It takes me higher
Di
Breed 107
Prologo
La donna
strinse la bambina al petto, mentre le lacrime le annebbiavano la vista. La
piccola tra le sue braccia piangeva sommessamente mentre le altre due bambine,
anch'esse molto piccole, si tenevano nascoste dietro di lei tenacemente
aggrappate alle sue vesti, angosciate.
Il soldato sorrise divertito da
quell’immagine così straziante ed avanzò ancora di un passo. “Le ho già detto che non voglio ucciderla, sua grazia” l’ironia era
palese nelle sue ultime parole.
“Dov’è
mio marito? Cosa gli avete fatto?!”
“Il nostro signore gli sta
parlando adesso. Avanti, le ho già detto che non posso
ucciderla, venga con me” lei esitava, spaventata non solo dalla spada sfoderata
da quell’uomo, ma anche dai suoni che invadevano il castello, rumori di una
battaglia ancora nel pieno. “Mi è stato ordinato di portarla via, ma delle
bambine non mi è stato detto nulla, non contano nulla.
Tre inutili femmine…”
La regina sgranò gli occhi,
stringendo ancor di più la bambina più piccola a sé. “No! Ti seguirò, ma non
fare del male alle mie figlie!” lo implorò, sgranando
i begli occhi castani. L’altro sorrise glaciale e si
scostò in modo che la regina Ami potesse uscire dalla camera dove l’aveva
scovata e quando tremante lei si incamminò verso la sala del trono, la seguì,
la spada sempre sguainata come monito a non commettere sciocchezze.
Il
sovrano di Nerima, intanto, era a cospetto dell’uomo che tramando nell’ombra
per garantirsi la sua fiducia, lo aveva tradito e stava usurpandogli il regno.
Lo fissava con disgusto, mentre questi, seduto sul trono che aveva appena
conquistato e circondato da alcuni dei suoi soldati, rideva beato. “Ah Soun, a
vederlo si sarebbe detto un trono molto più comodo di
quanto sia in realtà! Lo migliorerò… proprio come farò con il resto del regno!”
“L’unica
cosa in cui riuscirai sarà di far decadere un regno
florido, Kuno. Cosa intendi fare di me e la mia famiglia?”
“Mmm,
vediamo… la soluzione più comoda sarebbe eliminarvi –
l’uomo si adagiò completamente contro lo schienale ligneo del trono – anche per
dare un bell’ammonimento a quei pochi sciocchi che ti
resteranno fedeli. Ma se l’idea non ti piace, puoi sempre darmi qualche
consiglio, sono sempre aperto ad ogni suggerimento.”
Soun
strinse le labbra, come aveva fatto a fidarsi di quell’uomo? Ora gli appariva
com’era in verità: un folle, spietato, ambizioso traditore… e pensare che lo
aveva voluto lui a corte! Con astuti raggiri e false lusinghe, quell’essere abietto si era conquistato i favori del suo
esercito e lo aveva convinto a rivoltarsi, mettendosi alla sua guida e
nominandosi signore di Nerima, uno dei regni più floridi dell’Assaar, la terra
tra i mari.
“Uccidimi
pure, ma risparmia mia moglie e le mie figlie. Lasciale
libere.”
“No, no,
non farò affatto così – l’ex consigliere scosse la
testa, poi il suo sguardo si illuminò come quello di un fanciullo – Libere hai
detto? Oh, che bella idea! Sì, davvero, Soun, mi hai
dato un’idea meravigliosa!” si alzò dal trono con
slancio ed infervorato cominciò a passeggiare avanti e dietro, sotto lo sguardo
ansioso dell’uomo che attendeva di scoprire il destino proprio e della sua
famiglia. “Vedi, ciò che più ti ha rammaricato negli ultimi tempi è stata la
mancanza di figli maschi, non è vero? Un bel bimbo da nominare tuo erede… E
convengo che questo è stato davvero un problema per un
sovrano, ma io lo risolverò! Ascolta la mia meravigliosa idea: farò di tua
moglie e di due delle tue bambine delle schiave e
l’altra bambina la crescerò qui a corte, perché un domani sposi mio figlio
Tatewaki. Non è un’idea meravigliosa?!” Kuno lo guardò
con occhi da folle e Soun comprese che l’uomo dinanzi a lui era davvero un
pazzo.
Non
parlò, temeva che se si fosse opposto, quel maledetto avrebbe
potuto uccidere le bambine o Ami. Almeno così sarebbero sopravvissute,
anche se in schiavitù. Abbassò lo sguardo, in segno di resa. Detestava il
doversi sottomettere a quell’uomo, ma il bene delle sue figlie e di sua moglie veniva su tutto, orgoglio e dignità compresi.
“Bene,
vedo che apprezzi! In effetti sono stato molto
generoso a escogitare una simile soluzione. Oh, però forse dovrei spiegarti per
bene come intendo dividervi…”
Soun lo
guardò allarmato “Dividerci?”
“Certo,
non crederai che vi lasci insieme? Sciocco.… - si lasciò sfuggire
una risatina genuinamente divertita – Spedirò ognuno di voi in un luogo
diverso, ai quattro angoli del continente o anche più lontano, chi lo sa…
Nessuno oltre me saprà la destinazione finale, nessuno di voi saprà che fine ha
fatto il resto della vostra bella famigliola. Le tue figlie cresceranno come
schiave, senza l’amore e la protezione dei loro genitori, compresa ovviamente
la piccola che resterà qui. Lei sarà anche una specie di garanzia per me: se tu
provassi solo a ripresentarti ai confini di Nerima, beh la sua vita varrebbe
meno di niente… e lo stesso per le altre: darò ordine
di ucciderle in men che non si dica. Ora apprezzi
ancor di più la mia idea, vero? E’ geniale!”
“Perché tanto odio? Ti ho accolto come un fratello in casa
mia! Ti ho dato onori, fortuna e un posto accanto a me! Perché mi odi tanto?!”
Il volto
di Kuno si indurì, il sorriso folle di poco prima
disparve per lasciar posto ad un’espressione terribile. La sua pelle
innaturalmente abbronzata parve divenire quasi cinerea ed i suoi occhi piccoli
e scuri sfavillarono di rancore. “Mi chiedi perché ti odio? Dici di avermi dato
tutto, ma non consideri ciò che mi hai tolto! Ami era
destinata a me! La tua bella moglie era destinata per nascita a me! E tu e le
tue sciocche idee romantiche me l’avete portata via…
Bene, ora non la rivoglio più, ma tutto ciò che ti appartiene sarà mio, alla
mia mercè. Sai Soun, è vero quel che dicono: la vendetta va gustata a freddo.
Per tutti questi anni ho atteso questo momento sublime,
la tua caduta!”
“Sei
pazzo…”
“Credi?
Può darsi, ma non temere, ben presto sarai sottoposto a tali e tanti orrori che
la pazzia diverrà per te l’unico modo per rifuggirvi. La tua destinazione saranno le miniere del Golath…
Mmm, sì, credo proprio che ti manderò lì. Ma prima che
tu parta, sarò costretto a privarti della lingua, mio caro. Non voglio che tu
ti metta a raccontare in giro chi sei… o meglio, chi eri.
Guardie! Portatelo nelle segrete e preparatelo per la partenza! Vedrai Soun,
dopo un paio di mesi in quelle terribili miniere, mi maledirai per la mia
generosità: preferirai la morte. La desidererai!”
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Capitolo primo
Akane
strinse i pugni e abbassò lo sguardo, per far fronte all’umiliazione che
provava; la morte sarebbe stata una via d’uscita onorevole, ma Akane non poteva
morire, non ancora.
“Stammi
vicina, piccina mia e ricorda sempre quello che ti ho detto dal primo momento:
tu sei una principessa, accada quel che accada.” Un
sussurro appena udibile si levò dal suo fianco dalla vecchia che le sorrise
fieramente, la dignità palese nei suoi piccoli occhi scuri.
La
ragazza annuì, riuscendo persino a trovare il coraggio di sorriderle “Spero
solo che stavolta non ci dividano, Obaba…”
La
vecchia annuì e fiduciosa prese le sue mani tra le proprie, più piccole e
raggrinzite, facendo tintinnare le catene che le imprigionavano i polsi “Vedrai figliola, niente ci dividerà. Sono stata la tua
nutrice ed insegnante in tutti questi ultimi anni, non lascerò che ci separino.”
“Lo so…
Obaba, sei la sola persona al mondo di cui mi fidi, l’unica.”
“Ed è giusto così. Mai fidarsi, Akane, mai! Ricorda che fu la
fiducia del re tuo padre a permettere a quell’uomo abietto di impadronirsi del
tuo regno e del vostro futuro! Non fidarti mai di nessuno, per nessun motivo!”
La
ragazza annuì, era più che convinta delle parole della vecchia Obaba e non
tanto perché non passasse giorno che lei non le ripetesse questo monito, ma
perché conosceva bene la vicende che l’avevano
condannata alla schiavitù, all’oblio, alla solitudine.
Il re
Kuno aveva mantenuto i suoi propositi, separando la famiglia nei quattro angoli
più disparati dell’Assaar, tranne per sua sorella
maggiore, la secondogenita, scelta per diventare la sposa dell’erede al trono,
Tatewaki. Più grande di lei di un solo anno, la bambina era cresciuta ignorando
la verità, convinta fin dalla tenera età di essere stata scelta tra il popolo
per diventare un giorno regina. Aveva solo due anni e mezzo il giorno che era
stata strappata dalle braccia di sua madre e probabilmente non aveva alcun
ricordo di quei momenti terribili, così come ignorava completamente di avere
ancora due sorelle e dei genitori.
Anche
Akane sarebbe stata destinata all’oblio se il destino non le avesse affiancato
la vecchia Obaba: istitutrice presso il regno dove la piccola era stata
destinata, la vecchia schiava l’aveva cresciuta come una figlia e le aveva
raccontato la verità sulle sue origini e sul triste destino della dinastia
Tendo.
I primi
anni erano stati quasi felici per la piccola Akane, destinata a fare da
compagna di giochi alla giovane principessa del regno, la quale trattava la
piccola come una sorella; provava sempre una fitta di nostalgia rammentando il
giorno in cui aveva dovuto lasciare la bambina, sua coetanea e con dolore
ricordava le sue lacrime e le ultime parole dette. “Vedrai Akane, un giorno ti
ritroverò e sarai ancora la mia compagna di giochi!”
“Lo
spero tanto, principessa Ukyo…”
Così
erano cominciati i suoi pellegrinaggi di regno in regno, da palazzo in palazzo,
dove aveva subito angherie ed umiliazioni di ogni
specie; l’unica consolazione di quella triste vita era la presenza costante di
Obaba al suo fianco ed i suoi preziosi insegnamenti. La vecchia amazzone era
un’espertissima combattente, abile quanto e più di un uomo e l’aveva addestrata
e allenata con scrupolo. “Un giorno combatterai per il tuo regno Akane, per
questo ti preparo, a questo ogni nostro sforzo deve
essere destinato. Sarai tu quella che sconfiggerà quel tiranno usurpatore” le
ripeteva quando, piegata dalla sofferenza e dal dolore fisico per quegli
allenamenti, la ragazza veniva assalita dallo
sconforto e subito quelle parole avevano il potere di accenderle il fuoco
dentro, il fuoco dell’odio e della vendetta. Il responsabile avrebbe pagato…
Non sapeva ancora come, ma credeva ad Obaba. Era
l’unica cosa in cui credeva.
Il carro
sobbalzò, facendo sbattere gli schiavi stipatevi uno contro l’altro. Erano
diretti al mercato di schiavi di Augusta, capitale del
regno omonimo, uno dei più floridi del continente. Qui, due giorni dopo, si
sarebbero recati da ogni parte dell’Assaar per acquistare schiavi sia sovrani che signori. Akane era stata venduta molte volte, l’ultima
ad un ricco signore che l’aveva destinata alla compagnia della sua viziatissima figlia, ma
quell’ultima residenza era durata pochissimo: gelosa per la bellezza della sua
schiava, di gran lunga superiore alla propria, la giovane rampolla l’aveva
prima destinata alle cucine, poi alle stalle ed infine aveva implorato il padre
perché se ne liberasse. E così ora tutto cominciava da
capo, si disse Akane, sospirando.
“Credete
che manchi ancora molto? Fuori sta albeggiando…” a quelle
parole di uno degli schiavi anziani, tutti volsero gli occhi verso il
cielo, visibile dal retro del carro, lasciato aperto.
“Non
mancherà molto, saremo lì tra un’ora circa e dopodomani saremo venduti. Sono stato altre due volte ad Augusta e stavolta spero solo
che non mi comprino per mandarmi alle miniere di Golath.
Mi piacerebbe tanto occuparmi delle cucine di qualche ricca famiglia.”
“Per
poterti rimpinzare, eh?" risero tutti a quelle parole scherzose di un
altro degli schiavi.
“Chissà
cosa ci aspetta? Io non ero mai stata venduta prima d’ora” commentò una
giovane, seduta accanto a Obaba. Il grazioso visino
era cosparso di efelidi e i lunghi capelli castani
erano raccolti in una fluente treccia.
Una
delle schiave più anziane rise amaramente “Che
sciocca! A cosa credi che sarai destinata? Sei giovane e graziosa, diventerai
il trastullo di qualche giovane nobile! E’ a quello che sono destinate le
giovani come te…” il silenzio calò nel carro e tutti
gli sguardi si posero sulle uniche due giovani, Akane e la ragazza con la
treccia che si morse le labbra.
Anche
Obaba temeva che fosse quello il destino della sua giovane protetta; era così
bella che già in passato aveva dovuto difendersi dalle avances
dei suoi padroni. Uno l’aveva quasi uccisa, frustandola a sangue; portava
ancora qualche traccia sulla schiena a ricordo di quel giorno infausto.
La
vecchia si volse verso la ragazza e sospirò; sapeva che piuttosto di farsi solo
sfiorare da un uomo, la ragazza si sarebbe fatta uccidere. Sperò che non fosse
quello il suo destino, ma erano speranze vane: era giovane, bella,
orgogliosa quel tanto da stuzzicare la voglia di conquista di qualche
viziato ricco signore…
Il sole
sbucò improvviso dietro di loro, inondando il carro di una fievole luce dorata.
Akane lo guardò, e senza quasi rendersene conto, pregò quell’astro, pregò che il suo destino non fosse già scritto.
--- --- ---
Il
principe Ranma sorrise, guardandosi in giro. Nessuno sembrava far caso a lui e ai suoi due compagni. Bene, la loro fuga procedeva per il meglio.
Avevano
lasciato il castello per recarsi a caccia, ma invece
di recarsi nelle immense tenute del re, i tre giovani avevano presto lasciato
il resto del gruppo e contravvenendo agli ordini del sovrano Genma si erano
recati in città. Al principe era vietato recarvisi, almeno fino a quando non avrebbe compiuto la maggiore età, ma il suo
carattere ribelle lo portava spesso a disubbidire agli ordini paterni. Era
curioso di osservare la città, in fondo quella era la sua città, si diceva, mentre vestito con semplici abiti si aggirava
con i suoi compagni tra i banchi affollati del mercato.
“Taro,
perché sei voluto venire qui? Ci siamo stati anche una
settimana fa…” il ragazzo, compagno di armi e amico
del principe oltre che capitano delle guardie di palazzo, sorrise a quella
domanda.
“Stamani
sono arrivati gli schiavi” spiegò, ma lo sguardo interrogativo dell’altro
indicava che non aveva ancora compreso; sospirò, scuotendo la testa. “Ryoga spiegaglielo
tu a questo sciocco…” ma lo sguardo confuso dell’altro suo compagno, oltre che
cugino del principe, era persino più sconcertato.
“Siete proprio degli idioti… Allora, domani è il compleanno
del re, no? – i due annuirono all’unisono – E il giorno del suo compleanno, gli
schiavi vengono portati al suo cospetto perché vengano
acquistati durante il banchetto in suo onore, vero?” ancora cenni d’assenso “Ora,
mi sono detto perché scegliere a scatola chiusa?” lo sguardo degli altri due
continuava a restare vacuo. Scoraggiato Taro allargò le braccia
“Ma siete davvero degli stupidi! Andiamo a dare
un’occhiata e se c’è qualcuno che ci interessa, domani potremo
prenderlo! Avete capito ora?” urlò spazientito, i grandi
occhi verdi spalancati. Quei due erano proprio irrecuperabili!
Il
principe abbassò lo sguardo a disagio “Non mi piace questa storia… Non mi piace
il pensiero che delle persone si possano comprare come
se fossero delle cose.”
“Già,
anche a me – Ryoga annuì – zia Nodoka, ce lo ripete
sempre… La prima cosa che farà Ranma una volta diventato sovrano sarà abolire
la schiavitù.”
Taro
scosse la testa “Se, se, belle parole, ma nel frattempo la schiavitù c’è,
perciò se proprio dobbiamo sottostarvi, facciamolo con
un po’ di furbizia. Magari tra questi ci sarà qualche bell’esemplare.”
Ranma fece una smorfia, carezzando la testa del suo cavallo nero “Uhm, ne
dubito. E’ difficile trovare qualche buon combattente tra gli schiavi, di
solito sono riservati all’esercito.”
Ryoga
annuì "Già, sono anni che non capita a corte uno capace di tenerci testa
nelle arti marziali…” commentò, poi lui e suo cugino sospirarono delusi: non
gli restava che allenarsi tra loro, visto che non c’era davvero nessuno
altrettanto abile.
Taro era
sempre più basito: perché aveva amici così stupidi? E
pensare che uno dei due sarebbe stato il futuro re! “Ma che cavolo dite?! Chi stava parlando di combattenti?!
Io parlavo di donne, ragazze, femmine!” lo sguardo stupito
dei due fu impagabile. Quello sciocco di Ryoga arrossì perfino: che
smidollati!
“Donne? E che ce ne facciamo delle donne? Sono deboli…”
“Tu sei senza speranze, Ranma. Che credi
di doverci fare con una donna?! Ne fai la tua amante,
no? Possibile che debba dirti tutto io? Hai 16 anni ormai,
non sei un moccioso! Uff, ma perché perdo il mio tempo con due come voi?
Andiamo, o arriveremo tardi!” Taro si avviò
trascinando il suo cavallo baio per le briglie, mentre dopo i primi istanti di
sbigottimento, i due lo seguirono, borbottando tra loro che quel ragazzo era
proprio un pervertito…
Akane si
massaggiò i polsi finalmente liberi dalle catene che aveva portato per tutto il
viaggio; il suo venditore li aveva
liberati per evitare che l’indomani si presentassero a corte con i segni ai polsi:
ciò avrebbe danneggiato la merce e
non poteva permetterselo, soprattutto perché sarebbero stati al cospetto del
sovrano.
Erano
stati sistemati in uno dei serragli appena fuori città e nonostante fossero
liberi dalle catene fuggire era impensabile, non solo per i numerosi soldati
che si aggiravano tra i vari carri, ma anche per le alte mura che circondavano
il serraglio, sulle quali coppie di guardie si davano regolarmente il cambio.
Akane si guardò in giro, valutando ogni possibilità di fuga; liberarsi delle
guardie non sarebbe stato un problema per lei ed Obaba, ma il vero ostacolo era
un altro. Non era mai stata in quel posto prima e non
lo conosceva per nulla: se fossero scappate, lei e la vecchia istitutrice
avrebbero dovuto vagare in quei luoghi sconosciuti inseguite da molti uomini,
di certo avvantaggiati dalla conoscenza del territorio. Una fuga così era
inutile oltre che pericolosa, le avrebbero catturate e punite. No, per ora la
fuga era da escludere, ma appena possibile, sarebbe scappata.
Seduta
davanti al fuoco, Obaba osservava la sua protetta, sempre più preoccupata:
anche vestita con quella semplice tunica scura, rimaneva troppo bella. La
scrutò con timore: i capelli lunghi fino alla schiena erano lucidi e scuri come
la notte; i suoi occhi grandi e vividi erano luminosi come stelle, per tacere
del suo viso… Era bella, troppo bella. E nonostante
avesse vissuto fin da bambina come schiava, aveva una dignità regale ed una
fierezza che affascinavano tutti coloro che non ne
venivano intimiditi. Era davvero un guaio, si disse.
Aveva infatti già notato gli sguardi che i vari
soldati di guardia al serraglio le lanciavano…
“E’ un
problema…” sospirò, meditabonda, mentre la giovane ignara continuava a
guardarsi in giro, curiosa.
--- --- ---
Ranma
sbuffò a disagio. Erano arrivati in quel serraglio da poco e mentre Taro
sembrava divertirsi, lui e Ryoga erano notevolmente in
imbarazzo. Non gli piaceva il pensiero che le persone che stava
guardando l’indomani sarebbero state vendute come oggetti, proprio nel suo
palazzo per giunta.
Coperto
dal cappuccio del suo mantello per evitare di essere riconosciuto, si domandava
perché si fosse lasciato convincere da Taro a recarsi in quel posto… ‘Perché in fondo sei curioso…’ gli rispose una vocina
interiore che lo stizzì parecchio, ma che proprio non poteva smentire.
Alcune guardie
li avevano fermati all’entrata del serragli, ma Taro
si era fatto riconoscere e i due ossequiosi li avevano fatti passare, pur
chiedendosi perché il capitano delle guardie reali fosse in quel posto con quei
due strani tipi incappucciati.
“Senti,
io non vedo nulla di interessante, perché non ce ne
andiamo?” provò Ryoga, a disagio almeno quanto suo cugino, ma Taro scosse la
testa.
“Siamo
appena arrivati. Avanti, non fate i guastafeste, guardatevi intorno… e prendi
nota per domani Ryoga!” sconsolato Ranma scosse il capo: era assurdo che un
principe come lui dovesse sottostare a quel tipo, solo perché era un suo amico…
e poi lui non avrebbe nemmeno potuto comprarlo uno schiavo, che ci faceva lì!?
“Ehi,
bella! Me lo dici quanto costi?”
Akane
guardò appena il soldato che le si era avvicinato e
sdegnata tornò a fissare il fuoco “Mmm, che smorfiosa… Probabilmente crede di
costare troppo per uno come te, eh?” disse il compagno del primo soldato,
sgomitandolo leggermente.
“No, è
solo timida. Allora, bella, come ti chiami?”
Obaba
scosse la testa: guai in arrivo. “Lasciatela stare…”
“Fatti
gli affari tuoi, vecchia mummia! Mi domando che ti vendano
a fare, chi vuoi che ti compri? Sei così vecchia che al massimo possono farci
del cibo per le bestie con una come te.”
Obaba sospirò, notando il luccichio negli occhi della ragazza sedutale
accanto “Io lo dicevo per te, giovanotto. Pazienza…” mormorò, tornando a
dedicarsi alla zuppe di erbe che aveva sul fuoco.
Akane si
alzò e si mise di fronte al soldato “Chiedile scusa” gli intimò, la voce ferma
e lo sguardo determinato.
“Allora ce l’hai la lingua, bellezza…”
“Ti ho
detto di chiederle scusa” ripeté la ragazza, ma lui rise sguaiatamente e le
afferrò il mento con una mano.
“Se non che mi fai, schiava? Però, che pelle morbida hai… Mi piacerebbe provare la merce…” fu l’ultima cosa che
disse prima che un pugno lo colpisse sotto al mento, spedendolo a gambe
all’aria.
“Ehi…
brutta sgualdrina!” il compagno del soldato ormai incosciente le si avventò contro sguainando un piccolo pugnale, ma fu
atterrato con eguale semplicità con un pugno assestato in pieno petto, che lo
mandò a terra e gli mozzò il fiato per alcuni istanti: quella maledetta era
forte, oltre che veloce!
La rissa
scoppiò improvvisa, alcuni soldati che avevano assistito
alla scena si lanciarono contro la ragazza che però sembrava capace di tener
testa ad ognuno di loro senza eccessivo sforzo. Obaba, tranquilla, continuava a
condire la sua zuppa “Akane, figliola, sbrigati, tra poco sarà pronto da
mangiare!” le urlò, mentre una decina di soldati si avventavano su di lei.
“Ehi,
laggiù sta succedendo qualcosa, andiamo a vedere!” Taro
infatti aveva notato molte persone accalcarsi in un punto e da ciò che
udiva non aveva dubbi: qualcuno stava battendosi. Ryoga e Ranma lo seguirono
veloci e spintonando la folla che ormai si era radunata ed infilandosi tra le
molte persone che assistevano, riuscirono a mettersi in prima fila. E ciò che
videro li stupì: una ragazza sola stava suonandole di santa ragione a uomini grossi il doppio di lei… e senza sforzo apparente!
Poco
distante dai tre ragazzi, un uomo piccolo e tarchiato piagnucolava, torcendosi le mani disperato “Così me la sciupate! E’ il mio pezzo
migliore!” urlava, ma nessuno dei soldati sembrava
dargli ascolto.
Stupefatto,
Ranma osservava le movenze della ragazza: era incredibilmente veloce e se lui
stesso non fosse stato un abile combattente probabilmente molte non le avrebbe nemmeno notate! Come poteva essere tanto forte una
donna così esile e giovane?
Ryoga al
suo fianco lo guardò, altrettanto stupito “Riconosci la sua tecnica, cugino?”
Ranma annuì, sempre più perplesso: come poteva una schiava conoscere le arti
marziali indiscriminate?
Taro
sorrise, incrociando le braccia al petto “Uhm, interessante… Quegli idioti
hanno deciso di attaccarla tutti insieme.”
“Ma è ingiusto! Sono almeno una decina contro una sola! Ranma
dobbiamo fermarli!” il cugino annuì, ma proprio mentre
stavano per intervenire il loro amico li fermò e con un gesto secco del mento
gli indicò la ragazza, o meglio ciò che la ragazza stava per fare.
Muovendosi
con passi rapidi, lei stava spostandosi e nessuno dei soldati sembrava capace
di raggiungerla “Guardate, sta formando una spirale…” osservò Ryoga, notando
quello che gli altri due avevano già visto.
Quando
la spirale che lei stava compiendo si richiuse e Akane fu giunta all’ultimo
passo, i vari soldati furiosi per la figura a cui erano stati costretti da
quella ragazzina le si avventarono contro; lei sferrò
un unico pugno, rivolto verso l’alto e fu allora che accadde.
Un
tornado violentissimo si levò improvviso sul campo di battaglia e prima che
tutti se ne rendessero conto, i soldati vi erano stati
imprigionati e scaraventati lontano; finirono per disperdersi nei vari angoli
del serraglio, privi di sensi. Il silenzio discese sul serraglio e tutti gli
sguardi si volsero sulla ragazza, che non sembrava nemmeno troppo provata per
quell’incredibile colpo che aveva lasciato tutti sbigottiti. Dopo un ultimo
sguardo per controllare che nessun altro volesse
aggredirla diede le spalle al pubblico
silenzioso e lentamente fece per avvicinarsi alla sua compagna di viaggio.
Non meno
sorpreso degli altri, Ranma restò a guardarla. Attonito, sentì appena le parole
di Taro, l’unico forse a non sembrare eccessivamente stupito. “Una tecnica
delle Amazzoni… Non mi pare che la ragazza sia una delle donne di polso”
commentò il capitano.
Aveva
riconosciuto il colpo del Drago nascente fin dai primi passi, egli stesso era
nato nelle terre delle Amazzoni, ma la bella ragazza non aveva le fattezze
somatiche delle donne dei villaggi a sud, fattezze che invece poteva scorgere
nella vecchia seduta davanti al fuoco. Doveva essere lei la sua maestra.
“Taro,
tu conosci quella tecnica così potente?” gli chiese
Ryoga, ma il ragazzo scosse la testa.
“No, non
sono mica un’amazzone. Sono tecniche che vengono
tramandate da madre in figlia, da donna a donna. Non troveresti nessuna amazzone disposta ad insegnarla ad un uomo.” Ranma,
che non aveva ascoltato per nulla il suo amico, strinse un pugno: era una
tecnica straordinaria, incredibile. Doveva impararla, doveva
farla sua!
Fu uno
strano presentimento a farlo voltare; aveva infatti avvertito
un pericolo incombente… Si volse e notò subito l’uomo che poco dietro di loro,
nascosto tra la folla che stava disperdendosi, stava armando il proprio arco.
Era un soldato, non uno di quelli sconfitti dalla ragazza e le sue intenzioni
erano più che chiare. Visto che nessuno poteva
vincerla con la forza, aveva pensato di usare una freccia.
Ranma
agì senza riflettere come suo solito e, stupiti, i suoi
amici lo videro spiccare una corsa velocissima verso la ragazza e prima che
capissero che intenzioni avesse, lo videro spingerla a terra, proprio prima che
una freccia sbucata dalle loro spalle la sfiorasse.
Taro
sfoderò subito la sua spada e senza perder tempo rincorse il soldato, datosi
alla fuga dopo che il suo colpo era andato a vuoto. Intanto Ranma ritto davanti
alla ragazza stava porgendole una mano per aiutarla a rialzarsi. Akane lo
guardò colma di ira e rifiutò il suo aiuto; scattò in
piedi e prendendolo di sorpresa, lo colpì in viso con una violenza tale da
mandarlo al tappeto.
“Bastardo!”
gli urlò poi contro, rimettendosi subito in posa difensiva. Ranma si massaggiò
il volto, quella lo aveva colpito violentemente, nemmeno Ryoga gli faceva così male quando combattevano insieme!
“Che ti
piglia?! Ti ho salvato la vita!” le
urlò di rimando, guardandola in viso.
Anche
lei lo osservò, ora che il cappuccio gli si era abbassato poteva infatti vedergli il volto scoperto “Chi te l’ha chiesto?
L’avevo vista quella dannata freccia!”
“Ti
avrebbe passato da parte a parte, stupida! Che razza
di strega!”
Ryoga
intanto gli si era avvicinato “Tutto bene cugino?” gli chiese
e lui si rialzò, continuando a linciare la ragazza con lo sguardo.
“Quella
stupida a momenti mi staccava la faccia! Avrei dovuto lasciarti colpire!”
“Così
impari a impicciarti!”
Obaba
sorrise e scuotendo la testa, si pose dinanzi alla sua protetta “Scusala, la mia Akane non ha un carattere docile. Ti sono
molto grata per averla salvata, ragazzo.”
“Ma Obaba…” Akane provò a protestare indignata, ma la donna
la zittì con un gesto deciso della mano.
Ranma
sbuffò e scosse la testa “Non importa… dovresti insegnarle un po’ d’educazione.”
Ryoga
intanto aveva notato i molti sguardi che quel battibecco aveva attirato su di
loro, ma soprattutto quelli che stavano posandosi su suo cugino; probabilmente
più di uno fra i soldati avrebbe potuto riconoscerlo presto o tardi. “Ehm, sarà
meglio che tu rimetta il cappuccio, cugino… E’ arrivato il momento di andarcene.”
Ranma
annuì e seguì il consiglio del ragazzo, poi dopo un’ultima occhiata a quella
ragazza impossibile, si allontanò seguito a ruota da Ryoga; dovevano trovare
Taro e ritornare immediatamente a palazzo, prima che qualcuno notasse la loro
assenza.
Akane li
guardò andar via e stizzita incrociò le braccia al petto “Che razza di impiccione!”
“Mmm… quel
ragazzo non è uno qualsiasi.”
“Se intendi nel senso che è odioso, altrochè!”
“Tu non
l’hai visto arrivarti alle spalle, vero Akane?” ora che ci pensava…
“No, non
l’ho avvertito…” ammise di malavoglia.
“Già.
Veloce, deciso e silenzioso. E ti ha davvero salvato
la vita.”
“Avrei
evitato la freccia!”
“Forse, comunque resta il fatto che ti abbia buttato a terra nel
momento giusto. Ora mangiamo, però… Akane, ho notato che il tuo colpo del Drago
Nascente non era potente nemmeno la metà del solito” la ammonì dolcemente, lei le sorrise imbarazzata.
“Ecco,
non ero molto concentrata… E nemmeno tanto fredda, quelli mi hanno fatto
proprio arrabbiare!”
“Sì, l’ho
capito. Su, ora mangiamo.”
--- --- ---
Ranma
abbassò il capo, mentre il padre continuava a sbraitare contro lui e Ryoga, chiamandoli incoscienti e ragazzacci. Ma non stava nemmeno ascoltandolo. Non gli importava che la
loro fuga fosse stata scoperta, né quali sarebbero state le conseguenze di
quella bravata: ormai aveva un unico pensiero fisso. Davanti agli occhi la
scena di quella ragazza che sferrava quell’attacco tanto potente
si ripeteva di continuo.
Non
riusciva a pensare ad altro, se non a come impadronirsi di quella tecnica.
Voleva farla sua più di ogni altra cosa al mondo,
perché nulla aveva per lui più importanza delle arti marziali. Le amava con
tutto se stesso, e il pensiero di una nuova tecnica da imparare era talmente elettrizzante da far passare il resto in
secondo piano, persino le sfuriate di suo padre.
“Almeno
si può sapere cosa ti sei fatto alla faccia?! Sembra
che tu abbia sbattuto contro un muro!” Genma era
davvero irritato, suo figlio gli disubbidiva di continuo, che razza di principe
e che re sarebbe stato!
Notando
il silenzio di Ranma a quella domanda, Ryoga lo sgomitò, riportandolo alla realtà; aveva infatti
intuito che la mente del ragazzo era altrove. “Cosa…?”
“Non mi
ascolti nemmeno, figlio degenere! Cosa devo fare per
raddrizzare questa tua natura ribelle? Mandarti alle miniere di Golath?!”
La dolce
regina Nodoka sorrise e con delicatezza sfiorò la mano del marito, stretta
intorno al bracciolo del suo trono, nel tentativo di calmare l’ira dell’uomo. “Caro,
non ti fa bene arrabbiarti così. Ranma, rispondi a tuo padre,
cosa hai fatto al volto?”
Il
ragazzo si sfiorò la guancia arrossata e prima di rispondere
serrò le mascelle con uno scatto nervoso “Ho sbattuto contro un albero”
mentì, abbassando di nuovo lo sguardo. Ryoga lo guardò con la coda dell’occhio,
comprensivo: nemmeno a lui avrebbe fatto piacere confessare di essere stato
malmenato da una femmina, una schiava per di più!
“Ritirati
nelle tue stanze, non vi uscirai fino a domani e non ti sarà servito né il pranzo
né la cena… Almeno spero che imparerai qualcosa.”
Ranma s’inchinò e senza protestare per quella punizione del padre, si allontanò.
Ryoga s’inchinò a sua volta e fece per seguire il cugino, ma aveva fatto pochi passi quando fu richiamato dal re. Alzò gli occhi al cielo,
sospirando: sarebbe stato troppo bello cavarsela con una semplice ramanzina!
Si voltò
e attese la sua punizione. “Anche tu resterai
confinato nelle tue stanze. Con Ranma vi vedrete solo per allenarvi. Ora va’… e
non ricomparirmi davanti almeno fino a domani, nipote.”
“Sì,
maestà…”
Non gli
era andata male, pensò sollevato: in realtà lui e Ranma non si allenavano più
tanto insieme. Non avevano più molto da imparare e poi, anche se gli spiaceva
ammetterlo, il cugino riusciva sempre a batterlo…
--- --- ---
Ranma
sospirò e accomodò meglio il capo sulle mani intrecciate; era sdraiato sul suo
ampio letto e il suo sguardo grigio-blu vagava per la
camera immersa nel buio di quella notte calda. Seduto a terra, ai piedi del
letto, Ryoga osservava da una piccola finestra posta al lato della stanza, la
luna che splendida si levava nel cielo.
Naturalmente
aveva disubbidito all’ordine di restarsene rinchiuso nella sua stanza e appena
era stato sicuro che tutti dormissero, era sgattaiolato via, raggiungendo il
cugino. Come aveva supposto, Ranma era ancora sveglio e lo stava aspettando.
“Non fai che ripensarci, vero?”
gli chiese, abbandonando il capo sul bordo del letto,
fissando ora il soffitto alto completamente immerso nella penombra.
“Già… Sai, credo di aver capito
come funziona quella tecnica.”
“Davvero?”
“Sì, almeno la parte iniziale, la
spirale… era una spirale perfetta… Se solo potessi
vederla ancora! Sono certo che la imparerei.”
Ryoga sospirò e distrattamente
si carezzò il mento “Rassegnati cugino, non la rivedrai
mai più. Certo che era proprio bella.”
“Già, una tecnica bellissima”
asserì Ranma desolato.
Il cugino si volse a guardarlo,
perplesso: forse Taro aveva ragione dopotutto… “Io parlavo della ragazza.”
“Che?
Bella quella? Scherzi?! Che gusti che hai! Io l’ho
guardata appena, ma mi è bastato!”
“Sarà, ma a me è sembrata molto bella… Aveva dei gran begli occhi, soprattutto.
Erano scuri, vero?”
“Sì, castani.”
“E
meno male che l’hai guardata appena…” Ranma avvampò e si sdraiò su un fianco
borbottando di lasciarlo in pace. Ryoga si strinse nelle spalle “Uhm, sarà meglio che vada a dormire ora, domani ci saranno i
festeggiamenti per il compleanno di tuo padre…”
“Infatti.
Buonanotte cugino.”
“Buonanotte a te…”
Quando restò
solo, il principe si mise seduto. Era agitato e un’idea gli andava maturando in
testa… Non gli piaceva, ma non c’erano altri modi. “Io imparerò quella tecnica,
a tutti i costi!” sussurrò, determinato più che mai.
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Salve a tutti! Allora, prima di
tutto devo chiarire una cosa: non sono l'autrice di questa fic
appena iniziata. O meglio, non lo sono del tutto.
Facendola breve, qualche giorno fa mentre ero in compagnia della mia Simoncika (nomignolo che ho affibbiato alla mia dolcissima
nipotina decenne) e ci stavamo gustando l'ultima puntata di Inuyasha
per la quinta volta (le registro tutte), commentando le diversità rispetto al
manga (è follemente innamorata di Sesshomaru ^_^; ), quando lei comincia a
raccontarmi questa storia che ha immaginato su una schiava che in realtà è una
principessa e di questo principe che la conosce, ma non sa che è una
principessa come lui e le mie rotelline hanno cominciato a girare vorticosamente… E così
ecco come è nata questa fic. Da una sua idea, in pratica. Certo, io l’ho raffinata per così dire, aggiungendo una
storia all'idea iniziale, ma vi assicuro che il plot primario è tutta farina
del suo sacco… così come quasi tutti i nomi dei personaggi e delle varie città
che ho preferito farmi suggerire da lei, vista la mia
scarsa fantasia per queste cose. Al principio lei aveva immaginato i
protagonisti come Kagome ed Inuyasha, ma poi man mano che ragionavo sulla
storia e sui vari fatti che in questa avrei voluto far
accadere, io ci vedevo sempre più Akane e Ranma, la mia magnifica ossessione
>_^. Così ho buttato giù un paio di capitoli; l'ho fatto di getto e per puro
svago, per questo credo che troverete lo stile di scrittura molto meno curato
rispetto ad altre mie storie e magari questa stessa fic
non sarà un granché, ma vi assicuro che io mi sono divertita molto a
cominciarla. Certo, non ho la più pallida idea di dove prendere il tempo per
portarla avanti, ma questa è un'altra storia… per ora ringrazio tutti quelli
che vorranno leggerla. Io e Simoncika vi siamo davvero molto grate U_U