio di coccolare e cullare un fagotto di coperte che sì, strillava, ma talmente carino da far provare l’istinto di passarci sopra?

I motivi per cui non aveva ancora aperto la questione con nessuno erano molteplici, ma si potevano essenzialmente raggruppare in due enormi punti: tanto per cominciare perché discuterne con i suoi avrebbe dato il via ad una lunga e vagamente patetica serie di appuntamenti al buio ed incontri “casuali” di conigli di ottima famiglia, giovani, in perfetta salute e con il primo calore passato da un bel pezzo.

Il secondo era perché si guardava intorno ogni volta che usciva per le strade di Zootropolis: vedeva conigli, lepri ed ogni sorta di animale superarla, parlare al cellulare, sfogliare fumetti e correre dietro l’autobus. Osservava seduta al bar a sbocconcellare il suo gelato al fieno all’inconscia ricerca di qualcosa che la attirasse particolarmente in qualche passante, ma mai una volta che il suo sguardo si fosse posato su qualcuno in particolare.

Poi erano comparsi davanti ai suoi occhi due biglietti per il cinema ed in cima ad essi il muso sorridente di Nick. E lo sguardo si era fermato, assumendo un’espressione incredula.

“Un uccellino mi ha detto che apprezzi Seal Connery” disse la volpe sventolando i biglietti davanti ai suoi occhi. “Devo per caso incarcerarlo per falsa testimonianza?”.

“Che cosa…?” commentò lei, scattando verso i biglietti che prontamente salirono fuori dalla sua portata. Il ghigno di Nick si fece più ampio.

“Qui c’è scritto Cinema Arctic Monkey, La Leggenda degli Anfibi Straordinari” disse. L’eccitazione di Judy si palesò in una serie di convulsi saltelli sulla sedia.

“Credevo che avrei dovuto aspettare il DVD!” esclamò. “Come li hai avuti?”.

“Cara la mia campagnola, esiste una cosa arcana e misteriosa chiamata Internet” commentò lui. “E non sai nemmeno quante mie conoscenze ho dovuto corrompere per averli: sono in fila centrale, con untissimi popcorn al formaggio inclusi nel prezzo”. Judy sbracciò per raggiungere i due biglietti quasi ne andasse della sua stessa esistenza; Nick alzò ancora di più la zampa.

“Oh insomma!” esclamò lei. “Che stai facendo?”.

“Chi ha mai detto che sono per te?” provocò la volpe. “Cara la mia coniglietta ottusa, questi biglietti in edizione limitatissima hanno un prezzo”. Lei abbassò la zampa e tornò seduta, scoccando negli occhi di Nick uno sguardo di sfida.

“Può bastare la mia improvvisa amnesia riguardo l’incidente nella sala rapporti?” chiese maliziosa. “Sai, una cosa riguardante una scala che non era pericolante perché l’unica volpe del distretto di polizia, di cui non farò mai il nome, l’aveva sicuramente guardata?”.

“Come pagamento per i popcorn andrà benissimo” annuì lui. “E poi posso sempre ribattere con un certo coniglio, stranamente poliziotto anche quello, che ha il letto invaso da peluche perché non riesce a dormire se non abbraccia qualcosa di morbido”. Judy drizzò le orecchie e si guardò attorno per accertarsi che nessuno stesse origliando.

“I bigodini sulla coda” rilanciò lei, certa della segretezza del loro scambio di episodi imbarazzanti. Il sorriso di Nick si spezzò per qualche secondo.

“Coniglietta impicciona” disse. “Che fai, mi spii?”.

“Tengo d’occhio il mio partner” replicò lei, sentendosi la vittoria in tasca. “Non vorrei mai che si cacciasse in qualche guaio”. Il ghigno di Nick resuscitò in tutto la sua fulgente pericolosità.

“I grattini sulle orecchie” disse, con voce untuosa. Questa volta Judy quasi cadde dalla sedia.

“Nick!” esclamò, scandalizzata. “È personale!”.

“Come i bigodini” fece presente lui. “Non credere che mi piaccia: mi si arruffano i peli quando c’è umidità”.

“Volpe ricattatrice” borbottò la coniglietta, vedendosi sconfitta e trangugiando il suo gelato al fieno. “Allora, cosa vuoi come pagamento?”. Nick sorrise e le appoggiò i biglietti accanto al bicchiere.

“Tieni” disse, ridacchiando e addentando la sua crostata all’uva fragola. “Divertiti anche da parte mia”. Judy trovò strana quella sua accondiscendenza e la sua deliberata decisione di non approfittare di un pretesto per farle fare qualcosa di imbarazzante di cui ridere insieme, ma prese i biglietti e lo guardò incuriosita.

“In che senso?” chiese. “Tu vieni con me”. L’aveva formulata come una frase che non aveva niente in comune con una domanda: assomigliava più ad una constatazione, come se avesse appena concordato che sì, la terra era rotonda e che girava intorno al sole. Lui per tutta risposta scosse la testa.

“No carotina: io devo vedere una mia vecchia conoscenza” rispose. Lei aggrottò le sopracciglia.

“Non vieni con me?” chiese, perplessa. Lui fece una spalluccia.

“Non ho il dono dell’ubiquità, coniglietta insistente” replicò. “Sono sicuro che per una sera sopravvivrai anche senza di me”.
 
 

Judy stracciò il biglietto e lo lanciò verso il cestino dell'immondizia accanto alla porta. Era stata una serata piacevole, i popcorn non erano poi così unti ed il film era stato incredibile, con Connery che aveva lavorato al meglio delle sue capacità: insomma, un vero capolavoro.

Certo, se si eccettuava il fatto che, da brava coniglietta ottusa qual'era, aveva informato i suoi della sua serata libera al cinema e loro, ci avrebbe messo la zampa sul fuoco, avevano celermente provveduto a farle incontrare casualmente Fury, il suo vecchio amico d'infanzia, una lepre dall'impeccabile pelo marroncino che si era offerto prima di aiutarla a scendere dalla poltrona e poi di accompagnarla a casa.

“A quest'ora della notte non è saggio che una tenera coniglietta giri da sola per una città così grande” aveva detto, ma lei aveva rifiutato una, due, tre volte celando in maniera grossolana la stizza. Strano come avesse cominciato a sentire disagio anche quando i conigli usavano con lei la parola con la T.

Fury, al quarto rifiuto, doveva aver capito che il giorno in cui si sarebbe finalmente trovato una compagna non era quello e l'aveva presa tutto sommato con sportività, facendole in baciazampa ed allontanandosi da lei con un ultimo invito a replicare una sera come quella.

Judy sospirò e si guardò intorno: la luce dei lampioni illuminava di una opaca luce gialla la strada deserta e mostrava un panorama urbano in cui il silenzio regnava sovrano. Il semaforo poco lontano la lei lampeggiava la sua luce gialla con un'intermittenza quasi ipnotica e pagine di giornali si libravano nell'aria, cavalcando una leggera brezza. S'incamminò verso la porta del suo appartamento, stranita per la assoluta quiete del quartiere a quell'ora.

“...e poi gli ho detto: alla stazione ti ci accompagno, ma il treno non lo guido”. Judy drizzò le orecchie di scatto e si volse verso l'angolo dall'altra parte della strada: una spessa e folta coda rossa svanì dietro l'angolo un istante in ritardo per passare inosservata. La coniglietta attraversò la strada, sentendo svanire il torpore con cui era uscita dal cinema e svoltò l'angolo: pochi metri davanti a lei, di spalle, camminava Nick. Disinvolto come sempre, le dava le spalle e camminava con calma, parlando al telefono. Fece per chiamarlo, invece si nascose nuovamente dietro l'angolo.

(Non doveva vedere una vecchia conoscenza?) pensò tra sé e sé, tenendo le orecchie tese ed origliando la conversazione. (Poteva benissimo venire con me al cinema...).

“Mh? Judy?” sentì; per un attimo temette di essere stata scoperta. “No, lei a quest'ora sarà ancora al cinema...oppure sarà già tornata a casa a dormire. Sì, siamo solo in due stasera”.

In due stasera. Judy al cinema oppure a dormire. La coniglietta s'imbronciò: era palese che non la voleva con sé. Provò l'istinto di andarsene veramente a dormire e fargliela pagare lunedì in centrale ma rimase sul posto, continuando ad ascoltare la conversazione e prendendo mentalmente nota.

Siamo solo in due stasera.

“Ah, non lo so con chi è andata al cinema” diceva Nick. “Certo che non sono con lei: come avremmo fatto a trovarci se no?”.

Cominciò a camminare. La coniglietta lo seguì, facendo bene attenzione a non fare nessun rumore; continuava ad origliare la conversazione, sentendo dentro di lei uno strano peso, identico a quando aveva stracciato l'adesivo del distintivo dal taschino. Sentì nascere un moto di rabbia verso la voce della volpe poco lontana da lei ma chiara come se stessero camminando fianco a fianco.

“Ehi, avevo un valido motivo per essere ubriaco!” stava dicendo: il tono era distaccato, la voce soffusa ed i movimenti fluidi, esattamente come se stesse prendendo in giro il suo interlocutore. “Qual'era? Beh, avevo appena finito di bere: non ti sembra un motivo sufficientemente valido?”. Ridacchiata. “Sì, lo so. Ah, ma la carotina mi adora”.

(Oh certo che ti adoro) pensò lei malignamente. (Vedrai lunedì in centrale quanto ti adoro).

“Lo sai che sono in polizia adesso”. Il tono si fece strano: non era più quello della volpe truffaldina ma di un altro tipo di animale. “No, non mi occupo più del traffico di ghiaccioli. Se mi manca? Mah, diciamo che gli orari erano molto migliori...”.

Raggiunsero Savana Centrale senza che Judy se ne rendesse conto: saltava da un nascondiglio all'altro con passo felpato, invisibile e silenziosa, mentre Nick continuava a parlare al telefono con quella voce che faceva crescere in lei la sorda voglia di tirargli la coda più forte che poteva. E l'avrebbe anche fatto se in quel momento, per la prima volta, non fosse comparso un nome all'interno della chiamata.

“Ma no Shilla. È che sono a piedi, non è proprio vicino a casa mia sai?”.

Judy perse all'istante ogni curiosità, ogni voglia di fare, ogni sorda curiosità che l'aveva obbligata fino a quel momento a stare alle costole del suo compagno. Shilla. Si sedette contro il cassonetto dietro cui era nascosta guardandosi le zampe; Nick si era fermato e si era appoggiato ad un palo della luce, continuando a parlare della sua vita da poliziotto, ancora troppo nuova perché lui ci si fosse abituato.

Shilla. Una femmina. Scosse la testa, ripensando a Fury e scoprendo che una parte di sé non avrebbe disdegnato un secondo appuntamento con quella lepre così raffinata e dai modi gentili. Eppure non era riuscita nemmeno a concentrarsi sul film, non si era gustata appieno i popcorn al formaggio; ironicamente, non si era nemmeno fatta una chiara idea di come fosse vestito Fury.

Perché? Era quella la domanda che per due ore di film non visto le era rimbalzata nelle orecchie. Veramente era così radicata nella routine quotidiana, così affezionata all'immagine che si era creata di un coniglio tutto lavoro da non riuscire a concentrarsi nemmeno durante una serata di relax? Nemmeno davanti al suo attore preferito?

Oppure la domanda era un'altra? Possibile che riguardasse Fury? I suoi? Oppure Nick? Insomma, era l'unico animale in tutta la stazione di polizia...che diamine, in tutta la città che le aveva dimostrato quanto bastava perché lei si potesse fidare. E ricordava la sensazione che aveva sentito quando Nick le aveva detto che sarebbe andata al cinema senza di lui.

Poteva...possibile che quello che aveva sentito fosse stato...smarrimento? Possibile che in quel momento si fosse sentita così tremendamente sola? Erano quelle le parole giuste?

Diceva la verità a sé stessa quando imputava al lavoro il suo disinteresse verso una vita di coppia?

Ma lei lavorava con Nick e se lui era il motivo del suo sospetto disinteresse per quel gran pezzo di animale di Seal Connery allora c'era un valido motivo per lei di fargliela pagare doppia lunedì. Ma anche di domandarsi se non ci fosse nulla di sbagliato in lei.

(Mi sto...prendendo in giro da sola?) pensò.

“Beh, adesso attacco: si, sono qua fuori”. Nick chiuse la chiamata ed il silenzio tornò sovrano. La coniglietta sospirò con una spalluccia. Massi, che andasse: che si trovasse una femmina e mettesse su quella famiglia che lei non aveva voluto e che adesso non avrebbe mai avuto. Deglutì, chiedendosi da dove arrivassero quei sentimenti così simili a...

Non lo voleva dire, era un tabù mai pronunciato, ma la parola che dava un nome a tutto ciò comparve nella sua mente a caratteri cubitali, infischiandosene allegramente di qualunque stupido tabù partorito da qualunque stupida mente.

Gelosia.

“Allora, carotina” disse una voce sopra di lei. “Bello il film?”. Judy alzò di scatto gli occhi, trovandosi a guardare il muso di Nick, invaso da un ghigno di trionfo. Altri sentimenti contrastanti: da un lato avrebbe dato il suo distintivo per un valido motivo per fargli sparire quei denti con un calcio, dall'altra si sentì paralizzata da quegli occhi. Ma erano sempre stati così grandi, verdi ed ipnotici?

“Cosa...?” mormorò lei. Il suo sorriso divenne più ampio. Posso calciarlo adesso, vero?

“Pensi veramente che non mi fossi accorto di essere seguito?” commentò lui.

“Non ho fatto nessun rumore!” esclamò lei alzandosi. Lui scosse la testa.

“Cara la mia coniglietta ficcanaso, sai che le volpi hanno un fiuto sensibile?” chiese. “Avresti dovuto tenerti controvento anziché continuare a starmi dietro: mi sono arrivate zaffate del tuo odore che mi dicevano: sono Judy Hopps e ti sto seguendo!”.

“Guarda che mi sono lavata!” esclamò lei, afferrandolo per la cravatta. Lui scosse la testa.

“Ah, voi conigli…” commentò lui. “Cose come il fiuto e gli odori latenti sono veramente fuori dalla vostra portata. Bene, adesso che abbiamo appurato chi di noi si occuperà dei pedinamenti vorresti cortesemente spiegarmi cosa ci fai qui?”. Judy si sentì per qualche secondo presa in contropiede, ma era decisa a non arrendersi in quel modo.

“Controllo il mio compagno” replicò lei.

“Ho trentadue anni, carotina” osservò lui. “Sono abbastanza sicuro di non aver più bisogno della tata”.

“Ah, non mi incanti Nick” ringhiò lei. “Eri al telefono poco fa: con chi ti vedi?”.

“Mi spii?” chiese lui; quel ghigno non si decideva ad abbandonare il suo muso e Judy fu colta dal tremendo sospetto che tutta quella scena fosse stata fatta apposta. “Non è molto carino da parte tua, coniglietta gelosa”.

“Non sono gelosa!” esclamò lei, sulla difensiva. Stava perdendo terreno e lui lo sapeva: la cosa non poteva che prendere una brutta piega.

“No, certo” assentì lui, assecondandola. “Mi hai seguito perché anche a te è venuta voglia di fare una passeggiata. Nella mia direzione. E per qualche strano motivo ti è venuta voglia di nasconderti”. Si chinò su di lei. “Quindi se non mi pedinavi perché eri gelosa ho ragione di pensare che volessi evitarmi”.

“Ma…io…” mormorò lei. Non sapeva più che pesci pigliare e distolse lo sguardo, lanciando un SOS urgente al suo cervello. La volpe la guardò con quel ghigno saccente per qualche altro secondo, sicuramente godendosi la scena, poi con un sospiro si rialzò.

“Beh, vieni?” chiese.

“Tu hai un appuntamento no?” borbottò lei, senza riuscire a far sparire il tono seccato dalla voce. Per tutta risposta, la volpe la prese per la zampa.

“Muoviti coniglietta impicciona: ci stanno aspettando” disse, trascinandola verso una saracinesca chiusa. Forse fu la sorpresa ma Judy si lasciò trasportare da quella zampa senza opporre resistenza, anzi analizzando cose a cui fino a quel momento non aveva prestato attenzione: i cuscinetti delle zampe contro le sue, gli artigli sempre sporgenti che le solleticavano delicatamente il pelo, il calore che sentiva irrorarsi dal quel braccio che tutto era tranne che normale o fastidioso. Deglutì e guardò la testa della volpe con smarrimento.

“Ma che stai dicendo?” chiese, sottraendosi a quella presa. “Ti aspettano: devi andare!”. Lui non rispose: si volse e le dedicò qualche secondo del suo ghigno prima di bussare alla saracinesca chiusa. L’inferriata si sollevò con un clangore che saturò l’aria ed il muso di una capra fece capolino da dentro il negozio.

“Nick! Alla fine ce l’hai fatta: cominciavo a pensare che mi avessi dato buca!” esclamò, con un belato cordiale. Lui scosse la testa.

“Lo so, Shilla: scusa il ritardo, ma questa tenera coniglietta si è fatta venire le remore” replicò lui. “Tutto pronto?”.

“Per te tengo sempre tutto pronto, manigoldo” rispose. “Forza, entrate”.

Judy seguì cautamente la volpe all’interno della bottega, soffermandosi per un secondo a pensare che l’aveva definita tenera senza che lei avesse nulla da ridire. Poi il profumo del pane le investì le narici; si guardò intorno, mentre Nick le allontanava leggermente una sedia accanto al bancone.

“Prego, gelosona” ridacchiò. “Stiamo accanto così ti assicuri che non faccia il marpione con Shilla”.

“Come se la cosa potesse turbarmi…” sbottò lei. “Sappi che sono molto offesa; ho dovuto passare la serata con un amico di famiglia…”.

“Ah, uno di quelli che incontri ‘accidentalmente’ ogni volta che riferisci ai tuoi genitori come passi le serate quando non ci sono io?” commentò alzando due dita in direzione della capra: sembrò capire il gesto e scomparve nel retrobottega.

“Proprio uno di quelli…” rispose lei mogia. Sul bancone comparvero due piattini colmi di ciambelle; da quello di Nick si spandeva un pungente aroma di ribes, mentre quella di Judy parlava da sola. “Aspetta un secondo…”.

“Mangia; offre la casa, no?” invitò la volpe. Shilla belò una risata.

“Come sempre, Nick” rispose. “Quindi i privilegi tuoi valgono anche per la tenera coniglietta qui?”. Judy fece per ribattere, ma lui la precedette.

“Certo, ma chiamare un coniglio ‘tenero’ non è molto apprezzato” disse. “Io posso farlo perché sono un privilegiato”. La capra annuì.

“Beh, le mie scuse agente Hopps” disse. Lei addentò la ciambella: subito il sapore di carota si mescolò con l’aroma della nocciola. Drizzò le orecchie e si volse in direzioni di Nick, impegnato in una sfilza di complimenti per la pasta delle ciambelle.
 
 

“Lo sapevo che di te non mi posso fidare…” sbottò la coniglietta, camminando per strada con un sacchetto stracolmo di ciambelle. “Questa me la paghi”.

“Grazie tante…” replicò la volpe, addentando il suo ultimo dolcetto alla mora selvatica. “Io ti faccio scoprire angoli di Zootropolis che tu non conosci e che senza di me non conosceresti mai e tu mi ripaghi con la vendetta: me lo devo ricordare la prossima volta che avrò tra le mani un biglietto per il cinema”.

“E parlando del cinema, potevi benissimo venire con me” osservò lei, mantenendo un broncio ormai superfluo. “Almeno mi sarei risparmiata il baciazampa di Fury”.

“Oh, preferivi che te lo facessi io?” punzecchiò Nick ridacchiando. A quella provocazione accadde qualcosa di inatteso, qualcosa di cui la prima a stupirsi fu Judy. Avrebbe potuto giurare su qualsiasi cosa di aver pensato ad una battuta sagace, una che,  con un po’ di fortuna, avrebbe tappato la bocca a Nick almeno su quell’argomento: l’aveva anche studiata, davvero. Avrebbe ripiegato nuovamente sui bigodini alla coda che, anche se personali, rappresentavano probabilmente l’unica arma efficace nel suo arsenale anti-volpe.

Già si era immaginata la faccia di Nick, il suo silenzio ed il suo ritornare sui peluche o sui grattini alle orecchie, ormai stantii seguendo i suoi canoni ma che avrebbero comunque rappresentato una vittoria per lei di cui entrambi ne sarebbero stati consapevoli. Ma con il retrogusto alla carota ancora sulla lingua ed il profumo della nocciola nelle narici, fece una cosa assolutamente fuori dai suoi progetti. Afferrò con la mano libera la coda di Nick, un po’ troppo dolcemente, e lo guardò negli occhi.

“…si” mormorò.

Effettivamente, pensò, se veramente avesse voluto zittirlo come si deve, avrebbe dovuto pensare a quella risposta immediatamente. Ma si zittì anche lei, riconoscendo che era stata spontanea. Arrossì, ma si ostinò a continuare a guardare

dove si posa lo sguardo

la volpe voltarsi e fissarla con un paio di occhi spalancati, fattisi disorientati per l’assoluta mancanza di un tono scherzoso che si sarebbe così ottimamente sposato con quella risposta. Nell’aria piombò nuovamente quel silenzio che solo un’ora prima l’aveva appena impensierita, ma che in quel momento sembrava prendere improvvisamente un senso, acquistare uno scopo. Nick aprì la bocca per rispondere, ma lei scosse la testa. Il suo istinto le disse di abbandonare il sacchetto a terra e di abbracciare la sua coda, arrivando anche a suggerire delle parole da dire ed il suo corpo obbedì, rinchiudendo con nonchalance la ragione ed il buon senso da qualche parte dentro di lei.

“Non dire nulla, Nick” mormorò, affondando il muso nel pelo. Molto meglio delle ciambelle. “Per favore, non dire nulla. Lo so…lo so che è strano, lo so che non te lo spieghi: non me lo spiego nemmeno io…ma tu non ti rendi conto quanto mi sei mancato dentro quella sala…”.
La coda fulva scivolò via dalla sua presa e sentì la sua presa sulle spalle. Ebbene si: voleva anche quello. La volpe la guardò con aria grave, quasi risentita…no, quasi mortificata.

“Judy…” mormorò. “Anche a me sembra strano…anche io fatico a spiegarmelo…ed anche io vorrei…ma devi guardare in faccia la realtà: devi svegliarti, Judy”. Lei scosse la testa.

“No!” esclamò. “Non voglio più fare questi incontri 'casuali', non voglio più che i miei cerchino per me il mio compagno! Voglio che sia tu il mio compagno…”.

“Carotina…”.

“…e che la prossima volta tu venga con me al cinema…”.

“Judy…”.

“…e mi faccia il baciazampa per salutarmi. Non voglio più saperne di lepri e amici d’infanzia e lontani cugini! Sei tu il mio partner e voglio che tu sia anche il mio compagno!”.

“Hopps!”. Quell’ultimo richiamo la costrinse a sollevare lo sguardo su di lui: quell’espressione era talmente seria da farle venire i brividi. “Sto parlando sul serio”.

E quei pochi rumori lontani che li circondarono svanirono con un ultimo sibilo: furono circondati da un silenzio innaturale, profondo e terrificante. Judy non distolse gli occhi da lui, sentendo una paura ed una tensione che non le appartenevano nascerle ed invaderle tutto il corpo. Gli occhi di Nick non erano più seri e non erano più verdi.

Erano freddi. E di una tonalità celeste.

E quando parlò la sua voce le riempì le orecchie: in mezzo a tutto quel silenzio suonò come un boato quasi assordante, del tutto illogico ma non per questo meno orrendo. Il sacchetto a pochi passi da lei si torse sotto il peso di una ciambella scivolata improvvisamente fuori posto: non fece alcun rumore, come se non esistesse per davvero.

Svegliati, Judy”.
 
 

Judy aprì gli occhi; davanti a lei, Jack Savage la guardava con occhi fermi e freddi, una manica della camicia strappata e avviluppata attorno alla testa con una chiazza rossastra all’altezza della tempia ed un grande fucile di precisione in braccio, con la canna appoggiata ad un balcone sgangherato.

“Svegliati Judy” ripeté ancora. “Sono arrivati i lupi”.

Come a rispondere ad un comando, lei si alzò lentamente in piedi e si posizionò al davanzale accanto al suo, abbracciando un secondo fucile di precisione ed appoggiando l’occhio contro l’obiettivo del mirino telescopico. In quel piccolo tubo vide le strade spaccate, le macchine rovesciate ed in fiamme ed i calcinacci degli edifici sgangherati e parzialmente distrutte. Fece vagare l’obiettivo per le strade, senza scorgere nulla che le facesse

posare lo sguardo

provare quella sensazione di allerta che, adesso ricordava, era stata sua fedele compagna in quei giorni, da quando Nick se n’era andato. Vagò con il mirino sugli animali sottostanti, tutti predatori, tutti a quattro zampe, che studiavano l’ambiente circostante con aria guardinga, all’erta. Sospirò.

“Sai, Jack…” borbottò. “Avrei proprio voglia di una ciambella in questo momento”.

 

NOTE DELL’AUTORE:

Vi avevo promesso il teaser entro il weekend, ma cause di forza maggiore mi hanno costretto a spostarlo al lunedi. Alla fine però l’importante è che sia arrivato senza uno dei miei leggendari ritardi. XD

Non sono esattamente tipo da cose romantiche, ma ho voluto sperimentare questa cosa per vedere se sono ancora capace di mettere un po’ di tenero nelle mie storie. Questa One Shot anticipa (di molto temo) l’ultima fic della serie, DISTOPIA SCARLATTA, che sarà prossimamente online.

Che altro dire, spero che questo mio esperimento vi sia piaciuto. Nella prossima storia darò fondo a tutte le mie risorse per regalarvi una conclusione che sia del più alto livello da me raggiungibile. Per fare ciò temo mi servirà un bel po’ di tempo, ma vi garantisco che non abbandonerò la serie proprio ai suoi capitoli conclusivi.

Alla prossima, stay tuned

Leonhard
   
 
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