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Autore: dree    29/11/2016    0 recensioni
Il suono del campanello della porta principale attirò la mia attenzione e sentii due persone entrare quasi di corsa nella caffetteria, molto probabilmente si volevano rifugiare dalla pioggia. Appoggiai il moccio e sfoggiando uno dei tanti sorrisi di cortesia mi girai rivolgendomi al nuovo cliente.
«Buong..» le parole mi morirono in gola ancora prima che io potessi finire la frase.
Genere: Generale, Mistero, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bussai due volte alla porta del suo appartamento e aspettai impazientemente che mi aprisse. Sentii dei passi e Luca, il suo ragazzo,  mi aprii appoggiandosi all'uscio della porta. 

«Spostati deficiente, dov'è Diana?» gli sbraitai contro entrando come una furia nell'appartamento. I rapporti fra me e Luca non erano esattamente dei migliori, come si poteva notare. Ammetto di essere un po’ dura nei confronti di chiunque si avvicini alla mia migliore amica, ma questa volta era diverso, Luca non aveva la reputazione del bravo ragazzo. 

«Oh, chiedo venia! E' nella sua stanza, si sta cambiando.» 

Mi fiondai nella stanza da letto di Diana e appena la vidi la abbracciai più stretta che potevo. 

 

I suoi capelli profumavano di lamponi e aveva ancora indosso l'accappatoio e le scarpe bagnate mentre con una mano reggeva il fon e con l'altra lo spinotto. 

 

«Quante volte ti ho ripetuto di non usare il fon quando hai ancora le ciabatte bagnate?» le dissi con un sorriso mentre le lacrime iniziavano a scorrermi sulle guance «Mi dispiace così tanto di non essere potuta venire all'audizione ma...» esitai per una attimo guardandola negli occhi «c'è stata una sparatoria alla caffetteria... non sai quanto mi dispiace Diana» quasi la supplicai. 

Lei impallidì all'istante e sentii il sangue ghiacciarmi nelle vene mentre le immagini scorrevano velocemente davanti ai miei occhi e rivivevo quegli istanti. 

Lei si limitò ad abbracciarmi ancora più forte e sentii anche le sue di lacrime sferzargli il viso. 

Dopodiché le raccontai ogni minima cosa, anche i più piccoli particolari: le raccontai di come quel ragazzo mi avesse salvato la vita, di come poi aveva testimoniato al processo, le raccontai del uomo e della ragazza, le raccontai dell'ospedale. 

«Diana» scoppiai di nuovo in lacrime «ho ucciso un uomo»

Mi accarezzò il viso tranquillizzandomi «Hai ucciso un criminale, non un uomo, hai ucciso un mostro» annuii incapace di aprire bocca «Ma ora basta pensarci» disse asciugandomi le lacrime. 

 

Sforzai un sorriso «L'audizione. Raccontami dell'audizione».

Parlammo per tutto il pomeriggio, come facevamo da piccole, quando non avevamo preoccupazioni. Mi raccontò dell’audizione e di quanto suo nonno era stato fiero della sua esibizione e di quanto gli insegnanti dell’Accademia si fossero complimentati con lei e si vedeva che era felice, lo si poteva leggere nei suoi occhi i quali brillavano a dire quelle parole.

«Mi dispiace non esserci stata, davvero, mi farò perdonare te lo prometto» dissi io poi «Stasera ti porto fuori a cena, andiamo in quel locale che ti piace tanto, quello con le candeline e i camerieri carini e non accetto un no come risposta. Alle 8 ti passo a prendere!» 

Uscii di casa dandole un bacio prima che  lei mi potesse rispondere, ma non avrebbe mai rifiutato. 

 

Le strade della città quel giorno erano quasi desolate, tutti troppo impegnati in una vita triste e frenetica. C’era silenzio, si sentiva solo il rumore delle macchine sfrecciare sull’asfalto bagnato. I parchi erano vuoti, malgrado il maltempo fosse già passato. Forse nessuno si fidava a lasciare i figli al parco a giocare dopo ciò che era successo. E’ sempre così nelle città piccole, la gente è diffidente, anche se non si vuole mai mostrare tale, e le notizie girano in men che non si dica. 

 

Ricordo di un episodio quando ero piccola e trovarono un ragazzo annegato nell’unico lago della città. Lo trovarono che ormai era troppo tardi, tutto gonfio e blu, lo tirarono fuori davanti a tutti i presenti e i genitori di affrettarono a coprire gli occhi ai figli e portarli più lontano possibile. Per quelli che non c’erano poi fu facile venirlo a sapere. In un paio di ore tutti sapevano tutto e iniziarono a domandarsi se fosse stato un suicidio, ma perlopiù si ipotizzò fosse un incidente. Ero piccola allora, ma se ci ripenso quello fu tutto tranne che un incidente e Marco era tutto tranne che un ragazzino felice. Qui persino i genitori divorziati vengono additati e ai tempi, i suoi genitori, furono i primi della cittadina a separarsi e lui ne risentì molto. Certo, deve essere doloroso per una madre perdere un marito e un figlio nell’arco di poco. Si dice che avesse anche un fratello, ma nessuno l’ha mai visto e nessuno ha mai osato parlarne. 

 

A volte la vita è strana. Ti da’ tutto, la felicità, e ti toglie tutto ancor prima di poterla assaporare. 

 

 

   
 
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