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Autore: ziak    23/11/2016    0 recensioni
Berserker è morto. L' ultimo Servant in grado di ostacolarle la corsa al Graal è finalmente diventato un lontano, pallido ricordo, una seccatura che non dovrà più fronteggiare. Eppure, quello sguardo lo irrita ben di più: cosa avrà quella sciocca ragazza da fissare? Ha pianto. I tesori non devono piangere, si rovinerebbero. E lei, che vale tutto il suo prezioso Gate of Babylon, non va sciupata per nessun motivo; forse è il caso di insegnarglielo, con le buone o con le cattive. O forse sarà lui ad imparare qualcosa, per una volta.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Archer/Gilgamesh, Saber/ Arturia Pendragon
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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~~- Sei in ritardo, Saber.

Era bella. Lo era sempre stata, d’ altronde; una bellissima, impettita ragazzina, avvolta dai suoi miseri ideali come a farne la sua corazza, e al contempo consumata da essi fino alla rovina.
Un sottile rivolo di sangue le colava lungo il candido viso, gli occhi color del cielo erano arrossati. Non stava piangendo, tuttavia lo aveva fatto di recente. E ora, ora lo guardava con odio; il Graal, la stupida coppa che li aveva chiamati tutti e due a combattere tra loro e a massacrarsi con gli altri cinque, sembrava interessarle solo in minima parte. Poco male: era Sua, lo era sempre stato, come ogni cosa che avesse il minimo valore su quell’ assurdo e ormai marcio mondo. Cedergliela non avrebbe fatto che risparmiarle un’ altra illusione.
- So che stavi bighellonando con quel tuo vecchio cane rabbioso, ma…

- Sei stato tu. – Non era una domanda. Gilgamesh inarcò un sopracciglio, vagamente dubbioso. Il Re dei Cavalieri continuò: – Tu hai mandato Berserker contro di me.
Il suo amico? Ah, ma certo: il vecchio pazzoide, quello della leggenda; il traditore. Quel povero disgraziato di Matou Kariya doveva avergli accennato qualcosa.

- Mh? – Avanzò verso di lei, con la regalità che si addiceva alla Sua figura. Salì lentamente gli scalini della stanza scelta da Kirei per l’ evocazione: una misera sala conferenze grande quanto bastava a contenere la plebaglia che vi si radunava, con un lezzo di fumo e polvere e sudore ormai penetrato nelle pareti. Quello schifo rischiava di contaminarLo, diamine.
- Oh, non mi dirai che una simile seccatura ti ha procurato fastidio. Non hai che qualche graffio, non dev’ essere stato uno scontro così duro. – I miei tesori non vanno insozzati,d’ altronde.

Saber ringhiò, un cane bastonato dal volto basso che tenta di mordere per recuperare un minimo di dignità; eppure, qualsiasi cosa facesse quella donna non smetteva di affascinarlo.
Le sue mani si strinsero sull’ elsa della spada invisibile e improvvisamente dal suo volto cadde una lacrima, una soltanto.

- Tu… bastardo! – Si lanciò all’ attacco, nello sguardo la furia più pura.
Lui non le lasciò fare che pochi passi:  il tempo di scendere due scalini, prima di estrarre una spada dal Gate of Babylon e scagliargliela addosso. Immediatamente il Re dei Cavalieri cadde al suolo, la gamba infilzata e il vestito azzurro imbrattato di rosso, urlando di dolore; eppure, nessun’ altra lacrima andò a fare compagnia a quella versata prima.

- Non è molto saggio da parte tua questo comportamento, Saber – disse, ormai a pochi passi da lei. – Non è questo l’ atteggiamento da mostrare nei confronti del tuo Re. Quel cane non era che una distrazione di cui disfarmi, tutto qui.
Era inchiodata a terra, ferita, sporca di sangue e praticamente sconfitta, ma tutto ciò ai Suoi occhi non faceva che renderla più splendida, più desiderabile. Avrebbe fatto cadere la sua lurida barriera di ideali, distrutto quello di purezza e giustizia in cui si era ella stessa trasformata. Si sarebbe ripreso quanto già Gli spettava e l’ avrebbe fatta sua, l’ avrebbe resa felice più di quanto ogni donna avesse mai potuto immaginare di essere.

- Lancelot… come puoi, proprio tu, osare parlarne in questo modo?! – Fece per estrarre la spada dal proprio corpo, e Gilgamesh provvide a scagliarvene una seconda, poi una terza e una quarta, finché di Arturia non rimase che una pallida, umiliata ombra sdraiata su quel suolo irregolare di sporche scale.

- Mi pare naturale chiamare le cose col proprio nome – bisbigliò, stizzito. – O forse vuoi negarlo? Quell’ uomo non era che il fantasma di uno dei tuoi preziosi cavalieri, re Artù. Ma che senso ha parlarne? – Si inginocchiò davanti a lei, sorridendole. Ricevette in cambio la più sprezzante delle occhiate; se fosse stata solo una bifolca, un essere della plebe ormai dilagante come un parassita, sarebbe morta ancor prima di rendersi conto che Lo stava guardando. – Guardaci, guarda dove siamo. Quella coppa maledetta, lì sul tavolo, è quasi piena, eppure ciò non fa che annoiarmi. A che pro dovremmo ucciderci per un tale manufatto, una cosa così incerta?

- Io salverò la Britannia – dichiarò Saber, senza esitazione. Quante volte lo aveva ripetuto, sbandierando al mondo la ragione di quella sua vita che non era più tale? – Vincerò il Graal, e finalmente porterò a termine il compito sul quale si basa la mia intera esistenza. Lo faccio anche per Lancelot. – Stava cercando di alzarsi; col solo movimento del busto, pur rischiando di allargare le ferite, Re Artù voleva alzarsi col solo scopo di prendere il suo dannato calice. Sghignazzò, ma dentro era furente. Una simile donna non avrebbe dovuto anelare a un artefatto come il Graal: era a Lui, solo a Lui, che doveva dirigere i suoi pensieri! Era un tesoro, il Suo tesoro, Gli apparteneva, non doveva dedicarsi ad altro che al suo signore!
Evocò l’ ennesima spada, indirizzandola a un piede. Stavolta Saber non urlò, ma si limitò a gemere.

- Quel miserabile mentecatto vale davvero queste parole? – domandò, con sufficienza. Le prese il mento fra le mani, la osservò: perfetta. Una gemma opaca di perfezione, una rosa in mezzo a un campo di artemisie, di gramigne. – Non ci siamo…

- Non ho colpa se non sai cosa voglia dire perdere un amico a causa tua, Archer – sputò la donna, girando bruscamente il capo.
La mano di Gilgamesh cadde lungo il fianco, come se il braccio si fosse rotto. Gli occhi scarlatti si ridussero a due fessure, poi si spalancarono. Davanti ad essi scorsero immagini di tempi che non erano più: pomeriggi assolati, un enorme palazzo, giochi al solo scopo di divertirlo e sensuali schiave, bottini di guerra. Tutto il lusso desiderabile Gilgamesh lo aveva sempre avuto, fin da ragazzo, ma non era particolarmente divertente. Non senza lui.

- Ti sbagli. – Cercò di restare impassibile, ma invano.
Le immagini cambiarono: l’ uomo, selvaggio e barbuto al punto da confondersi con le più temibili bestie, prometteva di tornare con ciò che del suo migliore amico era precipitato negli Inferi. Non tornò mai, né Gilgamesh poté fare qualcosa, per una volta.
Non parlò. Saber, la sola cosa paragonabile al suo tesoro, continuava a disprezzarlo dal basso della sua umiliazione, poi la sua espressione mutò.

- Archer – chiamarlo era la sola cosa che potesse fare, ma Gilgamesh dubitava che da libera la sua reazione sarebbe mutata.

- Enkidu – fu la sola parola con cui poté rispondere lui. Una lacrima andò ad unirsi finalmente a quella del Re dei Cavalieri, la prima dopo millenni. Le gambe cedettero, sotto il peso di un dolore represso per intere epoche. Se ne stava lì, sdraiato accanto a Saber. Richiamò a sé le spade con cui la teneva prigioniera, una ad una. Distrutto dalle parole di una donna, della ragazzina distrutta a sua volta dai propri ideali. E lei era ancora lì, non si alzava, non lo fissava più con odio, o magari voleva solo vederlo. Se Rider fosse stato ancora vivo, avrebbe riso di entrambi. Probabilmente glielo avrebbe lasciato fare, a quell’ ubriacone senza speranza.
- Scusa. – Cosa aveva appena detto? Era stata davvero la sua voce a pronunciare quella parola? La voce del primo Eroe, Gilgamesh? Come lo aveva ridotto una singola frase della ragazza allungata al suo fianco?
-
Archer – ripeté lei. La sua voce non lasciava trasparire nessuna particolare emozione. Sorpresa? E perché mai? Il solo sentire il nome di Enkidu avrebbe dovuto ricordarle tutta la loro storia. Compassione? Per lui? Nessuno provava compassione per Gilgamesh, e gli andava bene; un re va ammirato, non compatito come un immondo appestato. Dispiacere, neanche a parlarne. Aveva avuto la sua rivalsa, ma non c’ era da gioirne. Erano due miserabili nella stessa situazione, ci si erano ridotti a vicenda. Cercò la sua mano, la stessa che poco prima aveva infilzato come uno spiedino. Laddove il guanto di ferro era stato squarciato, avvertì il calore umido del sangue.
- Archer... – chiamò ancora, atona.

-SPAZIO AUTRICE-
Salve! Se c' è qualcuno in questo fandom che praticamente è inesistente in Italia, chiedo solo: pietà. Non so come sia, ho avuto un flash, mi sono fiondata al computer e ho scritto. Questa coppia è la mia preferita in assoluto in tutta la serie di Fate, ma per non far risultare -non troppo, almeno- i pesonaggi ooc, elaborare una storia in cui non riduco Gilgamesh al bad boy che diventa buono per amore è dura. Spero di non averlo fattoXD
In futuro mi piacerebbe scrivere qualcos' altro su Fate, quindi non escludo un' altra one-shot, magari.
Spero che se qualcuno passerà a leggerla la apprezzerà! Bye *.*
P.S. Ho usato il nome Lancelot invece di Lancillotto perché lo preferisco, Lancillotto mifa ridere fin da piccola e non credo sarei riuscita arestare seria leggendolo, ahahah!
   
 
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