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Autore: MimiRyuugu    30/11/2016    3 recensioni
“Insieme…qualunque cosa accada…” disse sorridendo Giulia. Hermione annuì. “…sempre…” continuò, stringendo la mano. “…contro ogni difficoltà!” concluse Anna, stringendola a sua volta. Poi, si guardarono ancora.
Sesto anno. Anna Alvis Haliwell, Giulia Wyspet ed Hermione Granger si apprestano ad iniziare il penultimo anno ad Hogwarts. Ma tanti cambiamenti si prospettano per loro. A quali avventure andranno incontro i nostri Tre Uragani?
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Draco Malfoy, Hermione Granger, Severus Piton, Un po' tutti | Coppie: Ron/Hermione
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Tre Uragani Saga'
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Buonasera u.u anzi, buonanotte o oramai buongiorno XD
come al solito ricompaio e non sono un fantasma, spero di non svanire subito. Mi scuso immediatamente per l'ignobile attesa dell'aggiornamento, avevo promesso che non sarebbe ricapitato e mi spiace se ho deluso qualcuno di voi ç_ç Però, mi mancavano i Tre Uragani e così ho finalmente deciso di muovere il deretano e.e 

Avvetenze: diabete, in ogni luogo e in ogni lago. L'insulina sarà disponibile al caro vecchio banco 2 u.u 

In questo capitolo troviamo la siglia del Principe Cacca (quando la scrissi era giugno 2009, quando Colorado faceva ridere ogni tanto), Her Ghost in the Fog dei CCradle of Filth, The Way You Make Me Feel del sempre caro Michael Jackson (che ai tempi era appena spirato, e io ci aggiunsi questa canzone in sua memoria proprio perchè ci sono molto affezionata), un accenno de La Festa dei Folli da Notre Dame De Paris e Thank You For The Music dal film Mamma Mia! 

Come al solito vi invito a sbirciare su Spotify sotto il nome mimiryuugu, in cui ci sono tutte le playlist delle ff *^*

Detto ciò vi lascio al capitolo e spero che non mi cruciate çwç vi voglio bene e vi ringrazio infinitamente per la pazienza <3
Buona lettura! 



Trentaduesimo Capitolo


La domenica passò senza altre novità. A quanto pareva la festa di San Valentino aveva fatto più vittime del ballo di Halloween. In giro per la scuola non si vide nessuno per tutto il giorno. Invece fu una bella giornata per i Tre Uragani: Draco rimase con Anna tutto il pomeriggio; Hermione riuscì a vedere Mark e a fare una degna chiacchierata; mentre Giulia la sera approfittò per passare dal suo professore, che però non le accennò nulla del dibattito avuto con il biondo il pomeriggio. Così arrivò un altro lunedì. Le tre passarono la nuova settimana ad escogitare nuovi stratagemmi per portare via il libro a Harry. Anche Draco e Mark parlarono, arrivando ad una decisione comune. “Quindi, se troviamo Harry in un momento di distrazione possiamo provare, no?” propose esagitata Anna. Dopo la brutta esperienza di sabato sera, la castana sembrava perfino rinata. Hermione alzò le spalle, dando una veloce occhiata al ragazzo. “Lo sai che quando ha quel libro in cartella non è mai distratto…” sbottò. Giulia scosse la testa. “Potremmo chiedere a Ron di aiutarci…” propose. “Cosa dovrei fare io?” chiese il rosso. Storpiando le parole a causa della coscia di pollo che stava inghiottendo. “Nulla tesoro…nulla…torna a mangiare…” lo liquidò il prefetto veloce. Ron le sorrise e tornò al suo pranzo. “Comunque non è opportuno parlarne qui…ci sono orecchie ovunque…” osservò ancora Hermione. Le amiche si guardarono attorno. In effetti la Sala Grande all’ora di pranzo non era un buon posto per parlare di certe cose. Quel giorno poi, in cui Silente faceva capolino dal tavolo insegnanti, con la sua solita aria serena. “Non vi sembra che Silente sia un po’ pallido?” commentò Giulia. “In effetti è vero…dopotutto sta lavorando molto per conto suo, senza contare che si è messo pure ad affidare compiti ad Harry…deve essere proprio con l’acqua alla gola dagli impegni!” soffiò maligna Anna. “Sbrana la tua preda e ritira le zanne Anna…” ribeccò Hermione. La castana fece finta di buttarsi sul suo piatto poi prese una coscia di pollo ed iniziò a mangiarla senza pietà. Il prefetto sbuffò spazientita. “Che fate oggi pomeriggio?” chiese Giulia, con l’ultimo boccone della sua bistecca infilzato a mezz’aria sulla forchetta. “Io pensavo che saremmo andate in biblioteca…” osservò il prefetto. “Su Herm! È sabato e non abbiamo così tanti compiti ora…possiamo staccare un po’…” precisò Anna. Sembrava che il periodo di accanimento degli insegnanti sulle valutazione avesse avuto una pausa. Questo consentì a tutti gli studenti di prendersi un agognato respiro. “Tu che fai?” chiese la castana curiosa verso Giulia. Questa alzò le spalle. “Volevo andare a fare una passeggiata…finché il tempo regge vorrei approfittarne…” rispose. Hermione si voltò verso le alte finestre. Delle neutri nuvole bianche si muovevano placide nel cielo. Il sole però non c’era. “Che ne dici se facciamo giusto qualche compito…poi torniamo in dormitorio e giochiamo a Uno?” propose Anna, offrendo al prefetto una mano in segno di  accordo. Questo la accettò. Così appena i dolci sparirono il trio si divise. Giulia trotterellò subito in giardino. Sentiva qualcosa di diverso nell’aria, qualcosa di frizzante. Forse sarebbe stata la sera buona. Quella che Severus aveva deciso per il loro secondo appuntamento. Dal cinema non ne avevano mai parlato. Eppure lui gliel’aveva accennato. E poi lei ci sperava così tanto! La ragazza saltellò fino a lago. Finalmente l’acqua era tornata libera dal ghiaccio invernale, piovra inclusa. Si vedeva chiaramente la sua immagine nuotare in quelle acque. Forse era felice anche lei. Giulia sorrise e si inginocchiò sulla riva. La punta di un tentacolo uscì da quello specchio. La ragazza allungò una mano e le fece una carezza. Questa tornò nell’acqua, per poi uscire ancora e ondeggiare. “Avanti…non ti faccio nulla…” la rassicurò. Il tentacolo uscì ancora di qualche centimetro. Giulia lo accarezzò divertita. Subito ne uscì un altro. “Stai cercando di dirmi che dopo sei anni che ci vediamo vuoi diventare mia amica?” chiese. I tentacoli ondeggiarono assieme. Giulia allungò una mano e ne strinse piano uno. “Piacere piovra…io sono Giulia…” si presentò. Il tentacolo usato come mano si mosse di poco. Come a ricambiare la presentazione. La ragazza sorrise. “Non è triste starsene tutto il giorno li a nuotare da soli?” chiese. I tentacoli ondeggiarono facendo una specie di movimento simile ad un si. “Capisco…io non so nuotare bene…e sono sicura che quell’acqua è troppo fredda per me, però se vuoi posso farti compagnia da qui…” propose. La piovra fece ondeggiare ancora i tentacoli, poi d’improvviso li ritirò. Giulia si alzò. E vide la sua ombra sparire nelle profondità. “Ciao ciao…” la salutò. “Oh Merlino! Mi dispiace davvero…non volevo interrompere la conversazione…” si scusò una voce famigliare. La ragazza si voltò sorpresa. “Con te è stata precoce…per fare amicizia con me ha aspettato ben dieci anni!” osservò Silente divertito. Raggiungendola. “È solo timida…però sembra tanto dolce…non potremmo cercarle un compagno?” propose lei. Il preside annuì. “L’ho sempre pensato…però se anche l’altra piovra fosse timida, come faremmo?” commentò. Corrucciando la fronte preoccupato. Giulia alzò lo sguardo. “Potremmo trovarne una non timida…così poi scioglie la nostra…sarebbe una bella storia d’amore, non crede preside?” sorrise intenerita. Silente ricambiò il sorriso. “Due cuori ed un Lago Nero…molto romantico!” concordò. Poi i due si guardarono e scoppiarono in una candida risata. “Immagino che tu stia approfittando del bel tempo per fare un giro, dico bene Giulia?” le chiese. La ragazza annuì. “Volevo uscire un po’…stare tutto il giorno chiusa nel castello non mi piace…è bello stare anche all’aria aperta…” spiegò. “Concordo in pieno…e poi i giovani hanno bisogno anche di aria fresca…se solo non fossero così pigri…” osservò Silente. Giulia rise. “Anche io sono pigra!” precisò. Il preside la guardò finto stupito. “Una volta mi dissero che finché la pigrezza riguarda il fisico non c’è nulla di male…basta che non sia pigrezza mentale…allora si che bisogna darsi una smossa…” recitò saggio. La ragazza lo guardò curiosa. “E chi glielo disse preside?” chiese. Silente rise. “Forse un mio amico…o forse l’ho letto nei cioccolatini…” rispose incerto. “Cioccolatini?” ripetè dubbiosa Giulia. “Esatto…quei buonissimi cioccolatini babbani con al centro una croccante nocciola…mentre nell’incarto hanno nascosto un bigliettino con riportate delle citazioni…” spiegò il preside. Poi si chinò e passò una mano dietro un orecchio della ragazza. Quando la riaprì c’era uno di quei cioccolatini. Silente glielo porse. “Grazie…” lo accettò. Per poi scartarlo. E trovando anche il bigliettino. “Che cosa dice?” chiese curioso il preside. “La speranza è l’ultima a morire…” lesse Giulia. Appena lasciò il bigliettino questo si trasformò in una colorata farfalla. E volò via. Silente sorrise. La ragazza mangiò piano il cioccolatino. “Giulia…credo che Severus ti abbia già detto che cosa sta facendo per me…giusto?” le chiese. Giulia si bloccò. “S…si…quest’estate… però…però non mi ha detto nulla di preciso!” lo difese subito. Silente annuì. Non sembrava arrabbiato. “Lo ha fatto per te…sai, Severus sembra un uomo arcigno e antipatico ma in realtà ha davvero un grande cuore ed ha un modo tutto suo di dimostrare affetto…” esordì. La ragazza arrossì. “Lo…so…” concordò. “È un uomo responsabile che cerca di adempiere a tutti i suoi doveri ed accetta qualunque cosa senza tirarsi indietro…è anche disposto ad assecondare i piani di un suo vecchio e oramai pazzo amico…” raccontò Silente. Giulia lo guardò dubbiosa. “Io…io credo di non capire cosa sta cercando di dirmi preside…” confessò timida. Lui le sorrise comprensivo. “Tu come vedi Severus?” le chiese. La ragazza arrossì ancora. “Ecco…io…io credo che lui sia una brava persona…come…come ha detto lei…farebbe di tutto pur di aiutare le persone a cui vuole bene. Sembra un uomo senza scrupoli, ma in realtà è un buon professore ed un ottima persona…io…io lo ammiro tanto per come sa gestire i suoi compiti e so con certezza che ha un grande cuore!” illustrò. Il preside annuì soddisfatto. “Il mondo è come un grande palcoscenico e la vita è come uno spettacolo…noi siamo i suoi attori e certe volte ci mettiamo una maschera per interpretare una parte che non ci rispecchia. Ecco Giulia, a certi può toccare una brutta maschera. Per portare con successo lo spettacolo fino alla fine si devono fare sacrifici…” spiegò poi. Giulia non disse nulla. Stava iniziando ad associare tutti i riferimenti. Aveva capito che Silente parlava di quello che stava per avvenire. Ed aveva trovato il modo per avvertirla di qualcosa, riguardante Severus, che doveva sapere. Alle volte era un po’ tonta, ma questa era una metafora più che palese. Il preside la lasciò mettere insieme tutte le varie tessere. “Ho capito…” confermò la ragazza. Silente sorrise soddisfatto. “Sai Giulia, quando avevo la tua età ascoltavo raramente musica…erano altri tempi…ora invece ne vado matto e stranamente non generi di quelli che piacciono ai vecchi come me!” iniziò a dire. La ragazza scosse la testa divertita. “Ma lei non è vecchio!” precisò. “Diciamo anziano allora…dov’ero? Ah si…mi sono abbastanza affezionato alla figura dei duri rocker…come i Metallica, gli AC/DC e pure a quel grande scalmanato di Ozzy Osburne…” elencò Silente. Giulia strabuzzò gli occhi. “Qual è la tua canzone preferita Giulia?” le chiese. “She’s a Rebel, dei Green Day” rispose lei subito. Il preside annuì. “E la sua qual è?” gli chiese a sua volta la ragazza. Silente alzò lo sguardo alle pallide nuvole sopra di loro. “Dreamer, appunto del caro Ozzy…” rispose, poi la guardò. “Ti ho sentita cantare al compleanno di Anna, hai davvero una bella voce…” la lodò ancora. Giulia aprì la bocca per iniziare a intonare quella canzone, ma Silente la fermò. “Non ora cara…saprai quando cantarla al momento giusto…” le sorrise. La ragazza lo guardò intenerita. “Lei è un grande preside professor Silente…grazie per quello che ha fatto e farà per questa scuola…” disse. Il vecchietto le fece una carezza sulla testa. “È stato bello chiacchierare con te Giulia…ora però il dovere mi chiama…” esordì. Giulia lo guardò dispiaciuta. “Anche per me è stato bello…allora…a presto!” lo salutò. Silente ricambiò il saluto ed iniziò a camminare verso il castello. La ragazza sospirò affranta, poi si ringinocchiò sulla riva. Guardando il suo riflesso nell’acqua limpida. Aspettando che la piovra le tornasse a fare compagnia.
Intanto, come promesso, Hermione e Anna si erano recate in biblioteca per avvantaggiarsi con i compiti. Anche se in verità era il prefetto quella che sfogliava una miriade di libri. La castana invece giocherellava con la sua piuma. “Vuoi fare qualcosa di utile Anna?! Io ho quasi finito la traduzione di Rune…e tu che hai fatto?” sbottò irritata Hermione. La castana mostrò la sua abilità del tenere sul naso la piuma senza farla cadere per più di un minuto. “E poi Herm aspetto che tu finisca…così facciamo insieme Difesa…” precisò. Giusto per non farsi vedere nullafacente. Il prefetto però la guardò scettica. “Tanto non ti faccio copiare…” rimbeccò. Anna la guardò indignata. “Voglio solo che tu mi corregga il tema quando lo avrò finito…sempre se vorrai…” spiegò. Hermione rimase a bocca aperta. “In questo caso lo farò molto volentieri…” sorrise. “Impassibile fino all’ultimo, eh Herm?” la prese in giro una voce da dietro di lei. Il prefetto si voltò e Mark le appoggiò tre libri sulla testa. “Guarda chi si vede! Ti sei deciso ad uscire dal tuo igloo di spessi volumi?” commentò divertita Anna. Il ragazzo sorrise. “Mi sono abbastanza portato in avanti con lo studio…così mi sono concesso un’uscita veloce…” spiegò. La castana annuì. “Ah Anna…Draco mi ha detto di dirti di aspettarlo sulla riva del lago stasera…” le disse poi. Anna sospirò tranquillizzata. “Finalmente si cambia…non ne potevo più di stare nei dormitori Serpeverde! Senza offesa eh…” osservò. Per tutta la settimana lei era andata dal biondo. Erano rimasti chiusi in camera, senza concludere nulla di nuovo ovvio. Mark scosse la testa divertito. “E tu Cenerentola dello studio, che cosa fai stasera?” le chiese. Hermione aprì la bocca per rispondere ma la castana la precedette. “Ha un appuntamento con Ron…probabilmente poi vorrà continuare la serata in dormitorio…” ghignò. Il prefetto arrossì. “Anna, torna a giocare con la piuma…” le ordinò, lanciandole la sua. Anna la prese al volo ed iniziò veramente a giocarci. Come fosse un gatto. “È la prima vera uscita da quando stiamo assieme…non credo che Ron sia così…sicuro di se…” precisò poi Hermione. Mark la guardò con il suo sorriso sghembo. “Se ti mette anche solo una mano addosso lo crucio…” ghignò. Il prefetto lo fulminò con lo sguardo. “Benvenuta sotto l’ala protettiva del migliore amico…” annunciò Anna. Per poi continuare a cercare di tenere in aria la piuma soffiandole contro. Il ragazzo fece un inchino. “Ho la mia morale…non mi farò abbindolare da qualche bacio…” sbuffò quasi offesa Hermione. Mark e la castana la guardarono scettici. Da poco più in la si sentì uno sbuffare. “Vorrei forse ricordarvi che siamo in biblioteca, e non in una sala da tè!” gracchiò Madama Pince. Raggiungendoli quasi immediatamente. Anna la guardò sorridendo sorniona. Per poi far finta di avere una tazzina in mano e portarsela alla bocca. La donna tirò un urletto esasperato e tornò al suo bancone. Mark ridacchiò. Hermione scosse la testa. “Bene mie donzelle…è giunta l’ora per me di tornare ai miei impegno scolastici…buoni compiti…e mi raccomando Herm, stai attenta…” recitò il ragazzo. Poi le fece una carezza sulla testa. “Prometto di non fare sciocchezze…” sorrise intenerita il prefetto. La castana lo salutò con una mano. Mark andò a registrare i suoi libri, per poter uscire dalla biblioteca. Le due tornarono ai loro fogli. O meglio, Hermione cercò di riprendere il tema. Mentre Anna continuava a giocare con la piuma. “Anna…tu credi davvero che Ron…sarebbe capace di provarci…così presto?” le chiese d’improvviso il prefetto. La castana fece volteggiare la piuma con un ultimo soffio. Poi l’afferrò fra le mani, svelta come un felino. “C’è solo una cosa da fare…” iniziò a dire con aria seria. Hermione si allontanò di poco. Le faceva paura. “C…cioè?” esordì. Anna annuì sicura. “Mettiti la gonna stasera…se i neuroni gli vanno in tilt stai sicura che ci proverà…” spiegò semplicemente. Il prefetto sospirò. “È decisamente presto…troppo presto…io…io non mi sono preparata psicologicamente ecco!” iniziò a riflettere. La castana lasciò perdere la piuma e si stiracchiò. “Herm calmati…non serve andare in iperventilazione…” cercò di tranquillizzarla. Hermione la guardò isterica. “Tu hai mai affrontato l’argomento con Draco?” le chiese. Anna alzò lo sguardo per evitare di far vedere un certo rossore sulle guance. “Solo una volta e nemmeno in modo così tanto esplicito…con i maschi non è mai bene parlare di sesso…loro pretendono solo fatti…e le uniche parole che vogliono avere a letto sono quelle sporche!” recitò. Il prefetto alzò gli occhi per guardare nel punto che fissava la castana. “Hai per caso scritto le battute di Samantha sul soffitto oppure le hai studiate a memoria?” sbottò. Anna ghignò. “In questo campo io sono stata cresciuta da Carrie, Miranda, Charlotte e Samantha…ovvio che mi ricordo le loro parole…” rispose subito. Hermione la guardò dubbiosa. “Non ne hai mai parlato con i tuoi?” osservò. La castana iniziò a dondolarsi sulla sedia. “Mia madre ha raccontato la storia della cicogna a me e a Mary Kate quando eravamo piccole…a dieci anni io sono sapientemente andata a chiedere spiegazioni a nonna Artemisia, mentre mia sorella…bhe…penso che lei sia nel pieno della sua attività pratica con Blaise…” commentò maligna. Il prefetto la guardò scandalizzata. “Draco mi ha raccontato certi particolari che è meglio che io non ripeta…mi sono fatta superare da mia sorella cavolo!” sbuffò ancora Anna infastidita. Poggiando pesantemente i piedi sul tavolo. Hermione scosse la testa allibita. “Questa precocità non va affatto bene…basta ricordare quegli spettacoli rivoltanti sui divanetti di San Valentino…” ricordò schifata. La castana continuò a dondolarsi sulla sedia. “E tu Herm, non ne hai mai parlato con i tuoi?” le chiese. Il prefetto scosse la testa affranta. “Nemmeno con tua madre?” precisò Anna. Hermione sospirò. “Penso che creda che io abbia già imparato tutto ciò che serve sui libri…ed invece a quanto pare non ho imparato proprio nulla…” sbuffò. Oramai il tema di Difesa era andato in secondo piano. “Non è una tragedia Herm…se Ron fa qualcosa che non va lo fermi e gli dici semplicemente “no”…sei una ragazza razionale e responsabile…” esordì saggia la castana. Il prefetto la guardò stupita. “Non credevo che saremmo arrivate a fare questi discorsi così presto…” confessò. Anna scosse la testa divertita. “Abbiamo diciassette anni…gli ormoni si fanno sentire anche se sono schiacciati fra nozioni scientifiche Herm…” commentò. Hermione sorrise. “Anna…come mai sei andata a chiedere certe cose proprio a tua nonna?” le chiese curiosa. La castana tolse i piedi dal tavolo. “Perché le cose avevano iniziato a non quadrarmi…e sapevo che se le cose non quadravano solo lei poteva chiarirmele…così alla prima occasione in cui la vidi mi buttai sul discorso…” iniziò a dire. Il prefetto annuì. Invitandola così a continuare. “Mi ricordo che eravamo a casa mia, lei era venuta a trovarci dopo l’ennesimo viaggio…verso tarda sera, quando Mary Kate era oramai a dormire, io la raggiunsi nel giardino sul retro…hai presente che ho il dondolo grande, come quello di Giulia?” continuò Anna. Hermione annuì ancora. Appoggiando le braccia al tavolo, per poi metterci sopra la testa. “Ecco…nonna Artemisia ha sempre avuto l’abitudine di mettersi li verso tarda sera, così l’ho raggiunta. Mi sono seduta vicino a lei…e le ho detto ‘Nonna, dimmi la verità, non sono nata da una cicogna rosa vero?’…” raccontò divertita la castana. Il prefetto trattenne una risata. Anche prima che si conoscessero, Anna era stata sempre la solita. “E lei cosa ti ha detto?” la incitò poi. Sembrava lei stessa tornata bambina. L’amica alzò le spalle. “Mi ha semplicemente spiegato in modo scientifico quello che succedeva…siccome devo aver fatto una faccia abbastanza schifata ha aggiunto anche altre cose…” sorrise. Hermione la fissò rapita. “Cioè?” volle sapere. Anna ricominciò a dondolarsi sulla sedia. “Ha fatto un discorso sulle varie implicazioni sentimentali che derivano dall’atto in se…mi ha detto che noi femmine veniamo coinvolte di più e che pertanto per noi la prima volta diventa una vera e propria questione personale…i maschi invece tendono a farne più un gesto simbolico di virilità…se sei vergine a vent’anni, per un maschio, equivale ad essere uno sfigato…per noi ragazze invece vuol dire che non siamo frivole…” spiegò. Il prefetto annuì. “Però se noti bene ci sono tante differenze fra uomo e donna per quanto riguarda la sfera sessuale…” commentò poi. Anna annuì. “Basta notare che, se un uomo è stato con tante donne lo si chiama Casanova, al massimo Playboy…se invece una donna è stata con tanti uomini è una puttana…” concordò. Hermione la guardò male per l’ultimo termine. “Senza contare che se rifiuti di stare con tanti tipi magari vieni anche considerata una ragazza difficile…” aggiunse ancora la castana. Il prefetto sospirò affranto. “Perché nell’adolescenza ci sono così tante paranoie da farsi?” osservò. Anna rise. “In realtà non sarebbe così difficile Herm…la cosa che ti frega è quando l’opinione che hai di te stessa si mette in mezzo…” precisò. Hermione la guardò dubbiosa. “Ognuno di noi ha una cosa chiamata coscienza, che a volte si tramuta in un’altra simpatica bestiolina, per l’appunto ‘l’opinione si se stessi’…se tu devi seguire il determinato canone di persona che hai deciso di essere, è ovvio che  ti condizionerà...senza contare l’entrata in scena del rispetto per se stessi…” cercò di spiegarle la castana. Ma il prefetto la guardò persa. “Ti faccio un esempio semplice: se tu ti sei imposta di essere una brava ragazza, studiosa, che non beve, non fuma, di certo non potrà concedersi al primo che passa…e nonostante tu sia attratta da un ragazzo, e questo ti chieda esplicitamente di andare a letto con lui, tu sarai costretta in ogni modo a dir di no…perché altrimenti infrangerai tutto quello che credevi di essere e ti cadranno in testa paranoie a secchiate…” sintetizzò Anna. Stavolta Hermione annuì. “Allora si può dire che io sia fortunata…la mia opinione di me stessa è cambiata in meglio ultimamente…” esordì. La castana sorrise. “Meglio per te Herm…comunque, in caso di chiarimenti, non c’è nulla di meglio che un sano discorso con il migliore amico…” disse infine. Il prefetto arrossì. “Con…con Mark?!” boccheggiò. Anna rise. “Io ne ho parlato con Bill e credo che anche Giulia l’abbia fatto con Fred…prima di diventare la possibile amante del pipistrellone ovvio…e poi l’opinione maschile aiuta sempre!” ipotizzò. Hermione deglutì a fatica. Perché era così impossibile parlare di certi argomenti per lei? Perfino con le sue amiche era impacciata. “Comunque cara Charlotte, la regola la dovresti sapere oramai…” ghignò ancora la castana. Il prefetto sogghignò complice. “Mai andare a letto prima dei quattro appuntamenti…” recitò, alzando un dito solenne. Poi lei e Anna si guardarono. E annuirono sicure. Così solo verso le sei riuscirono a mettersi davvero d’impegno nei compiti. A mezzora dalla cena le due ritirarono il materiale e tornarono in dormitorio. Incontrando Giulia a metà strada. Il trio scese in Sala Grande per un’abbondante pasto. Per poi tornare veloci in dormitorio a prepararsi. Appena arrivate però, notarono qualcosa. Uno strano picchiettio veniva da fuori. “Avrà ricominciato a piovere…” ipotizzò Hermione. Anna scrutò oltre il vetro della finestra. C’era una leggera nebbiolina, ma niente pioggia. “C’è qualcosa che si muove…” osservò ancora. Giulia si avvicinò, senza aspettare aprì la finestra. Facendo così entrare una piccola cosa nera. “Un pipistrello!” strillò il prefetto. Correndo a rintanarsi in bagno. Anna iniziò a rincorrerlo. Sembrava un aereoplanino di carta. Alla fine la castana si arrampicò su un letto. E con un affondo degno del lottatore Hulk Hogan bloccò l’essere svolazzante a terra. “L’avete preso?” squittì ancora agitata Hermione. “Torna qui fanciulla indifesa! Era solo un aereoplanino di carta…” la chiamò Giulia. Anna analizzò il pezzetto di carta. Su un’ala c’era scritto un nome. “Hey Giulia…guarda che è per te…” precisò porgendoglielo. La ragazza lo accettò, mentre il prefetto tornava in camera sentendosi abbastanza ridicola. “Di chi è quella cosa infernale?” sbuffò. Un largo sorriso si aprì sul viso di Giulia. “È di Severus...mi ha scritto di incontrarci al nostro solito albero…” spiegò. Hermione la guardò a bocca aperta. “Questo significa che avrete un secondo appuntamento!” esclamò. L’amica annuì timida. Anna sorrise. Poi le tre si guardarono. E scoppiarono in urla di agitazione. “Questo è il secondo…quindi, contando che il tuo compleanno è fra circa un mese…c’è spazio per almeno un altro appuntamento…” contò il prefetto. La castana ghignò. “Questo vuol dire che il fattaccio avverrà presto…” completò. Giulia arrossì. “Basta fare le oche ora! Dobbiamo renderci visibili!” ripristinò l’ordine Hermione. Le amiche concordarono. Così si dettero al bagno e ai bauli. Anna se la cavò con la solita gonna nera a balze, doppio strato di calze (sotto a rete, sopra parigine fino al ginocchio), e una felpa dal cappuccio borchiato. Già una settimana prima aveva rischiato la febbre, non voleva prendere altro freddo. Così si avvolse la sua calda sciarpa nera al collo. E appese alla catena della gonna il paraorecchie di Jack Skeletron. Hermione accettò il consiglio della castana e optò per una gonna di jeans con sotto vari strati di tulle. Era lunga un poco più su del ginocchio. Si mise un paio di calze bianche fino alla coscia e un maglione simile a quello smanicato dell’uniforme. Solo blu e con le maniche lunghe, la scollatura a V. Ai piedi gli stivali blu che ultimamente aveva iniziato ad usare molto. Giulia invece rimase a guardare il suo baule per qualche minuto. Non sapeva dove sarebbero andati e sperava che Severus non dovesse portarla in un posto elegante. Sotto mise una maglietta viola chiaro a maniche lunghe. Così si buttò su una semplice t-shirt. Era nera e davanti aveva la caricatura di un mostriciattolo sorridente che porgeva un vassoio di biscotti. Sopra e sotto a lui una scritta. “Come to the dark side, we have cookies” recitava. Riguardo le calze la ragazza decise di metterne un paio a righe viola e nere fino alla coscia. Da abbinare con la sua cara gonna a fantasia scozzese degli stessi colori delle calze. La cintura borchiata di traverso. Infine si allacciò le solite Converse. Prendendo una piccola tracolla viola con l’immancabile stella sopra. E avvolgendosi la calda sciarpa della zia Clotilde al collo. Sopra il solito cappotto. Stavolta aperto per lasciar intravedere la maglietta sotto. Quando Giulia si specchiò sorrise soddisfatta. Sembrava un incrocio fra il personaggio di un manga e una tipica punk londinese. Hermione lanciò uno sguardo alla scritta. “Non credi che sia un poco inopportuna in questo periodo?” osservò. La ragazza poggiò le mani sulle cornine del mostriciattolo per non fargli sentire le parole dell’amica. “Così gli fai venire i complessi…povero Carolingio…” commentò. Il prefetto non potè fare a meno di ridere divertita. “E poi Severus coglierà l’ironia…” aggiunse poi Giulia. Anna le raggiunse. Oramai erano tutte e tre pronte. Così uscirono dalla camera. La Sala Comune era vuota. Erano quasi le nove. E solo il rumore del fuoco interrompeva il silenzio. Dopo qualche minuto si sentirono dei rumori dalle scale. Hermione trattenne il respiro. “Respira tesoro…o ti farai venire un infarto…” ghignò Anna. Il prefetto le tirò uno spintone. Non era abituata a portare la gonna tanto spesso. A parte quella dell’uniforme. Sentiva come se avesse avuto indosso solo le calze. E si sentiva nervosa. Anche se lei si sentiva sempre così prima di stare con Ron. Le faceva battere forte il cuore. Il rosso apparve dalle scale del dormitorio maschile. Le vide subito. Rimanendo imbambolato appena concentrato lo sguardo su Hermione. Lui aveva optato per una semplice maglia rossa, un paio di jeans e le comode Converse. Il prefetto intanto era arrossito. Ron si avvicinò. Lo sguardo lasciava ad intendere le probabili intenzioni della mascella, che fra poco si sarebbe staccata. Per poco rotolare più in la per conto suo. Anna tossicchiò. Facendo sobbalzare il rosso. “S…sera ragazze!” le salutò. Giulia e la castana ricambiarono il saluto con la mano. Mentre Hermione avanzò timida. “B…bene…andiamo allora…” propose Ron. Cercando di riprendersi. Poi le offrì un braccio. “Per stasera sarò il tuo principe…” sorrise. Il prefetto si sciolse in un sorriso ed accettò. Avvolgendo il suo braccio con le sue. Giulia ed Anna si guardarono scettiche. “Paraparà, paraparà, paraparappapà…principe Cacca!” canticchiarono assieme sottovoce. Hermione, che conosceva quella tiritera, le fulminò con lo sguardo. Ron invece le guardò dubbioso. Essendo la canzoncina in italiano non aveva capito molto. Però cercò di non darlo a vedere. “Voi due non dovevate uscire?” le richiamò ancora Hermione. Le amiche guardarono l’ora a trasalirono. Salutarono veloce i due ed uscirono di corsa dalla Sala Comune. “Cosa diceva la canzoncina?” chiese curioso il rosso. La ragazza sorrise. “Nulla…nulla…andiamo mio principe?” propose. Ron non potè fare altro che annuire. Così anche loro uscirono.
Anna e Giulia corsero a perdifiato per tutti i corridoi sulla loro strada. Ridendo come matte ovvio! Si salutarono appena arrivate in giardino. Una nebbiolina si era insinuata nella notte. “Sei sicura di riuscire ad arrivare dal pipistrellone senza danni? Tu non hai gli ultrasensori del buio come lui…” ghignò la castana. L’amica tentò di darle un pugno sulla spalla, finendo per centrare il vuoto vicino a lei. “C…ce la faccio! È qui vicino!” esclamò Giulia. Anna la guardò poco convinta. “Non girate troppo per la foresta, a meno che tu non voglia incontrate Aragog…” osservò ancora l’altra. La castana rabbrividì. “Buona serata…a domani!” la salutò poi. Giulia la guardò dubbiosa. “Rimani a dormire da Draco?” le chiese. Anna scosse la testa divertita. “Io spero per te che sia tu a non tornare a dormire…” soffiò maliziosa. L’amica tentò di spintonarla ma anche stavolta la mancò. Poi Giulia si arrese e si limitò a salutarla con la mano. Per andare verso il suo albero. Due minuti dopo era già sparita fra la nebbia. Anna iniziò a trotterellare tranquilla. Le cerniere del suo Chiodo di pelle sbattevano contro la catena della gonna. Si sentiva come una bambina in un parco divertimenti. Adorava girare nel buio, aveva gli occhi talmente allenati che era in grado di vedere anche nella notte più scura. Magari avessero funzionato così bene anche durante il giorno! Così lei si sarebbe potuta sbarazzare di quegli occhiali. La ragazza arrivò al limitare della foresta, non c’era ancora nessuno. Anna iniziò a guardarsi intorno. La nebbia la stava esaltando non poco. Sembrava volesse attirarla fra i rami. I suoi occhi scuri scrutarono nell’intricato labirinto di alberi. Sembrava addirittura che la vegetazione fosse così fitta da aver conservato ancora neve sul terreno. La castana si avvicinò curiosa. La nebbia sembrava provenire da li. E mano a mano che ci si addentrava nella foresta, essa diveniva più fitta. Anna tese una mano. Le sembrava quasi che la foresta la stringesse e la tirasse a se. The Moon, she hangs like a cruel portrait soft winds whisper the bidding of trees as this tragedy starts with a shattered glass heart and the Midnightmare trampling of dreams…. La ragazza si voltò verso la luna. Non era seppellita sotto la coltre di nebbia. Era l’unica cosa che si vedeva nettamente chiara. Piano Anna abbassò lo sguardo. A pochi metri da lei era apparsa una figura. La castana ghignò in sfida e la figura si mosse. Veloce, come fosse un cacciatore con la sua preda. Svelta spinse Anna contro un albero, inchiodandole i polsi fini contro il legno freddo. Eppure lei mantenne la sua espressione fiera. …but on, no tears please fear and pain may accompany Death but it is desire that shepherds it's certainty as we shall see....  “Non va bene che tu sia così tanto a portata di violenza Anna…” sogghignò Draco. La ragazza lo guardò scettica. “Io non sono mai a portata di violenza…” sibilò quasi offesa. Il biondo strinse la presa sui polsi. “Non mi sembra che la tua tesi valga molto…” la corresse. Anna scosse la testa divertita. Le sue labbra si incresparono in un sorriso maligno e si leccò le labbra. “Non giocare con il fuoco Draco…” sussurrò. Draco ghignò. “Tu non sei di certo il fuoco…direi piuttosto della calma, semplice acqua…” la sminuì. “Nessuno ti ha mai detto che nell’acqua si può affogare?” soffiò la castana. Poi senza preavviso si staccò dal tronco con il busto e chinò la testa in avanti, mordendo così il collo del biondo. Che la lasciò andare subito. She was divinity's creature that kissed in cold mirrors, a Queen of Snows. Anna ghignò e si leccò ancora le labbra. Mostrando alla luce della luna i denti bianchissimi. Draco si massaggiò il collo. “Tu sei una vampira mancata!” commentò divertito. La castana trotterellò di qualche passo nella foresta. “Mancata? E perché? Io sono una vampira! Io vivo di notte e mi nutro del sangue di giovani fanciulli indifesi…” esclamò quasi ovvia. Il biondo la seguì, immergendosi nella nebbia. “Quindi io sarei la tua vittima?” ipotizzò. Anna saltellò su un tronco monco. E gli fece segno di avanzare con un dito. L’unghia laccata di nero puntata verso di lui. Draco si avvicinò come manovrato da lei. Far beyond compare lips attuned to symmetry sought her everywhere dark liquored eyes, an Arabian nightmare. La castana sorrise soddisfatta. Il biondo le si fermò davanti. Anna si chinò. “Sei il mio schiavo?” ghignò. Draco alzò lo sguardo. Gli occhi freddi come il ghiaccio. “Solo se mi farai diventare come te…” rispose in un soffio. La castana ebbe un brivido lungo la schiena. Il biondo se ne accorse e ne approfittò. Spinse la ragazza, che atterrò su un manto di foglie dietro di lei. She shone on watercolours of my pond life as pearl until those who couldn't have her cut her free of this world. Draco fece il giro del tronco fino ad arrivare ad Anna, che aveva chiuso gli occhi. Sembrava davvero una vampira. Le mani incrociate al petto, la pelle chiara come i raggi della luna. Le labbra tinte del nero più scuro. Anche quando l’aveva vista sul limitare della foresta aveva pensato la stessa cosa. Sembrava uno spettro in mezzo alla nebbia. Una bella e dannata visione. That fateful Eve when...the trees stank of sunset and camphor their lanterns chased phantoms and threw an inquisitive glance, like the shadows they cast on my love picking rue by the light of the moon. Anna aprì di scatto gli occhi, sollevandosi a sedere. Seguendo lo sguardo del biondo con le iridi castane. “Peccato che i primini non possano venire fin qui…gli avresti fatto prendere un colpo…” commentò Draco. Tornando al tronco monco e sedendovisi sopra. La castana sorrise. “Nemmeno noi potremmo…tu soprattutto, mio caro Schiopodo minorenne…” lo prese in giro, dandogli un leggero calcio alla gamba. Il biondo glielo ritornò. “Sarò anche minorenne, però sono giovane…al contrario di te, Mandragola rinsecchita…” commentò maligno. Anna lo guardò scettica. Allentò la sciarpa e fece intravedere la scollatura della felpa. Draco cercò di sbirciare. E la castana rise. “Chi sarebbe rinsecchita?” soffiò. Putting reason to flight or to death as their way they crept through woods mesmerized by the taffeta leys of her hips that held sway over all they surveyed save a mist on the rise (A deadly blessing to hide). Poi Anna si alzò. Il biondo fece lo stesso. Stava per prenderla per un braccio ma un verso straziante si propagò per tutta la foresta. Veniva dal folto degli alberi. Her ghost in the fog. “Che cos’era?” sussurrò la castana. Draco alzò le spalle e le si avvicinò. Il grido si sentì ancora. Stavolta molto più vicino. I due si guardarono. Erano curiosi. Dopo qualche minuto le foglie nel cespuglio accanto a loro si mossero. Anna indietreggiò d’istinto. Ancora un verso. Stavolta però era vicinissimo a loro, se non proprio nel loro punto. Draco si guardò in giro perplesso. La castana invece abbassò lo sguardo, notando così un salsicciotto verde. Era delle dimensioni di un peluche. Sembrava perfino morbido. Subito tirò la manica al biondo. “Che roba è?!” sbottò quest’ultimo. Anna si chinò di poco. Fu allora che due occhioni spuntarono dalla sommità dell’essere: erano grandi, con una piccola pupilla nera nel mezzo. “Sembra un bruco troppo cresciuto…” ghignò Draco. Sulla faccia dell’esserino comparì una linea che poi si aprì. Rivelandosi la sua bocca. Iniziò così un altro di quegli urli disumani. I due si coprirono le orecchie. “Non insultarlo! Non si vedono ma probabilmente ha le orecchie!” lo rimproverò Anna. Poi si inginocchiò davanti a lui. “Non starlo a sentire…è solo geloso perché lui non ha questo bel colorito verde…” cercò di convincerlo. Il bruco smise di urlare, increspando la bocca in un enorme e inquietante sorriso. “Visto?” esclamò trionfante la castana. Draco si avvicinò divertito. Ora la ragazza assomigliava vagamente a Giulia. Anna allungò una mano ed accarezzò il bruco sulla testa. “Mi pare di averlo già visto da qualche parte…” osservò il biondo. “Se tu avessi ascoltato una sola parola di quello che ci ha spiegato Hagrid a Cura delle Creature sapresti che questo è un Bruco Urlatore...” esordì ancora la castana. Draco sorrise. Ed ecco una vaga comparsa di Hermione. Anna era proprio l’emblema delle sue amiche. L’animaletto iniziò a produrre uno strano suono. Simile alle fusa di un gatto. “Non ti ci affezionare troppo,non possiamo portarlo con noi…” precisò il biondo. La castana annuì, quasi dispiaciuta. Il bruco iniziò a strabuzzare gli occhi. Anna lo guardò divertita. Era buffo! Prese un ramo da li vicino e glielo sventolò davanti. “Hai fame piccolino?” gli chiese. Gli occhioni dell’animaletto si illuminarono alla vista dello spuntino. Senza aspettare nemmeno un secondo si avventò sul ramo divorandolo tutto. La castana rimase a bocca aperta. La mano ancora a mezz’aria. “Credo che avesse fame…” annuì Draco. Il bruco si guardò intorno. E vide la mano di Anna. Gli occhi gli si illuminarono come quando aveva visto le foglie. Poi mosse l’estremità del suo corpicino, preparandosi a fare un balzo. La ragazza se ne accorse e nel contempo si alzò. Togliendo la sua mano al menù del bruco. “Ma anche no!” sbuffò Anna. La creaturina però non si arrendeva. Si avvicinò e aprì la bocca, mordendo solo che la punta di un suo anfibio. La castana lo guardò scettica. “Fantastico…io lo nutro, e lui vuole avermi come pasto!” commentò acida. Draco si chinò per togliere il bruco ma questo si staccò da solo. Per poi saltare verso il biondo. Questo prontamente si spostò. “Forse ti è sfuggito un piccolo particolare signorina Haliwell…i Bruchi Urlatori si nutrono di foglie ma preferiscono le prede un po’ più…vive…attirandole facendo finta di essere una creaturina indifesa…” esordì fiero. Anna sbuffò. Prese qualche ramo da un cespuglio li vicino e li lanciò più il la. Il bruco si voltò e strisciò via, credendo di dover rincorrere una preda. “Mangiata da un bruco…questa si che è la fine degna che vorrei!” ironizzò ancora la castana. Draco rise. “Che dici tesoro, andiamo a cercare altri animali da cui farci sbranare?” propose. Mettendole un braccio sulle spalle. Anna scosse la testa divertita. “Certo amore…è il mio appuntamento romantico per eccellenza…” rispose. Così i due si addentrarono ancora di qualche passo nella fitta foresta. Venendo inghiottiti da quella nebbiolina magica.
Intanto, in un posto più sicuro, un’altra coppia camminava. Hermione stava alla destra di Ron, che dal canto suo avanzava rigido come una trave di legno. Gli occhi gli cadevano immancabilmente sul sedere della ragazza. Motivo per cui l’aveva fatta camminare al suo fianco e non davanti. Però non voleva cedere. Erano al loro primo vero appuntamento da fidanzati e lui non voleva far comandare i suoi ormoni. La ragazza teneva lo sguardo basso, fin troppo imbarazzato. Non era stata una buona idea quella di ascoltare i consigli di Anna. Le aveva messo ancora più agitazione. “Ehm...Mione?” la chiamò. Lei si voltò. “Si Ron?” rispose. Il ragazzo sorrise dolce e le prese una mano. “In verità non so dove stiamo andando…” confessò poco dopo. Hermione lo guardò intenerita. “Non è il posto giusto per uscire questo in effetti…solo che…cioè…potessimo smaterializzarci ad Hogsmeade quando vogliamo ti avrei portata a bere qualcosa…” cercò di scusarsi Ron. La ragazza scosse la testa sorridente, stringendogli al contempo la mano. “Potremmo anche andare nello sgabuzzino delle scope di Gazza, a me basta che ci sia tu…” precisò, estremamente rossa in viso. Il rosso si fermò d’improvviso. “So dove possiamo andare!” esclamò. Hermione lo guardò dubbiosa. Ma Ron le strinse la mano ed iniziò a correre verso le scale. Lei non potè fare altro che seguirlo. Per altri successivi due corridoi si udì il ticchettio degli stivali sul pavimento. Solo quando arrivarono in un corridoio oramai famigliare il rosso si fermò. La ragazza si guardò in giro, mentre il compare camminò ancora solo tre volte lungo il perimetro. Dopo qualche secondo una porta apparve. Ron le aprì, facendole segno di entrare. “Prego madmoiselle…” sorrise. Hermione accolse l’invito. Rivelando l’ennesima trasformazione della Stanza delle Necessità. Stavolta era diventata una piccola ma accogliente stanza: da un lato un caldo camino, al centro due divanetti, simili a quelli dell’ultima festa, e fra questi un tavolino con una bottiglia e un vassoio di dolci. La ragazza si guardò intorno meravigliata. Era la prima volta che usava la Stanza delle Necessità per suoi scopi personali. A parte le feste ovvio. Ma quelle non le organizzava lei. Ron sorrise nel vedere l’espressione dell’amata. “Però con questo silenzio finiremo per addormentarci…meglio aggiungere un po’ di buona musica!” osservò. Per poi tirare fuori dalla tasca il suo mp3. E adagiarlo in un angolo. Hermione intanto era andata a sedersi su una poltrona. Quella alla sua sinistra. Delle note iniziarono a propagarsi nella stanza. “Non sapevo conoscessi simili incantesimi…” si complimentò meravigliata la ragazza. Il rosso annuì soddisfatto e si andò a spaparanzare sull’altra poltrona. Si mise a pancia in giù. Con il mento appoggiato al poggiolo verso Hermione. Lei fece lo stesso. Ron allungò un braccio e prese un pasticcino dal tavolo, divorandolo in un sol boccone. Mentre la ragazza era concentrata sulla musica. “Da quando ascolti Michael Jackson?” gli chiese stupita. Il rosso sorrise. “Non è esattamente il mio genere…però lui è un grande…i suoi balletti non li supera nessuno!” rispose esaltato. Hermione annuì. Credeva che lui ascoltasse solo musica rock. Questo voleva dire che doveva aggiornarsi. “Ho anche provato ad imparare il moonwalk…però è difficile…” raccontò. Poi si alzò e fece apparire un cappello simile a quello del cantante. Ron se lo mise in testa in poco inclinato e si posizionò davanti ad Hermione. Per poi provare a fare i passi all’indietro. Di certo non erano perfetti, però era sulla buona strada. La ragazza si tirò su a sedere ed applaudì. “E le piroette?” chiese divertita. Il rosso la guardò scettico. Si avvicinò e le mise il cappello il testa, poi le diede un lungo bacio. “Quelle le lascio a lui…” rispose. Tornando a sdraiarsi sulla sua poltrona. Hermione si tolse il cappello e si rimise sdraiata. Stavolta con la pancia in su e la testa appoggiata sul poggiolo. Ron la imitò. Entrambi si accorsero che la canzone era cambiata. Un motivo più movimentato aveva preso posto della cara Thriller. The Way You Make Me Feel. Il rosso annuì. Come per dare ragione a Michael. Hey pretty baby with the high heels on you give me fever like I've never, ever known. “Sai Mione…è bello poter parlare di musica decente…” commentò. Hermione posò il cappello sulla pancia. “Cioè?” gli chiese dubbiosa. Ron iniziò a schioccare le dita a ritmo. “Ascolti  buona musica…e nello stesso tempo hai anche una cultura generale…” spiegò. La ragazza arrossì. “Lavanda non aveva dei gusti sufficienti?” si lasciò sfuggire, anche se la risposta la sapeva già. You're just a product of loveliness I like the groove of your walk, your talk, your dress. Il rosso sospirò. “Per nulla…roba pop trash da ragazzine, da brividi!” rispose riluttante. Hermione ghignò. “Mi dispiace se ti ho fatto soffrire Mione…sono davvero un idiota…” si scusò poi Ron. La ragazza scosse la testa. “Ora sei il mio idiota…” commentò divertita. Il rosso rise. “Era un complimento?” chiese. Anche Hermione rise. “Certo…” rispose. Ron allungò una mano sopra la sua testa. La ragazza fece lo stesso. “Non riesco a capire perché una fata come te voglia stare con un coso come me…” esordì ancora il rosso. Hermione rise. “Tu non sei un coso Ron! Sei…dolce…e mi piaci…e poi l’hai detto tu…sei il mio principe…” lo corresse. Ron sorrise e le prese la mano. I feel your fever from miles around I'll pick you up in my car and we'll paint the town. “Sei vuoi, alla prossima visita ad Hogsmeade, potrai venire con noi…però cedo ci saranno anche Mark e Draco…” lo invitò Hermione. Il rosso annuì. “Draco non è male, è simpatico...non è così spocchioso come credevo! E poi ho capito cosa intendevate tu e Giulia a Notturne Alley, a settembre…lui e Anna sono molto legati…poi Draco è molto premuroso con lei…non è giusto dare giudizi così affrettati su persone che alla fin fine non si conoscono bene…” spiegò. La ragazza sorrise compiaciuta. “Riguardo a Mark…mi ci devo abituare no? Spero che tu non gli abbia detto troppe brutte cose su di me…” aggiunse ancora Ron. Hermione scosse la testa. “Io non parlo male di te Ron…” osservò. Il rosso rise e le strinse la mano. Just kiss me baby and tell me twice that you're the one for me. Poi si alzò d’improvviso. La ragazza lo guardò dubbiosa. “Su Mione! C’è il ritornello ora!” la invitò. Tirandola per la mano. Hermione arrossì. “E non dire che non sai ballare!” la anticipò il rosso. La ragazza scosse la testa. Non poteva fare altro che arrendersi. Così si alzò. The way you make me feel (The way you make me feel). “Che cosa dovrei fare?” chiese divertita. Ron le mise ancora in testa il cappello. Per poi farle vedere ancora il moonwalk. “Non lo so fare…” disse subito Hermione. Ma il rosso la guardò scettico. La ragazza si sistemò il cappello inclinato sulla testa. E provò ad andare indietro. I tacchi non erano molto consigliati. Così ci rinunciò. Provando a fare qualche piroetta, finendo con una mano sul cappello. Stavolta fu Ron ad applaudire. “Io so quasi fare il moonwalk, tu sai quasi fare le piroette…insieme siamo quasi Jackson!” commentò. You really turn me on (You really turn me on). “Facciamo così…tu sei Michael ed io sono Janet…” propose Hermione. Il rosso si avvicinò e le prese una mano. “Però stiamo assieme…così viene fuori quello che è chiamato incesto!” osservò. La ragazza rise. Ron iniziò a farla ballare. La fece piroettare. Condotta dalla sua mano. Saltare. Scatenare. You knock me off of my feet (You knock me off of my feet). Hermione si sentiva leggera. Senza pensieri. Era così che stava quando era in compagnia di Ron. Già da prima che si mettessero assieme. Lui aveva il potere di farle dimenticare tutto. Era quasi come una droga. “Sai Ron…è come se tu fossi la mia dipendenza…” precisò. Il rosso la guardò divertito. “Se inizi a citarmi Twilight mi metto a dar testate al muro…” rimbeccò. La ragazza lo guardò dubbiosa. “Ginny ha letto tutta la serie…è andata avanti a rompere per tutte le vacanze di Natale…” spiegò lui. Hermione annuì. Per poi fare un’ultima piroetta. Finendo in pieno fra le braccia di Ron. Che la piegò in un caschè. “Mione…io…ti amo…” le sussurrò. La ragazza arrossì. Non aveva minimamente pensato che potesse succedere così presto. Eppure le parole fluirono prima di dare una coerenza logica al tutto. “A…anche io Ron…” rispose. Poi si unirono in un lungo bacio. Godendosi finalmente la felicità meritata. My lonely days are gone (My lonely days are gone).
Nello stesso tempo una ragazza si era introdotta nella nebbia. Giulia cercava di avanzare appoggiandosi agli alberi. Era quasi convinta di essersi persa quando vide una figura stagliarsi poco più in la. “Professore?” lo chiamò. La figura si voltò, così la ragazza lo raggiunse. “Dovevo immaginarlo che anche stasera la sua bacchetta sarebbe stata in vacanza…” osservò Piton. Giulia arrossì. “Andiamo, altrimenti si farà tardi…” disse subito Severus. La ragazza prese un lembo del suo cappotto. Il professore iniziò a camminare con lei al seguito. Dopo qualche minuto furono ai confini di Hogwarts. Senza dir nulla Giulia si aggrappò ad un suo braccio. Così i due si smaterializzarono, per poi ritrovarsi nel vicolo dell’ultima volta. La ragazza cercò di riprendersi dal viaggio. Non era ancora abituata. Severus si sistemò il cappotto, poi la guardò. Soffermandosi sulla maglietta. “Perché hai una miniatura della professoressa Umbridge sulla maglia?” commentò maligno. Giulia rise. “Non è la Umbridge! È Carolingio il mostro oscuro…” lo presentò. Piton alzò un sopracciglio.  “Sei fortunata…se fossimo ad Hogsmeade probabilmente avresti fatto rabbrividire tutti i passanti…” osservò ancora lui. La ragazza scosse la testa. “Herm ha detto la stessa cosa…” sorrise. Severus ricambiò il sorriso. Giulia corse fuori dal vicolo curiosa. Aveva sentito più movimento dell’ultima volta per la strada. E così era: davanti a lei il doppio della gente camminava ai lati. Al centro, dispersi qua e la, c’erano degli strani personaggi. Alcuni più alti su dei trampoli. Altri saltellanti su delle molle. “Severus guarda! I saltimbanchi!” esclamò meravigliata. Piton la raggiunse. In verità non sapeva che ci fosse una simile manifestazione. Lui aveva optato per una passeggiata, magari una sosta al cinema. Però doveva ammettere che era bello vedere lo sguardo di Giulia davanti a ciò che le si presentava. Gli occhioni nocciola illuminati di curiosità. “Possiamo andare a vedere?” chiese innocente. Severus sorrise. “Certo…” acconsentì. E come fare a dire di no ad un tale entusiasmo? La ragazza arrossì e gli prese la mano. “Promettimi che non mi lascerai mai la mano…ho paura di perdermi…” sussurrò. Il professore gliela strinse divertito. “Promesso…ed ora andiamo…” rispose. Giulia trotterellò fra la folla. Si fece un po’ di spazio. Ritrovandosi davanti un singolare individuo. Era un uomo sulla trentina. I capelli neri e lunghi lasciati sciolti. Sugli occhi dell’ombretto argentato. Vestito di una maglia azzurra. E dei pantaloni dalle mille toppe colorate. All’improvviso dei tamburi iniziarono a suonare. L’uomo sorrise. “Lasciate che sia mia la voce che dà il via e spinge l'allegria, folle alla follia!” cantò. La ragazza lo guardò ammaliata. Intorno a lui dei giocolieri si muovevano festanti. “E che il più brutto sia trovato e fatto Papa, in piazza per la sua fisionomia pazza!” aggiunse. Per poi fare qualche acrobazia e finire davanti a Giulia. “Ecco qui bella straniera…” le sorrise. Facendo apparire un fiore nella sua mano e porgendoglielo. “G…grazie…” sussurrò imbarazzata la ragazza. L’uomo le fece un inchinò e tornò alla sua esibizione. Piton lo guardò un po’ scettico. “Sembra di essere finiti a Notre Dame…” esclamò meravigliata Giulia. Severus annuì. In verità quello zingaro non gli piaceva per nulla. Solo per il fatto di aver avvicinato lei. “Severus guarda! I mangiafuoco!” esordì ancora la ragazza. Indicando degli uomini più in la. Piton si lasciò condurre in quella direzione. Ora davanti a loro vi erano altri due personaggi. Tutti e due uomini, vestiti solo di un paio di pantaloni blu, sputavano del fuoco verso il cielo. Dopo qualche fiammata si spostarono. Al loro posto arrivò una gitana, che iniziò a danzare come condotta dal vento. Leggiadra, seguita dalla lunga gonna svolazzante. I capelli neri come l’inchiostro, sciolti e ricci. E nelle mani un tamburello. Iniziò a saltellare vicino agli spettatori. Prendendo di tanto in tanto una ragazza da far danzare con lei. Anche stavolta si fermò davanti a Giulia. Le porse una mano. E questa timida accettò. Finendo a ballare nel centro. Tutti battevano le mani a ritmo dei tamburi più in la. Piton sorrise. Stavolta toccava a lui guardare meravigliato. Giulia saltellava in perfetta sintonia con la gitana. E aveva quel suo splendido sorriso. Rideva. Il fiore che le aveva regalato lo zingaro fra i capelli. Dopo qualche giro la ragazza tornò dal professore. E la gitana la salutò. Per poi riprende il suo spettacolo. Giulia riprendeva fiato divertita. Severus scosse la testa. La vitalità della ragazza lo lasciava sempre stupefatto. Nel frattempo anche la zingara si era spostata, lasciando spazio ai clown. “Avevi in mente un posto particolare dove andare?” chiese d’improvviso Giulia. Riprendendogli la mano. Le guance di Piton si arrossarono. “No…pensavo di tornare al centro commerciale, ma se preferisci possiamo anche rimanere qui e fare una passeggiata per la strada…” propose lui. La ragazza si guardò in giro pensierosa. “Possiamo andare a dare un’occhiata anche là, abbiamo tutta la notte!” commentò. Severus annuì. “Mezzanotte per la precisione…” la corresse. Giulia sbuffò. Poi però tornò a sfoggiare il suo sorriso. Così i due proseguirono. Fermandosi ogni tanto a vedere i saltimbanchi per strada. Poco dopo arrivarono al centro commerciale. Nonostante l’enorme folla fuori, anche li era abbastanza affollato. La coppia prese la scale mobili per andare al secondo piano. Dove c’era un misto fra ristoranti, negozi e la sala giochi. Stavano passando davanti al McDonald di turno, quando Giulia venne attirata da un profumo invitante. “Lo senti anche tu Severus?” gli chiese. Il professore si guardò in giro. Accanto al fast food, c’erano dei tavoli con una lanterna rossa. Poco più in la un lungo bancone. Con una piastra e dei cuochi abbastanza indaffarati. “È un ristorante giapponese…” precisò Piton. La ragazza vide l’enorme insegna che lo confermava. “Hai mai mangiato giapponese?” chiese ancora. Severus scosse la testa. Non amava molto variare il suo menù. “Ti ricordo che abbiamo già cenato…” precisò. Speranzoso di scappare da una seconda cena. Giulia guardò triste un tavolo poco più il la. Piton sospirò e la spinse verso quest’ultimo. Lei lo guardò sorpresa. “D’altronde, c’è sempre una prima volta per tutto…” spiegò lui spiccio. La ragazza sorrise e lo condusse al tavolo. Appena seduti una cameriera portò i menù. “Tu hai mai mangiato giapponese Giulia?” le chiese stavolta Severus. Giulia annuì. “Anna va pazza per il cibo giapponese…questa estate ha trascinato me ed Hermione in giro per la città a caccia di menù orientali, solo che dopo dovevamo rotolare per tornare a casa…le porzioni sono enormi! Senza parlare degli All You Can Eat!” raccontò. Piton dette una letta veloce al menù. Sotto il nome della pietanza c’era anche la lista di ingredienti. “Io non ho molta fame a dire il vero…” confessò il professore. “Nemmeno io…che ne dici di dividere un piatto?” propose la ragazza. “Mi sembra un’ottima idea…” concordò Severus. “Però dobbiamo scegliere qualcosa che piaccia a tutte e due…altrimenti non vale…” precisò ancora Giulia. Piton sorrise divertito. In effetti non sapeva molto dei gusti della ragazza in quanto a cibo. “Che cosa non ti piace?” provò a chiedere. “Dunque…sia la frutta che la verdura se posso le evito, anche se la verdura è quella che non sopporto proprio…la carne invece mi piace abbastanza…” elencò lei. Severus annuì. Come per appuntarselo nella mente. “E a te Severus?” gli chiese Giulia. Il professore alzò le spalle. “Mangio un po’ di tutto…anche se anche io preferisco la carne, soprattutto ben cotta…a dire il vero non ho una particolare passione per il pesce…” spiegò. La ragazza annuì. Considerando che avrebbe dovuto cucinare per lui, queste informazioni le sarebbero tornate utili. “Anche io non vado d’accordo con il pesce…mia madre è riuscita a farmi mangiare solo quegli anellini fritti con uno strato di pastella sopra…credo sia calamaro…” osservò poi. Piton sorrise. Era sollevato di non dover mangiare pesce quella sera. E poi aveva appena scoperto di avere dei gusti alimentari affini con Giulia. “Severus, che ne dici di ordinare un piatto di noodle Yakisoba?” propose lei. Il professore guardò gli ingredienti sul menù. “Spaghetti di soia saltati, non sembrano male…” confessò. “Perfetto! Ora basta decidere cosa ci vogliamo dentro…il pesce a questo punto lo scarterei…” esordì ancora la ragazza. “Anche le verdure aggiungerei…non voglio farti mangiare cose che non gradisci, anche se farebbero bene…” precisò Severus. Giulia sorrise intenerita. “Manzo e funghi?” dedusse infine. Piton annuì. “Salsa dolce però…vorrei riportarti viva a scuola…” ghignò. La ragazza sbuffò. La cameriera arrivò subito a prendere l’ordinazione. “Dunque…un piatto di noodle Yakisoba con manzo e funghi, salsa dolce grazie…” elencò Piton. La donna appuntò sul suo blocchetto. “E da bere?” chiese. “Una coca cola!” esclamò Giulia. “Del sakè…” rispose tranquillo Severus. La ragazza lo guardò stupita. Mentre la cameriera se ne andò. “Come mai quella faccia? Non sono lo sprovveduto che credi, sai Giulia?” la prese in giro il professore. Lei arrossì. Le prime che arrivarono furono le bevande. E dopo un’attesa di venti minuti arrivò anche il cibo. I due però non si accorsero nemmeno del tempo. Avevano iniziato a parlare dei loro gusti. Giulia scoprì tante cose su Severus che nemmeno si immaginava. “Che cosa ti ha fatto il budino per essere odiato così?” gli chiese, finta triste. Il professore rise. Subito arrivò l’ordinazione. La cameriera poggiò un piatto di fumanti spaghetti, con sopra pezzi di manzo e funghi, al centro del tavolo. Poi porse ad entrambi due bustine di carta. Per poi tornare al bancone. Giulia aprì la busta più piccola. Quella delle bacchette. Severus la guardò scettico. “Non intendo mangiare con un pericolo pubblico…” osservò. La ragazza le separò e se le sistemò fra le dita. “Le so usare! Me l’ha insegnato Anna!” rimbeccò offesa. Piton alzò un sopracciglio. “Siamo messi bene allora…nelle mani della signorina Haliwell…” esordì. Giulia scosse la testa divertita. Poi iniziò a mischiare gli ingredienti. “Avanti Severus! Prova anche tu!” cercò di convincerlo. Il professore guardò la bustina più piccola incerto. “È più divertente così!” lo invitò. Piton sbuffò arreso. Aprì il sacchetto e ne tirò fuori le bacchette. Le spezzò con un colpo secco e cercò di imitare il modo in cui le aveva messe la ragazza. “L’indice va più su…altrimenti scivolano…” lo corresse lei. Allungando una mano per sistemargli le dita. Severus cercò di non far notare il rossore sulle guance. Era sempre la stessa storia! Il tocco di Giulia lo emozionava come fosse stata ogni volta la prima. “Allora…buon appetito…” augurò. Per poi fiondarsi sulla cena. Il professore la guardò qualche minuto. La ragazza era riuscita a prendere degli spaghetti, qualche pezzo di manzo e un fungo. Li aveva mangiati in un boccone. Solo che aveva tirato troppo forte ed uno spaghetto l’aveva colpita sul naso. Giulia sobbalzò, strabuzzando gli occhi. Severus rise. Era talmente buffa! “Cosa c’è? Mi sono sporcata?” chiese imbarazzata. Un timido rossore sulle guance. Piton annuì. La ragazza cercò di pulirsi con un tovagliolino ma non ci riuscì. Così il professore prese un altro tovagliolo e la aiutò. Pulendola veloce. “Ecco fatto…vuoi che chieda al cameriere un bavaglino?” la prese in giro. Giulia lo guardò alzando un sopracciglio. Era palese che stesse cercando di imitarlo. Severus scosse la testa divertito. Poi iniziò a mangiare anche lui. Non fu così difficile come pensava. Ed in più lo Yakisoba era veramente buono. Con il sakè poi. La ragazza gustava il pasto felice. Anche se quello era il secondo appuntamento era incredula. Il suo cuore stava battendo forte. E si stava divertendo. Così tranquillamente consumarono la loro seconda cena. Finito, pagarono e tornarono fra la folla del centro commerciale. Giulia venne subito attirata dalle lucette della sala giochi. “Giulia, sei peggio di una falena…” osservò divertito Severus. La ragazza si mise le mani dietro la schiena a mo di ali. “Bzz!” esclamò. Il ciuffo ribelle fra gli occhi ondeggiò. Ridendo, Piton entrò nella chiassosa sala giochi con lei. Giulia prese qualche gettone e si fiondò su un finto sedile da auto da corsa. “È un gioco troppo serio…ti supereranno in meno di un minuto…” ipotizzò maligno il professore. La ragazza gli fece la linguaccia e mise il gettone. Dopo aver selezionato il tipo di macchina la corsa partì. All’inizio Giulia era in testa, poi però una macchina blu la sorpassò. Facendola finire contro un guardrail. Severus tossicchiò soddisfatto. La ragazza cercò di tornare in testa ma, come previsto, arrivò ultima. Appena la partita finì si sentì delle urla di vittoria dal sedile accanto a lei. Giulia si voltò. Rimanendo di stucco vedendo il proprietario della macchina blu che l’aveva mandata fuori strada. Era un bambino di massimo sette anni. Batteva le mani felice, mentre il padre vicino lo adulava. La ragazza si alzò sconsolata. “Non sei fatta per le macchine…questo l’abbiamo capito…” evidenziò Piton. Giulia sospirò. Poi vide un altro videogioco. Stavolta era una normale postazione con un joystick. Ed era un’altra corsa. “Arrenditi Giulia…le corse non fanno per te…” cercò di dissuaderla il professore. Ma lei inserì un gettone. Delle macchine colorate con accanto degli svariati animali apparvero sullo schermo. “Guarda Sev! Le corse con gli animali!” si lasciò sfuggire. Piton alzò un sopracciglio all’udire del soprannome. Ma non disse nulla. Mentre la ragazza sceglieva una macchina verde. Pilotata da un goffo dinosauro viola. La corsa iniziò e Giulia finì in sesta posizione. Però recuperò subito. Al terzo giro, arrivò prima al traguardo. “Vorrei farti notare che questo non è un gioco serio…” la sminuì. “Non è vero! È stato difficile!” rimbeccò finta offesa la ragazza. Il bambino di prima passò vicino alla postazione con il padre. “Vuoi fare questo?” gli chiese quest’ultimo. Ma il bimbo rifiutò. “Papà è per bambini quello! Ci vince anche una scimmia!” sbottò. Guardando con superiorità la povera Giulia. Severus trattenne una risata. La ragazza gli passò un gettone. Il professore la guardò dubbioso. “Vediamo se è così facile!” lo sfidò. Piton guardò scettico il videogioco. Poi però si decise e prese posto alla postazione li vicino. Giulia scelse il dinosauro di prima. Mentre Severus optò per un toro marrone dalla macchina nera. La gara partì. Al primo giro il professore era in testa. Ma al secondo giro Giulia lo superò, vincendo così anche questa gara. “Non ti montare la testa ragazzina, ti ho fatto vincere…” esordì ancora fiero Severus. La ragazza lo guardò scettico. Poi frugò nella tasca della gonna. C’era un solo gettone. Stavolta fu Piton a venir attirato da un suono martellante. Si voltò e vide che proveniva da un altro gioco. C’erano due pedane attaccate e su queste delle frecce. Sullo schermo, più grande di quello degli altri giochi, apparivano delle frecce uguali a quelle delle pedane. C’era anche della gente radunata li intorno. A quanto pare una ragazza stava dando il meglio di se. Aveva appena sconfitto una sua coetanea, che se ne andava a testa bassa. “Perché non provi quello?” propose Piton. Giulia si voltò e guardò il gioco. Poi lanciò una breve occhiata alla ragazza. Era bionda e aveva un cappello bianco e morbido con una faccina e due orecchie penzolanti. Indossava un vestito giallo e sotto dei leggins blu. Ai piedi un paio di Converse gialle. Giulia sorrise e si avvicinò. La ragazza aveva preso a parlare con quelli che sembravano suoi amici a lato della pedana. Quando Giulia salì sull’altra lei voltò lo sguardo. Quest’ultima si tolse giubbotto e sciarpa e li porse a Severus. Messo vicino a lei. Poi mise il gettone. Essendo la vincitrice, l’altra potè scegliere una canzone. “Caramell Dansen?” propose. Giulia annuì sorridente. Subito dopo che la rivale aveva premuto il pulsante, la musica partì. Era una canzoncina allegra. Cantata da una vocetta. Le due seguirono fin da subito le frecce. Piton le guardava divertito. Era incredibile cose si inventassero i babbani per passare il tempo. Entrambe le ragazze erano sincronizzate con lo schermo. Arrivate al ritornello tutte e due si posizionarono le mani sulla testa ed iniziarono a muoverle di qua e di la. Come fossero orecchie. Ed intanto facevano i passi. Quando poco dopo la musica finì, entrambe avevano il fiatone. Il gioco decretò l’assoluta parità. Un uomo si avvicinò alle concorrenti. “Sei la prima che riesce ad arrivare al suo punteggio sai?” sorrise a Giulia. Questa arrossì. “Potete scegliere entrambe un simpatico premio…” precisò poi. L’altra ragazza scosse la testa. “Mi accontento di Mokona…grazie…” disse, indicando il cappello. L’uomo annuì e mise davanti agli occhi di Giulia tre premi. Uno era lo stesso cappello della rivale, solo nero. Il secondo era un paio di orecchie da gatto di peluche. Ed il terzo un cappello nero con delle orecchie da gatto morbide e all’interno rosa. Giulia scelse quest’ultimo. Se lo mise e trotterellò da Piton. “Hai visto che bello Severus? Come mi sta?” esclamò felice. Il professore scosse la testa divertito. La bionda le si avvicinò. “Ciao, io sono Amber…è stato un piacere ballare con te!” si complimentò. “Io sono Giulia…comunque grazie a te!” le rispose cortese l’altra. Poi la bionda si diresse ad un altro gioco. “Che ne dici di tornare in strada? Sono le undici e mezza…abbiamo tempo ancora per una passeggiata…” propose Severus. Giulia annuì. E sorridente gli prese una mano. Oramai era diventato un gesto abituale per lei. Piton si fece condurre fuori da quel caos ben volentieri. Anche se in effetti si era divertito. E poi doveva ammettere che quel cappello rendeva la sua Giulia ancora più carina. Le dava un’aria dolce. Appena usciti in strada un venditore di palloncini passò davanti alla coppia. La ragazza spalancò la bocca davanti ad un palloncino viola. Severus decise di concludere la serata e di comprarglielo. Oramai tanto valeva. Giulia se lo legò al polso e riprese a trotterellare allegra. I due stavano passeggiando quando qualcosa andò addosso alla ragazza. Questa abbassò lo sguardo e si trovò ai piedi una bambina. Era mora, con i capelli legati in due codini bassi. Gli occhioni azzurri spalancati che si guardavano intorno. “Tutto bene piccola?” le chiese Giulia. Poi l’aiutò a tirarsi su. La bambina la guardò ed iniziò a piangere. “Non mi sembra che si sia fatta male…” osservò Severus. La ragazza si inginocchiò davanti a lei. “Come mai piangi?” le chiese. Questa si strofinò gli occhi con le mani e tirò su con il naso. “Non…trovo…mamma…e papà…” singhiozzò. Giulia alzò la testa verso il professore. “Capisco…in questo caos deve aver perso i genitori…” commentò. Piton si guardò in giro. C’era davvero troppa gente. Era impossibile trovarli! E la bambina aveva ricominciato a piangere. “Hey piccolina…come ti chiami?” le chiese ancora la ragazza. Il professore la guardava intenerito. La piccola tirò ancora su con il naso. “Allyson…” rispose lei in un singhiozzo. Giulia sorrise. “Io sono Giulia…e senti Allyson…se io ti regalo questo palloncino, prometti che smetti di piangere?” propose. La bambina alzò lo sguardo al palloncino viola. Poi annuì. La ragazza lo sciolse dal suo polso e lo legò a quello della bimba. Che, come promesso, si calmò un po’. “I suoi genitori dovrebbero essere qui nei dintorni…la staranno cercando…” osservò ancora. Piton annuì. Giulia si guardò intorno. “Meglio spostarci più in la, qui intralciamo i passanti…” commentò il professore. La ragazza annuì e prese in braccio la bambina. Si spostarono sul marciapiede li vicino. “Come facciamo a trovare i suoi genitori?” chiese preoccupata Giulia. Scrutando nella folla. Severus sospirò dubbioso. “Sarebbe di certo più semplice usando con tu-sai-cosa…però siamo accerchiati dai babbani e tu sei minorenne…” ragionò. La bambina intanto stava tornando irrequieta. La ragazza la cullò un po’ per tranquillizzarla. Dopo dieci minuti però la situazione non era cambiata. E Allyson reclamava i suoi genitori. Giulia l’aveva poggiata e le faceva carezze sulla testa. Piton doveva ammettere che era una bella visione. Era come aver fatto un lungo passo nel futuro. “Mamma…” singhiozzò ancora la bimba. La ragazza sospirò affranta. Le spezzava il cuore vedere una creaturina così persa. Era il suo carattere dopotutto. Però non poteva far nulla. Dei saltimbanchi poco più il la attirarono la sua attenzione. Così sobbalzò. Le si inginocchiò davanti. “I'm nothing special, in fact I'm a bit of a bore…” iniziò a cantare Giulia. Allyson smise di piangere. Mentre Severus la guardava un poco stranito. “If I tell a joke, you’ve probably heard it before…” continuò. Poi si alzò e trotterellò un poco più in la. “But I have a talent, a wonderful thing cause everyone listens when I start to sing!” esclamò. E Severus capì. Si avvicinò alla bambina per evitare di perderla di vista. Anche se lei era incantata a guardare Giulia. “I'm so grateful and proud, all I want is to sing it out loud!” proseguì. Creandosi un piccolo spazio fra la folla. Poi fece una piroetta. “So I say thank you for the music, the songs I’m singing thanks for all the joy they’re bringing!” sorrise la ragazza. Qualcuno intorno a lei si fermò incuriosito. “Who can live without it, I ask in all honesty, what would life be? Without a song or a dance what are we?” osservò Giulia. Severus si guardò in giro. “So I say thank you for the music, for giving it to me!” esordì la ragazza. I passanti iniziavano a fermarsi curiosi. Piton sorrise. La ragazza sperava di attirare l’attenzione dei genitori della bambina. “Mother says I was a dancer before I could walk…” proseguì Giulia. Andando dalla bimba e porgendola una mano. Questa gliela strinse e lei le fece fare una piroetta. “She says I began to sing long before I could talk and I’ve often wondered, how did it all start?” continuò. Facendole una carezza sulla testa. Allyson fece un piccolo sorriso. “Who found out that nothing can capture a heart like a melody can? Well, whoever it was, I’m a fan!” esclamò ancora Giulia. Trotterellando intorno a Severus. Per poi tornare davanti alla folla che si era radunata. “So I say thank you for the music, the songs I’m singing, thanks for all the joy they’re bringing!” sorrise. Alzando le braccia al cielo. Piton la guardava incantato. Chi mai si sarebbe messo a tirare così tanta attenzione per una bambina che nemmeno conosceva? Lui sapeva che la maggior parte della gente li presente l’avrebbe portata dal poliziotto più vicino. Ma lei no. Giulia voleva vedere la bimba tornare fra le braccia dei genitori. “Who can live without it, I ask in all honesty what would life be? Without a song or a dance what are we?” ripetè. Alcuni passanti battevano le mani. Come per crearle un ritmo su cui cantare. “So I say thank you for the music, for giving it to me!” concluse la ragazza. Facendo un’ultima piroetta. E poi lasciando le mani al cielo. La gente intorno a lei scoppiò in un applauso. Giulia fece un piccolo inchino ed iniziò a guardarsi in giro. Ma non c’era segno dei presunti genitori. La ragazza raggiunse Severus e la bambina, che la guardava a bocca aperta. “Signorina…tu sei una fata?” le chiese stupita. Giulia arrossì e la prese in braccio. “Vorrei piccola…così potrei trovare i tuoi genitori…” le rispose. La bimba spalancò la bocca. Ed indicò dietro di lei. “Tu sei una fata allora!” esclamò. Subito delle voci li raggiunsero. “Allyson!” si sentì chiamare. La ragazza si voltò. E vide un uomo e una donna avvicinarsi. In effetti assomigliavano alla bimba. La donna andò subito da Giulia. “Che paura…è da mezzora che le stiamo cercando!” sospirò sollevata. La ragazza mise la bambina fra le braccia della madre. “Grazie mille per averla tenuta con voi…” li ringraziò il padre. “Di nulla…dovere…” rispose cortese Severus. Allyson scalpitava in braccio alla donna. “Mamma! Lei è una fata!” esclamò indicando la ragazza. “Abbiamo visto che si era radunata della folla…eri tu che cantavi?” le chiese il padre. Giulia annuì rossa in viso. “Volevo attirare la vostra attenzione…la piccola era persa e sapevo che voi eravate qui in giro preoccupatissimi…” disse solo. La donna la guardò sorpresa. “Giulia…si è fatto tardi…” precisò Piton. La ragazza annuì. “Grazie ancora…davvero…” la ringraziò la madre. Giulia sorrise. “Ciao ciao Allyson…” salutò. La bambina mosse la mano. “Ciao ciao fata…” ricambiò. Così la coppia potè avviarsi al vicolo. “Sei stata molto gentile con quella bambina…non è da tutti…” commentò Severus. La ragazza arrossì. “I…io…ho solo fatto quello che mi sembrava giusto…quando ero piccola mi sono persa anche io qualche volta…ed ho sempre dovuto trovare i miei da sola…non è bello lasciare le persone quando sono in difficoltà…” spiegò. Piton sorrise. Tipico di Giulia. Qualche minuto dopo arrivarono al vicolo. Vi si intrufolarono senza dare nell’occhio. “Severus?” lo chiamò la ragazza. Il professore si voltò. “Ci…ci sarà anche un terzo appuntamento?” chiese timida. Piton le prese piano una mano. Poi la tirò piano. Facendola finire fra le sue braccia. Giulia spalancò gli occhi. Immergendosi in quel meraviglioso profumo. Rimasero così qualche minuto. Poi Severus le prese il mento con una mano e la baciò. Non l’aveva ancora fatto quella sera. La ragazza chiuse gli occhi. Entrambi erano rossi in viso. Quando si staccarono, dovettero decretare la fine della serata. Così Giulia si aggrappò al braccio del professore. E in men che non si dica si trovarono ai confini di Hogwarts. “Allora…b…buonanotte Severus…” sussurrò piano la ragazza. Severus sorrise. “Buonanotte Giulia…” ricambiò. Per poi farle una carezza sulla testa. Lei si allontanò di poco, poi iniziò a correre verso il castello. Piton la seguì con lo sguardo. Anche in quel buio poteva vedere la luminosa figura di Giulia. “Bella, la parola bella è nata insieme a lei…” sussurrò infine il professore. Non sapeva perché un tale angelo volesse stare con lui. Però oramai aveva deciso. Non poteva fare più a meno di Giulia. Era diventata troppo importante. Lei. La sua futura moglie. E madre di sua figlia. 
  
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