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Autore: hart_kinsella    28/11/2016    0 recensioni
"Lei dov'è?! [...] Io devo...devo vederla" | AU, post 3x09: Wes non è rimasto coinvolto nell'incendio e arriva al capezzale di Laurel
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Laurel Castillo, Un po' tutti, Wes Gibbins
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ehilà! :D
Dunque, so di aver detto che la mia precedente fan fiction su Wes e Laurel sarebbe stata quasi sicuramente un'eccezione, ma mi è balenata in mente un'altra idea e non ho resistito :P Ovviamente ignoro sempre il grande elefante nella stanza (che è la tragica fine del mio dolce puppy) e ho proceduto da lì, ossia: come sarebbe andata se Wes non fosse rimasto per niente coinvolto nella vicenda? Questa è la mia versione della storia (perdonatemi se dovesse risultare vagamente OOC: non ho moltissima dimestichezza con l'universo di HTGAWM).
Al solito, se voleste dirmi cosa ne pensate in una recensione, mi rendereste felice. :)
-Silvia

 

Wes schizzò dentro le porte scorrevoli del pronto soccorso, sentendosi mancare il fiato mentre percorreva di corsa quel dedalo di corridoi che gli sembravano tutti uguali, alla ricerca della familiare figura di Bonnie.

Non appena aveva lasciato la stazione di polizia, i passi e la testa pesanti di ogni sorta di brutto pensiero, aveva trovato una decina di messaggi in segreteria e, dopo aver distrattamente dato ascolto a quelli deliranti per la sbronza e imploranti perdono di Laurel, quello di Annalise che gli chiedeva di raggiungerla a casa sua attirò la sua attenzione: stava meditando, tra rabbia e confusione, sul modo migliore per affrontare l'avvocato riguardo alla morte di Rebecca quando arrivò a destinazione e rimase impalato, a bocca aperta, trovandosi davanti un'alta colonna di fumo e fiamme che si innalzava dalla villa della Keating e una folla di poliziotti, pompieri e semplici curiosi che, in un confuso vociare, circondava la casa.

“Che è successo?” Riuscì a malapena a domandare ad una poliziotta, mentre si sentiva mancare la terra sotto i piedi con una sorta di oscuro presagio.

“Un'esplosione...adesso ci lasci fare il nostro lavoro, per cortesia” Replicò la donna bruscamente, allontanando Wes dalla scena del crimine.

Lui si lasciò trascinare via con un'energica presa del suo braccio, troppo distratto per opporre resistenza mentre lo schermo del suo cellulare segnalava una telefonata da parte di Bonnie “Bonnie, la casa è in fiamme...cosa sta...?”

Prima che potesse terminare la frase, la voce imperturbabile della donna lo interruppe “Vieni in ospedale, Wes”

Fu il suo tono definitivo, che non ammetteva repliche, ad accrescere i timori del giovane.

Perciò adesso, una ventina di minuti più tardi, Wes era in ospedale e finalmente scorse la chioma bionda di Bonnie poco lontano, e la raggiunse di corsa, prima di accorgersi che, intorno a lei, c'erano Oliver, Connor, Asher e Michaela, tutti piuttosto provati.

“Bonnie!” La richiamò Wes quasi a corto di fiato, mentre scrutava gli altri presenti con una strana, preoccupante consapevolezza che piano piano si faceva strada in lui “Dov'è Laurel?” Domandò, come se il suo posto dovesse essere lì, accanto agli altri, e la sua assenza volesse automaticamente dire che qualcosa non andava per il verso giusto. Sensazione, questa, che si accrebbe non appena scorse con la coda dell'occhio gli sguardi colpevoli e sfuggenti dei suoi coetanei “Lei dov'è?!”

“Wes, calmati” Gli intimò, seppur con voce pacata, Bonnie, posandogli una mano sul petto come per trattenerlo “Laurel era in casa al momento dell'esplosione...” Gli occhi castani di Wes si spalancarono non appena sentì quelle parole, mentre nella sua testa si affacciavano le ipotesi peggiori “...ma è viva e i medici sono piuttosto ottimisti” Lo rassicurò, con la voce e con lo sguardo, la donna, e Wes sentì l'ossigeno tornargli nei polmoni.

“Dov'è?” Ripeté, questa volta con un'urgenza di natura diversa da poco prima “Io devo...devo vederla” Si concesse infine, scuotendo leggermente la testa, e senza aggiungere altro.

Bonnie schiuse la bocca per dire qualcosa, ma l'arrivo di Meggy la precedette.

“Wes?” Lo richiamò la giovane dottoressa, nonché sua ex fidanzata. Quando Wes, sconvolto, si girò verso di lei, la ragazza gli sorrise debolmente, come se, nonostante Laurel stesse bene, ci fosse comunque qualcosa che non quadrava “Vieni con me” Gli disse semplicemente, invitandolo a seguirla con un cenno del capo.

Lui diede un'ultima, rapida occhiata a Bonnie e agli altri, poi si avviò impaziente e in tutta fretta dietro Meggy.

 

Laurel fissava la parete di fronte a sé senza realmente metterla a fuoco, la testa ancora invasa dal violento deflagrare dell'esplosione, quando la porta della stanza si spalancò, facendola sobbalzare per lo spavento e la sorpresa: sulla soglia si stagliava Wes in tutta la sua altezza, il volto una maschera di preoccupazione e di terrore. E soltanto vedendolo Laurel si sentì meglio.

“Wes” Riuscì appena a sussurrare, la voce arrochita per il fumo che aveva inalato.

In un attimo, lui percorse quei pochi metri che li separavano e l'attirò al suo petto in un abbraccio che fece sussultare Laurel e quasi le tolse il respiro. Stringendola in quel modo, dopo avere temuto di averla persa per sempre, Wes dimenticò in un attimo lo stupido battibecco che avevano avuto quella mattina e capì di amarla con tutto se stesso “Cavolo, mi hai fatto spaventare” Le bisbigliò, mentre Laurel si aggrappava al suo corpo come se ne andasse della propria vita, entrambi troppo presi l'uno dall'altra da non sentire nemmeno Meggy che, prima di lasciarli soli, disse loro che avevano soltanto cinque minuti da poter spendere insieme “Non posso perderti di vista un attimo che...” Wes sogghignò, ricacciando indietro il groppo di lacrime che gli si era formato in gola, mentre si scostava da lei, senza però smettere di toccarla, come se altrimenti Laurel potesse scomparire.

Lei sorrise, o almeno ci provò nelle condizioni in cui era “Frank se n'è andato. Questa volta per davvero” Mormorò, la propria voce che risuonava estranea persino alle sue stesse orecchie, prima di fare un breve cenno con la testa allo schermo del televisore presente nella stanza.

Wes, con gli occhi spalancati per la confusione, si voltò nella direzione da lei indicata e assunse un'espressione di totale e assoluto shock quando vide la foto di Frank sopra la scritta “ULTIMA ORA: VITTIMA DELL'ESPLOSIONE IDENTIFICATA” durante la diretta del telegiornale locale “Che cosa...?” Borbottò il ragazzo tra sé e sé, senza riuscire a smettere di fissare lo schermo, sul quale si susseguivano gli ultimi aggiornamenti provenienti dalla scena del crimine “Ma cosa è successo a casa di Annalise?” Finalmente riuscì a domandare a Laurel, tentando di non far trasparire la gelosia che provava al sapere che lei e Frank, un uomo morto ormai, si erano incontrati a villa Keating.

Laurel sviò brevemente il suo sguardo, sentendosi inevitabilmente e senza una vera ragione in colpa “Lui mi ha chiamato...diceva che era a casa di Annalise, che lei voleva incontrarmi e che c'eri anche tu” Scosse brevemente la testa, incrociando di nuovo lo sguardo attento di Wes, che se ne stava in piedi di fianco al suo letto con le mani poggiate sui fianchi “Non avrei dovuto fidarmi, ma ero così preoccupata per te che non ci ho nemmeno pensato...e ho temuto che tu e Annalise poteste fare qualcosa di azzardato” Scosse di nuovo il capo, gli occhi chini sul suo grembo per la vergogna che provava “Quando sono arrivata, ovviamente c'era solo Frank: ho provato ad andarmene non appena l'ho capito, ma lui mi ha trattenuto, voleva parlarmi e poi...e poi è esploso tutto” Concluse Laurel, le lacrime che iniziarono a solcarle il volto e che Wes, la cui espressione si era ammorbidita man mano che lei parlava, le asciugò delicatamente con i suoi pollici.

“Shh, shh. Va tutto bene adesso: è finita” Le sussurrò, cercando di confortarla e lasciandole piangere tra le sue braccia l'uomo che lei aveva amato.

Le ci volle qualche minuto per riprendersi, finché i singhiozzi si attenuarono e Laurel tornò a respirare normalmente “Scusami” Bisbigliò a Wes, scostandosi da lui, il quale abbozzò un sorriso triste mentre le carezzava una guancia e lei si lasciava andare al suo tocco.

“Non devi scusarti” Le assicurò il ragazzo, mentre rimarcava quelle sue parole scuotendo la testa.

Non appena si riprese un po', Laurel tornò alla carica “Ma tu dov'eri, piuttosto?” Gli chiese, dandogli un leggero pugno sul braccio quasi a mo' di rimprovero “Sei sparito in quel modo...ero preoccupata, sai” Aggiunse, quasi in un sussurro, come se ammetterlo dopo il loro scontro della mattina fosse segno di debolezza.

“Ero...ero in giro, a schiarirmi le idee” Dissimulò Wes: non era sua intenzione avere dei segreti con lei, la persona di cui più si fidava al mondo, ma era ancora provato dalle rivelazioni fattegli alla centrale di polizia e, soprattutto, non voleva caricare Laurel di altri fardelli in quel momento.

Se lei aveva intuito che c'era qualcosa che il suo ragazzo non le stava dicendo, non lo diede a vedere o non ci fece caso “Beh, spero che tu te le sia schiarite, perché c'è una cosa di cui devo parlarti” Annunciò con un'insolita aria solenne, asciugandosi sbrigativamente un'ultima lacrima furtiva.

“Che c'è?” La incalzò Wes, immaginando già il peggio.

Lei prese un respiro profondo, incrociando il suo sguardo colmo di domande, per poi iniziare a parlare a perdifiato, come se avesse paura di scoprire subito la sua reazione “Sono incinta. Me l'hanno detto i medici, io non ne sapevo nulla, altrimenti non mi sarei certo messa a bere così tanto oggi...e lo so che stiamo insieme da poco, che la nostra vita è un casino e che dobbiamo ancora laurearci...” Si interruppe quando, sollevando in un fugace moto di coraggio lo sguardo sul volto del suo ragazzo, lo vide in un misto di confusione e terrore “Dì qualcosa” Lo invitò a fare, improvvisamente intimidita e vulnerabile.

Wes rimase lì impalato per qualche secondo, mentre metabolizzava quella notizia, a cui stentava a credere “Sei incinta?” Le chiese con un filo di voce, Laurel che annuì piano, sentendosi quasi in colpa.

Ma ogni suo timore scomparve non appena sul volto di Wes si spalancò, lentamente ma inesorabilmente, un sorriso circondato dalle sue inconfondibili fossette “Sei...sei felice?!” Domandò incredula e circospetta.

Lui rise brevemente, gli occhi lucidi, mentre le afferrava una mano “Sì, ovvio!” Poi, tornò serio e ragionevole: non voleva farsi illusioni senza sapere quali fossero le intenzioni della donna che gli stava davanti “So che il momento non è dei migliori e che, cavolo, forse tu nemmeno lo vuoi un bambino, quindi...sappi che qualunque cosa tu decida, io sarò al tuo fianco” Concluse, guardandola serio come poche altre volte nella sua vita.

Riflettendosi nei profondi occhi castani di Wes, Laurel si commosse, in un improvviso moto di amore sconfinato: le premesse potevano sembrare catastrofiche, ma lei sapeva che lui era la persona giusta e che, in un modo o nell'altro, insieme ce l'avrebbero fatta. Come sempre “Sto ancora cercando di abituarmi all'idea, ma questo è il nostro bambino...” Disse, sentendosi ancora una volta sull'orlo del pianto, mentre si sfiorava istintivamente il grembo e scuoteva brevemente la testa “...non potrei mai liberarmene, Wes” Un sorriso le solcò le labbra e lo stesso accadde su quelle di Wes, confermandole una volta di più che, nonostante le difficoltà che sicuramente avrebbero incontrato, quella era l'unica scelta possibile “E poi ci ha già dimostrato quanto sia forte, sopravvivendo a tutto questo” La voce le si strozzò su quelle ultime parole, i ricordi confusi e spaventosi dell'esplosione a casa di Annalise ancora ben impressi nella sua mente.

Wes, ancora frastornato dalla girandola di emozioni contrastanti che aveva vissuto in così poco tempo, sbattè le palpebre per ricacciare indietro le lacrime che gli pungevano gli occhi, mentre avvertiva un senso di gioia pervaderlo, la sua mano che strinse quella di Laurel e i loro sguardi che si incontrarono, esprimendo tutto ciò che c'era da dire senza bisogno di parole. E, quando lui si decise a parlare di nuovo, disse qualcosa che nessuno dei due avrebbe mai dimenticato “Ti amo anch'io” Praticamente sussurrò, scuotendo il capo, come se di fronte a quell'evidenza non potesse fare niente.

Era la prima volta che Wes esprimeva ad alta voce i propri sentimenti, la prima volta che rispondeva chiaramente a quel “Ti amo” scappato dalle labbra di Laurel in quella telefonata fatta a tarda notte e di cui nessuno dei due aveva più parlato, anche se il suo amore per la ragazza che gli stava di fronte era già evidente nei gesti di premura nei suoi confronti ed era trasparito in molteplici altre dichiarazioni, anche se con parole differenti.

Laurel non riuscì a trattenere il sorriso di pura felicità che le pungeva le labbra, mentre si aggrappava con una mano a quella di Wes posata sulla sua guancia prima che lui si chinasse quel tanto che bastava per baciarla, suggellando così quelle sue parole, in quella sorta di chiesa profana.

I due erano talmente immersi nel loro piccolo mondo da non prestare attenzione alla porta della stanza che si spalancò, rivelando i loro tre compagni di corso seguiti da Oliver.

Il primo suono che giunse alle loro orecchie fu il fischio di ammirazione di Asher, che gridò “Ve l'avevo detto, mi dovete cinquanta bigliettoni!”, seguito da un esageratamente disgutato “Che schifo, trovatevi una stanza” da parte di Michaela.

A quel punto Wes e Laurel, seppur controvoglia, si staccarono l'uno dall'altra e lui si voltò verso i nuovi arrivati con un sorriso ironico “A dire il vero, l'abbiamo già trovata” Puntualizzò sornione, facendo riferimento a quella camera d'ospedale.

“Sì, chissene importa...i miei occhi sono appena rimasti traumatizzati” Dichiarò, drammatica come sempre, Michaela, mentre raggiungeva spedita e quasi padrona di quel posto, un vaso, che riempì d'acqua e dove versò il mazzo di fiori che aveva portato (e vedendo il quale Laurel si intenerì: in fondo in fondo, la ragazza doveva volerle bene, si disse), e gli altri si addentravano nella stanza.

“Sono così contento che tu stia bene!” Esclamò palesemente sollevato Oliver, salutando Laurel con un abbraccio dopo che Wes si era scostato (anche se non troppo) dal capezzale della ragazza.

“Nessuno può abbattere la Castillo, giusto?” Mormorò quasi intimidito Connor, le mani cacciate nelle tasche del giubbotto che indossava e guardando di sottecchi Laurel, quasi avesse paura di mostrare troppo le proprie emozioni o di far capire che un po', tutto sommato, a quei suoi compagni di avventura ci teneva.

Asher, dal canto suo, era troppo impegnato ad esibirsi nei suoi soliti versi di giubilo nei confronti di Wes, al quale, dopo una generosa pacca sulla spalla, offrì una mano alzata “Batti cinque, stallone!” Bastò però un sopracciglio inarcato ed un'occhiata eloquente da parte del diritto interessato per fargli abbassare la mano e l'entusiasmo “Ok, come non detto” Borbottò, spegnendosi, mentre Laurel ridacchiava sommessamente e Michaela rimetteva all'ordine quello che ormai poteva definire a tutti gli effetti il proprio ragazzo.

Poi, la camera fu invasa dalle chiacchiere concitate e assordanti dei nuovi arrivati e, quando Wes poggiò una mano sulla spalla di Laurel per accertarsi con una singola occhiata che quello per lei non fosse troppo, la ragazza lo rassicurò con un impercettibile cenno della testa e rimase lì a guardare con l'ombra di un sorriso sulle labbra il loro gruppo così mal assortito, ma che di fatto era la sua famiglia.

  
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