We all are real if real ever was
The beginning of the end
Spingo in basso la maniglia venendo così a contatto con
l’aria autunnale che mi sferza il viso.
Oh ossigeno, finalmente.
Prendo un lungo respiro sentendo i polmoni dilatarsi per poi
stringersi, purificandomi dall’aria rarefatta che da tempo mi
opprimeva.
Le consuete riunioni di band, dal clima caldo e accogliente, sono
divenute ormai patetici ritrovi di convivenza forzata, la copia
ipocrita e mal fatta di un legame di amicizia forte ed indissolubile
che dovrebbe crearsi fra compagni di band.
Oserei dire quasi fortunatamente, che quello di stasera era
l’ultima riunione del nostro album, il colpo di grazia alla
Parata Nera che pone la parola fine ad un capitolo della mia vita che
avrebbe dovuto dare una svolta sorprendente alla mia esistenza.
Peccato sia successo il contrario.
Mi assumerei tutta la colpa, ammetterei di essere io il fautore di
questa rovina se solo non fossi schiavo del mio stupido orgoglio che
ormai mi ha plasmato.
Sbuffo appena rendendomi conto che anche stasera abbiamo fatto tardi e
la stanchezza di questa giornata grava sulle spalle mentre mi dirigo
alla macchina.
Apro lo sportello e sto per sedermi sul sedile quando una figura
sfreccia a passo veloce accanto a me, e riconosco come quella di Frank.
So di per certo che sta facendo di tutto per ignorarmi, lo vedo dalla
sua andatura scomposta e inusuale dei suoi passi sull’asfalto
e dagli scatti repentini delle sue mani che tentano di infilare le
cuffie dell’ipod negli incavi delle orecchie.
“Hei Frank”
Si volta quasi meccanicamente verso di me e vedo i suoi occhi sgranarsi
appena facendo riaffiorare per un secondo la persona di un tempo, per
poi tornare quasi immediatamente alla sua solita espressione contrita e
dura che ormai sfoggia come un default sul viso.
“Che c’è?”
“Vuoi un passaggio?” Chiedo il tono più
naturale che riesco ad ottenere.
Lo vedo tentennare appena dal modo in cui si morde appena il labbro
inferiore e dai suoi occhi che saettano nervosamente da una parte
all’altra.
“No”
Forse è per la risposta scortese o forse per quel tono duro
che ha usato e che non dovrebbe appartenergli, fatto sta che la mia
mano si stringe quasi inconsciamente allo sportello e lo sguardo si
affila digrignando i denti.
Come ha osato distruggere il mio tentativo di riappacificazione dopo
tutto lo sforzo che mi è costato?
“ E hai intenzione di fare tutto il tratto di strada fino a
casa a piedi?” Chiedo in tono apparentemente neutrale dal
quale però traspare un po’
dell’irritazione che non sono riuscito a trattenere.
“Non vedo perché questi dovrebbero essere affari
tuoi Way”
Lo schianto dello sportello che viene sbattuto si propaga
nell’aria facendolo sobbalzare mentre le mani formicolano
dalla rabbia.
La mia pazienza ha un limite.
“Senti Iero, se hai le palle girate non rifartela con me,
quindi evita di parlarmi con questo tono!”
Lo fronteggio bruciando un po’ della distanza che ci separa
mentre sento la razionalità scivolare come granelli di
sabbia dal mio corpo, sostituita dalla rabbia.
“Io non ho le palle girate!Sei tu che mi fai incazzare, solo
e solamente TU!”
La sua voce riecheggia come un urlo nell’aria, ha quel solito
timbro roco che usa quando è incazzato ma son sicuro di aver
percepito una leggera inclinazione, quasi impercettibile ma tangibile.
I suoi occhi mi fissano con odio immotivato, e ciò non fa
altro che aumentare il mio nervosismo.
“Io ti faccio incazzare?! Ti sto facendo solo un fottutissimo
favore e tu ne esci con questa cazzate, sei tu l’idiota e
l’infantile quindi piantala!!”
“Io idiota?Infantile?!Fatti un bell’esame di
coscienza Way e voglio vedere se dopo avrai ancora il coraggio di
insinuare certe stronzate!”
Le sue labbra sono tirate in una morsa di disgusto e disprezzo, quasi
schifate dallo stesso veleno che stanno sputando.
So di non aver nessun diritto per poterlo biasimare, mala mia
impellente vena di orgoglio mi spinge a farlo.
Non ho il tempo di rispondere che lo vedo girare i tacchi per poi
sparire a passo sostenuto oltre l’angolo della strada.
“Vaffanculo!”
Mi ritrovo ad urlare sfogando la mia rabbia soppressa su una povera
lattina di alluminio, che finisce fra le grate di un tombino.
Prendo un bel respiro nel tentativo di mandare un po’ di
ossigeno al cervello per poter ritrovare quel poco di
razionalità e tranquillità.
Mi appoggio stancamente alla fiancata della macchina,nascondendo il
viso stanco fra le mani, rassegnato al fatto di dover assistere a
questa consueta sceneggiata di odio e disdegno ogniqualvolta che ci
incontriamo.
Sono stanco, troppo per poter continuare ancora così.
Riapro gli occhi e mi accorgo solo ora dello sguardo penetrante e
insistente di una donna seduta sul ciglio del marciapiede.
Sula pelle si notano i pesanti segni del tempo che marchiano il suo
viso e le mani, e il corpo smilzo e gracile è fasciato in
vesti scadenti e sciupate.
Sbatto più volte le palpebre e chiedendomi come mai prima
non avessi notato la sua presenza.
“Che c’è da fissare?Vuoi dei
soldi?” Chiedo innervosito dato che i suoi occhi saggi e
indagatori sembrano non aver alcuna intenzione di lasciare la presa su
di me.
“Lo hai perso” Sussurra facendomi sgranare gli
occhi al limite dell’umano “Lo hai perso, e forse
non lo ritroverai più”
Mi ritrovo immobile ad ascoltare attonito le parole senza alcun filo
logico e incapace di pronunciare una sola sillaba.
“Ma si può sapere cosa stai blaterando?E poi
questi non mi sembrano affatto affari tuoi!”Esclamo irritato
riprendendomi dalla shock.
Lei non risponde, ma vedo le sue labbra secche e spente curvarsi in un
sorriso saccente, prima di alzarsi e avanzare con innata eleganza verso
di me.
Istintivamente arretro di qualche passo finchè la mia
schiena non trova contatto con la superficie metallica
dell’auto.
Poi i passi si arrestano, fermandosi a qualche centimetro di distanza
da me, tanto che posso quasi sentire il suo fiato sul viso.
Rimango immobile a fissare interdetto le sue labbra che si muovono
freneticamente in frasi sconnesse di cui non riesco a capire il senso.
Alla fine stufo di tutto ciò mi scanso allontanandomi
innervosito.
Ne ho davvero le palle piene per stasera.
“Beh cosa diavolo hai detto?Mi hai mandato una maledizione
per caso?” Sbotto in tono di scherno, ma le mie esclamazioni
non sembrano neanche scalfirla, infatti se ne va a passi lenti e
cadenzati dopo avermi regalato un ultimo strano sorriso.
Scuoto la testa per riprendermi dalla confusione, prima di salire in
macchina e partire velocemente diretto verso casa.
Parcheggio davanti al vialetto e mi avvio alla porta mentre i sassolini
di ghiaia scricchiolano sotto i miei piedi.
Entro in casa buttando malamente le scarpe sul pavimento, senza
preoccuparmi minimamente di dove vanno a finire, tanto non
c’è nessuna Lynd-z che può sgridarmi in
questo momento.
Mi dirigo in camera dove mi siedo stancamente sul letto sospirando per
la stanchezza che opprime tutti i miei muscoli.
Allungo una mano per aprire il cassetto del comodino alla ricerca di un
paio di calzini per poter dormire.
Frugo ancora fra i bozzi di tessuto finchè non trovo
contatto con la superficie dura di un foglio plastificato.
Corruccio le sopracciglia chiedendomi cosa diavolo si nasconde
all’interno del mio cassetto finchè non estraggo
la mano con una foto fra le dita.
Osservo le figure dei miei compagni impressi nella carta lucida, e mi
scappa un sorrisetto notando i miei capelli tinti di
quell’improponibile verde che ormai non mi caratterizza da
tempo.
Mi ricordo distintamente di questa foto, di quel clima caldo e sereno
che si rispecchia in questi volti felici.
I miei occhi si posano quasi subito sulla figura di Frank, che sembra
spiccare dalla luminosità che infonde la sua espressione e
subito un sorriso spunta dalle mie labbra.
Il suo volto candido e fanciullesco e il suo sorriso sincero come
quello di un bambino…
Tutto quello che io sono riuscito a distruggere.
Canto e mi scateno
sulle ultime note di “The Sharpest Lives”,
combattendo contro il caldo e il nervosismo che impregna
l’aria.
La figura alla mia destra di Frank mette a dura prova la mia
stabilità, proprio ora che sto cercando di non commettere
nessun passo falso, il solo pensiero degli occhi di Lynd-z che mi
fissano con disgusto mi fa attorcigliare le budella.
E lei sta assistendo al concerto, e lui lo sa.
Mi concentro perciò sul pubblico urlante e scatenato, stando
a debita distanza dalla mia tentazione, finchè
quest’ultima non si avvicina, salendo in piedi
sull’amplificatore accanto a me.
Rimango immobile mentre le sue braccia mi circondando e abbassa la
testa per arrivare all’altezza del mio viso.
Solo quando sta per baciarmi il mio cervello assimila tutto e il
respiro si mozza in gola mentre la tachicardia sale.
Poggio le mani sul petto e con forza lo spingo via facendolo cadere, ma
inaspettatamente si aggrappa alla mia giacca trascinandomi con
sé.
In preda agli istinti lo prendo per la maglia spingendolo via con
rabbia, prima che lui rovini a terra con la sua chitarra.
Che cazzo credeva di fare?!
Afferro l’asta del microfono e la lancio in una parte remota
del palco, totalmente in balia della mia mente annebbiata dalla rabbia.
Non me ne frega un cazzo degli sguardi allibiti dei miei compagni di
band puntati su di me, o di Frank che son sicuro mi starà
fissando con sguardo assassino.
Fanculo tutto.
Prendo nuovamente il microfono posizionandomi al centro del palco,
pronto per una nuova canzone.
Scendo di fretta gli scalini del palco, mentre da sfondo si
sentono ancora le urla eccitate dei fan.
Il timore e la preoccupazione sembrano comandare le mie gambe che si
muovono velocemente verso il camerino, ma so che questo è
attribuito soltanto alla paura di vedere lo sguardo truce di Frank e
sentire le sue urla.
Quasi correndo arrivo alla mia stanza ed entro dentro ignorando domande
di tecnici e compagni che non sto nemmeno a sentire.
Voglio soltanto rinchiudermi nel mio bozzolo di confusione e sfogare le
mie frustrazioni in compagnia di un pacchetto di Marlboro e una birra
fresca.
Buttò malamente la giacca sudata su una sedia, e non ho
nemmeno il tempo di sedermi che una figura che conosco anche fin troppo
bene irrompe nel mio camerino spalancando violentemente la porta.
“Gerard ma che cazzo combini, eh??!! Ti sembra una
cosa normale?Mi hai picchiato sul palco, MA CHE CAZZO TI
PRENDE?!”
La sua voce è alta, troppo, sta urlando in un modo che mai
gli ho visto fare;i capelli scomposti e sudati ricadono sopra agli
occhi scuri e lucidi e il petto si muove a ritmo del respiro pesante.
Non l’ho mai visto così.
Sento l’adrenalina entrare in circolo guidata da una rabbia
che ormai mi sormonta completamente.
“Io che cazzo faccio?!Sei te che mi sei saltato
addosso mentre stavo cantando!! Sei tu che sei
d’intralcio!”
Sbraio e mi alzo in piedi preso dalla foga della conversazione,
scaraventando la sedia a terra.
“Ah sono d’intralcio?! Non mi sembra che
quando mi strusciavo addosso a te nei concerti precedenti ti desse
tanto fastidio!Ma che c’è Way, non sono
più alla tua altezza?!”
“Sei tu che rovini lo show, che mette i bastoni fra
le ruote, sempre e solo TU!”
Vedo le sue labbra distendersi in una smorfia di disprezzo e digrigna i
denti, mentre ormai il suo viso è una maschera di odio.
“Io rovino lo show?IO ROVINO LO SHOW?! Sei tu che mi
hai scaraventato via mentre cercavo solamente di abbracciarti, tu mi
hai picchiato davanti ai tuoi fan. Perchè quelli sono i tuoi
fan Gerard!!E poi non venirmi a raccontare certe stronzate
“ti ho respinto perché intralci lo
spettacolo”, tu hai solo una paura fottuta della tua
reputazione, sei terrorizzato dalle stupide opinioni dei
media!!”
Sento il cuore perdere un battito e devo sostenermi alla parete per non
cedere, mi sento morire come se un colpo di pistola fosse affondato nel
mio petto.
Perché questa è la verità, anche se
tento in tutti i modi di nasconderla gelosamente.
Ma è solo un momento di debolezza quello che mi
coglie, e subito dopo mi riprendo, sostenuto da una rabbia che non
accenna a diminuire.
“Non so se ti è chiaro il concetto Iero:
tu non devi azzardarti a toccarmi o sfiorarmi nemmeno per sbaglio, stai
lontano da me CHIARO?!”
Solo dopo qualche secondo mi rendo conto di ciò che
è appena uscito dalle mie labbra e il tempo sembra
arrestarsi; credo di crollare quando vedo i suoi occhi sgranati e colmi
di paura e
confusione, mentre il resto del suo corpo è immobile come se
non respirasse.
E poi la vedo, una lacrima trasparente che solca il suo viso da bambino
e le braccia ricadono lungo i fianchi come privi di forze.
Non so cosa mi stia trattenendo dall’andargli incontro adesso
ed abbracciarlo, stringerlo al petto e sussurrargli che tutto
andrà bene, che rimarremmo insieme sempre e comunque.
Ma non posso farlo.
Perché è sbagliato.
Perché non è giusto.
I secondi sembrano no passare mai mentre lo fisso a bocca semiaperta e
col respiro mozzato; mi riprendo soltanto quando lo sento tirare su col
naso e la sua voce a quasi impercettibile che sussurra frasi che mi
disarmano.
“Come vuoi tu Way, ti starò lontano se
è questo che desideri”Mi volta le spalle e se ne
va, lasciandomi solo nel camerino.
E lo schianto della porta è il rintocco che segna
l’inizio della mia fine.
Mi riscuoto dai ricordi che
bastardi, riaffiorano alla mente senza alcun permesso.
Non ho voglia di rimettermi a crogiolarmi nella mia distruzione anche
stasera,
Ripongo la foto nel cassetto con uno scatto nervoso, ormai quel clima
di serenità rimarrà soltanto un pallido ricordo
impresso nella carta.
Mi alzo sospirando, diretto in cucina per un bicchiere
d’acqua che serva a tranquillizzarmi.
Apro il frigorifero ma qualcos’altro al posto
dell’acqua attira la mia attenzione.
Afferro la bottiglia verde con un ghigno e mi dirigo nuovamente in
camera da letto.
Mi butto stancamente sul materasso, stappando la bottiglia di birra,
unica compagna in questa serata solitaria.
Alla salute.
*
Mi sveglio infastidito dal
suo sgradevole di quell’aggeggio infernale.
Fottuta sveglia.
Mi rigiro ancora fra le lenzuola, quando un crampo alla testa mi
sorprende facendomi lamentare dal dolore.
Fanculo la birra a digiuno che mi sono bevuto.
Mi alzo con non poca fatica dal letto, e mi dirigo ancora ad occhi
chiusi nel bagno.
Apro l’anta dell’armadietto alla ricerca di una
qualsiasi pillola di xanax che possa darmi sollievo, ma appena la mia
immagine si scontra col lo specchio sopra il lavandino sento il mio
cuore cessare di battere.
E un urlo disumano riecheggia in tutta la casa.
Salve
mie care figliuole, sono tornata con una nuova fic che, vi dico subito,
è dannatamente triste e piena di ricordi.
Come idea è un pò folle e non sò
nemmeno come mi sia venuta in mente, ma presa da un impeto di
ispirazione mi sono decisa a scriverla, ed eccomi qui.
Come capitolo è un pò ambiguo ma dal prossimo
comincerà a farsi luce su vari argomenti.
Spero che vi piaccia e un grzie in anticipo a chi leggerà o
a qualche buona anima che deciderà di recensire.
Ah quasi dimenticavo: per coloro che leggono "love is all around"
avverto che non devono preoccuparsi anche se sono in un disastroso
ritardo, ma il nuovo capitolop è Work in progress, devo solo
riorganizzare le idee xD
Un bacio a tutte ^^
Ari.