Serie TV > The Walking Dead
Ricorda la storia  |      
Autore: _Mhysa_    28/11/2016    0 recensioni
AU / Glaggie / One shot
Siamo ad Atlanta, non ci sono zombi, ma solo due ragazzi che si conoscono in una situazione più o meno normale. Piccolo momento Glaggie, perché in fondo Glenn e Maggie resteranno per sempre la mia coppia preferita, in questo fandom.
****
"Si addormentarono senza nemmeno accorgersene, dopo ore intere passate a conoscersi come non avevano mai fatto da quando avevano otto anni.
Maggie non lo sapeva ancora, ma alla fine ce l’aveva fatta, a scegliere quello giusto."
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Glenn, Maggie Greeneunn
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Piccola premessa! 
Ciao a tutti! Sono tornata con qualcosa di diverso dal solito, sì perché qui non trovere né Daryl, né Beth né un personaggio nuovo. Ci saranno soltanto Maggie e Glenn; adoro Glenn, è in assoluto il mio personaggio preferito, e adoro loro due, sin dalla seconda stagione. Ho sempre voluto scrivere di loro, ma onestamente non mi veniva mai un'idea carina, anche perché nella serie fanno vedere quasi tutto ciò che ci aspetteremmo di vedere, perciò è difficile pensare a un modo diverso in cui le cose sarebbero potute andare, tra di loro. Comunque, la mia mente ha partorito questa idea che con il mondo di TWD non ha niente a che vedere; infatti siamo ad Atlanta, non ci sono zombi e non c'è nessuna apocalisse. Semplicemente ci sono i nostri protagonisti che si conoscono in un modo nuovo e diverso rispetto alla serie. E niente, vi lascio alla lettura, sperando che vi piaccia (ho cercato comunque di mantenere i personaggi IC). Fatemi sapere cosa ne pensate! :) 


                                            


 
                                                                       Quello giusto 


La guardava da più di dieci minuti ormai; era a pochi metri da lui, seduta su uno sgabello, al bancone dei drink. Sorseggiò il suo cocktail, poi sorrise all’amica che le parlava gesticolando in modo fastidioso. Era bellissima, più del solito; si sentì venir meno nelle gambe, mentre Dean Jones sogghignava alle sue spalle e lo spingeva a pagare il suo pegno. Odiava quel tipo di giochetti insulsi con cui spesso i suoi amici si divertivano, ma sapeva che arrivato a quel punto non poteva tirarsi indietro; aveva perso la scommessa, perciò gli toccava pagare. Gli capitava spesso di perdere, ma quella volta il prezzo era davvero troppo alto. Maggie Greene era stata nella sua stessa classe sin dalla terza elementare, e da quel momento Glenn era stato perdutamente innamorato di lei, senza ovviamente avere mai il coraggio di confessarglielo. Si limitava a contemplarla da lontano, con la consapevolezza che non sarebbe stato abbastanza per lei, né in quella vita né in nessuna tra le esistenze possibili; era abbastanza sicuro che Maggie ignorasse perfino il suo nome. Ma d’altronde come biasimarla, bastava analizzare la loro situazione presente per farsi un’idea dell’abisso profondo e sconfinato che da sempre li separava: avevano ventitré anni e, mentre lei si stava laureando in veterinaria a pieni voti, lui consegnava pizze. Chissà come mai gli era capitato di avere il venerdì libero, perciò si era ritrovato in quel locale decisamente troppo costoso ed esclusivo per il suo status sociale, e tra l’altro si sentiva tremendamente a disagio in mezzo a quei figli di papà con le scarpe lustrate e i pantaloni che arrivavano poco sopra la caviglia. Ma a Dean e agli altri andava di fare qualcosa di diverso, quindi li aveva seguiti senza fare storie, in fondo era un tipo che si adattava facilmente, lui. E così il caso volle che dopo un anno, tre mesi e otto giorni che non vedeva Maggie – sì, lui se le segnava, le volte in cui fortuitamente la incrociava per le strade di Atlanta- la incontrasse proprio in quel posto da rampolli altolocati, che con i suoi jeans, le converse e il berretto bianco e blu non c’entravano un bel niente; e il caso – un po’ bastardo, bisogna dirlo- volle anche che proprio quella sera lui perdesse la scommessa.
“Ce l’hai quasi fatta, Rhee” sghignazzò Dean, il quale poi lanciò un’occhiata agli altri che non smettevano di fissarli e di ridersela di gusto, seduti al loro tavolo.
“Senti io… non posso farlo! Per favore!” mormorò Glenn, sperando di riuscire a cavarsela senza doversi ricoprire di ridicolo.
“Certo che puoi, e lo farai!” nel dire queste parole Jones lo spinse con forza facendolo avanzare di un paio di passi. Il ragazzo si voltò per rivolgergli un’ultima occhiata fulminea, poi si girò di nuovo, si aggiustò il berretto sul capo e riprese a fissarla, avanzando nella sua direzione. Era quasi arrivato quando l’amica con cui stava parlando, si alzò con la borsetta in mano e si allontanò, probabilmente diretta al bagno; a quel punto Maggie prese il suo smartphone e incollò il viso allo schermo, forse intenta a controllare la bacheca di facebook. Glenn fece un respiro profondo, deglutì in modo rumoroso e, con lo stomaco stretto in una morsa ferrea e le mani completamente sudate, percorse la breve distanza che li separava, ripetendo in mente le parole che gli amici gli avevano imposto di rivolgerle. Sapeva che da quella sera in poi non sarebbe mai più uscito dalla sua stanza, se non per andare a lavoro, ma non poteva tirarsi indietro; chi perde paga, questa era la regola infrangibile del suo gruppo. Non rispettarla significava andare incontro a una sanzione peggiore, anche se una parte di sé credeva che non esistesse niente di più ridicolo e inaccettabile di quello che lo stavano costringendo a fare. Si fermò davanti a lei, ancora con la testa incollata al cellulare, e di nuovo ingoiò a fatica aria e saliva. Che diavolo doveva fare? E se fosse scappato via a gambe levate? Era ancora in tempo, d’altronde qualsiasi altro pegno sarebbe stato più semplice di quello che stava per affrontare. Le parole che si ripeteva da quasi un quarto d’ora si rincorrevano in modo confuso, incastrate in gola, mentre lo stomaco gli faceva davvero un male cane, al punto che quasi si piegò dal dolore.  Nel momento esatto in cui decise di tornare indietro, Maggie Greene alzò gli occhi su di lui; prese a fissarlo in modo interrogativo, mentre lui si sforzava di mettere insieme le parole per poi riuscire a pronunciarle. Ma niente, non ci riusciva, solo la guardava con un’espressione inebetita stampata in volto, e le labbra semiaperte, e la saliva che gli si seccava, e le mani praticamente imbevute di sudore. Per la prima volta da quando aveva otto anni il destino gli aveva concesso la possibilità di rivolgere la parola alla ragazza più bella del pianeta, e lui invece di mandare al diavolo la scommessa e sfruttare l’occasione si limitava a fissarla come un mentecatto.
“Ciao” disse lei. Non l’aveva mai salutato, mai, nemmeno per sbaglio. La gola gli si annodò, mentre le budella si contorcevano, quasi disintegrate.
“Tu… beh io non dovrei essere qui, ecco… non che non mi piaccia il fatto di parlare con te, sia chiaro... o che non mi piaccia tu… ma con questo non voglio dire che tu mi piaccia in quel… quel senso ecco…” blaterava, senza riuscire a comporre una frase di senso compiuto. Un disastro, un vero disastro.
“Tu sei Glenn Rhee, giusto?” gli domandò lei, all’improvviso, salvandolo dal suo imbarazzo. Quella domanda lo spiazzò totalmente, non riusciva a credere alle sue orecchie. Spalancò gli occhi – che per poco non gli uscirono dalle orbite- e aprì un po’ la bocca, stavolta senza riuscire a produrre alcun suono umanamente udibile. Si limitò ad annuire, la ragazza fece lo stesso e poi gli sorrise. Davvero non poteva credere che conoscesse il suo nome, e perfino il suo cognome.
“Mi ricordo di te, eravamo in classe insieme, al liceo.”
In realtà anche alle elementari, e alle medie, avrebbe voluto dirglielo ma di nuovo le rispose soltanto con un cenno del capo.
“Quelli laggiù sono i tuoi amici?” gli domandò, indicandoli.
Glenn annuì ancora, come se non fosse capace di fare altro.
“E ti hanno obbligato a venire qui per chiedermi qualcosa di imbarazzante che poi non hai avuto le palle di chiedermi?”
Altro cenno di assenso. Maggie annuì a sua volta, vuotò il bicchiere in un sorso, poi prese la sua borsa, si alzò dallo sgabello e scrisse un messaggio col cellulare.
“Fumi?” gli chiese.
“Qualche volta” rispose lui, recuperando la capacità di parlare.
“Ti va di fumare insieme?”
Quella proposta lo spiazzò ancora di più, se possibile; gli sembrò di vivere una situazione surreale, fuori dal tempo e dallo spazio. Aveva passato l’intera esistenza accovacciato in un angolo a guardarla vivere la sua vita, una vita a cui lui non aveva nemmeno lontanamente pensato di poter prender parte anche solo per un secondo, una vita che gli sembrava perfetta, e non perché lo fosse davvero – questo non poteva saperlo, nonostante conoscesse molte cose di lei – ma perché era la sua vita, e lei era perfetta. Sì, era un sillogismo stupido e insulso, ma a lui piaceva pensare che fosse così. E soprattutto a lui piaceva lei, gli piaceva da morire, perciò il fatto che gli fosse realmente concesso il dono di poter attraversare come una meteora il cielo del suo destino gli fece perdere la cognizione del mondo circostante. Non vedeva niente oltre quegli immensi occhi chiari.
“D… d’accordo” mormorò, nonostante in verità odiasse fumare, le poche volte in cui ci aveva provato si era ritrovato a tossire, disgustato.
Nell’uscire fuori passarono davanti ai suoi amici, i quali fissarono la coppia increduli e sconvolti; Glenn assunse un’aria vagamente soddisfatta e, mentre camminavano, Maggie gli prese la mano. Pensò che fosse un ulteriore disastro, perché era davvero molto sudata, e quindi di sicuro si sarebbe ritratta schifata, invece tirò un sospiro di sollievo, perché Maggie la strinse per bene e non la lasciò fin quando non furono fuori al cortile che si trovava sul retro del locale, dove molte altre persone erano intente a fumare e chiacchierare. Maggie lo portò in un luogo un po’ meno affollato, verso il parcheggio; si sedettero su un muretto e la ragazza gli offrì una sigaretta. A quel punto non poté più mentire – era un pessimo bugiardo- così la rifiutò, confessandole la verità. Maggie rise per quella confessione, poi si accese la sigaretta. Restarono per un po’ in silenzio, inghiottiti dal freddo della notte; avrebbe voluto dire qualcosa, fare conversazione come tutte le persone normali, ma non sapeva proprio da cosa partire. Aveva desiderato quella opportunità per tutta la sua vita, e ora che gli era stata concessa non aveva la più pallida idea di come comportarsi; si sentiva tremendamente a disagio e sperava che lei mettesse in mezzo un argomento, così, giusto per rompere il ghiaccio. Però non voleva tornare dentro, di quello era certo. Desiderava che la sigaretta fosse infinita.
“Sono dei coglioni, i tuoi amici” esordì lei, riesumandolo dallo stato catatonico in cui era piombato.
“Già, beh qualche volta.”
“Perché ti volevano far fare queste cosa?”
Esitò prima di rispondere, ancora stentava a credere che ciò che stava vivendo fosse reale.
“Ho perso una scommessa.”
Maggie sorrise, fece qualche altro tiro e osservò il fumo disperdersi nell’aria gelida.
“Perché ti hanno mandato proprio da me?”
Questa domanda fu più difficile per lui, era una vera frana nel mentire, perciò inventarsi una scusa e risultare credibile sarebbe stata un’ardua impresa. Optò per dire una mezza verità.
“Non lo so. Forse perché… perché sei molto bella e pensavano che sarebbe stato più imbarazzante.”
Alle parole molto bella la voce del ragazzo si abbassò notevolmente, ma Maggie le udì lo stesso, perché nel momento in cui le pronunciò si voltò di scatto e specchiò le sue iridi chiare in quelle scure di lui. Glenn si sentì quasi mancare il fiato per questo gesto improvviso; non poté fare a meno di pensare che fosse bellissima.
“Sei timido, vero Glenn Rhee?”
“Un po’” rispose, sempre con un filo di voce.
Glenn sorrise debolmente e si strinse nel giubbino, distogliendo lo sguardo dai grandi occhi di lei. Greene gettò via la sigaretta, la calpestò per bene e tornò a sedersi accanto a lui.
“Ti va di fare sesso?” gli chiese, dopo un lungo silenzio. Glenn pensò di non aver sentito bene.
“Co… come?”
“Sono con la mia macchina, conosco un posto appartato nei dintorni.”
Doveva essere un sogno, si convinse definitivamente che quello ero un sogno, un sogno meraviglioso; e voleva che qualcuno gli desse un pizzico, in modo da poter capire se la sua teoria era giusta. Nessuno glielo diede, ma Maggie si alzò e gli afferrò il polso.
“Allora, andiamo?” lo esortò.
Glenn la guardava sempre più inebetito, sbattendo le palpebre velocemente e tentando di articolare una risposta, ma le parole di nuovo facevano i capricci, stavolta erano riuscite a risalire su per la gola ma si erano bloccate proprio sulla punta della lingua. Maggie intanto aspettava, un po’ spazientita.
“Allora? Sì o no?”
Fece uno sforzo e cercò di parlare.
“Io non… ma sei proprio sicura? Insomma, non mi hai mai… cioè mi conosci da tempo eppure non mi è mai sembrato che…”
“Glenn, sono sicurissima. Sì o no?”
La sua impazienza lo mise ancora di più a disagio; credeva che tra poco sarebbe svenuto, perché quella situazione assurda gli aveva mandato il cervello in tilt. Non seppe nemmeno lui bene come riuscì a dire sì, però lo fece, e non ebbe nemmeno il tempo di avvisare i suoi amici che lei lo trascinò nella sua auto. Mise in moto e lo condusse in un posto isolato, dove altre coppie si erano appartate. Parcheggiarono e Maggie cominciò a coprire i vetri con dei grossi teli; si ritrovarono sui sedili posteriori di quella vecchia Ford Granada, entrambi in preda a un certo imbarazzo, anche se lei sapeva controllarlo meglio. Si guardarono negli occhi ancora, in modo un po’ più intenso, e vide apparire nelle iridi chiare un’ombra di desiderio; si chiese cosa si scorgesse nei suoi, perché lui la desiderava praticamente da sempre, e se ne era vergognato, in passato, pensando che apprezzare i suoi seni che saltellavano su e giù mentre correva nell’ora di educazione fisica fosse una cosa da pervertiti. E un po’ se ne vergognava anche in quel momento, quando non riusciva a frenare l’istinto di avvicinarsi alle sue labbra piene e definite. Fu lei a baciarlo per prima; inizialmente il ragazzo non schiuse la bocca, poi però, ormai divorato dal desiderio di entrarle dentro, aprì le labbra e lasciò che le loro lingue si incontrassero. Maggie sapeva di limone e menta, probabilmente grazie al cocktail che aveva bevuto poco prima; le piacque il suo sapore, le piacque anche sentire le sue mani calde e delicate sul suo volto. Eppure un fastidioso panico lo invase, impedendogli di lasciarsi andare del tutto e godersi il momento; non aveva mai fatto sesso con nessuna, Glenn Rhee, nemmeno con Penny, la sua ragazza storica. Erano stati tre anni e due mesi insieme, era coreana come lui; ma lei non aveva mai voluto farlo, era estremamente pudica e ancor più eccessivamente credente, perciò avrebbe aspettato di sposarsi, prima di perdere la sua preziosa verginità. Forse, egoisticamente e un po’ insensibilmente, l’aveva mollata anche per questo motivo; e comunque il suo grande amore rimaneva Maggie Greene, anche se lei non lo sapeva.
Non le disse di essere vergine, non ne ebbe il coraggio; Maggie era nel gruppo delle ragazze più popolari della scuola, quindi aveva avuto schiere di giocatori di football ai suoi piedi, con qualcuno di loro ci era stata, sicuramente aveva esperienza, in fatto di rapporti sessuali. Si lasciò perciò guidare da lei, senza prendere iniziative audaci e cercando di non mostrarsi troppo stupito e estasiato ogni volta che lei si toglieva un indumento. Ovviamente non era per niente sicuro di esserci riuscito, ma non gli importava molto; stava vivendo la notte più incredibile e memorabile di tutta la sua semplice e banale esistenza.
 
                                                                  ***************
 
Undici minuti. Soltanto undici minuti, poi dal paradiso era di nuovo finito all’inferno; non era andata bene, di questo se n’era accorto, la sua inesperienza era trapelata in ogni più piccolo gesto – soprattutto nell’urletto che aveva lanciato quando la sua mano gli era finita nelle mutande. In realtà sarebbe venuto anche prima – aveva sentito il brivido di piacere intenso percorrergli la schiena sin dal primo istante in cui si era introdotto dentro di lei – ma aveva fatto il possibile per trattenersi, nella speranza di regalare un po’ di piacere anche a lei. Con ogni probabilità aveva fallito, perché erano passate due settimane da quando era successo, e le aveva inviato circa una ventina di messaggi su facebook e instagram in quel tempo, ma mai Maggie gli aveva risposto, né si era fatta risentire o rivedere. Niente di niente; fu come se non fosse mai accaduto. Non l’aveva nemmeno raccontato agli amici, quando il giorno successivo lo sottoposero a una specie di terzo grado; non era il tipo che si vantava delle sue prodezze con le donne (in effetti non c’era molto di cui vantarsi), ma soprattutto non voleva rovinare il ricordo di quel momento che per lui era stato il migliore in assoluto in tutta la sua vita. Era suo e basta, o meglio era loro, ma dubitava seriamente che lei lo ricordasse, o comunque che gli avesse attribuito un minimo di importanza, visto che era subito tornata a ignorarlo, come aveva sempre fatto del resto.
Erano passate esattamente due settimane dalla notte in cui lui e Maggie avevano fatto sesso, quando quel venerdì sera consegnò l’ultima pizza del suo turno; erano le undici passate e dovette arrivare con l’auto fino a una fattoria sperduta nelle campagne intorno Atlanta, per questo maledisse mentalmente il cliente. Si era perfino perso un paio di volte, prima di trovare l’indirizzo; era ormai quasi arrivato davanti alla porta dell’abitazione quando lesse il cognome del destinatario. Greene. Ebbe un sussulto e si fermò all’ultimo gradino della graziosa veranda in legno chiaro. Lesse quella parolina una decina di volte prima di trovare la forza per andare avanti; alla fine accartocciò il foglietto, se lo ficcò in tasca, fece un bel respiro e si augurò che fosse un suo parente, o che almeno non venisse lei ad aprirgli la porta. Non era pronto a rivederla così, all’improvviso, dopo quei messaggi senza risposta. Purtroppo ancora una volta il destino gli giocò un brutto scherzo, perché si ritrovò davanti proprio Maggie Greene, con addosso una tuta grigia e con i capelli corti scompigliati.
Rimase impietrita, quando lo riconobbe; fu lei in quell’occasione a non sapere come diavolo comportarsi, mentre un certo imbarazzo calò fra i due.
“Ciao” sussurrò lui.
“Ciao.”
“Sono otto e cinquanta.”
La ragazza prese i soldi dalla tasca e aspettò il suo resto, prima di prendere in mano il cartone; si scrutarono ancora qualche istante, poi lui fece per andarsene.
“Glenn, aspetta!” esclamò lei, a voce alta.
L’asiatico si voltò di scatto, e riprese a fissarla, abbozzando un sorriso.
“Devi tornare a lavoro?” gli chiese.
“No… questa era la mia ultima consegna.”
“Bene… perché non… perché non entri? Sono sola, la mia famiglia è andata da alcuni parenti fuori città, io sto studiando per un esame, quindi sono rimasta qui.”
Glenn si passò una mano dietro la nuca e cominciò a mordicchiarsi la parte interna del labbro inferiore; da un lato sarebbe rimasto volentieri, dall’altro però il fatto di poter stare con lei di nuovo per poi non rivederla mai più lo spaventava da morire.
“Non credo sia una buona idea” mormorò.
“Per favore, voglio solo… parlare” precisò lei, come se volesse chiarire che non sarebbe andata a finire come la scorsa volta.
Glenn esitò seriamente combattuto, ma alla fine, nonostante Frank lo stesse aspettando alla pizzeria per incassare gli otto dollari e cinquanta, decise di restare.
Si recarono nel soggiorno, dove si sedettero sul divano, con la tv accesa; la ragazza abbassò il volume, mise il cartone sul tavolino e lo invitò a mangiare un pezzo di pizza. Mangiarono in silenzio e quando la pizza fu finita lei gli offrì una birra.
“Ero vergine” sbottò lui, cogliendo entrambi di sorpresa; era l’ultima cosa che avrebbe volute dirle in quel momento, eppure furono le prime parole che le rivolse; gli uscirono spontanee, come se aspettasse di dirle da due settimane. Si insultò mentalmente per questo.
“Lo so” rispose lei, e poi fece un sorso di birra. “Anche io.”
Questa confessione fu di gran lunga più sconvolgente di quella che le aveva fatto lui; la birra gli andò di traverso, infatti tossì e si portò una mano alla bocca, per evitare che il liquido gli finisse sulla maglietta.
“Da… davvero?” chiese lui, sbigottito.
“Vedo che sei parecchio sconvolto…”
“No scusami, è che io… insomma non credevo che…”
“Tranquillo, tutti pensano che sia stata con molti ragazzi.”
Bevve ancora, stavolta il sorso fu più lungo.
“Mio padre è molto credente, ci ha inculcato questa cosa che dobbiamo aspettare il matrimonio. Non che mi andasse molto a genio, però l’ho sempre ascoltato; e allora ho fatto cose con i ragazzi, ma non sono mai arrivata fino in fondo. Pensavo che fosse per mio padre, poi ho capito che semplicemente volevo che la mia prima volta fosse con la persona giusta, non so se mi spiego.”
Fece una breve paura, scandita da un altro sorso di birra.
“Matt, il mio ultimo ragazzo, insisteva parecchio, voleva farlo, non ce la faceva più. Stavamo insieme da cinque mesi, io lo amavo così tanto… sarei andata a letto con lui, l’avrei fatto, pensavo di essere finalmente pronta. Ma lui no, non lo era. Mi ha tradita con un’altra, poi andando a fondo ho scoperto che mi ha tradita diverse volte. E da quando mi ha lasciata due mesi fa fino ad ora mi sono sempre chiesta cosa sarebbe successo se io avessi fatto sesso con lui subito. Mi sono sentita colpevole per la nostra rottura… che stupida, vero?”
Finì la sua birra e si rigirò la bottiglia tra le mani, osservando l’etichetta; Glenn invece non le staccava gli occhi di dosso, la fissava con insistenza, perché si era appena reso conto che non l’aveva mai guardata davvero, prima di quel momento. E si sentì anche lui in colpa, per aver lasciato la sua ex-ragazza per lo stesso motivo che aveva spinto Matt a tradire Maggie, ma nonostante il senso di colpa era felice, perché si trovava in compagnia della donna che credeva di amare da sempre, e si era appena accorto che non l’aveva mai fatto, ma che sicuramente sarebbe potuto succedere, perché lei era un essere molto migliore di ciò che credeva.
“Non sei una stupida” sussurrò.
Maggie alzò gli occhi dall’etichetta e si specchiò nelle iridi scure del ragazzo.
“Perché l’hai fatto con me?” le chiese, quasi boccheggiando.
“Non lo so… forse ero stanca di aspettare quello giusto.”
Se ne stettero in silenzio per un po’, poi si baciarono, ma non si spinsero oltre. Continuarono a parlare, lo fecero per tutta la notte, raccontandosi le loro vite, un po’ alla volta, in una conversazione che entrambi avrebbero ricordato con piacere. Risero, risero molto, lui era schietto e buffo e questo la faceva ridere, lei invece era cinica, a volte, ma simpatica, intelligente, perspicace. E allora Glenn le raccontò della sua passione per la fotografia, per le serie tv e le moto (anche se non poteva permettersene una) e lei le parlò dei pranzi domenicali in famiglia, del suo amore per i viaggi e per i dolci e anche del dolore per la morte della madre.
Si addormentarono senza nemmeno accorgersene, dopo ore intere passate a conoscersi come non avevano mai fatto da quando avevano otto anni.
Maggie non lo sapeva ancora, ma alla fine ce l’aveva fatta, a scegliere quello giusto.
 
                                                                     ************

“Me lo vuoi dire?” gli chiese lei, per l’ennesima volta. Aveva la testa poggiata sulle sue gambe e lui le accarezzava i capelli castani, un po’ più lunghi rispetto all’anno precedente. Erano sul divano del loro piccolo appartamento al centro di Atlanta; vivevano insieme da un paio di mesi, un paio di mesi impegnativi, ma bellissimi. Lui la guardava spesso, non distoglieva quasi mai gli occhi dalla sua figura, quando erano insieme, come se volesse costantemente assicurarsi che quello che stava vivendo fosse reale, che lei fosse davvero con lui, che non sparisse da un momento all’altro. Era da due anni ormai che gli sembrava di vivere in un sogno; da quando Maggie aveva fatto irruzione nella sua esistenza tutto era cambiato, si era iscritto all’università, aveva iniziato a scrivere la sceneggiatura di una serie tv incentrata sull’apocalisse zombi, che a lui sembrava un vero disastro, ma che a Maggie piaceva da matti, perciò lo incoraggiava a continuare. Era la prima persona che investiva su di lui, che credeva nelle sue capacità, ed era grazie a lei che anche lui stava iniziando a concedersi l’opportunità di migliorare la sua vita, di investire nei sogni che a malincuore aveva relegato in un cassetto. Maggie l’aveva salvato, e lui in cambio le aveva donato tutto l’amore di cui era capace.
“Andiamo, voglio saperlo! Cosa ti hanno chiesto di dirmi, quella sera?”
Quel pomeriggio piovoso di marzo Maggie si era proprio fissata, voleva sapere qual era la frase che i suoi amici gli avevano imposto di rivolgerle, ma che lui non aveva mai avuto il coraggio di confessarle. E non aveva nessuna intenzione di lasciar perdere, e Glenn la conosceva abbastanza bene da sapere che non si sarebbe arresa per nessuna ragione al mondo, quando si metteva in testa una cosa la otteneva sempre, soprattutto se riguardava lui.
“Non ti piacerebbe” rispose, sorridendo al ricordo di quel lontano venerdì sera.
“Non importa, voglio saperlo!”
“Ma è una cosa stupida!”
“Non importa, dimmela!”
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo e scosse il capo, sbuffando. Non aveva altra scelta, perciò prese un bel respiro e parlò.
“Dovevo venire da te, presentarmi e dirti: C’è un party nelle mie mutande, e tu sei la benvenuta!”
Maggie scoppiò in una fragorosa risata che risuonò per tutta la piccola stanza. Glenn rise di conseguenza, mentre non poteva fare a meno di pensare che quando rideva era ancora più bella del solito. Dannazione, se lo era! Smise di ridere perché troppo impegnato a contemplarla; non poteva crederci che avesse scelto lui, non poteva crederci.
“Ed è ancora valido, l’invito?” gli chiese lei, maliziosa.
Glenn sorrise e si morse il labbro inferiore.
“Oh, altroché!” esclamò.
Maggie rise ancora, poi tornò seria e si mise a cavalcioni su di lui; il cuore di Glenn iniziò a battere più forte, mentre le mani gli sudarono un po’. Una certa eccitazione mista a ansia lo percosse, provocandogli un brivido che partì dal fondo della schiena per risalire la spina dorsale; erano passati due anni, eppure ancora non si era abituato alla possibilità di stare con lei ogni volta che ne avevano voglia. Probabilmente non si sarebbe abituato mai, e il desiderio che provava nei suoi confronti avrebbe conservato sempre la stessa intensità.
Maggie gli prese il viso tra le mani e lo baciò teneramente, per poi staccarsi e riprendere a guardarlo.
“Sapevo che prima o poi ti avrei trovato… sei tu, quello giusto” sussurrò lei, a un palmo dalle sue labbra. Un altro brivido gli salì su per la schiena.
“Ti amo” le disse.
“Anch’io” rispose lei.
Si baciarono ancora e Glenn per un attimo ripensò al motto del suo gruppo. Chi perde paga. Beh, lui aveva perso la scommessa, quella sera, ma non aveva pagato niente, anzi. Aveva guadagnato un tesoro davvero prezioso. Un tesoro che nessuno gli avrebbe più portato via. 

 
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The Walking Dead / Vai alla pagina dell'autore: _Mhysa_