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Autore: Yumeji    27/11/2016    0 recensioni
Zen ha uno stalker di cui non vuole parlare.
Jumin non capisce i suoi sentimenti.
E 707 trova la situazione tremendamente divertente.
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One-Shot (2107 parole)
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jumin Han, ZEN
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Titolo:
STALKER
Fandom: Mystic Messenger
Rating: Verde
Genere: Sentimentale, Introspettivo, Shonen-ai
Personaggi: Jumin Han, Hyun Ryu (alias Zen)
Avvertimento: One-shot (2107 parole)
Note: Ho cercato di mantenermi IC, scusate se non ci sono completamente riuscito ^__^''''




Distruggerlo non sarebbe stato abbastanza. Umiliarlo, annientarlo nell'orgoglio portandogli via ciò che aveva di più caro. Sì, ecco cosa doveva fare. Bastava qualche goccia d'acido a rovinargli quel bel viso, e la sua carriera sarebbe stata per sempre rovinata. Un proiettile dritto nella spina dorsale e non sarebbe più stato in grado di muoversi su di un palco.
Così poco. Così poco serviva per eliminarlo per sempre dalla scena.  
Nessuno si sarebbe ricordato di lui, di una carriera che non aveva avuto il tempo di decollare. Infondo, a chi sarebbe potuto importare se fosse accaduto qualcosa ad un attorucolo semisconosciuto?  
E invece le sue spalle, capaci di sostenere il peso di tutti quei sogni, erano ben protette da qualcuno che non avrebbe mai permesso a quelle aspirazioni di frantumarsi.

 
- Jumin, che stai guardando?- richiamò la sua attenzione Zen, impensierito dal suo sguardo spaventoso,
- Nulla...- minimizzò Mr.Han, smettendo di fissare un punto imprecisato trai cespugli e riportando la propria attenzione sull'albino. - Mi chiedevo: ricevi ancora quelle lettere di minaccia? -
Zen si stupì a quella domanda, del tutto inaspettata e che non pareva centrare nulla con quello di cui stavano discutendo poco prima. Jumin non era venuto lì per controllare come andassero le riprese dello spot per l'ultimo progetto messo in vendita dalla sua ditta? E a cui Zen si era trovato a partecipare poiché aveva promesso all'altro che non avrebbe più rifiutato il suo aiuto, quando avesse deciso di offrigli qualche lavoro. Anche se sospettava avesse deciso di farlo partecipare ad un simile progetto solo per aver la possibilità di venir ad irritarlo sul set, proponendo delle idee assurde al regista. Zen sperava solo di non dover indossare delle orecchie da gatto come l'ultima volta che aveva accettato la sua proposta. Era un ricordo al quanto imbarazzante, e il naso gli prudeva. "Almeno sta volta non è un prodotto per gatti", si era consolato, credendo di averla scampata, ma trovare Jumin sul luogo delle riprese durante la pausa pranzo gli faceva temere che si stesse annoiando, e fosse venuto per proporre altre sue idee "geniali" solo per punzecchiarlo.
- Te ne avevo parlato? - gli chiese inclinando la testa di lato, l'espressione leggermente corrucciata, a mostrarne la confusione, non ricordava di aver fatto parola a lui o nella chat delle lettere minatorie che nell'ultimo periodo aveva trovato sotto la porta di casa.
Jumin sembrò preso in contropiede da quella domanda, la sua espressione rimase però impassibile nel ricambiarne lo sguardo. Si stava chiedendo come facesse la bellezza dell'altro a risaltare in qualunque caso. Anche con espressioni simili dipinte sul volto sembrava sempre sul punto di star solo attendendo il via del regista per dare inizio ad una scena, o stesse eseguendo le indicazioni del fotografo per mettersi in posa. Era una questione che necessitava assolutamente di una spiegazione e, un giorno (sperava il più tardi possibile), Jumin si era ripromesso di chiedere spiegazioni direttamente a dio. Nell'attesa però si fece una fotografia mentale del volto dell'altro, accumulando prove da portare alla divinità, a dimostragli che dono esagerato avesse affidato ad un singolo essere mortale. Ne possedeva già una riserva tale da far invida persino alla collezione di Jaehee, non che pensasse di rivelarglielo prima o poi. Era quel genere di segreto che si sarebbe portato nella tomba perché, per quanto tra se e se si giustificasse, non era del tutto certo delle ragioni per rimanesse tanto affascinato da Zen.
- No, me lo ha raccontato V  – fu costretto infine ad ammettere Jumin, non trovando altre giustificazioni plausibili. Non si era mai fatto troppe remore a raccontare sempre la verità. - Mi ha anche chiesto di tener d'occhio la situazione e d'intervenire nel caso le cose si fossero aggravate -
- Tsk..- Zen schioccò la lingua infastidito, incrociando le braccia al petto, - Non sono mica Yoosung, non ho certo bisogno di qualcuno che mi faccia da balia – si era innervosito nello scoprire che la confidenza fatta a V, di cui si fidava, era stata rivelata senza troppa fatica a quel signorino viziato e fuori dal mondo. Poteva comprendere che il fotografo si preoccupasse della sua incolumità, ma che non lo ritenesse in grado di gestire la situazione e affidasse ad un altro, a quel odioso di Jumin per di più, il compito di tenerlo d'occhio, lo urtava un po'. Non era una bambino, se la sapeva cavare benissimo da solo. Gli sembrava che V non si fidasse di lui, ma d'altronde sapeva che era proprio così. Da quando Rika era passata a miglior vita non si era sempre rivolto unicamente a Seven e a Jumin quando aveva avuto bisogno d'aiuto?
"E' bello anche quando si arrabbiava" pensò, e forse era l'espressione che più di tutte Jumin preferiva di lui, probabilmente per questo si divertiva tanto a punzecchiarlo quando si annoiava. Era come quando prendeva in braccio Elizabeth III, dopo una brutta giornata, e subito veniva investito dalla pace dei sensi, più o meno era lo stesso quando faceva innervosire Zen. Più l'altro s'infervorava, più lui si sentiva bene con se stesso. Certo, non stava paragonando la sua gatta con un essere umano, Elizabeth III era più simile ad un essere ultraterreno e ciò sentiva quando si prendeva cura di lei era una felicità che non poteva essere minimamente paragonabile a quel superficiale senso di felicità o divertimento che provava quando parlava con Zen. Non poteva però ignorare che un sentimento c'era, per quanto minimo. D'improvviso Jumin fu felice di essere tanto bravo a celare la proprie emozione, da evitarsi che il calore di cui gli si era riempito il petto andasse a coloragli le guance.
- Hai ragione. Non sei per nulla Yoosung, con lui almeno si può ragionare – lo punzecchiò solo per il sottile e sadico piacere di vederlo infuriarsi al punto che fosse il suo di viso ad accendersi di un vivido rosato. Cosa che puntualmente avvenne, il lato negativo dell'aver una carnagione chiara come la sua.
- Stai dicendo che sarei un testardo? - le labbra sottili di Zen si stesero in un ghigno, una deformazione che prendevano sempre quando s'irritava ma che, nuovamente, non ne intaccavano l'aspetto.
- No, ti sto dando del testardo infantile, è diverso - puntualizzò Jumin, il volto serio mentre, dentro di se, se la rideva. Era piacevole saper manipolare al punto le espressioni dell'altro da sapere esattamente come avrebbe reagito ad un suo commento.
- Non cambia nulla invece! Mi stai solo insultando -  
- Non è un insulto se è un dato di fatto -
- I-io non sono più infantile di Yoosung! - strinse i pugni distendendo rigidamente le braccia lungo i fianchi,
- Oh, sì che lo sei – doveva sforzarsi di non ridere Jumin, Zen stava prendendo la questione seriamente e non sembrava neppure rendersi conto di come l'altro lo stesse prendendo in giro. La sue era bellissima e tremendamente comica agli occhi del suo interlocutore.
- Bhé... Se io sono infantile, allora lo sei anche tu! - lo additò per dar enfasi alla propria affermazione, il volto adirato e di un rosso acceso, - Stai perdendo tempo a discutere di quanto io sia infantile, e questo rende infantile anche te – Punto per Zen. A quello Jumin non poteva ribattere senza rivelargli la verità, cosa che non gli sembrava una mossa saggia al momento e venne preso in contropiede.  
- Touché - ammise sorridendo, per quanto sembrasse dargliela vinta infondo aveva raggiunto il suo obbiettivo, quindi in realtà era lui ad uscire vincitore da quella piccola ed insignificante scaramuccia. Non riusciva a trattenere quel sorrisetto soddisfatto che Zen trovava tanto irritante, poiché gli dava la sensazione di essere appena stato fregato dall'altro. Avrebbe voluto chiedergli cosa ci fosse di tanto divertente, ma Jumin lo precedette parlando per primo.
- Non hai le prove costume? - cambiò discorso, tornando serio mentre adocchiava il costoso orologio che gli stringeva il polso sistemandosi i polsini della giacca.
- Ah, la mia pausa è già finita! - esclamò Zen stupito, realizzandolo solo a quel punto, - Non ci credo che l'ho sprecata tutta discutendo con te – si lamentò in tono lagnoso e irritato, prendendo un espressione imbronciata che portò Jumin ad un'altra serie di fotografie mentali e all'accenno di un sorriso sulle labbra, nuovamente divertito.
- La puntualità è una delle qualità che indica la serietà di un lavoratore – commento, ricevendo in cambio uno sguardo furente dall'altro, in quel momento probabilmente avrebbe voluto incenerirlo, immaginò.
- Lo so benissimo che la puntualità è importante, senza che sia tu a dirmelo - ribatté, irritato dalle sue parole, - A differenza di quel che pensi non sono un lavativo - puntualizzò sbuffando, lo sguardo che correva verso il piccolo boschetto che circondava il set, gli era sembrato di intravedere qualcosa muoversi trai i cespugli. Erano in un parco piuttosto grande poco al di fuori dalla città, quindi non c'era da stupirsi della presenza di qualche animale selvatico, ma di così grandi? Era possibile? E se invece fosse stato un paparazzo? Si era infiltrato lì senza permesso. Comunque rimaneva il dubbio che se lo fosse solo immaginato.  
- Però sei ancora qui – Jumin lo distrasse dai suoi pensieri, facendogli riportare l'attenzione e lo sguardo su di se,
- Ora vado, ora vado! - sbottò lui furente, andandosene a passo veloce e rigido senza neppure salutarlo, probabilmente per ripicca. Si era già scordato della sensazione che qualcosa lo stesse osservando da quei cespugli. Aveva dato troppo spazio alla fantasia, probabilmente era stato solo un animale. Piuttosto, ora doveva affrettarsi per non prendere una lavata di capo dal regista per essersi presentato in ritardo.
Jumin lo osservò allontanarsi, reprimendo un sospiro che prepotente aveva cercato di risalirgli lungo la gola. Certi giorni stargli vicino era più difficile di quanto non volesse, e diveniva complicato reprimere alcuni istinti. Come il desiderio sempre più opprimente di toccargli i capelli solo per sapere se erano morbidi e lisci come la pelliccia di Elizabeth III proprio come sembravano.
Scacciò simili pensieri, non era il momento, e il suo sguardo per un momento assente tornò serio mentre correva trai cespugli. Sapeva che ciò che aveva attirato l'attenzione di Zen per un momento era la stessa cosa notata da lui. Purtroppo, come aveva già immaginato, non appena l'intruso aveva capito di essere stato notato dall'attore, se l'era data rapidamente a gambe e ora lo aveva perso di vista.
Sperava se ne fosse andato, ma per sicurezza avrebbe aumentato la sorveglianza attorno al set sino alla fine delle riprese e il numero delle guardie che aveva piazzato in segreto nei pressi dell'abitazione di Zen. Lo stalker si stava facendo più intraprendente, doveva accertarsi che l'albino non corresse alcun pericolo, e non solo perché V glielo avesse ordinato. Era preoccupato per lui. Quello stalker poteva diventare aggressivo, violento forse, andava fermato e Jumin non si sarebbe risparmiato ad usare ogni mezzo a sua disposizione per farlo. Si era anche fatto aiutare da Seven, a cui aveva fatto piazzare delle telecamere sia all'interno che all'esterno della casa dell'albino, senza che l'interessato ne sapesse nulla ovviamente.
"- Vedi di non approfittarne-" lo aveva avvertito il super hacker con il sorrisetto di chi la sapeva lunga, colmo di sottointesi. "- Non vorrei che proteggendolo da uno stalker ne avessimo creato un altro-" aveva poi riso beffardo mentre Jumin, dopo essersi fatto spiegare come funzionassero le telecamere, lo aveva sbattuto fuori dal suo appartamento, rifiutandogli di coccolare la sua Elizabeth III.  Ma per quanto Seven scherzasse di continuo, era davvero molto intuitivo, al punto da indovinare con facilità quei sentimenti che per Jumin erano invece un mistero. Lui non si era ancora reso conto di cosa sentisse realmente per l'albino. Non riusciva a comprendere cosa provasse e non riusciva a definire quello che avvertiva. Sapeva solo che, seppur prima non ne avesse mai avuto la minima intenzione, dopo aver parlato con Seven, ora aveva una pulce nell'orecchio. Ciò lo aveva portato a fare proprio ciò che l'altro gli aveva vietato, e seppur raramente, qualche volta gli era capitato di dare un occhiata alla telecamera posta nel bagno dell'attore mentre questi faceva la doccia. Peccato solo che le immagini finissero sempre per essere appannate dal vapore, probabilmente Seven aveva pure immaginato quello quando glielo aveva suggerito.
- Jaehee..? - chiamò la sua segretaria, dopo essersi occupato di avvertire la sicurezza di aver notato la presenza di un intruso nei dintorni. - Sì, sto tornando in ufficio. I documenti per la dimostrazione sono pronti?- si diresse verso l'auto dove Kim, il suo autista, lo aspetta. Aveva del lavoro da fare, e la sua piacevole pausa era durata fin troppo.


  
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