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Autore: LadyGwen92    22/11/2016    2 recensioni
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Era esattamente come mi sentivo, da tre anni a questa parte, da quando lui non fa più parte della mia vita , io non sono più la stessa. Inizialmente il dolore che sentivo per la sua mancanza era così forte da straziarmi l’ anima, non trovavo la forza necessaria per reagire e il non parlarne mi faceva diventare matta, ma non riuscivo a confidarmi con nessuno di quanto mi era successo. Come potevano credermi?
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Barba bianca, Marco, Mugiwara, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!
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Guardo con occhi sbarrati  il mio riflesso nel grande specchio dell’ atelier, incapace di formulare un qualsiasi pensiero di senso compiuto. All’ improvviso tutto  mi sembra ovattato e confuso.   
Non  riesco a sentire i complimenti stucchevoli delle commesse, ne mia madre che continua a ripetermi quanto io sia bellissima è di come l’ abito stile impero valorizzi  il mio fisico facendomi sembrare più alta di quello che sono in realtà; e ne tutti gli altri. L’ unica cosa che sento è il battere forsennato del mio cuore e  la gola secca.
 
La testa inizia a girarmi vorticosamente, neanche fossi sulle giostre del luna Park ,e la mancanza d’ossigeno dovuta forse al bustino troppo stretto o  semplicemente ad un’ attacco di panico, chi lo sa, decisamente non aiutava la situazione .
Per l’ ennesima volta mi soffermo sulla mia immagine.  I capelli castano scuro che avevo lasciato sciolti quel giorno, ricadevano in morbidi boccoli lungo le spalle contrastando con il bianco cangiante dell’ abito, il corpetto in pizzo macramè  fascia perfettamente le mie linee e, lo scollo a cuore mette in risalto il mio decolté prosperoso, senza però renderlo volgare. Il velo di organza ricopre interamente il mio viso ovale, celando malamente la mi espressione indecifrabile:  con le pupille dilatate e la bocca semiaperta somigliavo più a un pesce, che a Cenerentola.
Avevo l’ aspetto di una sposa si. Ma tutt’ altro che felice.
Sto per esplodere, lo sento.
Devo andarmene da qui e subito.
Mi serve aria..
Ho bisogno di  respirare.
 Scendo dal piedistallo e  con grandi falcate raggiungo la porta , lasciando di sasso tutti i presenti, non curandomi di osservare le  loro espressioni , se fossero sconvolte o meno, poco importava, mi sentivo in trappola.
L’ aria gelida di metà dicembre mi sferza il viso facendomi rabbrividire. Mi appiattisco contro il muro cercando di  respirare regolarmente. Alzo gli occhi al cielo, era plumbeo, segno che tra non molto sarebbe arrivata la pioggia.
Deglutisco un paio di volte è sento gli occhi pizzicare, mentre le prime lacrime solcano prepotenti le mie  guance. Non ce la posso fare. Mi sembra un incubo. Tutto quello che ho cercato di reprimere dentro un angolino del mio cuore per tutto questo tempo sembra travolgermi come un uragano nel giro di un secondo.
È tornato di nuovo , quel senso di  vuoto e di incompletezza, come se mancasse sempre un pezzo del puzzle affinché  la mia vita funzioni per il verso giusto.
Vuota.
 Era esattamente come mi sentivo, da tre anni a questa parte, da quando lui non fa più parte della mia vita , io non sono più la stessa.  Inizialmente il dolore che sentivo per la sua  mancanza era così forte da straziarmi l’ anima, non trovavo la forza necessaria per reagire e il non parlarne  mi faceva diventare matta, ma  non riuscivo a confidarmi  con nessuno di quanto mi era successo. Come potevano credermi?
A volte  stentavo a crederci pure io, troppo assurdo e surreale, come la trama di un film da fantascienza ,per essere vero.  Tuttavia le emozioni provate   quando ero al suo fianco  erano  troppo intense per essere solo il frutto di un sogno.  Dirlo ad alta voce avrebbe significato accettare la realtà e non ero pronta.  
A perderlo  non ero pronta.
Non lo sarei mai stata.
  Era impossibile anche solo cercare di cancellare il suo profumo forte,o  il modo con cui si passava la mano tra i capelli,il suo sorriso sincero che mi faceva sciogliere il cuore,  l’ espressione severa quando facevo qualcosa di storto,  le serate passate a guardare le stelle e le  risate fatte assieme , la sua voce,  i suoi occhi scuri e profondi   come il mare di notte, nel quale non c’è stata una sola volta in cui non mi fossi persa .
Mi porto velocemente una mano a tapparmi la bocca quando inizio a singhiozzare più forte.
Al diavolo il matrimonio e al diavolo tutto.
Non volevo  sposarmi.
Sento la porta aprirsi e qualcuno avvicinarsi alla mia destra. “ Mia cosa ti è preso? Stai bene?”   il tono preoccupato di  Jen ,la mia migliore amica, mi allarma ancora di più. Mi avranno preso per una pazza. Mi volto nella sua direzione con  gli occhi pieni di lacrime che mi offuscano la vista e le labbra gonfie. Non dico nulla, ma lei pare aver capito. “ Devi cercare di non pensarci Mia, altrimenti è peggio! Stai tranquilla” mi  abbraccia è  sento il suo profumo di vaniglia inondarmi le narici.  Jen  è l’unica a sapere la verità , la sola che mi è stata vicina nei momenti più difficili, quando dormire era diventata un’ impresa e le mie notti erano fatte solo di incubi,urla e pianti.
“ Su dai non piangere, che ne dici se andiamo a prendere Leonie all’asilo? Sono già le quattro”
dice carezzandomi le spalle.
 Tiro su col naso “ mh va  bene” l’ idea di rivedere mia figlia mi rilassa all’ istante.
“ solo che non ho nessuna voglia di rientrare lì dentro. Mia madre sarà preoccupata e come al solito mi tormenterebbe di domande. “  aggiungo incrociando  le braccia al petto .
“ Vuoi andare a prendere Leonie vestita così” mi indica  dalla testa ai piedi inarcando un sopracciglio.
Sbuffo infastidita al pensiero di rientrare la dentro, l’ ultima cosa che volevo era iniziare una lite furiosa con mia madre per cui decisi di sbrigarmi.
 
Un’  ora dopo ero già in macchina diretta verso casa, ogni tanto guardavo Leonie dallo specchietto retrovisore dormire placidamente, il mio angioletto si era addormentato durante il tragitto. Non posso  fare a meno di sorridere , era tutta suo padre quando dormiva.
 
Per una volta nella mia vita ero grata di tutte le faccende domestiche arretrate a causa dell’ organizzazione del matrimonio. Passai l’ intero pomeriggio e quasi metà serata tra spolverare, cambiare le lenzuola, e fare il bucato.
Erano le nove passate quando dopo aver messo a letto la piccola , il  telefono squillò. Era Daniel.
Cavolo. E adesso? Come dovevo comportarmi?
Dovevo dirgli cosa era successo o era meglio fare finta di niente? E se qualcuno lo avesse già informato del mio attacco di panico?
Pigiai il dito sul display e risposi “ P-Pronto?” la voce mi trema leggermente.
“ Amore come stai? Come è andata oggi? Trovato l’ abito perfetto?”
“ Ehm certo si… tutto apposto! “ la mia voce sale  di qualche ottava, ma lui pare non farci  caso.
Il resto della telefonata la passiamo  a parlare di Leonie e delle restanti  cose  da fare per il fatidico giorno. Mi informa  anche che il congresso, per il quale  è fuori città, sta  tirando per le lunghe, ragion per cui non rientrerà  prima di due settimane.
 
 
 Al primo sintomo di emicrania, decido che è  meglio andare a nanna. Domattina devo  lavorare è devo  alzarmi presto. Questa giornata è  stata un’ incubo,  voglio  dormire e dimenticare tutto, anche se già so  che sarà  un’impresa difficile,conscia che rimanere da sola con i miei pensieri non mi farà affatto  bene.
I miei occhi non ne vogliono sapere di chiudersi.
Cerco di sistemarmi i cuscini dietro la testa, cambio posizione ,bevo un bicchiere d’acqua,ma niente.
Nonostante la stanchezza e i nervi a pezzi, non riesco a prendere sonno e alla fine mi alzo.
In preda all’ ansia attraverso il corridoi in punta di piedi. Era un suicidio, ne ero consapevole, ma sapevo anche che in quel momento mi sarei riaddormentata solo rivedendola.
La foto.
L’avevo nascosta accuratamente nella rilegatura di un vecchio libro di storia  in modo che nessuno potesse mai vederla. Arrivo nello spazioso salotto, luogo in cui si trova la libreria  in massello di mogano e con le gambe molli e le mani tremanti inizio a cercare; il libro era minuziosamente  riposto all’ interno di un cassetto segreto per  cui dovetti spostare alcuni volumi prima di trovarlo.
Sollevando la copertina , sento  un brivido salirmi lungo la schiena per l’ emozione  quando  finalmente la vedo. Sembrava passato un secolo, un’ altra vita;  la ragazza della foto non mi somigliava affatto, era sorridente e aveva uno strano luccichio negli occhi.
E  lui…
Lui era il mio sole, la mia forza e la mia distruzione allo stesso tempo.
Lo amavo ancora.
Passo  il pollice sulla superficie liscia della foto, accarezzando i lineamenti del suo volto, lasciandomi andare in un sorriso amaro.
La vita è strana, un attimo prima ti senti cosi felice da toccare quasi il cielo  con un dito e l’ attimo dopo ti sembra di sprofondare in un baratro senza fine.
“Mamma” una flebile vocina  mi chiama dal corridoio. Torno immediatamente al mio presente, Leonie si era svegliata e aveva bisogno di me.
“Tesoro mio cosa fai sveglia a quest’ ora eh? “ le chiedo  prendendola in braccio e portandola nel lettone.
Si addormenta   tra le mie braccia poco dopo,  mentre ancora le canto dolcemente  la melodia da lei tanto amata :“ Il liquore di Binks “ , aveva un effetto soporifero su di lei  da quando era  ancora in fasce.
Leonie aveva due anni e mezzo ed era la più bella creatura che avessi mai visto,e come suggerivano i suoi occhietti vispi  era dotata di un’ intelligenza straordinaria per una bambina della sua età.
Do un colpo d’ occhio alla sveglia, manca un quarto d’ ora alla mezzanotte. Era il caso di provare a dormire seriamente, se all’ indomani non volevo somigliare a uno zombie.
 
Nonostante la presenza di Leonie accanto a me che aveva il potere di trasmettermi sicurezza e fiducia nel futuro, il mio cervello non ne voleva sapere di premere il tasto off sui mie pensieri. Flashback del passato mi ritornavano alla mente.
Cosa avrei fatto adesso? Come avrei fatto a sposarmi?
Con un uomo che non amavo per giunta.
Dovevo farlo per lei. Perché lei si meritava una famiglia e un padre.
Colta da un raptus di pazzia e masochismo, mi alzo  dal letto per prendere carta e penna dallo scrittoio bianco vicino alla finestra.
Lei aveva il diritto di sapere….
Comincio a scrivere in modo frenetico:
Angioletto mio, se stai leggendo questa lettera vorrà dire che ti sarai  fatta grande..volevo dirti che..”
 
Istintivamente mi tocco la spalla destra.
 La fenice turchese che mi ero tatuata anni fa, sembrava bruciare.
 
  
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