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Autore: eleanor89    18/05/2009    5 recensioni
TEMPORANEAMENTE SOSPESA.Spin off di "Panda" di Coco Lee.
Perché se tuo figlio sogna che un uomo cattivo vuole fare del male a lui e tua moglie, è meglio tenere gli occhi aperti.
cap II: «Hai ragione Tenten, sono ancora forte.» si compiacque Sakura, pur insoddisfatta dall’incapacità di mettere tutto il chakra nel pugno, in quelle condizioni. Ogni traccia di ilarità si spense scorgendo Ino, che ancora tossiva, chinata a terra.
Ino alzò appena la testa, ed i loro occhi si incontrarono.
Grazie, frontespaziosa. Sta attenta.
Non morire, Ino. Davvero.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Ino Yamanaka, Sakura Haruno | Coppie: Shikamaru/Ino
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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Shin era quasi arrivato a casa. Non importava quello che era successo poco prima, “casa” era il posto sicuro, e lui non poteva stare in altro luogo se non lì, con la sua mamma.

Ma dov’era, la sua mamma?

Si ritrovò disperatamente a sperare che anche il papà fosse già tornato.

Aveva quattro anni, e semplicemente le cose brutte non succedevano mai, se non nelle fiabe, e lì arrivava sempre qualche principe a salvare la signorina in difficoltà. Quindi papà doveva essere tornato, oppure sarebbe stato lui il principe della mamma.

E poi quel signore cattivo sicuramente se n’era andato, non sentiva nessun rumore se non quelli del bosco fitto che stava attraversando. Diede un’occhiata ai cervi, erano due o tre quelli visibili, e notò che erano più lontani possibile da casa: nonostante fossero cerbiatti e non potessero uscire ancora dal recinto si erano comunque appiccicati al legno che delimitava il loro rifugio.

Poi, un urlo disperato a mandare in pezzi il silenzio.

Shin sapeva che la mamma gli aveva detto di stare lontano da lì mille volte, che non era un gioco, e che tutto ciò che contava per lei era che lui fosse al sicuro, ma sapeva anche che quella era la voce della zia Sakura, e quindi il signore cattivo era ancora lì.

E lui era il principe azzurro che doveva salvare la mamma.

Il bambino cominciò a correre in direzione della casa.



2°capitolo.




 

«Sakura, cazzo, e sì che sei forte!» imprecò Tenten, sputando sangue e imbrattando il proprio mento e il pavimento.

Sakura scosse la testa, incapace di parlare. Le aveva lanciate al piano di sopra, facendo sfondare il soffitto ad entrambe.

«Maledizione.» sibilò Tenten, estraendo due kunai. «Non è molto, ma… qualcosa…» scosse anche lei la testa, tentando di ragionare a mente lucida. Da quando erano nati i loro figli l’una aveva smesso di andare in missione e lavorava soltanto in ospedale e l’altra si era data alla casa e a qualche saltuario viaggio per portare documenti e roba simile. Entrambe però non avevano mai smesso di allenarsi, per quanto possibile.

Ma non era abbastanza.

Tenten si pulì il mento con una manica, e cercò di respirare più piano per non sentire troppo dolore. Ogni singolo secondo si stava dilatando in ore, e allo stesso tempo sembrava durare pochissimo ogniqualvolta si rendeva conto che lui era troppo forte per loro, specie dal momento in cui le aveva prese di sorpresa e aver quasi strappato un braccio a Sakura, che era la più potente tra loro.

«Curati. Lo distraggo.» suggerì Tenten a bassa voce.

Sakura la guardò, sgranando gli occhi allarmati. «Stai attenta.» l’ammonì piano, cercando di distendersi sulla schiena per curare il braccio e il resto del corpo.

Tenten annuì, e saltò nel buco del pavimento.

Si guardò attorno, e sconcertata si rese conto di non vederlo. «Ino?» chiamò piano.

Ino non rispose, appoggiata ancora al muro e con la testa reclinata. Il sangue sgorgava copioso, troppo. Tenten strinse gli occhi per mettere meglio a fuoco e supplicò gli dei che non le avesse tagliato la gola mentre lei era di sopra, a cercare di non svenire. «Ino?» ripeté tremante, senza riuscire a muovere un solo passo. Era agghiacciata.

«E’ viva.» dichiarò Tomoki alle sue spalle.

Il corpo di Tenten reagì da solo, fortunatamente non aveva dimenticato le azioni automatiche, e lei saltò via da lì in tempo per evitare un colpo probabilmente avvelenato. Con due salti all’indietro riuscì a mettersi abbastanza a distanza da concedersi di guardarlo. Fin’ora non erano praticamente riuscite a colpirlo, eppure era un uomo normale e non conosceva jutsu particolari, se fossero riuscite a ferirlo anche solo una volta…

«Siete solo donne, non prendertela.» disse lui, e con sbigottimento Tenten si rese conto che cercava non di sfotterle, ma di essere amichevole. Si era appena concesso un’alzata di spalle. «Alla fine non mi importa di essere ucciso, ormai non ho più ragioni di vivere, perciò…» continuò lui, e la kunoichi restò immobile, sconvolta. Stava dicendo che poteva ucciderlo?

«Perciò…» lo assecondò lei, ancora incredula.

«Perciò perché non prendi la tua amica dai capelli rosa e ve ne andate di qui? Mi basta Ino.»

«Fanculo.» sbottò Ino con voce rotta dal dolore, alzando appena la testa. Tenten poté vedere che il sangue scivolava dalla testa anche lungo il suo viso, e dalla bocca, e da un occhio, che un braccio era piegato in modo anormale, un osso era visibile, mentre il resto del corpo era nascosto dalla vestaglia strappata e dal sangue, anche lì. Le si rivoltò lo stomaco a quella vista. «Vattene.» aggiunse, rivolta a Tenten.

«No.» rispose automaticamente l’amica. Resistette all’impulso di lasciarsi cadere a terra, stremata.

«Anche Sanae l’avrebbe detto.» approvò Tomoki. Tenten non capì a chi si riferisse.

«Dico sul serio.» lo ignorò Ino. «Ten…»

«Non fare l’eroina con me, Ino. Tanto ormai ci siamo dentro tutte.» le ricordò lei, e incredibilmente sorrise. «Dai, bionda. Lasciami provare almeno, tutto questo è… imbarazzante, ecco. Pensa al mio orgoglio.» scherzò, senza smettere di tenere d’occhio ogni minimo movimento dell’uomo, che invece seguiva loro con interesse.

Ino represse un gemito a quel sorriso, che aveva amaramente riconosciuto. Erano passati anni e anni, ma mai si sarebbe cancellata dalla memoria il giorno in cui Sakura per la prima volta si era tagliata i capelli per sfuggire a Kin del suono e si era lanciata in un attacco quasi suicida contro Zaku, per salvare Sasuke. Aveva lo stesso sorriso, il sorriso di chi sta per morire ma perlomeno lo fa per qualcuno e non si può contrastare. E lei invece era bloccata lì.

L’avrebbe supplicata se necessario, ma all’ennesimo respiro le salì anche un po’, un bel po’, Ino, di sangue per la gola e si ritrovò a tossire e a quasi vomitare.

Tenten non la vide, vide solo Tomoki muoversi di scatto e si preparò a ricevere il colpo, quando si accorse che non mirava a lei ma all’alto. Alzò la testa giusto in tempo per vedere uno spiedo colpire Sakura ad un braccio, e Sakura sparire in una nuvola di fumo.

Tecnica della sostituzione, neanche a dirlo proprio come quella volta.

Tomoki emise un sibilo di disappunto, e cercò Sakura con lo sguardo. La colse proprio all’ultimo momento e la colpì con un pugno, ma anche questa sparì in una nuvola. Poi un potente pugno lo colpì alla spalla mentre si voltava, e finì con lo sbattere contro il muro accanto, la spalla in frantumi. Con un simile urto avrebbe potuto spezzargli il collo.

«Hai ragione Tenten, sono ancora forte.» si compiacque Sakura, pur insoddisfatta dall’incapacità di mettere tutto il chakra nel pugno, in quelle condizioni. Ogni traccia di ilarità si spense scorgendo Ino, che ancora tossiva, chinata a terra.

Ino alzò appena la testa, ed i loro occhi si incontrarono.

Grazie, frontespaziosa. Sta attenta.

Non morire, Ino. Davvero.

Tenten si lasciò cadere in ginocchio definitivamente, mentre Sakura prendeva la provvidenziale katana appesa al camino. La sfoderò e le parve abbastanza affilata.

«Mamma! Dove sei?»

Sakura chiuse per un momento gli occhi. Come se l’orrore non fosse abbastanza così.

«SHIN!» Ino gridò con quante forze aveva ancora in corpo e anche di più, piegandosi in avanti e comprimendo con una sofferenza terribile le ossa già rotte sotto il suo peso. Ma niente contava, tanto meno il proprio dolore fisico, se il suo bambino era in pericolo.

Tomoki sorrise e fece per rialzarsi in quel momento, ma Sakura fu più veloce e, abbandonando la spada, lo colpì con tutte le sue forze, facendogli sfondare il muro e finendo in giardino.

«Mamma?» il bambino si bloccò, a bocca aperta, alla vista della madre in simili condizioni.

«Shin, Shin devi andartene!» boccheggiò Tenten, costretta a camminare a carponi per raggiungerlo. Allungò una mano tremante e la poggiò sulla spalla del bambino, che fissava la madre imbambolato. «Piccolo, ti prego, vattene!» supplicò la donna.

«La… mamma…»

«La mamma sta be-NO! Shin!» gridò quando questo si divincolò e corse verso la madre. Si guardò attorno atterrita, certa che dal buco nella parete sarebbe ben presto rientrato quel mostro.

Shin si avvicinò alla madre, senza effettivamente capire quanto grave potesse essere tutto quel sangue, essendo lei la mamma.

La mamma non sta mai davvero male, è forte e c’è sempre come sempre c’è stata, questo per lui era ovvio, quindi non riusciva a collocare tutto quel rosso intorno a lei. Non era stupido, ma iniziò a valutare le possibilità che non fosse sangue; del resto quando lui si era fatto male da più piccolo non ne era mai uscito così tanto, e poi lei era la mamma, punto.

«Mamma?» la chiamò incerto. «Mami, sei… stai…?»

Ino represse un altro conato e strinse gli occhi per qualche secondo, cercando di allontanare ogni sensazione di dolore almeno per qualche secondo e apparire tranquilla. E per farlo non doveva pensare al fatto che il suo, probabilmente, assassino fosse in giardino a combattere con la sua migliore amica indebolita dai colpi, né soprattutto al fatto che Shin fosse in pericolo lì davanti a lei.

«Shin.» disse, e la sua voce suonò dolce come sempre. Aprì gli occhi e sorrise. Per il mio bambino, tutto questo è per il mio bambino. «Amore mio, devi andare via. La mamma ha… la mamma e la zia stanno per vincere contro il signore cattivo, ma lui non ti deve trovare, capisci?» spiegò con voce che diventava più tremante, resistendo all’impulso di urlare “Vattene!” col rischio che fosse controproducente.

«Io… Io sono come un supereroe.» dichiarò improvvisamente il bambino.

Ino spalancò gli occhi, e ancora immobile cercò velocemente di capire. Rinunciò. «Cosa?»
«Lo dice sempre zio Naruto! Io sono un supereroe e devo difenderti.» si impuntò il piccolo.

Le emozioni che stava trattenendo cercarono improvvisamente di abbattere il muro dietro cui le tratteneva, sfondandole quasi il petto attraverso il cuore. Si morse le labbra, e tentò ancora una volta di aggrapparsi al proprio autocontrollo con disperazione vera e propria. «Se vuoi difendermi va via

Il bambino sembrò sconcertato, ed Ino sentì le lacrime pungerle gli occhi. «Ti prego… ti prego… va via di qui, Shin. La mamma vuole solo questo. La mamma ti ama, Shin. Lo sai, vero?»

Shin annuì, e poi di punto in bianco scoppiò in lacrime. «T-ti fa male, mamma?»

«Oh, Shin…» Ino non aveva mai desiderato tanto in vita sua abbracciare suo figlio e cullarlo tra le braccia, ma non poteva muoversi, né chiedergli di abbracciarla. Poté solo piangere a sua volta, lasciando finalmente scivolare le lacrime giù per le guance. «Amore… ascoltami bene: io sto bene, non mi fa male nulla. Non mi farà mai male nulla se saprò che sei al sicuro. Hai capito? Ora devi andartene via di qui veloce, velocissimo!» lo pregò, obbligandosi a non muoversi perché la voce non divenisse un urlo, «Ti amo tanto, Shin. Amo te ed il tuo papà, e sono felice sempre anche solo a pensarvi. Questo lo devi  dire a papà, capito? Quando torna, devi dirgli che lo amo tanto e che non sto soffrendo e soprattutto che non è colpa vostra…»

«Ino!» la richiamò con urgenza Tenten, fissando Tomoki che si rimetteva faticosamente in piedi dopo aver atterrato Sakura.

Ino capì che il tempo a loro disposizione era finito. «Shin, non c’è più tempo, obbediscimi. E quando papà tornerà vi prenderete cura l’uno dell’altro, perché tu sei anche il supereroe di papà.»

Shin la guardava con terrore, singhiozzando e strofinandosi il viso con le mani. «E… e tu?»

«Io ci sarò sempre per voi. Ora però corri via, sta arrivando!» lo incitò. Il bambino sembrò indeciso, poi il suo sguardo cambiò e corse via. Ino si rese solo vagamente conto, data la situazione, che era lo stesso sguardo che aveva avuto altre volte in cui aveva tentato di fare il furbo. Se se ne fosse accorta lo avrebbe fatto promettere, funzionava sempre con lui, ma la sua attenzione si focalizzò sul buco nel muro all’angolo di cui stava appoggiata.

Tenten fissò a sua volta le gambe di Tomoki cambiare bruscamente strada. «Sta andando nella tua direzione.» sussurrò.

«Shin?»

«Non lo vedo più da qui. Oddio

A quel mormorio strozzato il cuore di Ino perse un battito. «Che altro c’è? CHE ALTRO C’È?» finì con l’urlare istericamente.

Il viso di Tenten perse ulteriormente colore nel vedere l’orribile scena di Tomoki, appena entrato in casa probabilmente dalla finestra della cucina, in piedi davanti a Shin, che reggeva con mano ferma la katana che Sakura aveva lanciato indietro poco prima.

«Stai attento!» disse Shin, e la sua vocetta suonò particolarmente infantile, quasi a sottolineare la sua età. «Non ti avvicinare alla mia mamma!»

«No… no…» sussurrò Ino, la cui voce si rifiutava di uscire ad un atono accettabile. Cercò di muoversi e scoprì che invece c’era ancora tutta, quando si trattava di urlare per il dolore. «Tenten, fa qualcosa.»

Tenten si era già alzata ed era ricaduta avanti, e, stringendo i denti, tornò a tirarsi in piedi di nuovo, cercando qualsiasi arma.

«Tenten…» ripeté Ino, come ipnotizzata. Vide l’amica preparare il colpo, armata solo di un pezzo di legno. La vide sorridere senza neanche rendersene conto, di quello stesso sorriso di poco prima, di chi sa che sta per morire e vuole fare le cose per bene. E poi la vide fermarsi con la mano a mezz’aria. «Cosa…» cominciò e si interruppe quasi subito.

Nessun rumore dalla cucina, né dall’esterno. Si chiese perché Tomoki non avesse ancora attaccato, ed in un terribile ed eterno secondo ebbe la certezza che l’avesse fatto, e che fosse troppo tardi.

Fu solo un secondo, poi tutto il dolore e la stanchezza la colpirono, e si accasciò sul pavimento, perdendo  conoscenza.

Shikamaru… Shin…

 

Shikamaru non aveva mai corso così veloce in vita sua.

I suoi compagni erano altrettanto veloci e silenziosi, rispettando la sua preoccupazione che piano piano si stava tramutando in angoscia.

Alla vista di casa propria ebbe la sgradevole sensazione che il cuore gli saltasse in gola.

Sentì subito Ino urlare qualcosa, e non sembrò un grido di dolore. Erano i tipici strilli della sua consorte, sicuramente.

Era ovvio, sono partito stamattina presto, non è ancora successo niente, si ripeté speranzoso.

«C’è un odore di sangue orribile.» avvisò Kiba, arricciando il naso.

Un altro tuffo al cuore per Shikamaru, stavolta seguito da nausea.

Era praticamente davanti alla cucina quando si accorse del muro sfondato e che per terra, in giardino, c’era Sakura. Priva di conoscenza, oppure…

«Sa…» cominciò Naruto, e non aveva neppure alzato ancora la voce abbastanza perché fosse udibile, quando sentirono un'altra vocetta, molto più acuta.

«Stai attento! Non ti avvicinare alla mia mamma!»

Shin.

Suo figlio, il suo bambino di quattro anni, tanto coraggioso e dolce... in pericolo?

La furia cieca e violenta esplose nella testa di Shikamaru come mai prima di allora. Poco dopo la morte del suo maestro si era sentito altrettanto pieno di rabbia, ma una rabbia cieca che lo spingeva ad elaborare una strategia perfetta; stavolta invece era soltanto la pura voglia di uccidere chiunque si fosse avvicinato alla sua famiglia e avesse violato la sua casa.

Senza un piano, senza aver studiato prima il nemico, con la sola voglia di cancellarlo, disintegrarlo e raggiungere suo figlio e sua moglie, Shikamaru usò il controllo dell’ombra quasi istantaneamente e senza pensarci. Come una marea questa si spinse avanti velocemente, e incatenò quella leggera di Tomoki. Sentì Naruto nello stesso momento sfrecciare alle sue spalle diretto verso la moglie, Neji accanto a sé attivare il byakugan per trovare Ino e Kiba e Choji mettersi in posizione di attacco.

«Tenten.» disse senza pensarci Neji, sconvolto da ciò che vedeva.

«Kiba, porta via Shin di lì, ora.» ringhiò Shikamaru, e Kiba non se lo fece ripetere due volte.

Tenten lo vide entrare e passare accanto ad un Tomoki immobile, troppo sotto shock per credere che fosse reale. Poi, qualche istante dopo, sentì le braccia di Neji circondarle il corpo e sussultò per il dolore e per l’enorme peso che le era crollato addosso, al pensiero che forse, davvero, c’era la possibilità che fosse reale.

«La mamma!» balbettò Shin terrorizzato, lasciando cadere la spada a terra con un rumore metallico mentre Kiba, incurante di essersi anche ferito, lo sollevava di peso trascinandolo nel soggiorno.

Shikamaru saltò in quel momento dalla finestra con Choji, facendo voltare Tomoki, e quando lo riconobbe non ebbe bisogno di spiegazioni. «Tu…» disse solamente, ed in un lampo ricordò la donna che avevano eliminato tempo fa, ed il pericoloso mukenin fuggito. La donna si chiamava…

«Sanae.» completò il suo pensiero Tomoki, digrignando i denti. I suoi occhi già spiritati per la sorpresa si sgranarono, mentre un sorriso beffardo si faceva spazio tra le sue labbra, conferendogli un’aria ancora più maniacale. «Tu hai preso lei… io ho preso la tua.» disse, tetro come il rintocco di una campana che annunciava morte.

Shikamaru barcollò, colpito dalle sue parole, e l’attimo dopo gli fu addosso. Nessuna tecnica ninja avrebbe potuto prosciugare la sua sete di vendetta dopo quelle parole, se non il colpirlo a mani nude.

«Shikamaru!» gridò Choji, sconvolto dal vederlo reagire in quel modo.

Tomoki ringhiò come un animale, liberandosi con un pugno nello stomaco della presa dell’altro, e lo mandò a sbattere contro i fornelli. Shikamaru era già in piedi però, e lo stava colpendo con un calcio alla bocca, spezzandogli quasi il collo. Si avvicinò, ed impietoso riprese ad infierire, finché l’altro non gli afferrò la gamba, torcendola e facendolo cadere a terra con un lamento. Estrasse velocemente un kunai, non aveva tempo per pensare, voleva solo la sua Ino, ora, e  lo affondò nel ventre dell’altro, che quasi invece scoppiò a ridere.

«Eri molto più… freddo, l’altra volta.» considerò Tomoki, e troppo tardi Shikamaru si accorse che aveva appena estratto uno spiedo.

Per un attimo il suo campo visivo divenne tutto bianco, poi si rese conto che quel lampo era stato Neji, che aveva deviato il colpo. Choji si affrettò a separarli, e Shikamaru si liberò della sua presa alle spalle con uno strattone, innervosito dalle risate convulse dell’altro, che continuavano. Afferrò il primo coltello trovato, e spinse via Neji.

«Shikama…»

«Fallo. Io perlomeno ora la raggiungerò.» li interruppe Tomoki, soddisfatto.

«E allora perché cazzo non ti sei suicidato prima?» la voce di Shikamaru era a stento riconoscibile, «E dov’è Ino?»

«Ino è qui.» rispose per lui la voce di Kiba, dal soggiorno comunicante ma invisibile per via del muro. Neji si morse le labbra, l’aveva vista anche lui del resto, all’angolo della stanza.

«Allora?» lo incitò Tomoki, tenuto a terra da un Choji che aveva appositamente gonfiato le mani e da Neji, tornato a bloccarlo dopo lo spintone.

Shikamaru si lasciò sfuggire un sibilo irritato. Ino è viva, ovviamente. Sono stato troppo precipitoso. Ma quel mukenin avrebbe meritato una tortura più lunga. Si maledisse per non essere in grado di usare tecniche simili a quelle del mangekyo sharingan, per poterlo bloccare in qualche altra dimensione, vivo e solo. Ucciderlo sarebbe stato solo un atto di pietà, e lui non ne aveva a disposizione per lui.

«No, non ti darò questa soddisfazione. Ti porteremo direttamente dall’Hokage.» rispose irato. L’altro cercò di liberarsi, con una smorfia di disappunto.

«Quelle tre mi hanno fatto stancare…» si lamentò come se nulla fosse. Poi sorrise ancora. «Specie Ino. Ha una cicatrice sul petto, vero?»

Shin, acquattato accanto a Kiba che ascoltava i loro discorsi cercando di non sfiorare Ino e al tempo stesso capire se respirava ancora, sentì chiaramente il sibilo di qualcosa che fendeva l’aria, ed un suono soffocato. Poi lo zio Choji dire qualcosa troppo a bassa voce perché potesse sentirlo, ma sembrava davvero arrabbiato.

Kiba si sporse, notando che effettivamente Ino aveva una cicatrice, visibile solo perché la vestaglia era stata squarciata. Lo strappo però si fermava appena sotto il seno, ed era praticamente sicuro che non fosse stata stuprata, ma che lui avesse finto di averlo fatto approfittando di quella vista.

Se era andata così, quel rumore sibilante era stato sicuramente Shikamaru a farlo.

E così ce l’ha fatta… si è fatto uccidere. Figlio di puttana…

«Zio Kiba.» chiamò Shin, e il jonin si riscosse.

«Adesso ci pensiamo noi alla tua mamma, Shin. Come nuova. Vedrai.» lo rassicurò, pur non essendo sicuro che fosse la cosa giusta da dirgli. Davvero Ino sarebbe tornata come nuova?

«Perché non si sveglia?» domandò il bambino con voce tremante.

«Oh. Perché… ecco… riposa.» cercò di spiegare Kiba, sentendo il bisogno di fargli compagnia. Ino era una gran donna ed una grande amica, non meritava tutto questo.

«Kiba, dov’è…» Shikamaru tacque, trovandola in quelle condizioni. Spalancò gli occhi scuri, spostandoli prima sul figlio, che lo guardava in lacrime, e poi sulla moglie, seminascosta da Kiba inginocchiato a terra.

Ma il sangue su entrambe le pareti e per terra, quello era visibile.

«E’…» cominciò con voce strozzata, e Kiba capì subito a cosa si riferisse.

«No! Respira…» si affretto a dire, guardando poi la donna. Trattenne un “ancora” che non avrebbe giovato. Non aveva avuto neanche il coraggio di voltarla, era ancora stesa su un fianco. «E direi che non l’ha neanche sfiorata in…» ricordò che Shin era accanto a sé, «… sensi strani, ecco.»

«Fermati!» sentirono gridare a Naruto, mentre Sakura, barcollando, entrava aiutandosi con le mani poggiate al muro.

Tenten, con la schiena ancora poggiata alla parete che lei usava come sostegno, tentò di mettersi in piedi per aiutarla, ma Neji fu subito su di lei, bloccandola perché non si facesse male, senza dirle nulla.

Naruto entrò subito dopo Sakura, sussultando alla vista di Ino.

«Io posso… posso…» iniziò Sakura a fatica, lasciandosi cadere in ginocchio al fianco di Shin.

«Zia…» mormorò il bambino quasi senza voce.

Shikamaru si mosse come un fantasma, arrivando alle sue spalle e sollevandolo, stringendoselo al petto con forza e facendo qualche passo indietro. Avrebbe voluto chiudergli gli occhi, nascondergli tutto questo, ma era vistosamente troppo tardi. Probabilmente era lì fin dall’inizio, e neanche capiva come mai Sakura e Tenten fossero lì.

Tutto ciò che sapeva è che lui lì, quando avevano avuto bisogno di lui, non c’era. E adesso Ino era in fin di vita. E lui doveva proteggere Shin.

«No, Sakura.» disse Naruto, scuotendo la testa e poggiandole una mano sulla spalla.

«Che ca…» Shikamaru prese un respiro, «Lasciala fare.»

«No. Sakura…» lo ignorò Naruto.

«Devo, Naruto, devo…» cercò di dire lei, e non poté trattenere le lacrime a sua volta, sfiorando il bel viso dell’amica.

«Sei incinta, Dio! Non vedi in che condizioni sei? Finirà male!» esplose Naruto, e tutti li guardarono increduli.

Sakura voltò appena il viso indietro, per poter osservare il viso del marito e perché lui potesse vedere il suo. «Naruto…» disse lei piano, mentre un’altra lacrima scivolava sulla sua guancia ed i suoi occhi gridavano di lasciarla e di perdonarla al tempo stesso, «È la mia Ino-chan.» sussurrò con voce flebile.

E Naruto capì.

Il suo Sasuke e la sua Ino, qualcosa che entrambi avrebbero dovuto fare ad ogni costo, come se fossero nati per questo, anche se inutile. C’erano soltanto loro, dopo anni, dopo vite, sempre e solo loro. E Ino, perlomeno, avrebbe fatto lo stesso.

La mano scivolò dalla spalla di Sakura al suo braccio, e lui si chinò dietro di lei, rafforzando la stretta per dirle che le dava fiducia. Sakura fece un sorriso, flebile quanto la sua voce, e tornò a guardare Ino.

«Hyuga-san!» esordì uno voce estranea dall’esterno. Neji si scostò da Tenten solo quel tanto che bastava per vedere.

«E’ della casata cadetta. Deve essere stata Hinata a mandare tutti qui.»

«Io sono scappata da zia Hinata.» spiegò debolmente Shin, perfettamente udibile nel silenzio spettrale rotto solo dallo sfrigolio del chakra e dal respiro affannoso di Sakura, Tenten e Shikamaru.

«Ho bisogno che ci mandiate più dottori possibile, velocemente!» ordinò allora Neji, tornando a rivolgere la sua attenzione a Tenten. La moglie fissava la schiena di Sakura e i bei capelli biondi di Ino, ora rovinati, sparsi sul pavimento.

«Ehi…» sussurrò, e la donna spostò impercettibilmente lo sguardo, smettendo di vederle. Infine si arrese, voltando il viso.

I loro occhi si incontrarono, ed i due si parlarono in silenzio finché Neji non le poggiò una mano sulla guancia graffiata, accarezzandola lievemente. Tenten reagì subito, sporgendosi in avanti e sfiorando le labbra con le sue, per poi riappoggiarsi al muro con le poche forze rimaste. Neji la guardò ancora, poi annuì e le poggiò una mano sulla testa, avvicinandosi a lei per farsi sentire vicino, un ginocchio a terra al suo fianco e la schiena piegata per poterla abbracciare meglio, aiutandola a rilassarsi mentre aspettavano aiuto.

Sakura iniziò a vedere troppo sfuocato per i suoi gusti, e strinse gli occhi, cercando di rimettere tutto a fuoco.

Spinse con delicatezza il corpo dell’amica, facendola distendere sulla schiena, e comprese che la situazione era peggiore di quello che aveva immaginato. Kiba si trattenne a stento, gli odori lo colpivano crudelmente, poi si alzò e andò direttamente alle scale, al bagno di sopra. Choji invece semplicemente si sedette a terra, con gli occhi offuscati dalle lacrime.

Shikamaru strinse inconsciamente più forte Shin, che poté soltanto ricambiare stringendo le manine gelide sulle braccia che gli circondavano il petto. Ricordandosi solo allora di averlo ancora in quella posizione scomoda lo mise giù, e lo fece voltare per poi abbracciarlo stretto.

«Papà…» pigolò il bambino, solleticandogli il viso col codino alto.

«Mh?» riuscì soltanto a rispondere Shikamaru, privo di voce. Temeva che quel groppo che aveva in gola si sciogliesse e non poteva permetterselo. Non ancora.

«Mamma non sta male, vero? Mamma ha detto che non stava male…»

Shikamaru ebbe l’impressione che qualcuno gli stesse torcendo il cuore, e si schiarì la voce due volte. «Quando?»

«Prima. Ha detto che non stava male.» insistette Shin, «E che ci ama tanto, e non è colpa tua. Perché ha detto che non è colpa tua? Certo che non è colpa tua, è colpa del signore cattivo.»

Shikamaru finì col piangere a sua volta, come Sakura, sin da piccolo, non aveva mai visto l’utilità di trattenersi, ed era certo che sarebbe scoppiato di lì a poco. Accarezzò la schiena del bambino con le mani, annuendo piano. «Mamma dorme, non sente niente.» confermò, con voce spezzata. Vide Choji chiaramente mentre nascondeva il viso tra le mani a quelle parole, e Naruto voltarsi appena a guardarlo, con la compassione dipinta in volto.

«Ed è colpa del signore cattivo. Sì.» ma io vi ho lasciati soli. «Stara bene, quindi sta tranquillo.» sussurrò.

«Dov’è il signore?» domandò ingenuamente Shin, e stavolta Shikamaru non dovette chiedere nulla a Kiba, che era appena tornato giù pallido in viso, e neanche a Choji, che scattò in piedi, ed entrambi si diressero in cucina per spostare il cadavere prima che Shin avesse la malaugurata idea di guardarsi attorno.

«E’ andato via e non tornerà mai più.» promise.

Il piccolo Shin si separò da lui, e lo guardò negli occhi. Shikamaru si rese conto che aveva capito molto di più di quello che lasciava intendere, dato che i suoi occhi erano gli stessi del Naruto bambino che aveva conosciuto.

«Non era un brutto sogno, papà.»

«Lo so. Ora lo so. Mi dispiace tanto.»

Sakura si lasciò sfuggire un ansimo di sorpresa, quando si ritrovò a guardare gli occhi di Ino.

«Ino?» chiamò sconvolta.

Ino represse a malapena un urlo di dolore, chiedendosi dove diavolo fosse e perché soffrisse tanto.

«Mamma! Mamma!» gridò Shin, staccandosi da Shikamaru e correndo verso di lei, seguito dal padre.

«Ino!» esclamò Shikamaru, e il mondo di sollievo che lo stava avvolgendo fu miseramente distrutto da un’occhiata di Sakura, che gli diceva che non era ancora al sicuro.

Ino si lasciò investire dal calore del chakra curativo, che non era poi così piacevole quando si occupava di bloccare le emorragie, e si concesse qualche secondo per osservare attentamente il corpo del bambino.

«Sta bene.» si affrettò a dire Naruto, «E quello è morto. È finita.»

Ino sorrise, sentendosi tirare il viso dolorosamente. Ma niente riusciva a spegnere quel sorriso al sapere che Shin era sano e salvo. Poi i suoi occhi andarono a Shikamaru, traboccanti di amore. Se quello era un addio, voleva sentire solo felicità e amore al momento della fine.

Sakura sentì una prima fitta, e tentò di ignorarla senza che Naruto se ne accorgesse.

«Sei tu a tenermi in vita, vero?» sussurrò Ino, che invece aveva colto un cambiamento nel flusso di chakra, e istantaneamente era stata peggio.

«Il tuo cuore si stava fermando, hai perso troppo sangue. Ma adesso stanno arrivando i dottori, basta aspettare. Solo un po’.» la voce di Sakura sembrava una supplica, e non era che una conferma.

«Sakura, devo darti il mio chakra?» si preoccupò Naruto.

«Non riuscirei ad accettarlo, ho già il chakra del bambino.» negò Sakura, sentendo un’altra fitta, e subito dopo un’altra ancora. Gemette.

«Sakura!» supplicò Naruto, non sapendo cosa chiederle.

Ino tornò a guardare Shikamaru e Shin, sorridendo ancora.

«Perché sorridi così?» non riuscì al trattenersi dal chiedere Shikamaru, che non ne aveva alcuna voglia.

«Perché voi state bene. È tutto ciò che conta.»

«Non tutto.» ribatté Shikamaru, angosciato. Shin riprese a singhiozzare.

«Shin, non piangere. Non vuoi che la mamma sia serena?» mormorò Ino, dolcemente.

Shin si strofinò subito il viso con le mani, annuendo freneticamente.

«Ino.» pronunciò poi la donna.

Tutti la guardarono senza capire, anche Kiba e Choji, appena rientrati in casa.

«Sakura, chiamala Ino. È un nome forte. Come lei. Ce la farà.»

Ed un sorriso scherzoso, ma con uno sguardo orribilmente consapevole, fu l’ultima cosa che Sakura poté vedere prima che una fitta lancinante le togliesse le forze e la facesse cadere svenuta contro le gambe dell’amica.

Ino, ancora sorridendo, chiuse gli occhi e ascoltò l’ultimo battito del proprio cuore stanco.

«MAMMA!»

«NO! Ino! Apri gli occhi, ti prego!»

«Sakura! Ino!»

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo secoli, e sono ancora alla ricerca dell'epilogo perduto. Ringrazio tutti coloro che hanno commentato questa storia, che stavo per abbandonare causa perdita-pc.

Ora manca solo l'epilogo!

 

   
 
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