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Autore: HarleyHearts    21/11/2016    1 recensioni
Lyla ha sempre avuto una vita normale, come tante sue coetanee ventitreenni.
Viveva con la madre e la sorellina minore, in una piccola casetta a schiera a Washington, e divideva le sue giornate tra l’Università e i migliori amici Rebekka e Robert. Andava tutto bene nella sua quotidiana monotonia.
Almeno, era così prima di incontrare in ospedale il nuovo medico pediatra Ciel O’Konnor; 27 anni di pure bellezza canadese, e un passato traumatico alle spalle.
Da quel giorno, da quel lieve sfioramento di mani, tutto è cambiato drasticamente.
L’esistenza di un mondo che credeva impossibile, una guerra sanguinosa che durava da decenni, creature straordinarie... persino Alpha; tutte cose che travolgeranno la sua vita, come un fiume in piena.
Prima storia della serie “Diversi, Simili ed Uguali”
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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capitolo 28
Capitolo 28
Come neve al sole.


- Porca vacca -
Fu questa l'elegantissima e finissima uscita che fece Rebekka, seduta insieme alla migliore amica sul suo letto, dopo aver ascoltato il racconto della corvina sul giorno prima.
Era sabato mattina e Lyla era andata, sotto controllo di Vieri, a casa della bella texana per raccontarle tutto quello che le era successo nemmeno ventiquattro ore prima; sia per chiederle qualche consiglio a riguardo, sia per renderla partecipe della cosa.
Sulle prime, Rebekka rimase sorpresa nell'apprendere che anche la sua migliore amica fosse un mostro, seppur in cuor suo aveva sempre saputo che Lyla non era una comunissima e semplice ragazza di origini canadesi, ma la cosa che la sconvolse maggiormente fu la notizia dell'imminente viaggio che avrebbe dovuto fare.
Sapere che Lyla doveva lasciare la città, perchè era in pericolo di vita, le aveva lasciato una sensazione spiacevole alla bocca dello stomaco.
Sapere che la sua migliore amica sarebbe potuta morire, da un momento all'altro, le lasciava un doloroso vuoto nel petto.
Bekka si passò una mano sul volto, e si stropicciò lievemente gli occhi.
Ci mancavano solo le lenti a contatto a darle fastidio in quel momento.
- Già - mormorò Lyla, portandosi una ciocca di capelli corvini dietro all'orecchio - È tutto così... assurdo! - pigolò subito dopo, stringendo tra le braccia un cuscino color lilla, con su la buffa stampa di un cane semplificato - Vorrei tanto non partire - le confidò, con una piccola smorfia sul volto.
- Ma devi - aggiunse Beki, con la medesima smorfia sul viso, incrociando le gambe sul materasso.
Rebekka e Lyla erano sempre state insieme dai tempi della scuola superiore, e non erano mai state lontane per lunghi periodi di tempo.
Persino durante le pause estive e le vacanze stavano sempre insieme, non riuscendo a sopportare la lontananza.
Se non riuscivano a resistere per nemmeno un mesetto lontane, come potevano farlo per un tempo indeterminato?
- E se venissi con voi? - propose all'improvviso la bionda, cogliendo impreparata l'amica.
- Sono un mostro anch'io; potrei venire con voi -
La smorfia sul volto di Lyla si fece più accentuata.
- È un'idea a dir poco folle, Bekka. Non so nemmeno se è possibile quello che mi stai chiedendo... E con Rob? Non possiamo mica lasciarlo, entrambe, da solo qui a Washington! Non sarebbe giusto -
- Portiamolo con noi - aggiunse, con ovvietà, la texana - Da quello che mi hai detto, Robert è il futuro compagno di Alberich. Se rimanesse qui, sarebbe anche lui in pericolo. Lo porteremo con noi -
Il piano di Rebekka era completamente folle agli occhi della corvina. La faceva davvero più semplice di quello che era in realtà.
Non poteva nemmeno lei prendere tutto ed andarsene come se nulla fosse, e Rebekka le proponeva di scomparire tutti e tre insieme?
Era fuori di testa.
Completamente fuori come un balcone.
- Bekka, tu sei pazza! Per prima cosa: Robert non sa ancora niente di Alberich e di... questo mondo, non possiamo nemmeno immaginare come potrebbe reagire alla rivelazione. Secondo: non possiamo sparire tutti e tre, insieme, dalla circolazione così all'improvviso - le fece notare la corvina, con tono di voce leggermente mal fermo e più acuto di alcune note.
Gli occhi scuri della bionda si sgranarono per la sorpresa, ma non fece in tempo ad aggiungere niente che Lyla riprese a parlare.
- E se, per assurdo, Robert accettasse la questione senza problemi e ci preparassimo tutti e tre per partire, sicuramente mia madre e Vieri non sarebbero d'accordo -
- Vieri? - chiese Rebekka, confusa.
- Il Beta del branco - le ricordò - Quello che mi ha accompagnata qua, e che mi sta facendo da guardia del corpo -
Nella mente della bionda si accese una lampadina, che la fece scattare giù dal letto con una mossa fulminea, e le fece prendere al volo la giacca in pelle nera appoggiata sulla sedia della scrivania.
La texana si mosse ad una velocità tale, che Lyla riuscì a domandare una sola cosa prima di vederla varcare la soglia della stanza.
- Dove vai? -
- A parlare con l'omone qui fuori -


Diversamente da quello che si poteva pensare, Rebekka era una persona molto diligente e raramente soggetta ad improvvisi colpi di testa.
Purtroppo non ne era immune, ai colpi di testa, e quando scattava era davvero impossibile fermarla.
Non appena Lyla aveva visto la bionda texana lasciare la stanza, si era alzata a sua volta dal letto a aveva afferrato il giubbotto, anche lui sulla sedia, al volo.
Mentre la maga scendeva gli scalini a due a due, la corvina cercava di stare al suo passo, mentre si infilava impacciatamente il giubbotto nero.
Però cercare di stare al passo di Rebekka, era come stare al passo di Bolt: impossibile.
Lyla se lo sentiva; stava per perdere un polmone, se non entrambi.
- Beki, aspettami! - ansimò a fatica, ma la ragazza sembrò non sentirla nemmeno, troppo presa dalla corsa.
Quando arrivarono al portone della palazzina, Rebekka si fermò come se nulla fosse, mentre Lyla sembrava essere sul punto di svenire.
Solo in quel momento la bionda si accorse dello stato dell'amica, e il suo sguardo mutò in uno a metà tra il dispiaciuto e il colpevole.
- Scusa - mormorò, dispiaciuta, avvicinandosi e mettendole una mano sulla schiena mossa dai grossi respiri della ragazza.
- Stai bene? -
- Penso di aver perso un polmone - borbottò la corvina, mettendosi lentamente dritta e massaggiandosi la schiena.
- Facciamo due - concluse poco dopo, con ancora un lieve respiro affannoso a scuoterle il petto.
Rebekka era sinceramente dispiaciuta.
Si era completamente dimenticata che Lyla, a differenza sua, aveva sempre nutrito un forte disprezzo per qualsiasi cosa rientrasse nel grande mondo delle "attività motorie".
Con il senno di poi, la cosa risultava molto strana.
Lyla era una volpe, e come tale avrebbe dovuto quanto meno apprezzare almeno un'attività motoria.
Certo, gli uomini-volpe non erano tutti dei grandissimi sportivi, come potevano essere le amazzoni, ma non erano nemmeno tanto pigri come gli uomini-gatto.
La cosa era molto strana.
- La prossima volta avvertimi un pelino prima, quando decidi di scattare giù dalle scale come Bolt - la mise sul ridere la corvina, riassumendo una posizione retta.
Rebekka ridacchiò un paio di volte, mentre apriva ed usciva dal portone principale insieme all'amica.
Vieri era esattamente dall'altro lato della strada, appoggiato alla sua macchina grigia e con in mano il telefono cellulare, intento a digitare un messaggio.
Rebekka osservava con interesse l'uomo-volpe; sentiva di averlo già visto da qualche parte, ma non riusciva proprio a ricordarsi dove.
Aveva come un vuoto nella mente.
Come se qualcuno fosse passato con una gomma da cancellare,e l'avesse privata di un dettaglio importante.
Quello stato di confusione l'avrebbe fatta uscire di testa.
I capelli chiari erano stati legati con un piccolo elastico nero dietro la nuca, e gli occhi erano coperti da un paio di occhiali da sole, con la montatura in ferro e le lenti a specchio blu.
Mentre le due ragazze si avvicinavano all'uomo, che attraverso le lenti colorate le osservava incuriosito, la texana non riusciva a non chiedersi di che colore fossero gli occhi che si celavano dietro.


- Assolutamente no - fu la risposta secca del Beta, mentre riponeva il telefonino nella tasca interna della giacca verde militare.
Non aveva nemmeno fatto finire di parlare Lyla, che già l'aveva stoppata dandole la propria risposta con tono schietto e deciso. Un tono ed un modo di fare che avevano fatto saltare i nervi alla bionda.
- Senti un po', bell'imbusto - lo richiamò lei - Mi sa che non hai capito bene come stanno i fatti. A me, con tutta sincerità, non frega un beneamato cazzo della tua posizione di Beta nel tuo branco di volpi-fighette. Io sono la migliore amica di Lyla, e non me ne starò qua con le mani in mano come se niente fosse; e lo stesso vale anche per Robert. Con noi paghi uno, e prendi tre. Niente storie - ruggì, incrociando le braccia al petto.
Lyla sgranò gli occhi sconvolta, e fece passare lo sguardo prima sulla sua migliore amica, poi sul Beta dei suoi genitori.
Prevedeva aria di bufera.
Per trenta secondi buoni, regnò un pesante e teso silenzio tra di loro.
Rebekka osservava l'uomo dai capelli nivei con gli occhi castani ridotti a due fessure scure, attendendo una risposta, mentre Vieri si sfilava molto lentamente gli occhiali e se li appendeva al collo a "V" del maglioncino che indossava.
Nonostante i movimenti lenti e controllati, gli occhi azzurri della volpe trasparivano tutta la sua furia.
- Senti un po', biondina ossigenata - iniziò lui, con voce lievemente incrinata dal nervoso - Se c'è qualcuno che non ha capito niente della situazione, sei tu. Non stiamo parlando di una vacanzetta tra i boschi in allegria. Dove andremo c'è ancora una guerra, anche se alla sua conclusione. Lì la gente muore ogni secondo per mano di licantropi ed altri mostri traditori. Non ho alcuna intenzione di portarmi appresso una ragazzina capricciosa ed un umano, sotto la mia responsabilità! Non se ne parla assolutamente -
Lyla si fece piccola piccola, mentre Vieri pronunciava quelle parole, e Rebekka si gonfiava sempre di più assumendo un colorito quasi scarlatto in volto.
- Persino un idiota... - iniziò, come un ruggito, la texana - Si renderebbe conto che sono una bionda naturale, razza d'imbecille! Ma ti funzionano gli occhi? -
Sia il volto della corvina che quello dell'uomo vennero sfigurati per lo sconcerto.
Davvero la bionda si era fossilizzata su un argomento simile?
Il fatto di essere una bionda naturale?
Santissimi numi.
Vieri si passò una mano sul viso, e si massaggiò gli occhi stanco.
- Mi dispiace molto Lyla, ma i tuoi amici non possono venire con noi. Converrai con me che è troppo pericoloso, anche per loro -
Anche se non l'avrebbe mai ammesso alla sua migliore amica, Lyla non poteva dare torto alla volpe.
Era davvero troppo pericoloso; per chiunque, e non solo per loro.
Vieri stava pensando alla loro incolumità, e non poteva garantirla anche a Robert e Bekka.
Era già tantissimo tenere sulle spalle la vita di tre persone, figurarsi se se ne fossero aggiunte altre due.
Sotto quel punto di vista, la corvina poteva comprendere Vieri.
Era una responsabilità immensa.
Dall'altra parte, Rebekka non sopportava minimamente il modo di fare dell'uomo che aveva davanti.
Chi diavolo si credeva di essere?
- Ehi, chiappe di marmo! Io sono ancora qua; stavi discutendo con me! - gli schioccò le dita davanti agli occhi, per attirare la sua attenzione.
Lyla pensò, e pregò, di aver udito male.
Aveva davvero chiamato Vieri "chiappe di marmo"? Lo aveva fatto veramente?
L'uomo riportò tutta la sua attenzione sulla ragazza furente, che lo osservava con le braccia incrociate sotto il seno.
Anche lui, come Lyla, pensava che le sue orecchie gli stessero facendo un brutto scherzo.
- Come mi hai chiamato, scusa? - chiese, a metà tra lo sconvolto e il sorpreso.
- "Chiappe di marmo", e se vuoi lo ripeto pure - rispose Rebekka, come se stesse rispondendo ad una domanda sul tempo atmosferico - Che c'è? È vero - si difese, rivolgendosi alla corvina che l'osservava come una marziana.
Lyla non ci voleva credere, e nemmeno Vieri.
Rebekka era davvero... incredibile. In tutti i sensi; positivi e negativi.
- Tu non verrai, e nemmeno il ragazzo -
La bionda indurì lo sguardo, ancora una volta - Se pensi che ti darò ascolto, e rimarrò qua buona buona, sei un illuso -
- Considero la discussione chiusa qua. Non ho alcuna intenzione di continuare questa... pagliacciata - affermò risoluto l'uomo, con un tono di voce che non ammetteva repliche.
Lyla aveva la sensazione, e la paura, che quei due avrebbero continuato a litigare ancora per molto tempo.
Sembravano essere entrambi due grossi testoni.
- Sarai anche gnocco, ma sei un prepotente di prima categoria - boffonchiò Beki, indispettita, cercando aiuto nell'amica che l'osservava sempre più sconvolta.
- Che c'è? - chiese, nuovamente, confusa - Gli occhi ce l'ho, e gnocco è gnocco. Non posso mica dire il contrario - si difese lei.
Più andavano avanti, più quella discussione prendeva una piega sempre più imbarazzante.
Incredibilmente imbarazzante,
Fortunatamente Vieri riuscì a tagliare la discussione, con grande ed immenso disappunto da parte di Rebekka, che giurò in maniera alquanto teatrale che non sarebbe finita lì, e caricò in macchina Lyla pronto per riaccompagnarla a casa.
Anche se cercava di non darlo a vedere, Vieri sembrava ancora turbato dallo strano scambio di battute avuto con la bionda amica di Lyla.
Per lui, quella ragazza era completamente assurda e fuori di testa.
Non si era mai sentito così a disagio con qualcuno in tutti i suoi trent'anni di vita.
Era... assurdo!
Quella biondina ossigenata era assurda!
Era ancora così nervoso, che si ritrovò a stringere il manubrio della vettura con forza.
- Vieri, scusami. Posso chiederti una cosa? - gli chiese Lyla, torturandosi una ciocca corvina tra le dita, e distraendolo dalla sua serie di pensieri.
- Ti prego non ricominciamo con il discorso della tua amica - la supplicò quasi, con una smorfia in volto.
Riaprire quel discorso era proprio l'ultima cosa che Vieri voleva fare in quel momento.
Tutto, ma non quello!
- Cosa? No no! Non volevo parlare di quello - lo rassicurò lei molto velocemente - Volevo chiederti se potevamo fare una piccola deviazione... -
- Vuoi che ti porti in ospedale? -
Lyla annuì - Sì. Possiamo farlo? -
- Questo possiamo farlo - confermò la volpe, mettendo la freccia a destra e preparandosi a svoltare al prossimo incrocio.


Quando arrivarono davanti all'ospedale, erano quasi le 11:30 di mattina.
Il giorno precedente la ragazza aveva detto a Ciel di avere bisogno di un po' di tempo per pensare, e da quando si erano salutati sull'uscio della casa di lei non si erano più sentiti.
Nonostante gli avesse detto lei che voleva un po' di tempo per sè per rimettere in ordine le proprie idee, in quel momento aveva un impellente desiderio di vederlo e parlargli.
Si sentiva incredibilmente incoerente, ma non le importava più di tanto; era sempre stata incredibilmente incoerente, in svariati campi.
La ragazza lasciò Vieri nella sala d'attesa dell'ospedale, e si diresse con passo spedito e deciso verso le rampe di scale alla sua destra.
Anche se le volte in cui era andata lì a trovarlo si potevano contare sulle dita di una mano, Lyla ricordava perfettamente la strada da percorrere per arrivare allo studio del suo ragazzo.
Più saliva gli scalini, più nella sua testa faceva capolinio un dubbio; un bruttissimo dubbio.
E se lui non la volesse vedere?
Era un pensiero sciocco ed infondato, Lyla se ne rendeva conto, ma non riusciva a toglierselo dalla mente.
Era stupido, e lo sapeva.
Non c'erano ragioni per le quali potesse succedere una cosa simile.
Ciel non sarebbe mai potuto essere infastidito dalla presenza della corvina, e vice versa.
Doveva stare calma.
Quando Lyla arrivò a destinazione, notò la maggior parte delle sedie in plastica blu, poste fuori dallo studio, occupate da genitori con figli malaticci.
O almeno, la maggior parte lo sembravano.
La corvina si sedette sull'unica sediolina libera, vicino ad un bambino di più o meno sette anni, con le guance paffute e rosate, che stringeva tra le mani un fumetto di Superman.
Dall'altro lato del bambino col fumetto, vi era seduta quella che presumibilmente era la madre, vestita di tutto punto, con tra le unghie smaltate di rosa cipria un rossetto color carne ed uno specchietto da borsetta.
Lyla notò anche l'assenza di una fede al dito, e non faticò a comprendere il motivo della sua presenza lì.
Comprendere che quella donna fosse lì per il dottore, e non sicuramente per far visitare il figlio che spruzzava salute da tutti i pori, non le diede fastidio.
Un po' le dispiaceva per quella donna.
Non provava nient'altro che dispiacere; solo quello.
Sapeva che Ciel non avrebbe mai potuto provare qualcosa per qualcun'altro, maschio o femmina che fosse, che non fosse lei; e non lo pensava con arroganza.
Non era solo la presenza dell'imprinting a darle quella sicurezza, ma soprattutto la fiducia che riponeva nel suo lupo.
Molte persone non si rendevano conto di quanto potesse essere deleterio un sentimento negativo come la gelosia, arrivando persino a giustificarlo in molti casi.
Se c'è fiducia da ambe le parti, e dei sentimenti veri, essere gelosi risulta a dir poco ridicolo.
Un piccolo singhiozzo, alla sua destra, attirò l'attenzione di Lyla.
Il bambino vicino a lei stringeva con forza il fumetto tra le piccole manine, e sembrava sul punto di scoppiare a piangere a dirotto dagli occhi lucidi e il viso arrossato.
- Adam, tesoro! Che succede? - chiese preoccupata la donna, rivolta al figlio.
- Mamma... - pigolò il piccolo - Superman ha perso - singhiozzò, subito dopo.
La rivelazione del piccolo Adam destabilizzò la donna, che non si aspettava minimamente una risposta simile, e non sapeva bene come comportarsi.
- Non ti devi preoccupare - intervenne Lyla, senza pensarci un secondo - Superman se la caverà; lo fa sempre - cercò di rincuorarlo.
Il bambino alzò i grandi occhi scuri su di lei, con una flebile luce di speranza in essi - Davvero? Ma Lex Luthor lo ha imprigionato e avvelenato con la kriptonite... Come farà? È impossibile! - esclamò, gesticolando con le mani ed aprendo il fumetto sulla pagina incriminata finale, che ritraeva l'eroe apparentemente vinto.
- Stiamo parlando di Superman, il supereroe più forte del mondo, l'uomo d'acciaio... Riuscirà a liberarsi e a sconfiggere quel malefico pelatone - ribattè la corvina, con sicurezza e convinzione, riuscendo a contagiare maggiormente il piccolo.
- Davvero? Lo credi davvero? -
Lyla annuì con decisione - Ne sono più che sicura! - gli sorrise, raggiante - Ti svelo un piccolo segreto - bisbigliò appena, facendo finta di stargli confidando qualcosa di davvero super segreto - I buoni vincono sempre. Anche quando sembrano distrutti, feriti, stanchi e sull'orlo della fine... loro si alzano sempre, per proteggere gli innocenti e le persone a loro care, e sconfiggono i cattivi -
Le sue parole riuscirono ad avere l'effetto sperato, e sul viso di Adam apparve un enorme e radioso sorriso.
La madre del piccolo osservò con gratitudine Lyla, e le mimò un "Grazie mille" con le labbra.
Un ringraziamento che la ragazza ricambiò un sorriso e un "Di niente" appena sussurrato.


Passò un'ora e mezza prima che l'ultimo bambino, accompagnato dal genitore, entrasse nello studio per farsi visitare.
Nel mentre Lyla stava rileggendo le ultime conversazioni in chat con Rebekka e Robert.
Il ragazzo non lo sentiva bene da quella mattina da quando era partito, complice anche l'assenza di una rete stabile nella zona in cui si trovava, mentre Bekka non la smetteva di tartassarla sulla sua folle idea e su quanto volesse mettere sotto con la macchina (più e più volte, ha voluto sottolineare) il povero Vieri.
Oggettivamente, Vieri aveva tutte le motivazioni per non volere che i suoi amici venissero con loro in Canada, ma anche Rebekka non era completamente nel torto.
Ripensare alla loro discussione di prima, le fece portare in automatico una mano alla fronte.
Rebekka non solo era priva di peli sulla lingua, ma era anche sprovvista completamente del senso del pudore e della vergogna.
"Chiappe di marmo", poi! Come faceva a pensarle certe cose, Lyla proprio non lo sapeva.
La ragazza fece appena in tempo a riporre il telefono nella tasca della giacca, che la porta dello studio del dottor O'Konnor si aprì.
- Mi raccomando signora Parker deve usare la pomata sulla zona lesa almeno tre volte al giorno, e possibilmente coprirla con una garza per evitare l'esposizione al Sole. Tempo una settimana e dovrebbe migliorare; anche se fossi in Scott eviterei la piscina per almeno un paio di settimane -
A seguire la voce dell'uomo fu una serie di veloci e convenzionali ringraziamenti, insieme ad una paffuta signorotta sulla cinquantina e ad un bambino dai folti capelli rossi.
Nella sala d'attesa, su quelle scomode sedioline in plastica, era finalmente rimasta solo la corvina che, non appena furono completamente usciti il bambino e la madre, si precipitò alla porta dello studio.
Ciel era ancora in piedi, e non molto lontano dalla soglia, quando fece il suo ingresso Lyla.
Sgranò gli occhi per la sorpresa, e dischiuse lievemente le labbra senza nemmeno rendersene conto.
- Ciao - lo salutò la corvina, precedendolo di poco - Disturbo? -
- Assolutamente no! - rispose rapido Ciel, avvicinandosi alla propria ragazza e chiudendo la porta alle sue spalle - Sono sorpreso, e molto aggiungerei. Non mi aspettavo una tua visita così presto. Pensavo avessi bisogno di un po' di tempo per... te - le rivelò, con una nota leggera di perplessità nella voce.
Lyla, quasi in automatico, si portò una mano tra i capelli e passò il peso da una gamba all'altra.
- È così, infatti - confermò, titubante - Ma avevo bisogno di vederti - gli confidò, sincera e timida.
Quelle parole riuscirono a sciogliere ulteriormente il cuore del lupo, e gli fece comparire sul volto un sorriso intenerito.
Si abbassò appena e le depositò un bacio a fior di labbra, molto fugace.
- Ho poco meno di un'oretta per la pausa pranzo. So che non risulterà molto romantico, ma ti va un panino veloce al bar dell'ospedale? Ci sediamo giù e parliamo un po', magari - le propose, giocherellando con una ciocca dei capelli della ragazza e rigirandosela tra le dita.
Ciel, oltre per gli occhi da cerbiatta della corvina, aveva un debole per i suoi capelli.
Lunghi, morbidi e neri.
Non erano nè lisci nè mossi, stavano più nel mezzo; e gli piacevano da impazzire.
Lyla era sul punto di accettare di buon grado, quando il telefonino del dottore distrusse il momento tra i due.
Confuso, il corvino si portò una mano nella tasca del camice candido e ne tirò fuori il telefonino squillante.
Diede una rapida occhiata al display luminoso e, dopo aver letto il nome di Alberich, rispose.
- Ehi, Alb? Che succede? -
Seppur il volume del telefono non fosse altissimo, Lyla riuscì a sentire l'agitazione nella voce del fratello di Ciel.
La telefonata fu un conseguirsi di "Calmati", "Che diavolo è successo?" e "Calmati, e raccontami che è successo".
Lyla si preoccupò notevolmente, e l'espressione sconvolta e spaventata di Ciel non la tranquillizzò per niente.
- Non prendere la strada umana, prendi l'autostrada per mostri e fottitene. Quando arrivi vieni sul retro dell'ospedale; intanto vado ad avvisare gli altri dottori. Vedi di stare tranquillo. Andrà tutto... bene -
La telefonata si concluse con dei frettolosi saluti e quando si chiuse, Ciel era pallido.
- Che è successo? -
Il dottore non le rispose, e si passò una mano sul volto in difficoltà.
- Ciel! - lo chiamò, allarmata e con forte decisione - Cosa cazzo è successo? -
- Un lycan... - iniziò, a fatica - Ha attaccato Robert, e lo ha morso -




ANGOLO DELLA MENTE MALATA:
Un parto è stato 'sto capitolo!
E quelli che verranno saranno pure peggio; io vi ho avvertiti u.u
Io lo ridico, e non voglio risultare scortese, ma spero vivamente che sia l'ultima volta che lo scrivo. Lo so, non aggiorno con frequenza (questa è sempre stata una mia caretteristica, non fate i finti sorpresi) ma specialmente in questo periodo mi sembra (posso dirlo?) ovvio.
Porca miseria ragazzi, ho la maturità. Non è che non c'ho voglia di aggiornare perchè sono una ragazza cattiva, e scrivo solo quando mi va e fuck the system.
Devo studiare, non ci sono cazzi. Ma solo a me pare ovvia 'sta cosa? Seriamente. Se funziono male io ditemelo, magari è così.
Poi, apro e chiudo parentesi. A me non da fastidio se dite che non aggiorno da tanto tempo. È vero, e non posso dirvi assolutamente niente.
A me, da incredibilmente fastidio, quando... le cose mi vengono scritte in una determinata maniera.
L'educazione, ci tengo a sottolinearlo, non un optional e certe personcine sembrano esserselo dimentico.
Finchè siete educati con me, io sono educata e pacata con voi. (Anche qui mi sembra ovvia la cosa...)
E poi... io lo sto dicendo ovunque quello che mi sta succedendo. Qui, sulla pagina Facebook, su Twitter, sulla bacheca di Wattpad... Eh, che cavolo. Non potete ancora chiedermi "perchè non aggiorni?", mi sembra assurdo.
Ragazzi, io non sono nessuno e non voglio fare paternali o altro a voi. Nella maniera più assoluta.
Ma sto cercando di essere il più attiva possibile sulle varie piattaforme, e più disponibile con voi, non potete venire VOI a dire A ME come mi dovrei comportare, cosa dovrei fare e quando dovrei farlo.
Ho una vita, come voi (sorpresa! Sono una persona anch'io, esisto, e non sono un'entità astratta che scrive magicamente)
Ho degli interessi, come voi.
Ho degli hobby (sorpresa, mega sopresona kinder), come voi!
Per quanto ami scrivere (chi mi conosce sa che è la mia vita) non è l'unica cosa che amo fare.
Non appartengo alla categoria di persone che non ha un cazzo da fare dalla mattina alla sera, e che si può permettere di pubblicare un capitolo al giorno.
(Manco d'estate riesco a pubblicare un capitolo al giorno, e dovrei farlo adesso? Mi dispiace dirlo, ma state messi male)(<-- nota: c'è gente me l'ha veramente scritto via messaggio privato, dicendo che dovrei impiegare il mio tempo *si schiarisce la voce* "meno nelle stronzate, e più nella scrittura dei capitoli")
WOW.
Facciamo un bellissimo applauso collettivo per questi individui, che hanno capito TUTTO dalla vita.
...
E questi saranno gli adulti di domani? Io ho paura.
Sul serio.
Ho davvero paura.
Come già detto, SI RITORNA AD UN CAPITOLO AL MESE esattamente come agli inzi della storia (chi è veterano e segue dagli albori si ricorderà).
E... Per favore. PER-FAVORE. Se mi dovete tampinare con messaggi minatori, in cui mi chiedete almeno una ventina di volte al giorno quando aggiorno... non fatelo.
Impiegate quel tempo per leggere un buono libro.
A me non piace "sprecare" queste note per dire sempre le stesse cose, ragazzi.
Mi annoio io, e vi annoiate voi. Non ha senso.
Comunque ci tengo a ringraziare alle persone che seguono la storia, e continuano a supportarla <3 Vi lovvo sempre tantissimo, sappiatelo <3 <3
Bacini zuccherosi e sbrilluccicosi a tutti
- Harley

Ci tengo a ringraziare:
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2 - Artena [Contatta]
3 - cochi [Contatta]
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che hanno messo la storia tra le seguite :3
1 - CloveRavenclaw39 [Contatta]
2 - NancyZquad_1D [Contatta]
3 - noemichan [Contatta]
4 - Silvylovy25 [Contatta]
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1 - BlackGirl_Chan [Contatta]
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vi lovvo tanto tanto <3 <3

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