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Autore: Rosebud_secret    26/11/2016    9 recensioni
“Buonasera, Credence.”, disse, senza neppure voltarsi verso quella minuscola finestra.
Il ragazzo riassunse forma corporea con fatica e si abbatté con la schiena contro la parete, il petto scosso dall’affanno. Aveva creduto di morire, crivellato da tutti quegli incantesimi, ma così non era stato. Rimaneva poco o nulla della potenza di cui aveva disposto sino a pochi giorni prima, ma gliene restava abbastanza per spostarsi.
Gellert si alzò, e, recuperata la sua tazza di latta, la riempì al piccolo rubinetto nell’angolo della cella.
“Non avresti dovuto sforzarti. Né correre il rischio.”, gli disse, porgendogliela, “Non c’è nulla per te, qui.”
Credence afferrò la tazza con mani incerte, gli occhi che volevano disperatamente alzarsi a guardare il suo interlocutore, ma che non ci riuscivano per troppo timore. Prese un lungo sorso e poi tirò su col naso. Non c’era centimetro del suo corpo che non lo tormentasse con atroci dolori. Si lasciò scivolare sul pavimento e si strinse le ginocchia al petto.
“Non sapevo dove andare…”, mormorò.
Gellert sorrise, tristemente divertito.
“Una cella non è mai la risposta. Tienilo a mente, per il futuro.”

[Credence/Grindelwald]
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Credence, Barebone, Gellert, Grindelwald
Note: Movieverse | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Altro contesto
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La cella in cui l’avevano rinchiuso era un misero buco, ma quanto meno era pulita. Le piastrelle bianche del pavimento sembravano brillare sotto la fredda illuminazione artificiale. Una finestrella, tanto piccola che a stento il suo braccio ci sarebbe passato, faceva entrare un spiffero di aria fredda dall’esterno. Al confronto con Azkaban sembrava il Grand Hotel. Gli americani erano così, in fin dei conti...
Gellert Grindelwald sedeva sulla branda con aria tranquilla. Sebbene negli Stati Uniti vi fosse la pena di morte per crimini come quelli che aveva commesso, emetterla avrebbe richiesto, quanto meno, la consultazione degli stati europei in cui aveva agito, in vista del processo. Ci sarebbe voluto tempo, giorni, forse settimane per mettere tutti d’accordo.
Un’eternità.
Non si affannava alla ricerca di un modo per evadere al più presto. La fretta era cattiva consigliera. Molto meglio aspettare, docile come un micetto, l’occasione più propizia. Sapeva che ne avrebbe avute molte. Se poi il consiglio internazionale avesse deliberato la decisione di estradarlo in Europa, allora le cose sarebbero state ancora più semplici per lui.
No, non era affatto preoccupato.
Un brivido lo pervase e si ritrovò a sorridere.
“Buonasera, Credence.”, disse, senza neppure voltarsi verso quella minuscola finestra.
Il ragazzo riassunse forma corporea con fatica e si abbatté con la schiena contro la parete, il petto scosso dall’affanno. Aveva creduto di morire, crivellato da tutti quegli incantesimi, ma così non era stato. Rimaneva poco o nulla della potenza di cui aveva disposto sino a pochi giorni prima, ma gliene restava abbastanza per spostarsi.
Gellert si alzò, e, recuperata la sua tazza di latta, la riempì al piccolo rubinetto nell’angolo della cella.
“Non avresti dovuto sforzarti. Né correre il rischio.”, gli disse, porgendogliela, “Non c’è nulla per te, qui.”
Credence afferrò la tazza con mani incerte, gli occhi che volevano disperatamente alzarsi a guardare il suo interlocutore, ma che non ci riuscivano per troppo timore. Prese un lungo sorso e poi tirò su col naso. Non c’era centimetro del suo corpo che non lo tormentasse con atroci dolori. Si lasciò scivolare sul pavimento e si strinse le ginocchia al petto.
“Non sapevo dove andare…”, mormorò.
Gellert sorrise, tristemente divertito.
“Una cella non è mai la risposta. Tienilo a mente, per il futuro.”, ribatté, tornando a sedersi sulla branda. Sembrò soffermarsi a riflettere, le palpebre semidischiuse a celare due iridi tanto pallide da sembrare bianche.
“Dimmi ciò che ti tormenta. Non ho impegni, ma potrei andarmene in ogni istante. Fa’ in fretta.”
Credence, per la prima volta, lo guardò e rimase sgomento nel notare quanto fossero diverse le sue fattezze.
“C-che ne è stato di lui? Di Percival Graves...”, bisbigliò.
L’altro sollevò un sopracciglio, prima di scuotere il capo quasi con rassegnazione.
“Non hai mai avuto il piacere di conoscerlo. Un uomo profondo, di saldi principi e grandi capacità. Un giusto. Avrei preferito convincerlo, ma forse a quel punto lo avrei stimato di meno. Un uomo pronto a morire per il suo ideale merita rispetto.”
“Quindi non è mai… esistito? Per me?”
Gellert si voltò in sua direzione e il giovane si affrettò ad abbassare gli occhi.
“Quell’uomo ero io. Sono qui, in carne e ossa, Credence.”, gli rispose quasi con dolcezza, “Per quel che vale, mi dispiace per quanto ti è accaduto. Se fossi stato più accorto, le cose sarebbero andate diversamente. Ciò nonostante, sei ancora vivo e ancora un mago. Il mondo è davanti ai tuoi occhi, va’. Consideralo il mio regalo per te.”
Il ragazzo deglutì e lacrime silenziose gli rigarono le guance.
“Sono solo per… per colpa tua!”
“Sei libero.”, lo corresse l’altro, “Libero dalla violenza di tua madre e dalle tue stesse paure. Non farmi pensare che tutto quel che ti ho insegnato sia volato nel vento, ne sarei molto deluso. Per quanto tu non mi sia più di alcuna utilità, preferirei pensare di averti reso una persona migliore, più forte.”
“Chi sei, tu? Non conosco neppure il tuo nome!”
“Non ti dirà nulla, sei cresciuto tra i babbani, o nomag, come dite qui. È Gellert Grindelwald. Alcuni mi definirebbero il criminale più efferato che il mondo magico abbia mai visto, uno spietato idealista, un cruento assassino. Non lo discuto, dal loro punto di vista, ciò, è più che legittimo. La verità è sempre un’interpretazione.”
“Tienimi con te!”
Credence lo disse con tanto impeto da ritrovarsi senza fiato. Non credeva neppure lui di esser riuscito a pronunciare quelle parole.
“No.”
“Perché?! Se davvero sono ancora un mago, allora sono potente. Posso… posso farti uscire da qui! Ti uccideranno!”
“Un mago in un mondo di maghi non è nulla di speciale, Credence; ed io non darò a quegli uomini, là fuori, l’occasione di uccidermi. In merito al perché ci sarebbero varie motivazioni, ma nessuna ti piacerebbe. Un inutile spreco di fiato.”
Il ragazzo si strinse le ginocchia al petto e cominciò a singhiozzare. Gellert si alzò e gli diede le spalle, allontanandosi da lui.
“Non sono una persona di cui sia prudente innamorarsi, ragazzo.”
“I-io non..!”
“Posso essermi sbagliato nel definirti un magonò, ma non su questo. Non perdiamo tempo a negare l’evidenza in favore di un decente perbenismo. Tutto ciò che è decente è anche meschino.”, sentì dei rumori nel corridoio, un miscuglio confuso di passi e voci concitate, “Fa’ in fretta.”, ribadì Grindelwald, voltando appena il capo in sua direzione, “Sei molto giovane. Credi di non avere nessun altro perché sono il solo ad averti mostrato affetto e ad averti concesso la dignità che dovrebbe spettare a qualsiasi mago. Questo è il motivo per cui non hai mai cercato di uccidermi, fintanto che ti rimaneva anche un solo barlume di controllo. Molto dolce,  ma ti sbagli: non sono l’unico uomo al mondo. Un cuore spezzato fortifica ben più che un amore corrisposto, Credence.”
L’altro si fece forza e osò persino alzarsi in piedi.
“E se io volessi restare al tuo fianco?”
Gellert smise di ascoltare il trambusto e si voltò.
Sorrise, enigmatico.
“Un atto di volontà, mh? Interessante. Venire in America non è stato un completo fallimento, allora.”, sentiva lo sguardo di Credence bruciargli addosso e la cosa lo lusingava, “La risposta è sempre no, ma ora voglio premiarti spiegandoti il perché: sei un mago privo di istruzione e di controllo. Non ho il tempo, né l’intenzione di insegnarti. Saresti solo un peso e andresti incontro a morte certa. So essere crudele, se necessario, ma non è questo il caso. Hai già versato troppo sangue per una causa che neppure conosci. Contatta Tina Goldstein, ti proteggerà. Forse non sarà semplice, ma riuscirà a fornirti dei documenti falsi e poi ti manderà a Ilvermony, o, se sarà furba, in Inghilterra, a Hogwarts, dove nessuno potrà riconoscerti. Sì, Hogwarts è la scelta migliore. Se non ci arriverà da sola, suggerisciglielo tu in modo indiretto e discreto. Falle credere che l’idea sia sua.”
“Sono altri orfanotrofi? Io non voglio...”
“Sono scuole. Quando la decisione penderà su Hogwarts, fa’ in modo che Tina chieda consiglio a Scamander. Saprà indirizzarla sul giusto professore a cui rivolgersi: Albus Silente, un nome che tu non dovresti conoscere. Ricordalo, ma non fartelo sfuggire. Se Silente crederà che non sei altro che la mia ennesima vittima, ti accoglierà a braccia aperte e ti proteggerà. Penso che non ci sia bisogno di spiegarti perché sarebbe pericoloso far sospettare al MACUSA che ci siamo incontrati di nuovo, vero?”
Credence scosse il capo debolmente, affranto.
“Ma io… tu mi hai fatto credere che fossi unico. Perché vuoi allontanarmi? Sono solo un giocattolo rotto? Io voglio restare con te.”, insistette con rancore.
Gellert lo avvicinò per sollevargli il mento con due dita.
“Ma guarda! Gli artigli del tuo carattere già lacerano il velo della paura. Tu sei unico. Nessun obscuriale è mai vissuto oltre i dieci anni e qualunque mago sarebbe morto sotto un attacco tanto brutale. Persino io. Quel che diventerai è nelle tue sole mani, adesso. Il sentimento non è mai il consigliere opportuno per scegliere la propria causa. Più instabile delle nubi, cambia intendimento con il volgere del vento. Non posso fidarmi di te. Non adesso. Apprendi, Credence, diventa un uomo, scopri chi sono e, solo a quel punto, se ancora lo vorrai, vieni a cercarmi.”, i suoi occhi si adombrarono per un istante e prese un profondo respiro, prima di proseguire, “Se dovessi scoprire che la mia causa ti ripugna, non incrociarmi il passo. Sarebbe un grande dolore doverti spazzare via da...”, si interruppe bruscamente.
Il ragazzo stava per approfittarne, ma le parole gli morirono in gola con un gemito strozzato, quando Grindelwald lo strattonò, costringendolo alle proprie spalle. L’istante seguente, il muro contro il quale si era rifugiato esplose con gran fragore. Per lo spavento finì a terra.
In quella nube di polvere e calcinacci tre uomini apparvero dal nulla di fronte a Gellert. Per quanto si sforzasse, non riusciva a distinguerne i tratti.
“Inopportuni, come sempre. Stavo parlando.”, lo sentì dire con una punta di sarcasmo, “Dammi la bacchetta.”
“Dobbiamo sbrigarci, gli auror saranno qui a…”
“La mia bacchetta.”
“Sì, signore.”
Grindelwald si voltò verso Credence, la lunga arma magica affusolata stretta in pugno. Elegante e temibile. Lo afferrò per una spalla e, in un istante, furono lontani. Il ragazzo, scosso dalla smaterializzazione, impiegò qualche attimo per mettere a fuoco quel vicolo buio. Nella strada principale c’era fermento. Si voltò verso l’altro e sussultò nel riconoscere le fattezze di Percival Graves.
Ancora una volta, gli mancarono le parole.
“Mi sembrava il volto più appropriato per dirci arrivederci.”, Gellert lo afferrò per le spalle, dandogli un’energica scrollata, “Guardami quando ti parlo!”, tuonò con urgenza nella voce, “Sto rischiando la mia vita per restare con te ancora un poco, non deludermi vergognandoti di te stesso. Hai più dignità di chiunque altro. Tieni alta la testa e ancor più su il pensiero, non piegarti, non permettere che ti schiaccino. Una volta è più che sufficiente per apprendere. Perseverare è da deboli e tu non lo sei. Il vero Credence nasce quest’oggi, plasmato da me all’origine, ma libero nella sua crescita. Qualsiasi percorso sceglierai, io ne sarò fiero, ma solo se l’avrai seguito per tua esclusiva volontà, dopo averlo compreso. Il nido è spezzato, spicca il volo, ragazzo. Hai capito? Rispondimi!”
Il giovane sollevò il viso, ancora incerto, ma più risoluto.
“Sì… Sì, ho capito.”, disse, correggendo il suo tono esitante.
Gli occhi, ora scuri e caldi, di Grindelwald si addolcirono. Gli sorrise, persino, prima di urtargli la guancia con una brusca carezza.
“Bravo.”, lo premiò, “La casa di Tina Goldstein è dall’altra parte della strada. Sai cosa fare. Va’, adesso.”
Credence mosse qualche passo per poi voltarsi, repentino, e stringerglisi al petto in un forte abbraccio.
“Grazie…”, mormorò, prima di correre via.
Grindelwald lo guardò attraversare la strada, il viso addolcito dalla commozione della solitudine.
“Non c’è di che, Credence. Non c’è di che…”

 
 
L’istante seguente, nel vicolo non era rimasto altro che qualche foglio di giornale sui mattoni sporchi della pavimentazione: GRINDELWALD CATTURATO!, gridavano le pagine.
I titoli sarebbero stati diversi, l’indomani.
 
 

N.d.A.: Mi sono distratta un attimo e… this simply happened. Prima non c’era, ora c’è, e, #mannaggiallamiseria, avevo un monte di cose da fare! Vabbè, tanto ormai è fatta, inutile sentirsi in colpa. No, quello non era un tuono, era il rombo delle scadenze che mi pendono sulla testa. Tranquilli, minaccia solo me.
Dunque, un po’ per mancanza di elementi, visto che il film non ci dice granché, un po’ perché il regolamento di EFP è particolarmente rigido in merito all’underage, ho deciso di stare cheta e giocare sul sicuro. Che Credence sia vivo ormai è abbastanza certo, quel che farà è un mistero, quindi è ovvio che la mia è una fantasia fatta e finita.
Ho pensato che Grindelwald potesse di nuovo assumere le sembianze di Percival Graves perché in nessun istante del film lo vediamo bere qualcosa, quindi mi sono sentita libera di supporre che non si sia servito della pozione polisucco ma… bho, di qualche altra cosa che forse verrà spiegata in seguito.
Grazie per essere arrivati sin qui, spero che questa one-shot vi sia piaciuta. Se vi va, lasciatemi un commento, fa sempre piacere a noi, derelitte autrici universitarie-in-crisi. Inoltre sono curiosa di vedere quante bruttissime persone shippano, con me, Credence e Grindelwald.
Siamo un’armata? Alzate le bacchette, coraggio!
Un bacione, 
Ros.
   
 
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