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Autore: Tury    29/11/2016    1 recensioni
La storia tratta di due personaggi originali, ovvero Andromeda e Nerea, che giungeranno a National City, interagendo con i personaggi che conosciamo.
Dal primo capitolo:
«Abbiamo superato qualsiasi sfida, insieme. National City sarà anche una città nuova, ma i pericoli sono uguali in ogni luogo. E, per nostra fortuna, il pericolo ci ha fatto da padre».
«Dimentichi la nostra missione, Andromeda. Non siamo qui solo per il mio passato».
«Non l’ho dimenticata- rispose la donna, lanciando un paio di occhiali alla ragazza- Il tuo colloquio alla CatCo è fissato alle ore 12.15. Hai esattamente cinque minuti, trenta secondi e dodici decimi per arrivare puntale dall’altra parte della città».
«E tu hai dieci minuti netti per presentarti alla D.E.O. e, da quel che mi risulta, solo una delle due ha superpoteri».
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Alex Danvers, Hank Henshaw, Kara Danvers, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rumore di passi.
Lento e costante, come l’incessante scorrere dell’acqua.
Come quella solitaria goccia che si infrange al suolo.
In quel circolo di statica ripetitività, di tempo senza argini.
Senza limiti.
In fondo, non aveva alcun senso correre.
Sapeva di trovarla lì.
Salì gli ultimi tre gradini trattenendo il respiro, prima di uscire allo scoperto.
Il sole le inondò il volto, facendo brillare l’intenso azzurro dei suoi occhi, mentre i suoi passi si arrestavano.
Il suo sguardo che si adagiava sulla figura che le stava di fronte, come la più lieve delle carezze.
Fu solo in quel momento, nel momento in cui i suoi occhi la rividero, che lasciò andare quel sospiro troppo a lungo trattenuto.
Riprese a camminare, i suoi passi che riprendevano quel ritmo lento e costante.
In breve, le fu accanto, ammirando con lei il panorama che si poteva osservare da quell’altezza.
«Ed eccoci arrivate a National City».
La ragazza al suo fianco non rispose, i suoi occhi scuri che ancora scrutavano l’immensa distesa di costruzioni che si estendeva ben oltre l’orizzonte.
«Mi chiedo ancora cosa ci troviate di tanto entusiasmante nei tetti dei palazzi» continuò la giovane donna, volgendo lo sguardo verso il cielo, lasciando che la luce del sole facesse spiccare maggiormente quel segno bianco che svettava sul suo occhio sinistro.
«Da quando sottolinei questa differenza tra di noi?»
La donna sorrise, tornando a guardare la sua interlocutrice.
«E tu da quando sei così silenziosa?»
Mosse alcuni passi, andandosi a sedere sul bordo di quell’immensa costruzione, godendosi il vento gelido sulla pelle.
Solo in quel momento, la giovane ragazza spostò il suo sguardo dalla città, facendolo vagare sulla giovane donna che l’aveva superata, studiando ogni suo gesto con estrema attenzione.
«Qualcosa non va?» chiese la giovane donna, avvertendo su di sé l’attenzione della ragazza.
«Non dovresti stare così vicino al margine».
«Anche noi comuni mortali sappiamo destreggiarci a queste altezze. E, in ogni caso, avrei comunque il mio angelo protettore pronto a salvarmi» rispose la donna, le sue labbra ancora piegate in quel mezzo sorriso.
Gli occhi della ragazza si chiusero appena, ma non una parola fu proferita.
«Mi spieghi qual è il problema, Nerea?»
La ragazza tornò a puntare lo sguardo all’orizzonte, rimanendo in silenzio.
Un silenzio che, questa volta, la giovane donna decise di rispettare.
«Non credo sia stata una buona idea venire qui, Andromeda».
La donna la guardò, attendendo che continuasse.
«Queste persone non hanno bisogno di me».
Andromeda si alzò in silenzio, riprendendo il posto che aveva precedentemente abbandonato, tornando a volgere lo sguardo sulla città che si allargava sotto di loro.
«Loro forse no, ma qualcuno sicuramente sì».
«National City ha già il suo eroe».
«Anche Metropolis, se è per questo. Città molto vicine, tra l’altro. Mi chiedo come mai tutti gli alieni decidano di stabilirsi proprio qui».
«Lo stai chiedendo all’alieno sbagliato, lo sai, vero?»
«Per mia fortuna» rispose la donna, regalando alla più giovane un sorriso sincero, che fu subito ricambiato.
«Allora, cos’è che ti preoccupa?»
«L’ignoto».
Lo sguardo di Andromeda divenne serio, un velo di preoccupazione ad oscurare quel mare calmo che erano le sue iridi.
Non era la prima volta che affrontavano quell’argomento, un argomento che credeva ormai superato.
Era ben cosciente che l’esser cresciuta da sola, in uno dei quartieri più malfamati della città da cui venivano, e con il fardello di quei poteri che non aveva chiesto e di cui non riusciva a liberarsi, era una ferita ancora aperta nell’animo di Nerea.
Una ferita di cui si era presa cura dal giorno in cui aveva incrociato gli occhi scuri della ragazza.
Eppure, sentiva che la paura che, in quel momento, le attanagliava l’anima non riguardava il suo passato. 
C’era qualcos’altro di non detto.
Qualcosa che Nerea, ostinatamente, le taceva.
«Lo sai meglio di me che venire qui è stata la scelta giusta. Forse possiamo trovare qualche indizio sul pianeta da cui provieni o incontrare qualche tuo simile. Se c’è anche solo la minima speranza di poter ritrovare la tua famiglia, Nerea, io sono pronta a rischiare».
La ragazza posò lo sguardo su Andromeda, lasciando che i suoi occhi si specchiassero in quelli della giovane donna, in quell’azzurro intenso che era sempre riuscito a ridare pace alla sua anima.
«E se non fosse questo ciò che desidero?»
Fu appena un sussurro, ma Andromeda riuscì a sentirlo.
Sapeva cosa intendesse Nerea.
Più di una volta, la ragazza le aveva dimostrato di non desiderare altro se non la sua compagnia.
Sapeva che Nerea la considerava la sua famiglia.
E, per Andromeda, era lo stesso.
Ma ogni volta che scorgeva negli occhi dell’altra quel velo di malinconia, ogni volta che il suo passato, spietato visitatore, tornava a bussare alla sua porta, Andromeda si malediceva.
Si malediceva perché, per quanto lo desiderasse, non riusciva a penetrare in quel mondo in cui Nerea si rinchiudeva, a dare una risposta a quei quesiti che torturavano la sua mente.
Avrebbe fatto di tutto, pur di rispondere a quelle domande, per dar pace alla sua anima dannata.
Ma non poteva fare altro che assistere, impotente, al suo dolore.
Attendendo, pazientemente, che la morsa del passato allentasse la presa, così da permetterle di raggiungerla.
E di curare le sue numerose ferite.
«Andrà tutto bene, Nerea».
La ragazza continuava a guardarla, in silenzio.
«Abbiamo superato qualsiasi sfida, insieme. National City sarà anche una città nuova, ma i pericoli sono uguali in ogni luogo. E, per nostra fortuna, il pericolo ci ha fatto da padre».
«Dimentichi la nostra missione, Andromeda. Non siamo qui solo per il mio passato».
«Non l’ho dimenticata- rispose la donna, lanciando un paio di occhiali alla ragazza- Il tuo colloquio alla CatCo è fissato alle ore 12.15. Hai esattamente cinque minuti, trenta secondi e dodici decimi per arrivare puntale dall’altra parte della città».
«E tu hai dieci minuti netti per presentarti alla D.E.O. e, da quel che mi risulta, solo una delle due ha superpoteri».
Andromeda si lasciò andare ad una risata bassa, assumendo quell’aria di sfida che Nerea aveva imparato a conoscere.
«Vedo che il senso dell’umorismo ti sta tornando».
«Di certo non per merito tuo» rispose la ragazza, indossando gli occhiali dalla montatura nera.
«Un giorno dovrai spiegarmi il motivo per cui voi supereroi amiate così tanto gli occhiali».
«Non sono un supereroe, Andromeda».
«Su questo avrei qualcosa da ridire, ma finirei per fare tardi» rispose la donna, incamminandosi verso le scale.
Nerea rimase a guardarla, osservando i lunghi capelli corvini che le incorniciavano il volto e il completo di pelle che le fasciava il corpo tonico.
«Guarda chi abbandona il campo di battaglia».
«Solo momentaneamente, ragazzina- rispose la donna, puntandola- Stasera riprenderemo il discorso».
Nerea si lasciò andare ad una lieve risata, mentre osservava Andromeda scendere agilmente le scale, senza produrre il minimo suono nonostante i pesanti anfibi che indossava.
Non a caso, era conosciuta nella loro città come l’Ombra dell’Est.
Quando il silenzio tornò nuovamente a circondarla, la ragazza rivolse un ultimo sguardo al cielo sereno che la sovrastava.
Fu in quel momento che la vide.
Una sagoma distinta nell’immensità che la sovrastava.
Un sorriso divertivo si allargò sulle labbra di Nerea.
«È un onore conoscerti, Supergirl».




 
  
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